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Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)

C3

Versetti della prima lettera ai Corinti in cui il nome “Geova” è presente ma non all’interno di citazioni dirette o indirette

1 CORINTI 4:4 “Chi mi esamina è Geova”

RAGIONI: Qui i manoscritti greci a disposizione usano il termine Kỳrios (“Signore”). Nelle Scritture Greche Cristiane Kỳrios spesso si riferisce o a Geova Dio o a Gesù Cristo, in base al contesto. Qui si riferisce a Geova Dio. Il contesto mostra che Paolo non si preoccupava di essere giudicato dagli uomini, che si ergevano senza alcuna autorizzazione a “tribunale umano” per giudicarlo. Non si fidava nemmeno di come si sarebbe giudicato lui stesso (1 Corinti 4:1-3). Nelle Scritture Ebraiche Geova Dio è descritto come colui che esamina i suoi servitori (Salmo 26:2; 66:10; 139:23; Proverbi 21:2; Geremia 20:12). Quindi per Paolo sarebbe stato normale aspettarsi di essere esaminato da Geova. Gli studiosi hanno inoltre rilevato l’assenza dell’articolo determinativo davanti a Kỳrios laddove invece la grammatica greca lo richiederebbe; in pratica qui, come in molti altri casi, il termine è stato usato come se fosse un nome proprio. Pertanto, a motivo del forte richiamo alle Scritture Ebraiche e dell’assenza dell’articolo, qui ci sono valide ragioni per usare il nome divino nel testo principale. (Vedi App. C1.)

RISCONTRI:

  • A Handbook on Paul’s First Letter to the Corinthians, a cura di Paul Ellingworth e Howard A. Hatton, 2ª ed., Alleanza Biblica Universale, New York, NY, 1994, p. 90. Commentando 1 Corinti 4:4, quest’opera afferma: “Il verbo tradotto giudica è anche in questo caso anakrinō e probabilmente si riferisce ancora all’atto di esaminare, ma questa volta l’esame è compiuto da Dio. Il Signore non ha il in greco, e questo può suggerire che il significato sia: ‘È colui che è Signore l’unico ad avere il diritto di interrogarmi’”.

  • The First Epistle of Paul the Apostle to the Corinthians, a cura di John Parry, Cambridge at the University Press, 1916, p. 75. A proposito dell’occorrenza di Kỳrios (“Signore”) in 1 Corinti 4:4 quest’opera afferma: “È interessante che S. Paolo non usi mai κύριος [Kỳrios] senza l’articolo, tranne che in citazioni o richiami veterotestamentari in cui adotta chiaramente il linguaggio della LXX [Settanta], oppure dopo preposizioni e al genitivo dopo sostantivi non articolati. Fanno eccezione questo versetto e Rom[ani 14:6]. Se in questi due passi [Romani 14:6 e 1 Corinti 4:4] κύριος designa semplicemente Cristo, è difficile capire perché l’articolo sia stato omesso. È forse meglio ritenere che l’assenza dell’articolo sia un modo per dare enfasi al diritto della Persona in questione di esaminare e giudicare: ‘Colui che mi esamina è Signore’ e quindi lo fa con pieni poteri”.

  • NIV Faithlife Study Bible, Zondervan, Grand Rapids, MI, 2017, p. 1879. In un commento a 1 Corinti 4:4 si legge: “[Paolo] si affida non alla propria coscienza ma a Dio perché giudichi la sua fedeltà”.

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 17, 18, 23, 24, 28-33, 41, 65, 66, 93, 95, 100, 106, 115, 125, 138, 139, 146, 187, 310, 323, 324

1 CORINTI 4:19 “se Geova vuole”

RAGIONI: Qui la maggioranza dei manoscritti greci legge “se il Signore vorrà”; questa espressione è stata anche tradotta “se è volontà del Signore” o “se il Signore vuole”. Qui il contesto indica che il Signore a cui ci si riferisce è Dio. Nelle Scritture Greche Cristiane espressioni simili ricorrono sia con il termine Kỳrios (“Signore”) che con il termine Theòs (“Dio”) (Atti 18:21; 21:14; 1 Corinti 16:7; Ebrei 6:3; Giacomo 4:15). Il verbo greco qui reso “vuole” e il sostantivo greco per “volontà” compaiono spesso in punti della Settanta in cui l’originale ebraico presenta il nome divino. Inoltre, alcune traduzioni delle Scritture Greche Cristiane in ebraico qui usano il Tetragramma. Pertanto, a motivo del forte richiamo alle Scritture Ebraiche e della presenza di espressioni simili nelle Scritture Greche Cristiane sembra appropriato usare il nome divino nel testo principale. (Vedi approfondimenti ad Atti 18:21; 21:14.)

RISCONTRI:

  • Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, a cura di H. Balz e G. Schneider, ed. italiana a cura di O. Soffritti, Paideia, Brescia, 1998, vol. 2, col. 133. Quest’opera di consultazione elenca 1 Corinti 4:19 tra i versetti in cui Kỳrios è uno dei modi in cui “Jahvé/Dio è designato”.

  • The Anchor Yale Bible​—First Corinthians: A New Translation with Introduction and Commentary, a cura di Joseph A. Fitzmyer, Doubleday & Company, Inc., Garden City, NY, 2008, vol. 32, p. 225. Di 1 Corinti 4:19 questo commentario dice: “In questa espressione Kyrios si riferisce indubbiamente a Dio, non al Cristo risorto”.

  • NIV Cultural Backgrounds Study Bible, a cura di John H. Walton, Victor H. Matthews e Craig S. Keener, Zondervan, Grand Rapids, MI, 2016, p. 1989. In un commento all’espressione “se il Signore vuole” che compare in 1 Corinti 4:19 si legge: “Sia gli ebrei che i gentili a volte formulavano i loro piani con riserva, ricorrendo a espressioni come ‘se Dio vuole...’”

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 17, 22, 23, 28-32, 41, 65, 93, 94, 100, 101, 106, 115, 145-147, 163, 323, 324

1 CORINTI 7:17 “nella condizione che Geova gli ha dato”

RAGIONI: Il contesto indica chiaramente che qui ci si riferisce a Dio. Il verbo originale che compare qui (merìzo) significa “spartire”, “dividere”, “distribuire”. Altrove lo stesso verbo è usato con significato simile e con Dio come soggetto. Ad esempio, in Romani 12:3 è reso “ha dato” e in 2 Corinti 10:13 “ha assegnato”. Come si capisce da questi versetti, è a Dio che si fa riferimento quando si parla di colui che dà, assegna o distribuisce certe cose ai suoi servitori. Un pensiero simile è espresso in Ecclesiaste 5:18. Pertanto, a motivo del contesto, del verbo greco usato, dell’utilizzo che viene fatto del termine Kỳrios e della sua ambiguità (come spiegato nell’App. C1), si è scelto di usare il nome divino nel testo principale. È degno di nota che in questo versetto diverse traduzioni delle Scritture Greche Cristiane riportino il nome divino.

RISCONTRI:

  • Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, a cura di H. Balz e G. Schneider, ed. italiana a cura di O. Soffritti, Paideia, Brescia, 1998, vol. 2, col. 133. Quest’opera di consultazione elenca 1 Corinti 7:17 tra i versetti in cui Kỳrios è uno dei modi in cui “Jahvé/Dio è designato”.

  • The Anchor Yale Bible​—First Corinthians: A New Translation with Introduction and Commentary, a cura di Joseph A. Fitzmyer, Doubleday & Company, Inc., Garden City, NY, 2008, vol. 32, p. 307. Di 1 Corinti 7:17 questo commentario dice: “Ho Kyrios [il Signore] qui equivale a ho theos [(il) Dio]”.

TESTI A SOSTEGNO: J28-32, 48, 65, 93, 94, 100, 101, 106, 115, 125, 144, 146, 167, 310

1 CORINTI 10:9 “Non mettiamo Geova alla prova”

RAGIONI: Qui molti manoscritti greci leggono ton Kỳrion (“il Signore”); alcuni manoscritti leggono ton Theòn [“(il) Dio”]. Ci sono poi alcuni manoscritti che leggono ton Christòn (“il Cristo”). Quest’ultima lezione è stata adottata nel testo greco di Nestle e Aland ed è stata seguita da diverse traduzioni bibliche moderne. Tuttavia, non tutti i biblisti concordano sul fatto che “il Cristo” sia la lezione che corrisponde all’originale. Ad esempio, il testo greco pubblicato da Westcott e Hort (1881) e il testo greco prodotto dalla Tyndale House di Cambridge (2017) usano ton Kỳrion nel testo principale. Visto il forte richiamo alle Scritture Ebraiche, si è portati a ritenere che in origine in questo versetto ci fosse il nome divino, e che in seguito sia stato sostituito dal titolo “Signore” o “il Cristo”. Qui Paolo fa riferimento a occasioni in cui gli israeliti misero alla prova Geova Dio, come quelle menzionate in Esodo 16:2, 3; 17:2, 3, 7 e Numeri 14:22. Il verbo greco reso “mettere alla prova” (ekpeiràzo) è usato anche in Matteo 4:7 e Luca 4:12, dove Gesù cita Deuteronomio 6:16. In quel passo delle Scritture Ebraiche si legge: “Non dovete mettere Geova vostro Dio alla prova come faceste a Massa”. Il verbo greco reso “mettere alla prova” in 1 Corinti 10:9 compare anche nella resa della Settanta di Deuteronomio 6:16, versetto in cui nell’originale ebraico è presente il nome divino. Quello che accadde a Massa è descritto in Esodo 17:1-7, dove si legge che Mosè chiese al popolo: “Perché continuate a mettere Geova alla prova?” Nell’ultima parte di 1 Corinti 10:9 Paolo aggiunge: “Come lo misero alla prova alcuni di loro, solo per essere uccisi dai serpenti”. Queste parole fanno riferimento all’avvenimento descritto in Numeri 21:5, 6, dove viene detto che il popolo “parlava contro Dio e Mosè” e che “Geova mandò [...] fra gli israeliti serpenti velenosi”. Paolo forse alludeva anche a Salmo 78:18, dove si dice che gli israeliti “sfidarono [lett. “misero alla prova”] Dio nel loro cuore”. Questi versetti mostrano chiaramente che è Dio colui che gli israeliti misero alla prova. Pertanto, il contesto e il forte richiamo alle Scritture Ebraiche forniscono valide ragioni per usare il nome divino nel testo principale.

RISCONTRI:

  • The Anchor Yale Bible​—First Corinthians: A New Translation with Introduction and Commentary, a cura di Joseph A. Fitzmyer, Doubleday & Company, Inc., Garden City, NY, 2008, vol. 32, p. 386. Di 1 Corinti 10:9 questo commentario dice: “La maggioranza degli esegeti antichi preferiva la lezione kyrion [Signore] e lo intendeva, come nella LXX [Settanta], con il significato di ‘Yahweh’”.

  • The First Epistle of Paul the Apostle to the Corinthians, a cura di John Parry, Cambridge at the University Press, 1916, p. 147. A proposito di 1 Corinti 10:9 quest’opera afferma: “Non possiamo concludere che S. Paolo intendesse dire che gli israeliti ‘tentarono Cristo’ [...]. Nemmeno considerando il v. 4 verrebbe spontaneo dire che gli israeliti tentarono Cristo”.

  • “The Tetragram and the New Testament”, di George Howard, in Journal of Biblical Literature, Atlanta, GA, vol. 96, n. 1, 1977, p. 81. In questo articolo Howard fa il seguente commento riguardo a 1 Corinti 10:9: “Il passo allude a Num[eri] 21:5, 6, dove il TM [Testo Masoretico] dice che Yhwh mandò serpenti infuocati in mezzo al popolo. Sulla base di quanto è evidente dai documenti di Qumran, è possibile che qui nelle parole di Paolo ci fosse in origine il Tetragramma. Se è così, θεόν [theòn] e κύριον [kỳrion] sono molto probabilmente i primi termini con cui fu sostituito e Χριστόν [Christòn] un’interpretazione successiva di qualche scriba”.

  • A Critical and Exegetical Commentary on the First Epistle of St Paul to the Corinthians, di Archibald Robertson e Alfred Plummer, T & T Clark, Edimburgo, 1911, p. 206. Commentando 1 Corinti 10:9, quest’opera afferma: “Nel N.T. [Nuovo Testamento] ὁ Κύριος [ho Kỳrios] designa generalmente ‘il nostro Signore’, ma non è sempre così, e infatti qui designa quasi certamente Geova, come si deduce da Num[eri 21:4-9] e Sal[mo 78:18]”.

  • The Interpretation of St. Paul’s First and Second Epistles to the Corinthians, a cura di R.C.H. Lenski, Augsburg Publishing House, Minneapolis, MN, 1963, pp. 397, 399. Commentando 1 Corinti 10:7, quest’opera afferma: “Questa è una citazione dalla LXX [Settanta] di Eso[do] 32:6, dove viene descritto un caso di idolatria indiretta, cioè i festeggiamenti legati al vitello d’oro. Si trattava di un’immagine idolatrica anche se doveva rappresentare Geova. Paolo, comunque, pone l’accento sui festeggiamenti che erano del tutto simili al culto degli idoli. Con questo Paolo colpisce nel vivo i corinti, che in modo simile pensavano di poter mantenere il loro rapporto con Geova e al tempo stesso, usando come pretesto la propria libertà, mangiare, bere e divertirsi durante celebrazioni in onore di idoli”. In merito al versetto 9 Lenski aggiunge: “Mettere alla prova il Signore significa spingersi fino al limite per vedere se egli si manifesterà come Dio punendo quelli che lo mettono alla prova”.

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 17, 18, 22, 23, 46, 65, 95, 96, 100, 101, 125, 138, 139, 145, 147, 167, 291, 295, 322-324

1 CORINTI 10:21a “il calice di Geova”

RAGIONI: Qui nei manoscritti greci a disposizione si legge alla lettera “calice di Signore”, ma ci sono valide ragioni per usare il nome divino nel testo principale. In questo passo Paolo sta mettendo in guardia contro l’idolatria. Forse aveva in mente il calice di vino che rappresenta il sangue di Cristo durante la Cena del Signore a cui ha fatto riferimento cinque versetti prima (1 Corinti 10:16). Lì lo definisce “il calice della benedizione che benediciamo”. Quando Gesù istituì questa celebrazione, prima di passare il calice ai suoi discepoli pronunciò una benedizione, o preghiera (Matteo 26:27, 28; Luca 22:19, 20). Allo stesso modo oggi viene pronunciata una preghiera sul calice prima che coloro che sono inclusi nel nuovo patto bevano da esso. In ogni caso fu Geova a provvedere il sacrificio di riscatto di Gesù; fu Geova colui al quale Gesù presentò il valore del suo sacrificio; fu Geova a stabilire come sarebbe stato impiegato quel sacrificio; fu Geova a predire e istituire il nuovo patto (Geremia 31:31-34). Quindi è opportuno parlare del “calice di Geova” e della “tavola di Geova”. È interessante notare che in questo versetto davanti a Kỳrios non compare l’articolo determinativo laddove invece la grammatica greca lo richiederebbe; in pratica il termine è stato usato come se fosse un nome proprio. Inoltre Kỳrios compare anche nel versetto successivo, 1 Corinti 10:22, dove c’è un chiaro riferimento a Deuteronomio 32:21, e dal contesto (Deuteronomio 32:19-21) si capisce che è Geova a dire: “Mi hanno fatto infuriare [o “ingelosire”, nt.] con ciò che non è un dio”. Pertanto, a motivo del contesto, del forte richiamo alle Scritture Ebraiche e dell’assenza dell’articolo, si è scelto di usare il nome divino nel testo principale.

RISCONTRI:

  • A Commentary on the New Testament from the Talmud and Hebraica, di John Lightfoot, Hendrickson Publishers, Peabody, MA, ristampa 1989, vol. 4, p. 229. Riguardo all’espressione “tavola del Signore” che ricorre in 1 Corinti 10:21 insieme a “calice del Signore” quest’opera afferma: “La tavola dell’Altissimo, espressione che non di rado i talmudisti usavano per l’altare”.

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 24, 32, 41, 65, 80, 94, 100, 115, 146, 255

1 CORINTI 10:21b “tavola di Geova”

RAGIONI: Qui nei manoscritti greci a disposizione si legge “tavola di Signore”. Si ritiene che l’espressione “tavola di Geova” sia un richiamo più o meno esplicito a Malachia 1:7, dove l’altare dei sacrifici del tempio di Geova è chiamato appunto “tavola di Geova”, espressione che nel testo ebraico presenta il Tetragramma. Nelle copie disponibili della Settanta, questa espressione di Malachia 1:7 è resa con le stesse parole che ricorrono in 1 Corinti 10:21b. (Vedi approfondimento a 1 Corinti 10:21.) È interessante notare che in questo versetto davanti a Kỳrios non compare l’articolo determinativo laddove invece la grammatica greca lo richiederebbe; in pratica il termine è stato usato come se fosse un nome proprio. Pertanto, a motivo del contesto, del forte richiamo alle Scritture Ebraiche e dell’assenza dell’articolo, si è scelto di usare il nome divino nel testo principale. (Vedi l’argomentazione relativa a 1 Corinti 10:21a.)

RISCONTRI:

  • The First Epistle of Paul the Apostle to the Corinthians, a cura di John Parry, Cambridge at the University Press, 1916, p. 153. A proposito dell’espressione “tavola del Signore” che si trova in 1 Corinti 10:21 quest’opera afferma: “Il fatto che l’altare venga descritto come una tavola fa pensare al Signore come a un padrone di casa. Questa è un’immagine comune nell’A.T. [Antico Testamento]”. (Vedi l’argomentazione relativa a 1 Corinti 10:21a.)

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 24, 32, 41, 65, 80, 94, 100, 115, 146, 255

1 CORINTI 10:22 “O facciamo ingelosire Geova?”

RAGIONI: Qui il contesto indica che Kỳrios si riferisce a Dio. Paolo avverte i cristiani di non provocare la gelosia e l’ira di Geova praticando una qualunque forma di idolatria. Lo fa alludendo alle parole di Deuteronomio 32:21, anche se non le cita direttamente. Dal brano di Deuteronomio 32:19-21, messo per iscritto da Mosè, si capisce che è Geova a dire: “Mi hanno fatto infuriare [o “ingelosire”, nt.] con ciò che non è un dio”. Pertanto, il contesto di questo passo e il forte richiamo alle Scritture Ebraiche supportano la scelta di usare il nome Geova nel testo principale.

RISCONTRI:

  • The Interpretation of St. Paul’s First and Second Epistles to the Corinthians, a cura di R.C.H. Lenski, Augsburg Publishing House, Minneapolis, MN, 1963, p. 417. Commentando 1 Corinti 10:22, quest’opera afferma: “Paolo allude a Deut[eronomio] 32:21”. Nel testo originale ebraico di Deuteronomio 32:19 compare il nome divino.

  • Holman New Testament Commentary​—I & II Corinthians, di Richard L. Pratt Jr., a cura di Max Anders, Holman Reference, Nashville, TN, 2000, p. 168. A proposito di 1 Corinti 10:22 quest’opera afferma: “I corinti dovevano evitare la pratica dell’idolatria perché rischiavano di incorrere nell’ira di Dio proprio come gli israeliti al tempo di Mosè”.

  • The Anchor Yale Bible​—First Corinthians: A New Translation with Introduction and Commentary, a cura di Joseph A. Fitzmyer, Doubleday & Company, Inc., Garden City, NY, 2008, vol. 32, p. 394. Di 1 Corinti 10:22 quest’opera dice: “L’idolatria degli israeliti dell’antichità in un’occasione provocò l’ira di Yahweh, e le successive parole di Paolo alludono a questa ira di cui si parla, per esempio, nel canto di Mosè in Deut[eronomio] 32:21: ‘Mi hanno fatto ingelosire con ciò che non è un dio (ep’ ou theō); mi hanno provocato con i loro idoli’”.

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 14, 32, 35, 41, 61, 65, 74, 80, 88, 94, 100, 115, 130, 145-147, 255, 273

1 CORINTI 11:32 “veniamo disciplinati da Geova”

RAGIONI: Nelle Scritture Ebraiche, Geova Dio è descritto come colui che disciplina i suoi servitori (Deuteronomio 11:2). Per esempio, Proverbi 3:11, 12 dice: “Figlio mio, non respingere la disciplina di Geova [...], perché Geova riprende colui che ama”. Nell’originale ebraico di questo passo compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). Per questo motivo, in Ebrei 12:5, 6, dove Paolo cita proprio questo passo, la Traduzione del Nuovo Mondo usa il nome Geova nel testo principale. I termini greci per “disciplina” e “disciplinare” che compaiono in Ebrei 12:5, 6 e 1 Corinti 11:32 sono gli stessi che usa la Settanta in Proverbi 3:11, 12. Quindi le parole di Paolo sulla disciplina potrebbero rievocare il passo di Proverbi. Questo richiamo alle Scritture Ebraiche supporta la scelta di usare il nome divino nel testo principale di 1 Corinti 11:32. È degno di nota che in questo versetto molti manoscritti greci omettano l’articolo determinativo davanti al termine greco Kỳrios. Ecco perché in varie edizioni critiche del testo greco più recenti l’articolo determinativo viene messo tra parentesi (Nestle-Aland) oppure omesso del tutto (Society of Biblical Literature e Tyndale House di Cambridge). L’assenza dell’articolo determinativo prima di Kỳrios indicherebbe che il termine è stato usato come se fosse un nome proprio.

RISCONTRI:

  • Synonyms of the Old Testament, a cura di Robert Baker Girdlestone, 2ª ed., James Nisbet & Co. Limited, Londra, 1897, pp. 42-43. Girdlestone (primo rettore della Wycliffe Hall di Oxford) scrisse questo libro prima che fossero ritrovati alcuni manoscritti comprovanti che la Settanta conteneva in origine il nome Geova. In merito all’uso del nome divino nel cosiddetto Nuovo Testamento disse: “Se [la Settanta] avesse conservato il termine [Geova], oppure avesse usato un termine greco per Geova e un altro per Adonai, tale uso sarebbe stato senz’altro seguito nei discorsi e nelle argomentazioni del N. T. [Nuovo Testamento]. Quindi nostro Signore, nel citare il 110º Salmo, invece di dire: ‘Il Signore ha detto al mio Signore’, avrebbe potuto dire: ‘Geova ha detto ad Adoni’”. Parlando della sfida di determinare dove dovrebbe comparire il nome divino nel testo del Nuovo Testamento, continuò: “Supponiamo che uno studioso cristiano stesse traducendo in ebraico il Testamento Greco: ogni volta che avesse incontrato il termine Κύριος [Kỳrios], avrebbe dovuto valutare se nel contesto c’era qualche cosa che ne indicasse il vero corrispondente ebraico; e questa è la difficoltà che sarebbe sorta nel tradurre il N. T. [Nuovo Testamento] in qualsiasi lingua se il titolo Geova fosse stato conservato [nella Settanta, traduzione in greco dell’Antico Testamento]. In molti brani le Scritture Ebraiche avrebbero guidato la scelta. Per esempio, ogni volta che ricorre l’espressione ‘l’angelo del Signore’, sappiamo che il termine Signore sta per Geova. Sulla base del precedente stabilito dall’A. T. [Antico Testamento], si giungerebbe a una conclusione simile anche per l’espressione ‘la parola del Signore’, e così anche nel caso del titolo ‘il Signore degli Eserciti’. Quando invece ricorre l’espressione ‘Mio Signore’ o ‘Nostro Signore’, dovremmo sapere che sarebbe inammissibile il termine Geova, e si dovrebbe usare Adonai o Adoni. Rimarrebbero comunque molti brani per i quali sarebbe impossibile applicare una regola”. Come si può notare nei “Testi a sostegno” qui di seguito, in questo versetto vari traduttori della Bibbia hanno deciso di usare il nome divino. Alcuni usano le lettere ebraiche del Tetragramma, altri usano forme come Yahweh, YAHVAH o YHWH.

TESTI A SOSTEGNO: J16, 18, 32, 65, 94, 95, 100, 101, 115, 125, 145-147, 167, 201, 310, 323, 324

1 CORINTI 14:21 “dice Geova”

RAGIONI: Paolo sta trattando l’argomento del parlare in lingue, e cita Isaia 28:11, 12, dove si parla di Geova in terza persona (“egli parlerà”). Paolo invece riporta queste parole come se Dio parlasse in prima persona (“parlerò”). Per far capire chi è a pronunciarle, dopo la citazione Paolo aggiunge un’espressione che, stando ai manoscritti greci disponibili, corrisponde a “dice Signore”. Questa espressione, comunque, compare centinaia di volte nella Settanta a fronte delle espressioni ebraiche per “dice Geova”, “dichiara Geova” e “questo è ciò che dice Geova”. Alcuni esempi si trovano in Isaia 1:11; 48:17; 49:18 (citato in Romani 14:11) e 52:4, 5. Il forte richiamo alle Scritture Ebraiche supporta la scelta di usare l’espressione “dice Geova” in 1 Corinti 14:21. È degno di nota che qui in greco davanti a Kỳrios non compare l’articolo determinativo laddove invece la grammatica greca lo richiederebbe; in pratica il termine è stato usato come se fosse un nome proprio.

RISCONTRI:

  • Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, a cura di H. Balz e G. Schneider, ed. italiana a cura di O. Soffritti, Paideia, Brescia, 1998, vol. 2, col. 133. Quest’opera di consultazione elenca 1 Corinti 14:21 tra i versetti in cui Kỳrios è uno dei modi in cui “Jahvé/Dio è designato”.

  • The Anchor Yale Bible​—First Corinthians: A New Translation with Introduction and Commentary, a cura di Joseph A. Fitzmyer, Doubleday & Company, Inc., Garden City, NY, 2008, vol. 32, pp.  519-520. Di 1 Corinti 14:21 questo commentario dice: “Paolo cita una riformulazione di Isa[ia] 28:11, 12d, che contiene in parte le parole di Isaia”. Per descrivere il contesto della citazione quest’opera di consultazione aggiunge: “Perciò i popoli di Efraim e di Giuda avrebbero dovuto ascoltare loro malgrado le parole di Yahweh attraverso gli invasori che parlavano in assiro”.

  • A Critical and Exegetical Commentary on the Second Epistle to the Corinthians, a cura di Margaret E. Thrall, T & T Clark International, Londra, 2004, vol. 1, p. 272. In un commento a 2 Corinti 3:16, 17 quest’opera elenca 1 Corinti 14:21 tra i versetti in cui κύριος [Kỳrios] “si riferisce a Yahweh”.

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10-12, 14, 16-18, 22-24, 28-36, 38, 40-43, 46, 47, 52, 59-61, 65, 66, 88, 90, 93, 95, 96, 99-102, 104-106, 114, 115, 117, 125, 130, 136, 144-147, 149, 154, 164-166, 178, 187, 195, 201, 203, 209, 210, 217, 237-239, 244, 250, 265, 269, 271, 273, 275, 279, 283, 287, 290, 295-297, 310, 323, 324

1 CORINTI 16:7 “se Geova lo permette”

RAGIONI: Qui i manoscritti greci attualmente disponibili usano il termine Kỳrios (“Signore”). Nelle Scritture Greche Cristiane espressioni simili a quella di questo versetto ricorrono anche altrove, a volte con il termine Kỳrios e a volte con il termine Theòs (“Dio”); è quindi logico concludere che il Signore a cui ci si riferisce in questo contesto sia Dio (Atti 18:21; 21:14; 1 Corinti 4:19; Ebrei 6:3; Giacomo 4:15). Inoltre in questo punto alcune traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane riportano il Tetragramma. Pertanto, a motivo della presenza di espressioni simili nelle Scritture Greche Cristiane e del loro richiamo alle Scritture Ebraiche, sembra appropriato usare il nome divino nel testo principale. (Vedi approfondimenti ad Atti 18:21; 21:14.)

RISCONTRI:

  • The Expositor’s Bible Commentary, a cura di Frank E. Gaebelein, Zondervan Publishing House, Grand Rapid, MI, 1976, vol. 10, p. 295. A proposito di 1 Corinti 16:7, W. Harold Mare fa questo commento: “‘Se il Signore lo permette’ mette in evidenza che nella sua vita Paolo si affidava completamente alla volontà di Dio”.

  • NIV Cultural Backgrounds Study Bible, a cura di John H. Walton, Victor H. Matthews e Craig S. Keener, Zondervan, Grand Rapids, MI, 2016, p. 2017. Commentando l’espressione “se il Signore lo permette” che compare in 1 Corinti 16:7, quest’opera dice: “Spesso sia ebrei che gentili facevano i loro programmi ponendo la condizione ‘se Dio vuole’, o utilizzandone altre simili”.

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 14, 16-18, 22, 23, 32, 65, 94, 95, 100, 101, 115, 125, 138, 145-147, 167, 310, 322-324

1 CORINTI 16:10 “l’opera di Geova”

RAGIONI: In questo versetto si fa evidentemente riferimento a Geova Dio. È degno di nota che qui in greco davanti a Kỳrios non compare l’articolo determinativo laddove invece la grammatica greca lo richiederebbe; in pratica il termine è stato usato come se fosse un nome proprio.

RISCONTRI:

  • The First Epistle of Paul the Apostle to the Corinthians, a cura di John Parry, Cambridge at the University Press, 1916, p. 248. A proposito di 1 Corinti 16:10 quest’opera afferma: “Κύριος [Kỳrios] senza l’articolo sembra essere usato in riferimento a Cristo solo dopo preposizioni o al genitivo dopo sostantivi non articolati (Rom[ani 14:6]). Qui perciò corrisponde a τοῦ θεοῦ [tou theoù, che significa “del Dio”]”. Quest’opera menziona poi Romani 14:20 e Giovanni 6:28, dove il termine greco per “opera” (èrgon), presente qui in 1 Corinti 16:10, compare nelle espressioni “opera di Dio” e “opere di Dio”, a ulteriore conferma del fatto che qui con “Signore” ci si riferisce a Geova Dio.

TESTI A SOSTEGNO: J7, 8, 10, 14, 16-18, 24, 28-32, 65, 93-95, 100, 101, 106, 115, 146, 310, 323, 324