Prima lettera a Timoteo 5:1-25
Note in calce
Approfondimenti
Non criticare aspramente un uomo anziano Il verbo greco reso “criticare aspramente” significa alla lettera “infliggere colpi”. In questo versetto è usato in senso figurato per trasmettere l’idea di “rimproverare con durezza”, “punire con le parole”. Paolo ricorda al giovane Timoteo che, pur avendo un certo grado di autorità, non doveva abusarne trattando male gli altri (1Tm 1:3). Erano soprattutto gli uomini avanti con gli anni a meritare che Timoteo mostrasse loro compassione e rispetto (Le 19:32; vedi l’approfondimento esorta in questo versetto).
un uomo anziano Questa espressione traduce il termine greco presbỳteros. In italiano, la resa “un uomo anziano” (dove “anziano” è aggettivo) invece di “un anziano” (dove “anziano” è sostantivo) vuole far capire che qui presbỳteros si riferisce letteralmente a chi è avanti con gli anni, non a chi ricopre incarichi nella congregazione. È il contesto che lo suggerisce, dal momento che in questo versetto il termine è usato in antitesi con “giovani”. Comunque altre volte è utilizzato per riferirsi a coloro che all’interno della congregazione hanno autorità e responsabilità (1Tm 5:17; Tit 1:5; vedi approfondimento ad At 11:30). Il senso del versetto è che, se qualcuno avanti con gli anni (soprattutto se serviva come anziano) avesse avuto bisogno di correzione, Timoteo, che era più giovane, avrebbe dovuto “[esortarlo] come un padre”.
esorta Il verbo greco usato qui da Paolo (parakalèo) trasmette l’idea di mostrare interesse verso qualcuno incoraggiandolo e consigliandolo gentilmente. (Vedi l’approfondimento a Ro 12:8, dove lo stesso verbo greco è reso “incoraggia”.) Quindi Paolo invita Timoteo a promuovere nella congregazione cristiana un’atmosfera affettuosa, come quella che dovrebbe esserci in una famiglia (1Co 4:14; 1Ts 2:7, 8). Anche quando era necessario dare consigli, Timoteo non doveva trattare nessuno con durezza.
con assoluta castità O “con assoluta purezza”. Il termine greco reso “castità” si può riferire alla purezza non solo nei comportamenti (in ambito sessuale o d’altro genere) ma anche nei pensieri e nei motivi (1Tm 4:12; vedi approfondimento a Flp 4:8). Timoteo doveva trattare le donne cristiane più giovani come se fossero sue sorelle carnali. Con loro, così come con tutti gli altri compagni di fede, doveva rimanere completamente casto, cioè puro nei pensieri, nelle parole e nelle azioni (Gb 31:1).
Abbi considerazione Lett. “onora”. Questa espressione potrebbe anche essere resa “continua a onorare”. Paolo dice a Timoteo che le vedove, spesso povere e indifese, devono essere trattate con rispetto e aiutate con premura e amore. Stando ad alcuni lessici, in questo contesto il verbo usato qui da Paolo può includere l’aiuto materiale. (Confronta Mt 15:5, 6; At 28:10; vedi approfondimento a 1Tm 5:17.) Molti racconti della Bibbia indicano che Dio ama e onora le vedove fedeli, come fece ad esempio con Naomi, Rut, la vedova di Sarepta e la profetessa Anna (Ru 1:1-5; 2:10-13, 19, 20; 4:14, 15; 1Re 17:8-24; Lu 2:36-38).
vedove che sono veramente vedove O “vedove che sono veramente nel bisogno”, cioè senza qualcuno che provveda a loro.
mostrare devozione a Dio nella propria casa Alcune traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane presentano in questo punto un’espressione che potrebbe essere resa “accudire (guidare) la propria famiglia con saggezza e timore di Geova”. (Confronta approfondimento a 1Tm 2:2.) In questa lettera Paolo usa diverse volte il sostantivo greco reso “devozione a Dio” (eusèbeia) che trasmette l’idea di profonda riverenza e rispetto verso Dio. (Vedi approfondimento a 1Tm 4:7.) Qui in 1Tm 5:4 Paolo ricorre a un verbo affine (eusebèo), reso “mostrare devozione a Dio”, per indicare che questa riverenza dovrebbe spingere i cristiani a soddisfare le necessità di genitori e nonni rimasti senza coniuge. Alcune versioni della Bibbia traducono questo verbo con “rispettare” o “adempiere i loro doveri”. Queste rese, però, non tengono conto della motivazione spirituale che spinge i cristiani a svolgere con pazienza, gioia e amore un compito spesso impegnativo ed emotivamente logorante (Ec 12:1-8). Il verbo utilizzato da Paolo indica che questa cura è prima di tutto un atto di riverenza verso Dio e di ubbidienza ai suoi comandi relativi alla vita familiare (Eso 20:12; Mt 15:3-6; 1Tm 5:8; Gc 1:27).
persevera nelle suppliche e nelle preghiere giorno e notte Le parole di Paolo a proposito di una vedova che “[ripone] la sua speranza in Dio” richiamano molto da vicino quello che Luca disse per descrivere la profetessa Anna. Quella vedova avanti con gli anni “non si assentava mai dal tempio, rendendo sacro servizio giorno e notte con digiuni e suppliche” (Lu 2:36, 37). Gesù stesso lodò “una vedova bisognosa”; questa donna, pur avendo solo “due monetine di piccolissimo valore”, ebbe una tale fede in Geova da donarle entrambe al tempio di Gerusalemme (Lu 21:1-4; vedi approfondimento al v. 4). Quello che Paolo dice in questo versetto, così come la menzione di queste donne nei Vangeli, rispecchia l’alta stima che Geova ha per le vedove cristiane che hanno una forte fede.
quella che si abbandona ai piaceri sensuali Il verbo greco usato qui potrebbe riferirsi a chi adotta uno stile di vita edonistico, dedito ai piaceri; può anche indicare qualcuno che ha perso i freni morali. Forse Paolo sapeva che alcune donne cristiane rimaste senza coniuge consideravano la loro vedovanza un’opportunità per vivere una vita di sfarzi. (Confronta 1Tm 2:9.) Comunque, è ovvio che la congregazione non è tenuta ad aiutare materialmente qualcuno che sfrutterebbe la generosità dei fratelli per vivere nell’agiatezza o in modo contrario alle norme morali di Geova. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:3.)
morta benché sia in vita Cioè morta in senso metaforico. (Confronta Ri 3:1; vedi approfondimento a Ef 2:1.)
istruzioni O “comandi”. (Vedi approfondimento a 1Tm 1:5.)
provvede Qui si fa riferimento al provvedere in senso materiale. Paolo indica che un capofamiglia deve provvedere al coniuge e ai figli nella misura in cui le circostanze lo permettono. Comunque, alcuni genitori o nonni rimasti senza coniuge potrebbero non essere in grado di soddisfare le proprie necessità a livello fisico. In questo caso i figli adulti sono tenuti a fare quello che possono per provvedere ai loro bisogni. A volte questo può voler dire pensare in anticipo a quali potrebbero essere le loro necessità future e stabilire come gestirle. (Confronta Gv 19:26, 27.) Paolo mostra che, oltre all’obbligo morale, i cristiani hanno una ragione ancora più impellente per applicare questo principio, ovvero piacere a Dio e ricevere la sua approvazione (Eso 20:12; De 5:16; Mt 15:4-6).
ai suoi, e specialmente a quelli della sua casa Nelle due espressioni “ai suoi” e “a quelli della sua casa”, la prima ha un significato più ampio e si riferisce ai parenti stretti, mentre la seconda in questo contesto si riferisce ai componenti dell’immediata cerchia familiare che vivono sotto lo stesso tetto.
ha rinnegato la fede La fede cristiana comprende tutto ciò che Cristo e i suoi discepoli, sotto ispirazione, hanno insegnato. Gesù confermò il comando di Dio “onora tuo padre e tua madre”, e condannò quelli che trascuravano questo dovere (Eso 20:12; De 5:16; Mr 7:9-13). Pertanto il cristiano non può dire di vivere all’altezza della sua fede se non si prende cura della famiglia, che potrebbe includere genitori o nonni vedovi nel bisogno. Se deliberatamente trascurasse questo dovere, sconfesserebbe la propria fede, la rinnegherebbe. Sarebbe peggiore di uno senza fede, ovvero di un non credente che invece si prende cura dei suoi familiari a motivo del naturale affetto che ha per loro (Ro 2:14, 15).
uno senza fede Alcune traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane usano l’espressione “uno che rinnega Geova”. Comunque, dal momento che non ci sono prove che qui nel greco originale ci fosse il nome divino, il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo non lo ha usato nel testo principale di questo versetto. (Vedi App. C.)
può essere inserita nell’elenco Il verbo greco che compare nell’originale veniva spesso usato nella sua accezione amministrativa per indicare registrazioni ufficiali. A quanto pare, quindi, la congregazione aveva messo in atto delle misure per prendersi cura dei cristiani bisognosi, tra cui le vedove cadute in miseria. Qui e nei versetti successivi Paolo fa una descrizione generica delle vedove cristiane che potevano ricevere o meno aiuto materiale dalla congregazione.
abbia almeno 60 anni Qui Paolo menziona un’età che all’epoca era comunemente considerata l’inizio della vecchiaia. Si pensava che a 60 anni una vedova avesse meno probabilità di risposarsi e che potesse fare più fatica a mantenersi.
abbia lavato i piedi ai santi Lavare i piedi degli ospiti era un servizio premuroso e utile, dato che era probabile che questi avessero camminato con i sandali su strade polverose. Ma dal momento che era considerato un lavoro umile, alcuni ritenevano che questo gesto di ospitalità fosse svilente (Lu 7:44). Comunque, una vedova conosciuta per le sue opere eccellenti, tra cui l’aver lavato i piedi ad altri, aveva dato prova di essere umile e disposta a servire. Di conseguenza i suoi compagni di fede sarebbero stati ancora più propensi ad aiutarla nel momento del bisogno (Lu 6:38).
non inserire nell’elenco le vedove più giovani L’indicazione di Paolo è che la congregazione doveva concentrarsi sul dare assistenza alle vedove più in là con gli anni che avevano dato un buon esempio di fedeltà e che avevano davvero bisogno di aiuto materiale. Nei vv. 11-15 Paolo spiega alcune ragioni per cui esercitare cautela nel dare sostegno materiale alle vedove più giovani. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:12.)
non aver rispettato la loro prima espressione di fede O “non aver rispettato l’impegno assunto in precedenza”. Questa espressione può lasciar intendere che a Efeso alcune vedove più giovani avevano espresso il desiderio di rimanere single per servire Geova con totale devozione; forse avevano addirittura fatto una sorta di promessa o si erano prese un qualche tipo di impegno. (Confronta 1Co 7:34.) È probabile che di conseguenza la congregazione avrà provveduto loro aiuto materiale. A quanto pare, però, alcune di quelle vedove avevano iniziato a dare la priorità ad altre cose. Stando a quanto dice Paolo, avevano lasciato che “i loro desideri sessuali si [frapponessero] fra loro e il Cristo” (1Tm 5:11). “Nel frattempo”, aggiunge Paolo, stavano manifestando altre tendenze carnali; infatti dice che erano diventate “non solo oziose, ma anche pettegole e invadenti” (1Tm 5:13). Ecco perché nel v. 14 dà ulteriori indicazioni sui modi in cui le vedove più giovani potevano proteggersi in senso spirituale. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:14.)
pettegole La parola greca usata qui deriva da un verbo che significa “bollire”, “traboccare”, da cui il senso figurato di “traboccare in parole”, “parlare a vanvera” o “dire stupidaggini”. Stando a un’opera di consultazione, quelle donne pettegole “chiacchieravano di qualunque cosa venisse loro in mente”. Di per sé chiacchierare del più e del meno non è sbagliato, ma Paolo qui si riferisce al pettegolezzo. Infatti dice che alcune vedove più giovani “[parlavano] di cose di cui non [avrebbero dovuto]”.
desidero che le vedove più giovani si sposino Paolo suggerisce alle vedove più giovani di risposarsi e di prendersi cura della casa, perché questo sarebbe stato una protezione per loro. Se si fossero occupate con impegno della loro famiglia, avrebbero evitato con più probabilità comportamenti non esemplari, tra cui pettegolare e intromettersi con invadenza negli affari altrui (1Tm 5:13; vedi approfondimento a 1Tm 2:15). Inoltre non avrebbero corso il rischio che Paolo menziona nel v. 12, ovvero quello di abbandonare “la loro prima espressione di fede”. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:12.)
vedove tra i suoi parenti Una donna cristiana aveva il dovere di prendersi cura delle vedove della propria famiglia, per esempio della madre e della nonna. La sua famiglia poteva includere anche altre vedove che erano sue parenti strette e non avevano nessun altro che potesse assisterle.
così che il peso non ricada sulla congregazione Le vedove idonee a ricevere assistenza dalla congregazione dovevano essere considerate preziose servitrici di Dio (1Tm 5:5, 9, 10). Paolo, però, dice che la congregazione non doveva fornire aiuto materiale alle vedove che avevano familiari in grado di prendersi cura di loro, né doveva provvedere aiuto a quelle donne cristiane che non davano un buon esempio (1Tm 5:4, 6, 7, 11-15). Se si fosse occupata di queste vedove non idonee, la congregazione avrebbe rischiato di andare oltre le proprie possibilità in termini di risorse economiche ed energie, o addirittura avrebbe dovuto sottrarle a quelle impiegate per l’opera di predicazione e il “ministero in soccorso” dei fratelli in difficoltà. (Vedi 2Co 8:4 e approfondimento.)
quelle che sono veramente vedove O “quelle che sono veramente nel bisogno”, cioè senza qualcuno che provveda a loro.
Gli anziani Paolo aveva già stretto con la congregazione di Efeso un forte legame personale (At 19:1, 8-10; 20:17, 31, 37, 38). Il suo ultimo incontro con gli anziani di quella congregazione risaliva a qualche anno prima (ca. 56), quando il terzo viaggio missionario stava per terminare. (Vedi approfondimento ad At 20:17.) In quell’occasione Paolo aveva enfatizzato quanto fosse importante che i sorveglianti pascessero il gregge di Dio. (Vedi approfondimento ad At 20:28.) Qui aiuta i componenti della congregazione a capire come dovrebbero considerare gli anziani, che si danno tanto da fare per loro.
presiedono in modo eccellente O “dirigono in modo eccellente”. Il verbo greco qui reso “presiedono” significa alla lettera “stare davanti”. (Vedi approfondimento a Ro 12:8.) In senso metaforico gli anziani stanno davanti alla congregazione essendo in prima linea nell’insegnare, nel proteggere il gregge dai pericoli di natura spirituale e nell’aiutare ogni singolo componente a rimanere vicino a Geova. Anche dei padri viene detto che ‘dirigono’ la propria casa (1Tm 3:4). A volte è necessario che in una faccenda prendano la decisione finale e che stabiliscano delle regole in relazione a questioni strettamente legate alla loro famiglia. Gli anziani, però, non hanno la stessa autorità che ha un capofamiglia (2Co 1:24; Gal 6:5). Con modestia riconoscono che il capo è Cristo e rispettano il suo ruolo riflettendone le qualità, in particolare l’umiltà, nel modo in cui trattano il gregge (Mt 20:24-28; Gv 13:13-16; Col 1:18).
degni di doppio onore Tutti i cristiani devono mostrare onore e rispetto gli uni verso gli altri (Ro 12:10; Flp 2:3). Ma qui Paolo indica che agli anziani, che si danno tanto da fare, devono mostrare doppio o ulteriore onore, seguendone le indicazioni e imitandone il buon esempio (Eb 13:7, 17). Il versetto successivo (v. 18) indica che l’espressione “doppio onore” potrebbe includere aiuto materiale in caso di bisogno. Questo, però, non vuol dire che gli anziani dovrebbero ricevere uno stipendio. Paolo, infatti, dando l’esempio, lavorò per mantenersi, come aveva spiegato agli anziani di Efeso (At 18:3; 20:17, 34; 1Co 4:16; 11:1; 1Ts 2:6 e approfondimento, 9).
Difatti le Scritture dicono Paolo supporta quello che ha detto nel versetto precedente con due citazioni. (Confronta Ro 9:17 e approfondimento; 10:11.) La prima è tratta da De 25:4. (Vedi anche approfondimento a 1Co 9:9.) La seconda può essere un richiamo a Le 19:13, ma è anche possibile che Paolo si rifaccia a uno dei Vangeli. Le parole che usa qui, infatti, sono quasi identiche a quelle di Gesù riportate in Lu 10:7. Luca scrisse il suo Vangelo verso il 56-58, e Paolo a quanto pare scrisse questa lettera a Timoteo all’incirca tra il 61 e il 64. (La citazione di Paolo è simile anche al passo di Mt 10:10, libro scritto intorno al 41.) Questo, quindi, può essere uno dei primi casi in cui uno scrittore biblico cita un Vangelo, il che conferma che si tratta di un testo ispirato. (Confronta 1Co 9:14, dove Paolo richiama una disposizione data dal Signore Gesù; vedi anche approfondimento a 1Co 12:10.)
un’accusa Un anziano potrebbe essere accusato della grave violazione di un principio biblico. Se l’accusa dovesse risultare fondata, lui non sarebbe più “irreprensibile” o “libero da accuse” (1Tm 3:2; Tit 1:5, 7); in tal caso non sarebbe più idoneo a servire come anziano. E se l’accusa riguardasse un peccato grave, potrebbe perfino essere espulso dalla congregazione (1Co 5:13; 6:9, 10).
un uomo anziano O “un anziano”. Il termine greco usato qui (presbỳteros) può riferirsi sia a un uomo avanti con gli anni sia a un uomo che all’interno della congregazione ha autorità e responsabilità. (Vedi approfondimenti ad At 20:17; 1Tm 5:1.)
due o tre testimoni Sotto ispirazione Paolo applica un principio della Legge mosaica al caso specifico di un anziano accusato di aver gravemente violato la legge di Dio (De 17:6; 19:15). Questo principio tutela un anziano fedele da accuse mosse da qualcuno che cerca di calunniarlo. Una calunnia potrebbe rovinare la buona reputazione di un anziano innocente e compromettere l’incarico di prendersi cura della congregazione. Se però l’accusa fosse attestata da “due o tre testimoni”, il corpo degli anziani dovrebbe intraprendere un’azione giudiziaria.
Riprendi Nell’uso biblico il verbo greco qui reso “riprendi” trasmette spesso l’idea di convincere qualcuno che ha sbagliato. Una riprensione viene data con il buon intento di spingere la persona a riconoscere il proprio errore e a correggerlo. Un dizionario dice che questo verbo può significare anche “correggere” nel senso di “allontanare dal peccato e indurre al pentimento”. Si tratta di una disciplina che ha valore educativo. In Gv 16:8 lo stesso verbo greco è reso “dare prove convincenti”.
pubblicamente Lett. “davanti a tutti”. A quanto pare Paolo intende dire che la riprensione deve essere fatta davanti a tutti coloro che sono a conoscenza del peccato. In alcuni casi questo “pubblicamente” potrebbe includere tutta la congregazione, in altri potrebbe riferirsi a un gruppo più piccolo di persone che risentono in qualche modo delle conseguenze del peccato commesso o ne sono a conoscenza. Alcuni potrebbero essere stati testimoni oculari del fatto. Per esempio, Lu 8:47 dice che, quando Gesù guarì una donna, lei rivelò “davanti a tutti” (in greco ricorre la stessa espressione di questo versetto) il motivo per cui lo aveva toccato. Dalle sue parole e dal contesto si comprende che lei parlò davanti a coloro che avevano sentito Gesù chiedere: “Chi mi ha toccato?” Nulla lascia intendere che abbia fatto la sua confessione davanti a ogni persona di quella grande folla o a ogni abitante della città (Lu 8:43-47).
quelli che praticano il peccato Qui il verbo originale, che significa “peccare”, è in un tempo verbale che contiene in sé l’idea di un’azione durativa. Quindi trasmette l’idea non di un unico peccato ma di una condotta peccaminosa che si protrae nel tempo. Da qui la resa “praticano il peccato”. Alcune traduzioni rendono questa espressione in modo simile: “quelli che sono nel peccato” o “quelli che si ostinano a peccare”.
affinché questo serva di monito agli altri Lett. “affinché anche gli altri abbiano timore”. Questa espressione spiega lo scopo della riprensione fatta “pubblicamente”, davanti a tutti. Gli “altri” a cui Paolo fa riferimento sono coloro che hanno sentito la riprensione e che saranno quindi aiutati ad avere un sano timore del peccato. La riprensione, infatti, li aiuterà a capire l’importanza di evitare il peccato e tutto ciò che può portare a peccare.
agli angeli eletti Gli angeli fedeli sono eletti nel senso che sono stati scelti da Dio per servire al suo cospetto come suoi ministri, a differenza degli angeli malvagi che sono stati da lui rigettati (Gda 6). Inoltre alcuni angeli fedeli sono scelti, o eletti appunto, per proteggere i servitori di Dio sulla terra, per guidare l’opera di predicazione e per riferire a Geova e Gesù quello che vedono (Eb 1:14; Ri 14:6; vedi approfondimento a Mt 18:10).
ti ordino solennemente Questa espressione dal tono così perentorio traduce un verbo greco che secondo un lessico descrive “un’esortazione data con autorità su una faccenda della massima importanza”. (Lo stesso verbo compare anche nella Settanta, per esempio in 1Sa 8:9 e 2Cr 24:19.) Paolo ha appena spiegato come gestire casi riguardanti un anziano accusato di aver commesso un peccato; ha poi messo in risalto la necessità di riprendere coloro che praticano il peccato. Ora, dato che tali questioni sono così importanti, si rivolge a Timoteo davanti a Dio e a Cristo Gesù, facendo così riflettere sul fatto che quello che accade anche nelle conversazioni private tra uomini nominati è chiaramente visibile alle due massime autorità dell’universo (Ro 2:16; Eb 4:13).
senza alcun pregiudizio, non facendo alcuna parzialità Paolo mette in guardia contro due errori di giudizio: pregiudizio e parzialità. Il pregiudizio implica giudicare una persona in modo negativo per partito preso. La parzialità riguarda il mostrare a qualcuno un trattamento di favore ingiustificato o eccessivo, forse solo perché si è amici.
Non porre mai le mani affrettatamente su nessun uomo A quanto pare a Timoteo era stata data l’autorità di nominare sorveglianti ponendo su di loro le mani. (Vedi Glossario, “imposizione delle mani”, e approfondimento ad At 6:6.) Comunque Timoteo non doveva nominare nessuno “affrettatamente”; doveva farlo solo dopo aver valutato attentamente se quell’uomo soddisfaceva davvero i requisiti richiesti (1Tm 3:1-7). Infatti chi veniva nominato poteva esercitare una notevole influenza, quindi era importante che Timoteo seguisse il consiglio di Paolo. Se non lo avesse fatto, Timoteo poteva essere partecipe dei peccati altrui, poteva cioè avere una parte di responsabilità per qualsiasi errore avesse commesso un uomo non idoneo.
bevi un po’ di vino Ai giorni di Paolo il vino era conosciuto come un valido rimedio medico. Veniva usato, ad esempio, per alleviare problemi di digestione e per curare le ferite. (Vedi approfondimento a Lu 10:34.) Dando questo consiglio, Paolo mostrò il suo affetto paterno per Timoteo, che voleva continuare a servire Dio nonostante i “disturbi di cui spesso [soffriva]”. Fonti sia antiche che moderne confermano l’utilità del vino in campo medico. Per esempio, nel descrivere “il rimedio più sicuro” per “un uomo di costituzione più debole della norma”, il medico greco Ippocrate di Coo (ca. 460-370 a.E.V.) menzionò anche “bere un po’ di vino” (De prisca medicina, XIII, 2-19). Inoltre il medico e scrittore romano Aulo Cornelio Celso (I secolo E.V.) scrisse: “Chi soffre di stomaco deve [...] bere a digiuno non acqua, ma vino” (De medicina, I, 8).
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In queste foto, scattate agli inizi del XX secolo, si vede un agricoltore che trebbia servendosi di bovini con la museruola. Per iniziare a separare il cereale dalla pula, gli agricoltori usavano dei tori che trainavano una sorta di slitta sul grano mietuto. A questi tori veniva messa la museruola così che non potessero mangiare mentre lavoravano. La Legge mosaica vietava questa consuetudine, a dimostrazione della considerazione di Geova per gli animali (De 25:4). Dover lavorare duramente con il grano così vicino alla bocca senza poterlo mangiare a motivo della museruola sarebbe stata una tortura per un animale affamato. Ragionando sul principio che stava alla base di quel comando, l’apostolo Paolo disse che i ministri cristiani che si impegnano duramente meritano di ricevere onore e sostegno materiale (1Co 9:9-14; 1Tm 5:17, 18).
L’anfora che si vede nella foto è alta all’incirca 1 m e poteva contenere più o meno 28 l di vino. Questi recipienti di terracotta, comunque, potevano avere dimensioni molto diverse. Solitamente le anfore di questo tipo avevano l’estremità inferiore a punta, il che facilitava la loro sistemazione nella stiva delle navi durante il trasporto. Nel mondo classico il vino era un bene prezioso. Greci, romani ed ebrei di qualsiasi estrazione sociale bevevano vino, che spesso veniva mischiato all’acqua. L’acqua potabile, infatti, era perlopiù contaminata, e il vino fungeva da antisettico naturale per prevenire la proliferazione dei batteri. L’apostolo Paolo diede a Timoteo questo consiglio: “Smetti di bere solo acqua, ma bevi un po’ di vino a causa del tuo stomaco e dei disturbi di cui spesso soffri” (1Tm 5:23, nt.).