Prima lettera ai Tessalonicesi 5:1-28
Note in calce
Approfondimenti
i tempi e i periodi Vedi approfondimento ad At 1:7.
il giorno di Geova Nelle Scritture questa espressione si riferisce sempre a occasioni particolari in cui Geova Dio esegue il giudizio sui suoi nemici e glorifica il suo grande nome. Si tratta di un’espressione che affonda le sue radici nelle Scritture Ebraiche. (Alcuni esempi si trovano in Isa 13:6; Ez 7:19; Gle 1:15; Am 5:18; Abd 15; Sof 1:14; Zac 14:1; Mal 4:5.) Il profeta Gioele parlò del “grande e tremendo giorno di Geova” in Gle 2:31, passo citato da Pietro alla Pentecoste del 33 E.V. (At 2:20 e approfondimento). Nel primo adempimento della profezia di Gioele, quel “giorno di Geova” arrivò su Gerusalemme nel 70 E.V. Qui in 1Ts 5:2 Paolo parla di un futuro giorno di Geova che coincide con la “grande tribolazione” predetta da Gesù in Mt 24:21. (Per maggiori informazioni sull’uso del nome divino in questo versetto, vedi App. C3 introduzione; 1Ts 5:2.)
come un ladro di notte Solitamente un ladro colpisce di notte, in modo repentino e inaspettato (Gb 24:14; Ger 49:9; Mt 24:43). Similmente il giorno di Geova arriverà all’improvviso, cogliendo le persone di sorpresa (2Pt 3:10; Ri 16:15). Seguendo il consiglio delle Scritture, i cristiani fedeli vivono nell’attesa di quel giorno (Lu 12:39; Ri 3:3). Per quanto anche loro potrebbero rimanere sorpresi dal modo repentino in cui inizierà (Mt 24:42-44; Lu 12:40), non saranno colti alla sprovvista (1Ts 5:4).
si abbatterà su di loro un’improvvisa distruzione Qui Paolo indica che tra la proclamazione di “pace e sicurezza” e la distruzione che piomberà su coloro che la pronunceranno non passerà molto tempo, o addirittura non ne passerà affatto. La distruzione sarà istantanea e ineluttabile. Il testo greco trasmette questo concetto con due termini: il primo è un aggettivo reso “improvvisa”, il secondo è un verbo che ha in sé il senso di repentinità ed è reso “abbattersi”. Una combinazione di termini simile a questa compare in Lu 21:34, dove viene menzionata la venuta del giorno di Geova.
come le doglie colgono una donna incinta Le doglie vengono all’improvviso e non è possibile conoscerne in anticipo con esattezza il giorno e l’ora. Comunque, la metafora usata da Paolo sottolinea la repentinità e l’inevitabilità della distruzione futura. Una volta che comincia il travaglio, la donna sa che si è innescata una catena di eventi che non si può più fermare. (Confronta approfondimento a Mt 24:8.)
non potranno sfuggire in alcun modo Nell’originale, insieme al verbo “sfuggire”, Paolo usa due avverbi negativi (lett. “non non”) per enfatizzare il fatto che per i malvagi sarà impossibile evitare l’“improvvisa distruzione” che si abbatterà istantaneamente su di loro.
vi colga di sorpresa come sorprenderebbe dei ladri In 1Ts 5:2 Paolo paragona il giorno di Geova a un ladro che arriva all’improvviso, del tutto inaspettatamente. Qui, invece, a quanto pare cambia metafora e paragona il giorno di Geova all’alba, che con la sua luce rende ben visibile l’attività di ladri che rubano nelle case con il favore delle tenebre (Gb 24:14; Gv 3:20). Questi potrebbero essere così assorti in quello che stanno facendo da essere colti di sorpresa dalla luce del mattino. A differenza dei ladri, i veri cristiani devono essere “figli della luce”, che non appartengono “né alla notte né alle tenebre” (1Ts 5:5). I paragoni che Paolo fa, sia nel v. 2 che qui nel v. 4, mettono in evidenza quanto sia importante che i cristiani rimangano spiritualmente vigili.
come sorprenderebbe dei ladri Vari antichi manoscritti greci usano come soggetto della frase il sostantivo singolare per “ladro”, dando l’idea che sia il ladro a sorprendere qualcun altro. Comunque nei manoscritti disponibili è ben attestata anche la lezione che ha “ladri” come oggetto della frase, dando invece l’idea che siano i ladri quelli a essere sorpresi. Quest’ultima lezione, che è quella adottata nel testo principale, sarebbe in armonia con il contesto, dove Paolo dice: “Non siete nelle tenebre, [...] siete tutti figli della luce e figli del giorno” (1Ts 5:4, 5). In entrambi i casi, l’idea trasmessa è che i cristiani non dovrebbero essere presi alla sprovvista dall’arrivo del giorno di Geova.
dormiamo Nella Bibbia il verbo greco qui reso “dormire” spesso si riferisce al sonno in senso letterale (Mt 8:24; Mr 4:38; 1Ts 5:7). Questo verbo però poteva anche essere usato in senso metaforico a proposito di una persona apatica (o indifferente) e che non sta all’erta. In genere chi dorme non è consapevole di quello che succede intorno a lui e non si rende conto del passare del tempo. Allo stesso modo, chi dorme in senso spirituale non coglie la portata di alcuni sviluppi legati al proposito di Geova né l’imminenza del suo giorno. Qui Paolo avverte i cristiani di non dormire “come gli altri”, pensando che il giorno di giudizio di Dio sia lontano (2Pt 3:10-12).
restiamo [...] sobri Il verbo greco qui reso “restare sobri” compare anche in 1Ts 5:8 (“manteniamoci sobri”), 2Tm 4:5 (“mantieniti assennato”), 1Pt 1:13 (“siate [...] assennati”), 4:7 (“siate [...] sempre pronti”) e 5:8 (“mantenetevi assennati”).
la corazza della fede e dell’amore In questo versetto Paolo associa due pezzi dell’armatura, cioè la corazza e l’elmo, a tre importanti qualità cristiane, cioè la fede, l’amore e la speranza. (Vedi l’approfondimento per elmo la speranza della salvezza in questo versetto e l’approfondimento a 1Ts 1:3.) Proprio come la corazza proteggeva il cuore del soldato, fede e amore proteggono il cuore simbolico del cristiano. Per mettere in risalto il ruolo fondamentale di queste qualità nella vita dei cristiani, Paolo le paragona all’equipaggiamento indossato da chi rischia la vita sul campo di battaglia. In Ef 6:14 usa la corazza per rappresentare la qualità della “giustizia”.
per elmo la speranza della salvezza Proprio come l’elmo proteggeva la testa del soldato, la speranza della salvezza protegge la mente del cristiano. Paolo menziona questo elmo simbolico, come pure “la corazza della fede e dell’amore”, quando parla dell’importanza di rimanere spiritualmente svegli (1Ts 5:6, 7). Il cristiano che lo indossa ha “lo sguardo fisso sulla ricompensa”, come Mosè (Eb 11:26). Se mantiene forte la speranza della salvezza, resterà spiritualmente sveglio. (Vedi approfondimento a Ef 6:17.)
dormiamo O “dormiamo nella morte”. Il verbo greco reso “dormire” è qui usato in relazione allo stato in cui si trovano i morti (Mt 9:24; Mr 5:39 e approfondimento; Lu 8:52). Evidentemente, quindi, Paolo parla del dormire in riferimento alla condizione di chi è morto e dell’essere svegli in riferimento alla condizione di chi è vivo.
continuate a incoraggiarvi O “continuate a confortarvi”, come viene reso lo stesso verbo greco in 1Ts 4:18. (Vedi approfondimento a Ro 12:8.)
vi guidano O “vi dirigono”, “vi presiedono”. Il verbo greco qui usato (proìstemi) significa letteralmente “stare davanti” e può contenere l’idea di dirigere, guidare, presiedere, interessarsi degli altri e averne cura.
vi ammoniscono La parola greca usata qui (nouthetèo) è composta dal sostantivo per “mente” (noùs) e dal verbo reso “mettere” (tìthemi); potrebbe essere tradotta letteralmente “porre la mente a qualcosa”. Con lo stesso significato di “ammonire”, compare anche nel v. 14.
abbiate di loro la massima stima Questa espressione sottolinea l’affetto e il grande rispetto che i cristiani dovrebbero avere per “quelli che faticano” in mezzo a loro (1Ts 5:12). La parola greca tradotta “la massima” esprime un concetto forte ed è la combinazione di termini che significano “più”, “oltremodo” e “in maniera sovrabbondante”.
ammonire Vedi approfondimento a 1Ts 5:12.
i disordinati Il termine greco reso “disordinati” era spesso usato per riferirsi a quei soldati che uscivano dai ranghi o erano indisciplinati. Giuseppe Flavio, storico del I secolo, lo usò a proposito di truppe che “avanzarono in disordine” (Antichità giudaiche, XV, 150 [v, 4], a cura di L. Morandi, UTET, Torino, 2006). Nel greco parlato questo termine poteva indicare una persona pigra, oziosa, ma più spesso si riferiva a qualcuno che non sottostava alle norme comunemente accettate. Qui Paolo lo usa in senso lato per descrivere quelli che nella congregazione cristiana erano insubordinati e disubbidienti e che si allontanavano in maniera significativa dalle norme cristiane (1Ts 4:11; 2Ts 3:6).
confortare Il verbo greco originale (paramythèomai) compare anche in Gv 11:19, 31 in riferimento ai giudei che andarono a consolare Maria e Marta per la morte del fratello Lazzaro. Denota un notevole grado di tenerezza e conforto. (Vedi l’approfondimento a 1Co 14:3, dove un termine affine è reso “consola”.)
chi è depresso O “chi è scoraggiato”. Il termine greco usato qui (oligòpsychos) può essere letteralmente reso “quelli di poca anima”. Gli scrittori greci antichi ne usavano uno che aveva il significato opposto, “quelli di grande anima”, per riferirsi a chi era sicuro di sé e presuntuoso. A quanto pare, quindi, il termine utilizzato da Paolo ha in sé il senso di mancanza di autostima. Compare anche nella Settanta, dove traduce le parole ebraiche corrispondenti rese ‘ansioso’ e ‘afflitto’ (Isa 35:4; 54:6). Alcuni cristiani di Tessalonica forse erano scoraggiati a motivo della persecuzione o del dolore per la perdita di qualche fratello (1Ts 2:14; 4:13-18). Paolo esorta a confortare o consolare quelli che sono depressi, e non ad ammonirli. (Vedi l’approfondimento confortare in questo versetto.)
essere pazienti con tutti I termini greci che si riferiscono alla pazienza denotano la capacità di perseverare con calma e di non arrabbiarsi facilmente, caratteristica costantemente evidente nel modo in cui Geova e Gesù trattano con gli esseri umani (Ro 2:4; 9:22; 1Tm 1:16; 1Pt 3:20; 2Pt 3:9, 15; vedi approfondimento a Gal 5:22). Dato che imitano Geova e Gesù, anche i cristiani devono manifestare pazienza (1Co 11:1; Ef 5:1). Il verbo greco che compare in questo versetto ricorre due volte anche nella parabola di Gesù in cui due schiavi supplicano: “Abbi pazienza con me” (Mt 18:26, 29). Lo “schiavo malvagio” e spietato si rifiuta di essere paziente e misericordioso, a differenza del padrone, che Gesù usa per descrivere il suo Padre celeste (Mt 18:30-35). La parabola di Gesù e la presenza dello stesso verbo in 2Pt 3:9 fanno pensare che manifestare pazienza nei confronti degli altri include l’essere misericordiosi e pronti a perdonare.
Pregate di continuo Paolo non pretendeva che i tessalonicesi stessero a pregare ogni singolo istante. Li stava piuttosto incoraggiando ad avere l’atteggiamento riverente di chi è sempre pronto a ricercare la guida di Dio in preghiera, con la consapevolezza di dipendere da lui in tutti gli aspetti della vita (Pr 3:6). Paolo diede esortazioni simili in diverse delle sue lettere (Ro 12:12; Ef 6:18; Flp 4:6; Col 4:2).
Non spegnete il fuoco dello spirito Lett. “non spegnete lo spirito”. L’espressione “spegnere il fuoco” traduce un verbo greco che alla lettera significa “estinguere”, “spegnere”. In Mr 9:48 viene usato in riferimento a un fuoco simbolico e in Eb 11:34 a uno letterale. Qui Paolo lo utilizza in senso figurato a proposito dello “spirito” di Dio, ovvero la sua potenza in azione o forza attiva. Nei cristiani questo spirito può essere come un fuoco che li rende “ferventi” (lett. “bollenti”), dando loro la forza di parlare e agire in armonia con la volontà di Geova. (Vedi Ro 12:11 e approfondimento; vedi approfondimento ad At 18:25.) Un cristiano che pensasse e agisse assecondando la carne non terrebbe conto dello spirito di Dio; in pratica lo estinguerebbe, o lo spegnerebbe, nel proprio cuore (Gal 5:17; 1Ts 4:8).
Non disprezzate le profezie Qui con “profezie” ci si riferisce a messaggi che provengono da Dio. (Vedi Glossario, “profezia”.) Disprezzare i messaggi di ispirazione divina significa considerarli privi di valore, ignorarli e respingerli con sdegno.
Verificate Il verbo greco usato qui dall’apostolo Paolo potrebbe anche essere reso “mettete alla prova”. Significa esaminare e osservare attentamente qualcosa per capire se è autentico. Veniva utilizzato in relazione all’esame a cui erano sottoposti i metalli preziosi per testarne la purezza. Paolo usa lo stesso verbo in Ro 12:2 (vedi approfondimento), dove è reso “accertarvi”.
Verificate ogni cosa Questa espressione indica che i cristiani devono verificare che “ogni cosa” che accettano a livello dottrinale sia in armonia con la volontà di Dio. (Confronta At 17:11.) Nel versetto precedente Paolo ha espressamente detto: “Non disprezzate le profezie”. Questo ammonimento lascia intendere che i cristiani di Tessalonica dovevano verificare che le profezie in cui riponevano fede provenissero veramente da Dio. Nel I secolo alcuni discepoli di Cristo avevano il dono della profezia (Ro 12:6; 1Co 14:1-3). Gesù però aveva predetto che sarebbero comparsi anche falsi profeti (Mt 24:11, 24; Mr 13:22). I cristiani quindi dovevano valutare chi era a trasmettere la profezia (Mt 7:16-20) e capire se il contenuto era in armonia con le Scritture ispirate. Quando Paolo scrisse ai tessalonicesi (intorno al 50), probabilmente di tutte le Scritture Greche Cristiane solo il Vangelo di Matteo era già stato messo per iscritto. Pertanto, per stabilire se una profezia o un insegnamento proveniva veramente da Dio, ci si doveva affidare a un attento studio delle Scritture Ebraiche.
il vostro spirito, la vostra anima e il vostro corpo Il sincero interesse di Paolo per il benessere della congregazione cristiana del I secolo nel suo insieme si riflette nella preghiera accorata e sentita a favore dei fratelli di Tessalonica riportata nei vv. 23-24. Nel contesto i tre elementi da lui menzionati sono a quanto pare usati con questi significati: “spirito”, ovvero l’atteggiamento prevalente della congregazione (vedi approfondimenti a 1Co 5:5; Gal 6:18 e Glossario, “spirito”); “anima”, ovvero la vita, o l’esistenza stessa, della congregazione (vedi Glossario, “anima”); “corpo”, ovvero il gruppo dei cristiani unti che compongono la congregazione. (Confronta 1Co 12:12, 13.) Il sincero interesse di Paolo per la congregazione è evidente dalla richiesta che fa a Dio di santificarne “completamente” i suoi componenti e di preservarli “integri”.
la presenza del nostro Signore Gesù Cristo Vedi approfondimento a 1Ts 2:19.
con un santo bacio Vedi approfondimento a Ro 16:16.
Signore In contesti simili a questo, il titolo “Signore” potrebbe riferirsi sia a Geova Dio sia a Gesù Cristo. Quando il ripristino del nome divino non è supportato con chiarezza dal contesto o da richiami alle Scritture Ebraiche, il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo ha mantenuto la resa “Signore” per non oltrepassare i limiti del traduttore. (Vedi App. C1.) È vero che qui alcune traduzioni delle Scritture Greche Cristiane in ebraico e in altre lingue usano il nome divino, ma alla luce del contesto il titolo “Signore” può benissimo riferirsi al Signore Gesù Cristo (1Ts 5:28).
immeritata bontà Vedi Glossario.
sia con voi Dopo queste parole, alcuni manoscritti aggiungono “Amen” a chiusura della lettera. Anche se alcune lettere di Paolo si concludono effettivamente con questo termine (Ro 16:27; Gal 6:18), i manoscritti disponibili non forniscono sufficienti ragioni per aggiungerlo qui.
Galleria multimediale
Nel I secolo i soldati romani indossavano vari tipi di corazza per proteggere il busto. Gli ufficiali d’alto rango indossavano una corazza (1) formata da due piastre metalliche sagomate anatomicamente; le due parti erano unite su un fianco da cerniere e sull’altro da fibbie o lacci. Molti soldati indossavano una corazza (2) fatta di lamelle in ferro o lega di rame fissate a un supporto di cuoio o lino. Altri usavano una cotta di maglia (3) formata da migliaia di anellini di ferro intrecciati tra loro e indossata su un busto in cuoio; la cotta garantiva una buona protezione e pesava meno delle altre corazze. Paolo usò l’immagine della corazza per illustrare la capacità di proteggere che hanno giustizia, fede e amore (Ef 6:14; 1Ts 5:8).
L’immagine raffigura due tipi di elmo utilizzati dai soldati romani nel I secolo. Questi elmi a calotta metallica (di bronzo o ferro) avevano paraguance mobili e paranuca. Molto spesso sulla parte frontale presentavano anche una sorta di tesa o falda che serviva a deviare i colpi diretti al viso. Tutti gli elmi erano foderati internamente e di solito imbottiti, così che potevano essere indossati per lunghi periodi di tempo. Sembra che i soldati dovessero acquistare l’armatura, incluso l’elmo, a proprie spese. Paolo usò l’elmo come esempio di un tipo di protezione di vitale importanza: proprio come l’elmo proteggeva la testa del soldato da colpi fatali, “la speranza della salvezza” protegge la mente del cristiano e le sue prospettive di vita futura (1Ts 5:8, 9; Tit 1:2).
Nelle foto si vedono alcuni strumenti scrittori utilizzati nel I secolo. La penna poteva essere un pezzo di canna (come le canne che crescevano lungo il Nilo) appuntito a un’estremità. Di solito si usava dell’economico inchiostro nero tenuto in un calamaio. I supporti scrittori erano svariati, come tavolette di legno, frammenti di terracotta, pergamene o papiri. Se la lettera era lunga, solitamente la si scriveva su un rotolo di papiro; la parte di papiro avanzata veniva tagliata per essere riusata successivamente. Se la lettera era breve, si poteva acquistare un foglio che il venditore stesso tagliava da un rotolo. Le lettere erano perlopiù brevi. Quella che Paolo scrisse a Filemone, ad esempio, è considerata una lettera di media lunghezza. La maggior parte dei libri delle Scritture Greche Cristiane sono lettere, che i discepoli di Gesù scrissero ispirati da Dio.