Prima lettera a Timoteo 4:1-16
Note in calce
Approfondimenti
la parola ispirata Lett. “lo spirito”. In questo versetto il termine greco pnèuma compare due volte. Spesso viene tradotto “spirito” ma, in base al contesto, può avere anche altri significati. (Vedi Glossario, “spirito”.) Qui è stato reso “la parola ispirata” perché si riferisce a un’espressione ispirata dallo spirito santo di Dio. (Vedi l’approfondimento ingannevoli affermazioni ispirate in questo versetto.)
alcuni si allontaneranno dalla fede Paolo predice che alcuni sedicenti cristiani avrebbero abbandonato gli insegnamenti divini contenuti nelle Scritture e si sarebbero allontanati dalla vera adorazione. Il verbo greco originale per “allontanarsi da” letteralmente significa “stare lontano da” e può anche essere reso “rinunciare” (2Tm 2:19). È affine al sostantivo reso “apostasia”. (Vedi approfondimento a 2Ts 2:3.)
ingannevoli affermazioni ispirate Lett. “spiriti ingannevoli”. Qui il termine greco pnèuma (“spirito”) è al plurale e si riferisce ad affermazioni fatte da persone che asseriscono falsamente di sapere qualcosa che proviene da una fonte divina o di essere ispirati da Dio. In realtà, però, queste affermazioni provengono da Satana e dai demòni; infatti viene detto che sono “ingannevoli” e che sono collegate a “insegnamenti di demòni” (Gv 8:44; 1Gv 4:1-6; Ri 16:13, 14). Questi angeli malvagi si servono di “uomini che dicono menzogne” per promuovere falsi insegnamenti (1Tm 4:2; 2Co 11:14, 15). Un cristiano che decidesse di ascoltare queste bugie rischierebbe di allontanarsi dalla fede. (Confronta approfondimento a 2Ts 2:2.)
la cui coscienza è marchiata come da un ferro rovente Ai giorni di Paolo a volte veniva utilizzato un ferro rovente per marchiare la pelle degli animali così da indicare a chi appartenevano. Di conseguenza sulla carne bruciata dell’animale si formava una cicatrice e in quel punto diventava insensibile. Con il verbo kausteriàzomai (lett. “bruciare con ferro rovente”) Paolo forse intende dire che la coscienza di una persona che si ostina a fare ciò che è sbagliato diventa insensibile, incallita: compie azioni errate senza alcuna remora e non si sente in colpa dopo averle compiute. (Confronta approfondimento a Ef 4:19.) Alcuni studiosi, però, propongono una spiegazione diversa: la coscienza di chi continua a fare quello che è sbagliato è simbolicamente marchiata nel senso che questa persona appartiene a Satana e ai demòni.
proibiscono di sposarsi Questo insegnamento apostata distorceva in modo subdolo i sani insegnamenti cristiani e li applicava in modo errato. È vero che Gesù aveva parlato in modo positivo dell’essere single, definendolo un dono (Mt 19:10-12), e che Paolo fu ispirato a parlare dei vantaggi che si hanno non sposandosi, come il servire Geova con meno distrazioni (1Co 7:32-35). Comunque né Gesù né Paolo proibirono di sposarsi. Anzi, Gesù ribadì la norma originale di Geova relativa al matrimonio (Mt 19:3-6, 8), e Paolo riconobbe che il matrimonio in certi casi era consigliabile e che doveva essere protetto e tenuto in alta considerazione (1Co 7:2, 9, 28, 36; Eb 13:4). Inoltre Paolo menzionò che alcuni apostoli erano sposati (1Co 9:5 e approfondimento). E, sotto ispirazione, diede a mariti e mogli consigli su come assolvere i ruoli affidati loro da Dio (Ef 5:28-33). Quindi qui in 1Tm 4:3 Paolo smaschera la dottrina del celibato obbligatorio per quello che è, ovvero uno degli “insegnamenti di demòni” (1Tm 4:1).
comandano di astenersi da cibi Nella Legge mosaica Geova aveva comandato alla nazione di Israele di astenersi dai cibi che lui considerava impuri (Le 11:4-7). Ma la morte di Cristo Gesù aveva segnato “la fine della Legge”, che quindi non era più in vigore quando Paolo, tra il 61 e il 64, scrisse questa lettera (Ro 10:4, nt.; Col 2:14). Più di 10 anni prima il corpo direttivo a Gerusalemme aveva delineato le uniche restrizioni valide relative al cibo: la carne doveva essere adeguatamente dissanguata e non si doveva mangiare nulla che fosse stato offerto agli idoli (At 15:28, 29; confronta At 10:10-16). Per quanto i cristiani fossero liberi di digiunare o di non mangiare certi cibi (Mt 6:16-18), non era da questo che dipendeva la loro salvezza (Ro 14:5, 6; Eb 13:9). Quindi Paolo, qui in 1Tm 4:3, indica senza mezzi termini che chi dava ai cristiani un comando del genere aveva rigettato la conoscenza accurata e stava invece promuovendo “insegnamenti di demòni” (1Tm 4:1 e approfondimento).
è santificato dalla parola di Dio Dal momento che i cristiani non sono tenuti a osservare le norme dietetiche prescritte dalla Legge mosaica, è giusto che considerino tutti i cibi santificati, o puri. (Vedi approfondimento a 1Tm 4:3.) Quando Geova dice che una cosa è pura, è pura. Ad esempio, in una visione all’apostolo Pietro fu detto: “Smetti di considerare contaminate le cose che Dio ha purificato” (At 10:10-15).
preghiera Il cibo è santificato non solo dalla “parola” di Dio ma anche dalla preghiera. Chi prega riconosce che è Dio a provvederlo, e lo accetta come un suo dono. Pertanto un cristiano può mangiarlo con la certezza che facendolo non si contamina agli occhi di Dio (Gen 1:29; 9:3; Mt 14:19; Lu 9:16).
ministro di Cristo Gesù Vedi approfondimento a 1Co 3:5.
nutrito Qui Paolo usa un termine greco che alla lettera si riferisce al dar da mangiare a un bambino e all’educarlo. “Dall’infanzia” Timoteo era stato nutrito, per così dire, con “gli scritti sacri” (2Tm 3:14-17). In quanto cristiano, era stato alimentato con le parole della fede, cioè l’insieme degli insegnamenti cristiani. In questa lettera Paolo lo incoraggia a continuare a nutrirsi per poter così edificare la sua fede (1Tm 4:16). Timoteo, sorvegliante e pastore nella congregazione cristiana, sarebbe stato così in grado di rafforzare e proteggere altri dal punto di vista spirituale (1Tm 1:3-7, 18; 4:1).
false storie Le “false storie” (espressione che qui traduce il termine greco mỳthos) che circolavano ai giorni di Paolo erano irriverenti, o profane. Violavano le sacre norme di Dio ed erano contrarie ai santi e sani insegnamenti della verità (1Tm 6:20; 2Tm 1:13). Queste false storie erano frutto dell’immaginazione e non si basavano sulla realtà dei fatti, quindi erano prive di valore. (Vedi approfondimento a 1Tm 1:4.)
come quelle raccontate dalle vecchie donne Questa espressione corrisponde in greco a un unico termine che a quanto pare diventò parte di un modo di dire comune per trasmettere l’idea di qualcosa di “ridicolo”, “assurdo”. Comunque quello che Paolo dice nel capitolo successivo fa capire che non aveva pregiudizi nei confronti delle persone anziane, donne incluse. Per esempio, in 1Tm 5:1, 2 esorta Timoteo a trattare coloro che sono avanti con gli anni come cari componenti della famiglia.
esèrcitati Dal v. 7 al v. 10, Paolo porta avanti il suo ragionamento usando vari termini tratti dal mondo dell’atletica. (Vedi approfondimenti a 1Tm 4:8, 10.) Il verbo greco qui reso “esèrcitati” è gymnàzo, che veniva spesso usato in riferimento al rigido allenamento degli atleti che partecipavano a giochi o gare di vario tipo. L’allenamento richiedeva tanta autodisciplina, duro lavoro e molta determinazione. (Vedi approfondimento a 1Co 9:25.) Utilizzando questo verbo in senso metaforico Paolo mette in risalto lo sforzo necessario per coltivare la qualità della devozione a Dio.
devozione a Dio Il termine greco eusèbeia trasmette l’idea di profonda riverenza e rispetto che un cristiano esprime a Dio servendolo lealmente e ubbidendogli in modo completo. Ha un significato ampio, infatti fa anche pensare a quell’amore leale o a quell’attaccamento verso Dio che spinge una persona a cercare di fare ciò che piace a lui. Un lessico riassume così il significato generale di questo termine: “vivere come Dio vuole che viviamo”. Paolo fa anche capire che la devozione a Dio non è una caratteristica innata. È per questo motivo che esorta Timoteo a darsi da fare per rafforzare questa qualità, esercitandosi, o allenandosi, come fa un atleta. Poco prima nella lettera, Paolo gli ha ricordato che Gesù Cristo ha lasciato l’esempio più incisivo di devozione a Dio. (Vedi approfondimento a 1Tm 3:16.)
esercizio O “allenamento”. Paolo prosegue la metafora tratta dal mondo dell’atletica che ha iniziato nel versetto precedente. Lì ha usato un verbo greco (gymnàzo) che alla lettera significa “esercitarsi (come un atleta)”. (Vedi approfondimento a 1Tm 4:7.) Qui invece usa il sostantivo gymnasìa, che si riferisce all’allenamento fisico. Ai giorni di Paolo, il posto in cui gli atleti si allenavano era chiamato ginnasio (in greco gymnàsion). I ginnasi erano luoghi molto conosciuti perché rappresentavano importanti centri della vita sociale in diverse città dell’impero romano. Influenzati dalla cultura dell’epoca, alcuni davano grande valore all’allenamento fisico. Altri, invece, lo consideravano sconveniente o inutile. Paolo, sotto ispirazione, presenta un punto di vista equilibrato: riconosce che l’allenamento fisico è utile a qualcosa o “è utile per un po’”, perché ha dei vantaggi temporanei, ma mette in evidenza che “[esercitarsi] avendo di mira la devozione a Dio” reca benefìci ancora maggiori (1Tm 4:7).
devozione a Dio Per una trattazione dell’espressione “devozione a Dio”, vedi approfondimento a 1Tm 4:7; vedi anche approfondimento a 1Tm 2:2.
utile a ogni cosa Qui Paolo indica che la devozione a Dio reca benefìci di gran lunga maggiori rispetto all’allenamento fisico. (Vedi l’approfondimento esercizio in questo versetto.) Sapeva per esperienza personale che la devozione a Dio gli era “utile a ogni cosa” nella “vita presente”. Per esempio, grazie a questa qualità era riuscito ad attenersi fermamente all’“accurata conoscenza della verità” (Tit 1:1, 2). Non aveva mai dato ascolto alle menzogne, alle “ingannevoli affermazioni ispirate” e alle “false storie irriverenti” da cui mette in guardia Timoteo in questo brano (1Tm 4:1, 2, 7). Inoltre Geova lo aveva aiutato a essere forte nonostante le debolezze, a provare gioia nonostante le difficoltà e a mostrare amore nonostante i maltrattamenti (2Co 6:12; 12:10, 15; Flp 4:13; Col 1:24). E dato che la sua devozione a Dio non aveva mai vacillato, la speranza che aveva nella “vita [...] futura” era rimasta certa. La speranza di regnare in cielo con Cristo gli aveva procurato gioia; anche quando poi fu condannato a morte, la speranza della vita eterna che lo attendeva lo rese felice (2Tm 2:12; 4:6-8).
fatichiamo e ci sforziamo Per enfatizzare quello che sta dicendo, Paolo usa due verbi greci che hanno un significato simile. (Confronta Col 1:29.) Il primo, qui reso “fatichiamo”, può riferirsi ad attività stancanti o logoranti (Lu 5:5; 2Tm 2:6). Il secondo, qui reso “ci sforziamo”, può mettere in risalto l’intensità dello sforzo e l’impegno che viene profuso. (Vedi approfondimento a Lu 13:24.)
abbiamo riposto la nostra speranza in un Dio vivente Paolo dice che Geova è “un Dio vivente”, infinitamente superiore agli idoli senza vita che venivano adorati ai suoi giorni (At 14:15; 1Co 12:2; 1Ts 1:9; vedi approfondimento a 1Tm 3:15). Geova, essendo un Dio vivente, ha il potere di ricompensare i suoi fedeli servitori per i sinceri sforzi che fanno nel servirlo (2Cr 16:9; Ger 32:19; 1Pt 3:12; 1Gv 3:22). Promette di dare loro la salvezza e la vita eterna (Ro 2:6, 7; 1Tm 1:16; Tit 1:2). Paolo e gli altri cristiani si sentivano spinti a faticare e a sforzarsi perché sapevano che la loro speranza poggiava su solide fondamenta: un Dio vivente e potente.
Salvatore Vedi approfondimento a 1Tm 1:1.
ogni tipo di persona Vedi approfondimento a 1Tm 2:4.
specialmente dei fedeli In questo contesto il termine “fedeli” si riferisce a coloro che hanno riposto fede nel Dio vivente e continuano a essergli devoti (At 14:22; 1Ts 3:5 e approfondimento, 7). Dio è il “Salvatore di ogni tipo di persona” in quanto ha provveduto il riscatto, dando così a tutti gli esseri umani l’opportunità di essere salvati. Comunque, solo chi continua a esercitare fede in Gesù e a servire lealmente Dio sarà salvato (Gv 3:16, 36; 1Tm 6:12).
la tua giovane età O “la tua giovinezza”. Quando furono scritte queste parole, Timoteo doveva essere sulla trentina ed era stato addestrato dall’apostolo Paolo per più di 10 anni. Probabilmente Paolo stesso aveva più o meno quell’età quando viene menzionato per la prima volta nella Bibbia. In At 7:58 Luca definisce Saulo (Paolo) “un giovane”, usando un termine greco affine a quello presente qui in 1Tm 4:12 e tradotto “giovane età”. Inoltre nella Settanta il termine greco reso “giovinezza” o “gioventù” si riferiva a volte ad adulti sposati (Pr 5:18; Mal 2:14, 15; LXX). Nel mondo classico anche uomini sulla trentina in certi casi venivano considerati relativamente giovani e non ancora maturi. È probabile che Timoteo fosse più giovane di alcuni uomini che doveva consigliare o nominare anziani, quindi poteva essere un po’ riluttante a far valere la sua autorità (1Tm 1:3; 4:3-6, 11; 5:1, 19-22). Le parole di Paolo “nessuno disprezzi la tua giovane età” avranno di certo infuso più sicurezza a Timoteo.
Diventa [...] un esempio per i fedeli Con queste parole Paolo spiega a Timoteo come può in modo pratico far sì che “nessuno disprezzi la [sua] giovane età”. Timoteo non avrebbe dovuto spadroneggiare sui fratelli esercitando con severità l’autorità che Dio gli aveva dato, e non avrebbe dovuto insistere perché gli altri lo rispettassero. Paolo stesso non si era comportato in questo modo. (Vedi approfondimento a 2Co 1:24.) Qui consiglia a Timoteo di continuare a ricorrere a qualcosa di più efficace: il buon esempio. Poi cita cinque ambiti in cui Timoteo dovrà essere d’esempio “per i fedeli”: “nel parlare, nel comportamento, nell’amore, nella fede, nella castità”. Osservandolo, i fratelli e le sorelle si sarebbero sentiti spinti a diventare cristiani migliori (Eb 13:7, 17).
castità O “purezza”. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:2.)
continua ad applicarti O “da’ tutta la tua attenzione”. Timoteo era già un ministro e un sorvegliante esperto (Flp 2:20-22; 1Ts 3:2). Ciò nonostante, Paolo lo esorta a prestare particolare attenzione “alla lettura pubblica, all’esortazione [e] all’insegnamento”. Per farlo, Timoteo avrà dovuto studiare con attenzione e prepararsi molto bene. L’espressione “continua ad applicarti” traduce un unico verbo che è al presente, tempo verbale che in greco suggerisce un’azione continua e ripetuta. Timoteo, quindi, avrebbe dovuto continuare a concentrarsi su questi aspetti del ministero e a impegnarvisi.
lettura pubblica Nelle sinagoghe la lettura ad alta voce delle Scritture costituiva una parte importante dell’adorazione, abitudine che diventò una caratteristica anche delle adunanze cristiane (Lu 4:16 e approfondimento; At 13:15 e approfondimento). Quando si riunivano, i cristiani leggevano alcuni passi delle Scritture Ebraiche e, con il tempo, anche di quelle che diventarono le Scritture Greche Cristiane. Inoltre fratelli con incarichi di responsabilità inviavano lettere che dovevano essere lette alle congregazioni (At 15:22, 23, 30, 31; 16:4, 5; Col 4:16; 1Ts 5:27; Ri 1:3). La lettura veniva fatta ad alta voce perché tra i presenti in pochi avevano copie scritte, e alcuni potevano addirittura essere analfabeti. Chi leggeva pubblicamente doveva prepararsi bene in modo da fare una lettura scorrevole e da trasmetterne chiaramente il significato. (Confronta Ne 8:8.) Il lettore affrontava una difficoltà in più, visto che i manoscritti greci in uso all’epoca non contenevano spazi tra le parole e avevano poca punteggiatura o non ne avevano affatto. Per questi motivi, sicuramente Timoteo avrà apprezzato i consigli di Paolo riguardo alla lettura pubblica e li avrà trasmessi ad altri.
esortazione O “incoraggiamento”. Anche se esortare altri implica spronarli all’azione, il termine greco usato qui trasmette pure l’idea di dare incoraggiamento e conforto. Proprio come doveva prepararsi bene per la lettura pubblica e l’insegnamento, Timoteo doveva impegnarsi con dedizione a consolare e incoraggiare i fratelli. (Vedi approfondimenti a Ro 12:8; Flp 2:1.)
Non trascurare il dono che è in te Paolo ha in mente un dono che Geova aveva fatto a Timoteo tramite lo spirito santo. A quanto pare questo dono includeva il ruolo, o responsabilità, speciale che Timoteo aveva tra i servitori di Dio. Probabilmente ricevette questo dono quando Paolo visitò Listra durante il suo secondo viaggio missionario. A quel tempo venne fatta “una profezia” riguardo ai futuri incarichi di Timoteo, che in seguito diventò sorvegliante viaggiante e ricevette l’incarico di rimanere per qualche tempo a Efeso come sorvegliante (1Tm 1:3). Comunque Paolo sapeva che un dono non utilizzato è un dono sprecato. Quindi esortando Timoteo a non trascurare quel dono, o a non mostrare indifferenza al riguardo, Paolo gli ricordò che si trattava di qualcosa di veramente prezioso. Desiderava che Timoteo continuasse a considerare importante il suo dono svolgendo il suo incarico con determinazione ed entusiasmo. (Vedi anche 2Tm 1:6 e approfondimento.)
mediante una profezia Questa espressione può riferirsi a una delle profezie che erano state fatte sul conto di Timoteo quando Paolo aveva visitato Listra durante il suo secondo viaggio missionario. A quanto pare queste profezie avevano a che fare con il futuro ruolo di Timoteo all’interno della congregazione. (Vedi approfondimento a 1Tm 1:18.) In questo modo fu evidente che era lo spirito di Geova a indicare cosa avrebbe dovuto fare Timoteo nel suo ministero. Di conseguenza, gli anziani di Listra accettarono volentieri che Timoteo intraprendesse il servizio speciale e partisse con Paolo (At 16:1-5).
il corpo degli anziani Qui Paolo usa il termine greco presbytèrion che si riferisce a un gruppo di anziani; questa parola è affine a quella spesso resa “anziano”. (Vedi Glossario, “anziano”.) In Lu 22:66 (vedi approfondimento) e At 22:5 (vedi approfondimento), il termine presbytèrion è stato tradotto con “assemblea degli anziani”, probabilmente in riferimento al Sinedrio giudaico. A quanto pare veniva anche usato per riferirsi a coloro che guidavano singole comunità ebraiche sparse in tutto l’impero romano. Questo versetto dimostra che i cristiani usavano lo stesso termine per indicare il gruppo di uomini spiritualmente maturi, o “anziani”, che guidava ogni singola congregazione. Altri passi biblici confermano che generalmente nelle congregazioni c’era più di un anziano. (Vedi approfondimenti ad At 14:23; 20:17; Flp 1:1.)
pose le mani su di te Vedi approfondimento ad At 6:6.
Medita O “pondera”. Qui Paolo mette in risalto l’importanza della meditazione. L’espressione queste cose può riferirsi ai consigli di Paolo riportati nei vv. 12-14 sul comportamento di Timoteo, il suo ministero e l’insegnamento che impartiva, oppure alla lettera nel suo insieme. Anche le Scritture Ebraiche sottolineano quanto sia importante che i servitori di Geova riflettano profondamente sulle loro azioni e sulla loro amicizia con lui (Sl 1:2 e nt.; 63:6; 77:12; 143:5). Per esempio in Gsè 1:8, riguardo al “libro della Legge”, Geova dice a Giosuè: “Lo devi leggere sottovoce [o “devi meditare su di esso”, nt.] giorno e notte”. Il verbo ebraico presente in questo versetto suggerisce anche l’idea di leggere a una velocità che permetta di riflettere in modo profondo. Nella Settanta, in Gsè 1:8 compare lo stesso verbo usato da Paolo qui in 1Tm 4:15. Come Giosuè, anche Timoteo doveva continuare a meditare sulle Scritture quotidianamente per non fermare la sua crescita spirituale e per svolgere con maggiore efficacia il suo incarico.
dèdicati interamente a esse Lett. “sii dentro di esse”. Questa espressione trasmette l’idea di essere immersi, completamente impegnati, in un’attività. Al riguardo, un commentario dice: “La mente deve essere immersa [nelle attività menzionate nei versetti precedenti] come il corpo lo è nell’aria che respira”.
affinché il tuo progresso sia chiaramente visibile a tutti Paolo desidera che Timoteo continui a progredire spiritualmente negli ambiti che ha appena menzionato. Coloro che avrebbero notato i progressi di Timoteo sarebbero stati ispirati dal suo esempio, e la loro fiducia nei suoi confronti sarebbe aumentata (1Tm 4:12-16). Timoteo avrebbe dovuto agire spinto non dal desiderio di mettersi in mostra o di far colpo sugli altri, ma dalla volontà di aiutare la congregazione (Ro 12:3; 1Co 4:7; 13:4).
Presta costante attenzione a te stesso Paolo è molto interessato al benessere spirituale di Timoteo e vuole che stia alla larga da qualsiasi cosa possa fargli perdere la vita eterna. Qualche anno prima Paolo aveva incontrato gli anziani di Efeso e aveva esortato anche loro dicendo: “Prestate attenzione a voi stessi”. Con quelle parole aveva messo in risalto la necessità che i sorveglianti rimanessero forti spiritualmente ed evitassero di fare troppo affidamento su sé stessi (At 20:17, 28 e approfondimento).
Persevera in queste cose Paolo conclude in modo vigoroso la serie di consigli che dà a Timoteo su come essere “un eccellente ministro di Cristo Gesù” (1Tm 4:6-16). È suo desiderio che Timoteo continui a fare quattro azioni specifiche menzionate nei vv. 15 e 16; gli dice infatti: “medita”, “dèdicati interamente”, “presta costante attenzione” e “persevera”. A proposito dei consigli paterni che qui Paolo dà a Timoteo, un’opera di consultazione fa il seguente commento: “Questi due versetti [...] danno forse il tocco personale più intenso all’epistola”.