Seconda lettera a Timoteo 3:1-17
Approfondimenti
negli ultimi giorni In questo versetto Paolo usa il futuro quando dice che “negli ultimi giorni ci saranno tempi difficili”. (Vedi anche 2Tm 3:2, 13.) Quindi si riferisce a un tempo che doveva ancora venire rispetto a quando lui scrive: gli “ultimi giorni” del sistema di cose esistente all’epoca dell’invisibile presenza di Gesù. (Vedi Glossario, “ultimi giorni”.) Come profetizzato in 2Ts 2:3-12, questi “ultimi giorni” sarebbero iniziati solo dopo che fosse venuta la predetta apostasia e che fosse stato rivelato “l’uomo dell’illegalità”. (Vedi approfondimenti a 2Ts 2:3; 1Tm 4:1.) Paolo prosegue elencando le caratteristiche malvagie che avrebbero contrassegnato la società umana di quel periodo (2Tm 3:1-5; vedi approfondimento a 2Tm 3:5). La grande apostasia avrebbe contribuito alla diffusione di queste indesiderabili caratteristiche.
tempi difficili Questa espressione traduce due termini greci che Paolo usa per descrivere un periodo critico che chiama “ultimi giorni”. Il termine greco kairòs spesso si riferisce a un periodo di tempo determinato, e può anche essere reso “tempo stabilito”. (Vedi approfondimento ad At 1:7.) Paolo lo usa insieme a chalepòs, qui reso “difficili”. I lessici traducono questo termine con “molesto”, “penoso”, “pericoloso” o “opprimente”. In Mt 8:28 questa stessa parola viene utilizzata per descrivere due indemoniati che erano insolitamente “violenti”. Paolo avverte che, a motivo delle caratteristiche negative delle persone (2Tm 3:2-5, 13), “negli ultimi giorni” ci sarebbero stati, come dicono diverse opere di consultazione, “tempi stressanti” o “difficili da sopportare, gestire, affrontare”.
gli uomini saranno O “le persone saranno”. Il termine greco qui reso “uomini” spesso si riferisce agli esseri umani in generale, sia di sesso maschile che femminile. Paolo prosegue facendo un elenco di una ventina di caratteristiche che le persone avrebbero manifestato “negli ultimi giorni”, un’epoca molto lontana nel futuro rispetto alla sua (2Tm 3:1 e approfondimento). Comunque Paolo non intende dire che le persone dei suoi giorni non avessero queste qualità negative. Anzi, esorta Timoteo ad allontanarsi da quel tipo di persone, il che significa che quei tratti costituivano una minaccia anche all’epoca. (Vedi approfondimento a 2Tm 3:5; confronta Mr 7:21, 22.) Qui in ogni caso viene predetto un periodo di tempo in cui l’umanità tutta sarebbe stata dominata da queste caratteristiche malvagie.
attaccati al denaro Vedi approfondimento a 1Tm 6:10.
gradassi, superbi Chi è gradasso si vanta delle proprie capacità, delle proprie qualità e delle cose che possiede, spesso esagerandole. Chi è superbo pensa di essere migliore degli altri. Anche se queste due tipologie di persone sono simili, la parola “gradassi” si riferisce principalmente a quelle persone il cui orgoglio traspare dalle parole e dal modo in cui si esprimono, mentre “superbi” a quelle il cui orgoglio si manifesta a livello di pensieri e sentimenti.
bestemmiatori O “persone che parlano in modo ingiurioso”. Paolo utilizza un termine greco (blàsfemos) che si riferisce a chi usa un linguaggio “blasfemo”, “calunnioso”, “diffamatorio”, “offensivo”. Durante gli “ultimi giorni” un gran numero di persone avrebbe parlato in questo modo contro Dio e contro il prossimo (2Tm 3:1).
disubbidienti ai genitori Secoli prima dell’era cristiana, la Legge mosaica comandava ai figli di onorare i genitori (Eso 20:12; Mt 15:4). Anche nella congregazione cristiana, ai figli veniva insegnato a ubbidire ai genitori e a mostrare loro onore (Ef 6:1, 2). Persino tra gli antichi greci e romani, che non adoravano Geova, era fortemente radicata l’idea che fosse sbagliato e contro natura che un figlio si ribellasse ai genitori (Ro 2:14, 15). Nell’antica Grecia se un uomo picchiava un genitore perdeva i suoi diritti civili; e secondo la legge romana picchiare il padre era un reato grave quanto l’omicidio. Comunque qui Paolo sta predicendo un tempo in cui la disubbidienza ai genitori sarebbe stata dilagante o, per usare le parole di un’opera di consultazione, “indice della massima decadenza della civiltà”.
ingrati Alcuni pensano che tutto quello che hanno ricevuto, che sia dai genitori, da altre persone e persino da Dio, spetti loro di diritto (Lu 6:35). Questo è un atteggiamento che fondamentalmente nasce dall’egoismo.
sleali O “privi di amore leale”. (Vedi anche 1Tm 1:9, nt.) Il termine greco usato qui da Paolo ha un significato ampio: può trasmettere l’idea di slealtà nei confronti di altre persone o di Dio, ma può anche includere il senso di “profano” o “sacrilego”. Potrebbe perciò riferirsi all’atteggiamento di chi manca di rispetto a ciò che è santo o di chi, come dice un lessico, “non considera nulla come sacro”. A chi è sleale non importa essere fedele o assolvere i suoi doveri né verso i suoi simili né addirittura verso Dio.
snaturati O “privi di affetto naturale”. (Vedi approfondimento a Ro 1:31.)
non disposti a nessun accordo Paolo qui predice un tempo in cui le persone in generale non sarebbero state disposte a negoziare con altri per trovare soluzioni condivise con l’obiettivo di risolvere problemi o contrasti. Più alla lettera, il termine greco potrebbe essere reso “senza intesa”, “senza accordo”; era spesso usato per descrivere il fallimento di una trattativa volta a risolvere un conflitto tra nazioni; era utilizzato anche nel caso di contrasti personali irrisolti. Altre traduzioni rendono questa parola con “irreconciliabili”, “inflessibili”, “non collaborativi”. Secondo un’opera di consultazione, “descrive una certa insensibilità e rigidità mentale che, con ostinato rancore, dividono un uomo dal suo simile”.
calunniatori Nella Bibbia il termine greco per “calunniatore” (diàbolos) è perlopiù reso “Diavolo” ed è usato come titolo di Satana, il malvagio calunniatore di Dio. (Vedi approfondimento a Mt 4:1 e Glossario, “Diavolo”.) Comunque in qualche caso è utilizzato in riferimento a esseri umani con il suo significato base di calunniatore (1Tm 3:11; Tit 2:3). In questa descrizione degli “ultimi giorni” (v. 1), Paolo lo usa per riferirsi a persone che, con false accuse e bugie, cercano di macchiare la reputazione di altri, che si tratti di esseri umani oppure di Dio. (Vedi l’approfondimento a Gv 6:70, dove il termine è usato per indicare Giuda Iscariota.)
senza autocontrollo Una persona che non si sa controllare cede facilmente a qualunque inclinazione immorale, agli scoppi d’ira e ad altre tendenze egoistiche. Una ragione per cui coloro che vivono negli ultimi giorni sono caratterizzati da mancanza di autocontrollo è che sono “egoisti” e “amanti dei piaceri piuttosto che di Dio” (2Tm 3:2, 4). Di fronte a una tentazione, a chi non ama Dio manca la motivazione principale per cui trattenersi dal fare qualcosa che Gli dispiace. Questa persona è priva anche dello spirito di Dio, che aiuta i cristiani a sviluppare e rafforzare la capacità di controllarsi. Una parola greca affine a quella resa “senza autocontrollo” compare in Mt 23:25, dove è tradotta “sfrenatezza”. (Per una spiegazione del termine “autocontrollo”, vedi l’approfondimento a Gal 5:23.)
spietati Paolo ricorre a un termine greco che alla lettera significa “non addomesticato”; può anche essere reso “selvatico”, “feroce”, “crudele”, “brutale”, e può trasmettere l’idea di persone insensibili e spietate. (Confronta Mt 24:12.) All’epoca di Paolo il termine era usato in riferimento sia a persone che ad animali inclini ad agire con una certa crudeltà.
senza amore per la bontà Questa espressione traduce un termine greco che compare solo qui nelle Scritture Greche Cristiane. Il suo significato è ampio e può anche riferirsi a qualcuno che odia la bontà o le persone buone, come pure a chi non ha alcun interesse per ciò che possa favorire il bene della collettività. Quelli che non amano la bontà non possono amare Geova, che è buono al massimo grado. (Vedi approfondimento a Mr 10:18.)
traditori Lo stesso termine greco usato qui compare anche in Lu 6:16 in riferimento a Giuda Iscariota. (Vedi anche At 7:52.)
testardi Alla lettera il termine greco usato da Paolo dà l’idea di qualcuno che cade in avanti. Descrive bene il modo in cui alcuni, ignorando i consigli altrui, potrebbero procedere caparbiamente sulla loro strada pur sapendo che probabilmente le cose non andranno a finire bene. Può essere reso anche “sconsiderato”, “incurante”. Stando a un’opera di consultazione, coloro che sono testardi o sconsiderati “agiscono senza alcun tipo di prudenza, indipendentemente dal disastro o dalle conseguenze negative che potrebbero abbattersi sui loro concittadini”. Secondo un commentario, “chi è sconsiderato non si ferma di fronte a niente pur di raggiungere i suoi obiettivi”. L’unica altra occorrenza di questo termine nelle Scritture Greche Cristiane è in At 19:36, dove il cancelliere della città di Efeso ammonisce la folla inferocita di non “[agire] avventatamente”.
pieni d’orgoglio Il termine originale è il participio di un verbo (tyfòomai) affine a un altro verbo che significa “affumicare”. Poteva essere usato per descrivere una persona avvolta o addirittura accecata dal fumo. Questo termine compare tre volte nelle Scritture Greche Cristiane, sempre in senso metaforico e a quanto pare per descrivere qualcuno accecato dall’orgoglio (1Tm 3:6; 6:4; 2Tm 3:4). Alcune traduzioni lo rendono con “presuntuosi”, “gonfi”, “accecati dalla superbia”. Secondo un commentario, descrive chi è “pieno di sé”. Giuseppe Flavio utilizzò questo termine per riferirsi ad alcuni autori greci che guardavano dall’alto in basso gli ebrei e li calunniavano.
amanti dei piaceri piuttosto che di Dio Qui Paolo non dice che le persone avrebbero amato i piaceri più di Dio, ma al posto di Dio. La Bibbia non insegna che tutti i piaceri siano sbagliati; mette però in guardia chi, invece di ricercare un’amicizia con Dio, si dedica alla ricerca dei piaceri. (Confronta Lu 12:19-21; 1Gv 2:15.)
una parvenza di religiosità Paolo dice che “negli ultimi giorni” molti avrebbero avuto “una parvenza di religiosità”, ovvero una manifestazione solo esteriore o formale di devozione (2Tm 3:1). Alcune traduzioni bibliche rendono il concetto con “una religiosità solo apparente” (CEI) o “l’apparenza esterna della fede” (Parola del Signore). Anche se forse professano di adorare Dio, in realtà le persone, con la loro condotta, il loro egoismo, l’amore del denaro o dei piaceri, dicono esattamente il contrario (2Tm 3:2-4).
della quale [...] rinnegano il potere La religiosità che è autentica, e non solo una parvenza, ha il potere di cambiare la personalità dei singoli individui (Ef 4:22-24; Col 3:10). Coloro che invece servono Dio solo in modo formale ed esteriore stanno in realtà ignorando o rinnegando questo potere. Non permettono alla vera devozione a Dio di influire positivamente sulla loro vita. (Confronta Gda 4.) Inoltre non hanno una genuina fede cristiana avvalorata dalle opere (Gc 2:18-26).
da loro allontànati Paolo ha appena predetto le pessime condizioni che avrebbero caratterizzato il mondo “negli ultimi giorni”. Comunque sapeva che anche ai suoi giorni c’erano persone che in qualche misura manifestavano i tratti che ha elencato. (Vedi approfondimenti a 2Tm 3:1, 2.) In questo versetto Paolo usa un verbo dal significato forte che sembra suggerire l’idea di evitare qualcosa con orrore. In questo modo sottolinea l’importanza di evitare di stare inutilmente in compagnia di coloro che manifestano i tratti appena menzionati. Naturalmente i cristiani tratteranno con gentilezza e cortesia anche questo tipo di persone, ma non le sceglieranno come amici intimi. (Vedi approfondimento a 2Tm 2:24.)
uomini che si insinuano scaltramente nelle case Questi uomini corrotti erano tra coloro che il v. 5 descrive “con una parvenza di religiosità, della quale però [rinnegavano] il potere”. Il verbo greco reso “si insinuano scaltramente” trasmette l’idea di qualcuno che si introduce con subdole scuse o espedienti. Potrebbe anche essere tradotto “infiltrarsi”, “introdursi”. Con scaltrezza questi uomini cercavano di circuire alcune “deboli donne” per sedurle e farle così cedere a una condotta immorale.
deboli donne cariche di peccati Paolo qui si riferisce a certe donne nella congregazione che erano deboli spiritualmente e non odiavano ciò che è male. Di conseguenza erano in balìa di vari desideri, probabilmente nel senso che i desideri peccaminosi le dominavano. Per gli uomini corrotti menzionati nel versetto era facile ammaliarle o influenzarne il modo di pensare. Forse cercavano scaltramente di convincerle che la misericordia di Dio avrebbe perdonato la loro condotta peccaminosa (Gda 4).
sempre lì a imparare Le donne menzionate qui da Paolo stavano imparando in qualche misura, ma non si impegnavano davvero a progredire verso l’“accurata conoscenza della verità”. I cristiani che hanno “accurata conoscenza” non si limitano ad accumulare nozioni. (Vedi approfondimento a Ef 4:13.) Piuttosto progrediscono fino al punto di acquisire il modo di pensare di Geova e di comportarsi in piena armonia con i suoi giusti princìpi (Ef 3:17-19; Col 1:9, 10; 2:6, 7).
Ianne e Iambre Questi due uomini dell’epoca di Mosè non vengono nominati nelle Scritture Ebraiche ma, sotto ispirazione, Paolo fa i loro nomi (2Tm 3:16). Erano probabilmente degli uomini in vista alla corte del faraone, nell’antico Egitto; forse erano a capo dei sacerdoti che praticavano la magia e che si opposero a Mosè (Eso 7:11, 22; 8:7, 18, 19; 9:11). Il loro nome compare in diversi scritti della tradizione giudaica, alcuni dei quali risalirebbero al I secolo a.E.V. Anche qualche autore non ebreo, tra il I e il II secolo E.V., menzionò uno o entrambi questi uomini per nome. Qui Paolo li cita per rassicurare Timoteo del fatto che alla fine i falsi maestri di Efeso non avrebbero avuto la meglio.
non andranno molto lontano Paolo aveva avvertito i sorveglianti cristiani di Efeso della comparsa di falsi maestri (At 20:29, 30). E apparentemente quegli uomini malvagi erano riusciti a corrompere e dividere la congregazione. I cristiani fedeli erano di certo turbati da qualunque loro successo. Paolo però assicura a Timoteo che non sarebbero andati molto lontano, e lo fa paragonando i falsi maestri a Ianne e Iambre, che si opposero a Mosè e che forse erano a capo dei sacerdoti che praticavano la magia in Egitto. (Vedi approfondimento a 2Tm 3:8.) Il racconto di Esodo mostra che, anche se quei sacerdoti furono in grado di replicare alcuni dei miracoli compiuti da Mosè, i loro successi furono di breve durata. A partire dalla terza piaga, infatti, non furono più capaci né di riprodurre gli atti miracolosi di Geova né di proteggersi dai loro effetti (Eso 8:16-19; 9:10, 11).
la loro follia sarà chiarissima a tutti Paolo assicura a Timoteo che i falsi maestri nella congregazione sarebbero stati smascherati dalla loro follia, o stoltezza; avrebbero fatto la fine di Ianne e Iambre, i due uomini che Paolo ha appena menzionato. Nel loro caso tutti poterono vedere chiaramente che erano stati folli a opporsi a Geova.
Tu invece hai seguito attentamente Qui Paolo sottolinea la differenza tra Timoteo e i falsi maestri. Per 14 anni circa, Timoteo ha imparato da Paolo e ne ha imitato tante caratteristiche: il suo modo di insegnare, la condotta, la determinazione nel perseguire gli obiettivi che si era prefisso, la fede intensa e incrollabile, l’infinita pazienza, il profondo amore e l’irremovibile perseveranza. Paolo non si sta vantando quando lascia intendere che il suo è un esempio degno di essere imitato. Scrivendo sotto ispirazione, sta piuttosto confermando una verità: dal momento che lui ha imitato Cristo, anche il suo esempio è degno di essere imitato. (Confronta 1Co 11:1; Flp 3:17; Eb 13:7.)
ad Antiochia, a Iconio e a Listra Durante il suo primo viaggio missionario, Paolo insieme a Barnaba fu scacciato da Antiochia di Pisidia, rischiò di essere lapidato a Iconio, e a Listra fu lapidato veramente e lasciato mezzo morto (At 13:14, 50; 14:1-5, 8, 19). Qui venne aiutato da un gruppo di discepoli tra i quali forse c’era Timoteo, che a quanto pare era di Listra (At 14:20; 16:1). Dal momento che aveva “seguito attentamente” la fedele perseveranza di Paolo, Timoteo era al corrente delle persecuzioni e delle sofferenze da lui subite in queste tre città (2Tm 3:10). Paolo fa un accenno a questi eventi passati per incoraggiarlo a sopportare qualsiasi persecuzione avesse incontrato (2Tm 3:12).
da tutte quante il Signore mi ha liberato Paolo spesso riconobbe di essere stato liberato da situazioni rischiose, e attribuì queste liberazioni sia a Geova Dio (2Co 1:8-10) che a Gesù Cristo (1Ts 1:10). Ecco perché in questo contesto “il Signore” si potrebbe riferire a Geova o a Gesù. Alcuni ritengono che le parole di Paolo siano un richiamo a Sl 34:19.
quelli che desiderano vivere con devozione a Dio Il verbo greco reso “desiderano” può riferirsi a qualcosa di più di un desiderio passeggero; il tempo verbale con cui è usato qui può implicare una volontà che dura nel tempo. In relazione alle conseguenze del voler vivere con un’autentica “devozione a Dio”, un lessico fa notare: “Essere diversi dal mondo, avere una scala di valori diversa e obiettivi diversi è sempre un rischio”. (Vedi approfondimento a 1Tm 4:7.) Come indicato qui da Paolo, le persone che mostrano questo tipo di devozione vanno inevitabilmente incontro all’ostilità dei persecutori (Gen 3:15; Ri 12:9, 17). In effetti, Cristo affrontò pericoli e persecuzione. Lo stesso fecero Paolo e Timoteo. Quindi anche tutti i veri cristiani dovranno farlo (Gv 15:20; At 17:3; Flp 3:10; 2Tm 2:3).
i malvagi e gli impostori L’espressione “i malvagi” potrebbe includere persone che manifestano apertamente caratteristiche come quelle menzionate nei vv. 2-5. “Gli impostori” invece potrebbero essere persone che nascondono la loro malvagità dietro una parvenza di giustizia. Nelle Scritture Greche Cristiane il termine reso “impostori” compare solo qui. Di solito veniva usato per riferirsi a stregoni e illusionisti. Dal momento che questi uomini erano considerati truffatori, il termine finì per indicare imbroglioni o impostori, come in questo versetto. Alcuni di questi impostori sarebbero loro stessi stati “sviati”, forse addirittura credendo alle loro menzogne.
rimani fermo nelle cose che hai imparato Timoteo doveva rimanere attaccato alla verità, cosa che non facevano i “malvagi” menzionati nel versetto precedente. Timoteo era stato persuaso a credere; il verbo originale trasmette il senso di essere pienamente convinto. Avendo ragionato su quello che gli era stato insegnato dalla mamma, dalla nonna, da Paolo e da altri, Timoteo era convinto che quegli insegnamenti erano scritturali, accurati e affidabili. Aveva perciò ogni motivo per “[rimanere] fermo” nella verità che aveva accettato (Ro 12:1, 2).
perché sai da chi le hai imparate Timoteo aveva imparato a conoscere le Scritture Ebraiche grazie a sua madre, Eunice, e a sua nonna, Loide. (Vedi approfondimenti a 2Tm 1:5.) Ma dopo essere diventato cristiano, aveva imparato molto anche da Paolo e da altri compagni di fede (At 16:1, 2; 1Co 4:17; 2Tm 2:2; vedi approfondimento a 2Tm 1:13).
è dall’infanzia che conosci gli scritti sacri Timoteo era molto piccolo quando sua madre, Eunice, e probabilmente anche sua nonna, Loide, gli insegnarono “gli scritti sacri” degli ebrei, ovvero le ispirate Scritture Ebraiche (2Tm 1:5; 3:14; vedi approfondimento a Ro 1:2). Il termine greco brèfos, qui reso “infanzia”, potrebbe riferirsi a bimbi molto piccoli, a neonati o addirittura a bambini non ancora nati (Lu 1:41; 2:12; At 7:19; 1Pt 2:2; vedi approfondimento a Lu 18:15). Timoteo quindi imparò a conoscere le Scritture Ebraiche molto presto nella sua vita, il che permise alla sua fede di crescere su solide basi. Quando era un ragazzo, lui, sua madre e sua nonna conobbero la “salvezza mediante la fede in Cristo Gesù” e diventarono cristiani. Crescendo, Timoteo continuò a fare eccellenti progressi. (Vedi approfondimento ad At 16:1; vedi anche Flp 2:19-22.)
Tutta la Scrittura Questa espressione, che ha un significato ampio, di sicuro include tutte le Scritture Ebraiche (Lu 24:44 e approfondimento). Timoteo conosceva bene quegli “scritti sacri” (2Tm 3:15 e approfondimento). Inoltre sembra che i cristiani del I secolo considerassero la porzione delle Scritture Greche Cristiane redatta fino ad allora come parte integrante delle Scritture ispirate. Pietro per esempio, quando scrisse la sua seconda lettera intorno al 64 (probabilmente non molto prima che Paolo scrivesse questa lettera a Timoteo), menzionò alcuni scritti di Paolo includendoli nelle Scritture (2Pt 3:16; vedi anche approfondimenti a 1Co 12:10; 1Tm 5:18.) Dicendo che “tutta la Scrittura è ispirata da Dio”, Paolo ricorda a Timoteo e a tutti i cristiani di fidarsi della sapienza dell’ispirata Parola di Dio e di affidarvisi in tutto quello che fanno.
ispirata da Dio Questa espressione traduce il termine greco theòpneustos, composto dal sostantivo theòs (“dio”) e dal verbo pnèo (“soffiare”, “respirare”, “alitare”). Alla lettera si potrebbe tradurre “alitata da Dio”. Il verbo pnèo è affine al sostantivo pnèuma, spesso reso “spirito”. (Vedi Glossario, “spirito”.) Dio fece in modo che il suo spirito, o potenza in azione, operasse su uomini fedeli che impiegò per mettere per iscritto la sua Parola. Come si legge in Mt 22:43, 44, Gesù confermò questo ruolo dello spirito santo quando, citando i Salmi, disse che Davide li aveva composti “per ispirazione [lett. “in spirito”]” (Sl 110:1); il passo parallelo di Mr 12:36 dice “mediante lo spirito santo”. Anche Pietro menziona uomini che “parlarono da parte di Dio mentre erano spinti dallo spirito santo” (2Pt 1:21). Nelle Scritture Ebraiche il re Davide espresse lo stesso concetto quando disse: “Lo spirito di Geova parlò mediante me” (2Sa 23:2). È interessante notare che una traduzione in ebraico del XIX secolo (definita J17 nell’App. C4) rende la prima parte di 2Tm 3:16 così: “Tutta la Scrittura è scritta mediante lo spirito di Dio”. (Vedi Glossario, “canone biblico”.)
utile Paolo spiega che l’ispirata Parola di Dio è utile (o “benefica”, “vantaggiosa”) in diversi ambiti. Essendo un anziano, Timoteo aveva la responsabilità di far abile uso della Parola di Dio a beneficio di altri, sia all’interno che all’esterno della congregazione (2Tm 2:15). Inoltre tutti i cristiani dovevano usare la Parola di Dio per correggere il proprio modo di pensare e di agire, così che fosse in armonia con la volontà di Dio.
per insegnare Ovvero per dare istruzioni in merito alle vere dottrine e alla giusta condotta da tenere (Tit 1:9).
per riprendere I sorveglianti cristiani hanno la responsabilità di riprendere “quelli che praticano il peccato” (1Tm 5:20 e approfondimento; Tit 1:13). Usano con pazienza le Scritture per aiutarli a rendersi conto che si sono allontanati dai princìpi divini e per correggerli di conseguenza (Gal 6:1; 2Tm 4:2). I cristiani possono usare le Scritture anche “per riprendere” sé stessi.
per correggere O “per raddrizzare”. Il verbo greco implica ripristinare una procedura corretta, ristabilire ciò che è corretto o migliorare ciò che è difettoso.
per disciplinare nella giustizia La Parola di Dio provvede disciplina, o addestramento, che è in armonia con le norme divine riguardo a ciò che è giusto e sbagliato (Eb 12:11; vedi Glossario, “giustizia; giusto”).
l’uomo di Dio Il termine greco qui reso “uomo” (ànthropos) può riferirsi sia a uomini che a donne. Anche se qui si rivolge a Timoteo, che era un sorvegliante, Paolo potrebbe averlo usato pensando a qualunque cristiano, uomo o donna che sia, che è completamente dedicato a Geova Dio. Per questo motivo alcune traduzioni presentano la resa “la persona che appartiene a Dio” oppure “la persona dedicata a Dio”. Come indica il versetto precedente, “l’uomo di Dio” deve studiare regolarmente le Scritture ispirate e vivere in armonia con esse. (Vedi approfondimento a 1Tm 6:11.)
ben preparato Il termine greco qui presente potrebbe essere reso più alla lettera “pienamente equipaggiato”. Nell’antichità, per esempio, veniva usato per riferirsi a un’imbarcazione ben fornita, equipaggiata con tutto il necessario per un viaggio. In modo analogo, attraverso la sua Parola, Geova provvede ai cristiani la conoscenza e la sapienza che permette loro di fare tutto ciò che è buono. Loro così sono ben preparati, o equipaggiati, per compiere la sua opera.