Lettera agli Ebrei 13:1-25
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Nell’immagine è raffigurato un cristiano che predica a due ebrei nei pressi del tempio. I cristiani ebrei che vivevano a Gerusalemme avevano bisogno di coraggio per parlare ai loro connazionali della salvezza resa possibile da Gesù Cristo, il vero Messia. Molti aspetti della vita quotidiana delle persone intorno a loro erano basati sulla Legge mosaica e su varie tradizioni ebraiche. In armonia con quanto stabilito dalla Legge, nell’imponente tempio di Gerusalemme (che nell’immagine si vede sullo sfondo) i sacerdoti levitici offrivano sacrifici animali. È probabile che gli ebrei additassero queste cose visibili per dimostrare che la loro adorazione era superiore a quella cristiana. Comunque, nel 61 circa, Paolo scrisse una lettera ai cristiani ebrei nella quale dimostrò che l’adorazione resa dai cristiani era di gran lunga superiore a quella resa dagli ebrei. Indicò che i cristiani disponevano di un tempio superiore, un tempio spirituale, e che avevano un Sommo Sacerdote superiore, “Gesù, il Figlio di Dio”; potevano inoltre contare su un sacrificio superiore, che era stato offerto “una volta per sempre”. Paolo spiegò tutte queste realtà celesti (Eb 4:14; 7:27, 28; 9:24, 25). Avere ben chiare in mente queste realtà di sicuro avrà motivato i cristiani ebrei, che così avranno avuto il coraggio di cui avevano bisogno per continuare a rendere la loro adorazione a Geova Dio. Un aspetto importante di questa adorazione è l’offerta di sacrifici di lode, che consistono, come spiegò Paolo, nel “frutto delle [...] labbra che dichiarano pubblicamente il suo nome”. E aggiunse: “Dio si compiace di tali sacrifici” (Eb 13:15, 16). Per contro, dopo il 33 i sacrifici animali offerti nel tempio non servirono più per ottenere l’approvazione di Dio.