Lettera agli Ebrei 6:1-20

6  Perciò, ora che ci siamo lasciati dietro gli insegnamenti basilari+ riguardo al Cristo, avanziamo verso la maturità+ senza porre di nuovo un fondamento, cioè il pentimento per le opere morte e la fede in Dio,  l’insegnamento dei battesimi e l’imposizione delle mani,+ la risurrezione dei morti+ e il giudizio eterno.  E questo è ciò che faremo, se Dio lo permette.  Quelli infatti che sono stati una volta illuminati,+ che hanno gustato il dono celeste, che sono diventati partecipi dello spirito santo  e hanno gustato l’eccellente parola di Dio e le potenze del sistema di cose futuro,  ma che si sono allontanati,+ non possono assolutamente essere di nuovo indotti al pentimento,+ perché per conto loro mettono il Figlio di Dio un’altra volta al palo e lo espongono alla vergogna.+  Quando il terreno beve la pioggia che spesso vi cade e poi produce piante utili a quelli che lo coltivano, riceve una benedizione da Dio.  Se però produce spine e rovi non vale nulla: presto verrà maledetto e alla fine sarà bruciato.  Ma anche se parliamo così, miei cari, nel vostro caso siamo convinti di cose migliori, cose che portano alla salvezza. 10  Infatti Dio non è ingiusto da dimenticare la vostra opera e l’amore che avete dimostrato per il suo nome+ servendo i santi come avete fatto e continuate a fare. 11  Desideriamo comunque che ciascuno di voi dimostri lo stesso impegno così da avere la piena certezza della speranza+ sino alla fine,+ 12  affinché non diventiate pigri+ ma imitiate l’esempio di quelli che con la fede e la pazienza ereditano le promesse. 13  Dio, infatti, quando fece la promessa ad Abraamo, non potendo giurare su qualcuno più grande, giurò su sé stesso+ 14  dicendo: “Di sicuro ti benedirò e ti moltiplicherò”.+ 15  Così Abraamo, dopo aver aspettato pazientemente, ottenne questa promessa. 16  Gli uomini giurano su qualcuno più grande di loro, e tale giuramento è per loro una garanzia che mette fine a ogni controversia.+ 17  Allo stesso modo, quando decise di dimostrare più chiaramente agli eredi della promessa+ che il suo proposito è immutabile, Dio lo garantì con un giuramento 18  affinché, grazie a due cose immutabili nelle quali Dio non può assolutamente mentire,+ noi che abbiamo cercato rifugio in lui ricevessimo un grande incoraggiamento a tenere salda la speranza che ci è posta davanti. 19  Questa speranza+ è per noi un’ancora per l’anima, sicura e solida, e penetra al di là della cortina,+ 20  dove è entrato per noi un precursore, Gesù,+ che è diventato per sempre sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedec.+

Note in calce

Approfondimenti

gli insegnamenti basilari riguardo al Cristo Questa espressione si riferisce agli insegnamenti fondamentali che i cristiani ebrei avevano imparato quando erano diventati discepoli (Eb 5:12 e approfondimento). Qui e nel versetto successivo, Paolo ne menziona sei e li definisce un fondamento. Come nel caso di un edificio letterale, le fondamenta sono solo il punto di partenza. I cristiani maturi dell’epoca non si accontentavano di questi insegnamenti. Infatti si erano lasciati dietro le dottrine basilari edificando su quelle e crescendo in conoscenza e comprensione di insegnamenti via via più profondi, come quelli che si trovano nelle lettere di Paolo. Questo li aiutava a ragionare sulle Scritture e a metterle in pratica, vivendo in armonia con i princìpi in esse contenuti (Eb 5:14).

avanziamo Usando la prima persona plurale, Paolo si include nell’esortazione con cui invita i suoi compagni di fede a progredire quali discepoli di Cristo. Secondo un commentario, in pratica è come se dicesse loro: “Progrediamo, tutti noi, insieme”. Benché fosse un cristiano maturo, Paolo continuò ad avere il desiderio di progredire per imitare Cristo sempre meglio (Flp 3:13-16).

maturità Paolo sottolinea l’importanza di diventare cristiani maturi, ovvero cristiani che cercano di comprendere le verità basilari e quelle più profonde e di essere sempre più capaci nell’insegnarle ad altri. Il termine greco usato qui è affine a un altro termine presente in Eb 5:14 e reso “persone mature” o “persone fatte (adulte)” (vedi l’approfondimento), dove queste sono messe in contrapposizione con chi invece “è bambino” (Eb 5:13 e approfondimento). Il cristiano maturo ha “allenato la propria facoltà di giudizio a distinguere il bene dal male” (Eb 5:14). Pertanto non si lascia distrarre facilmente né si fa influenzare negativamente da altri, ad esempio in merito alla sua comprensione della dottrina cristiana (Ef 4:11-14).

il pentimento per le opere morte Queste “opere morte” includono sia azioni sbagliate sia sforzi per ottenere la salvezza che però non sono in armonia con la volontà di Dio (Mt 7:21). Tra le opere morte rientravano i tentativi compiuti da coloro che cercavano di guadagnarsi la salvezza attraverso l’osservanza della Legge mosaica quando ormai non era più in vigore (Ro 10:2-4; Gal 2:16 e approfondimento). Persino azioni in apparenza meritorie potevano essere considerate “morte”, o inutili, se non erano motivate dall’amore (1Co 13:3). Per poter progredire verso la maturità, i cristiani ebrei dovevano pentirsi di tutte quelle opere morte, ovvero smettere di compierle (Eb 9:14).

la fede in Dio Paolo qui menziona “la fede in Dio” come parte del fondamento, o delle basi, necessario per diventare cristiani (Eb 11:6). Coloro a cui si rivolge Paolo, prima di accettare il cristianesimo, credevano già in Dio, visto che erano ebrei. Per tale motivo, un commentario spiega che il termine “fede” in questo contesto “non si riferisce semplicemente al credere nell’esistenza di Dio [...], ma all’aver fiducia in Dio”. Questo tipo di fede e di fiducia era parte integrante degli “insegnamenti basilari riguardo al Cristo”; era pertanto fondamentale che i cristiani ebrei riponessero fede anche in Gesù, colui che era stato scelto da Dio per essere “il principale Condottiero (Agente) della loro salvezza” (Eb 2:10, nt., e approfondimento; Gv 14:1; At 4:12; 1Pt 1:21).

l’insegnamento dei battesimi Questo è uno degli “insegnamenti basilari riguardo al Cristo” menzionati da Paolo (Eb 6:1). Il battesimo cristiano è il punto di partenza da cui i discepoli devono poi continuare a progredire verso la maturità. Persino dopo il battesimo, i cristiani hanno ancora molto da imparare e da mettere in pratica nella vita (Mt 28:19, 20; At 2:38).

battesimi Coloro a cui si rivolgeva Paolo avevano familiarità con vari battesimi in acqua. Ad esempio, conoscevano diversi tipi di “abluzioni” (alla lettera “battesimi” appunto) legati al giudaismo (Eb 9:10 e approfondimento; Mr 7:4 e approfondimento). Erano anche a conoscenza di quello definito “battesimo di Giovanni” (At 18:25 e approfondimento). Tuttavia l’insegnamento cristiano del battesimo rese obsoleti tutti quegli altri battesimi. Quello cristiano infatti era l’unico battesimo in acqua che rimaneva valido (Ef 4:5 e approfondimento).

l’imposizione delle mani Gesù e i suoi discepoli posero le mani su alcune persone per benedirle (Mt 19:13-15), guarirle (At 28:8) o affidare loro un incarico di servizio (At 6:6 e approfondimento; 13:2, 3; 2Tm 1:6). Qui però Paolo con “imposizione delle mani” si riferisce forse all’azione con cui si trasmettevano “i doni dello spirito” a compagni di fede così che avessero la capacità di compiere miracoli (1Co 14:12; At 8:17, 18; 19:6). Osservando quei miracoli, chi era sincero poteva facilmente comprendere che Geova aveva spostato il suo favore dall’antica nazione di Israele all’Israele spirituale (Mt 21:43; At 15:14; Gal 6:16; Eb 2:3, 4 e approfondimento). Per tale motivo Paolo menziona “l’imposizione delle mani” come parte del “fondamento”, una delle prime cose che si dovevano imparare per accettare il cristianesimo (Eb 6:1).

la risurrezione dei morti Paolo include la risurrezione tra “gli insegnamenti basilari” del cristianesimo (Eb 6:1). La risurrezione infatti è essenziale per la fede cristiana (Gv 5:28, 29; 1Co 15:12-19) ed è indissolubilmente connessa ad altri insegnamenti biblici fondamentali. (Vedi approfondimento a 1Co 15:14 e Glossario, “risurrezione”.)

il giudizio eterno In questo contesto il termine “giudizio” sembra riferirsi a tutti i giudizi di Dio. Viene definito “eterno” perché i risultati, o le conseguenze, saranno validi per sempre. (Confronta Gv 5:24 e approfondimento; Ro 2:3, 6-8; Ri 20:12, 15.)

se Dio lo permette Con questa specifica Paolo non vuole intendere che Dio potrebbe impedire ai cristiani ebrei di progredire verso la maturità. Vuole piuttosto riconoscere che, in questo loro percorso, i cristiani hanno costante bisogno che Dio sostenga e benedica i loro sforzi. (Vedi approfondimenti a 1Co 4:19; 16:7.)

Quelli [...] che sono stati una volta illuminati Qui si parla di alcuni cristiani che “si [erano] allontanati”, o avevano deliberatamente abbandonato la fede, dopo aver ricevuto da Geova luce spirituale (Eb 6:6). Questa illuminazione, ovvero l’accurata conoscenza della verità, li aveva aiutati a venire fuori dalle tenebre spirituali, cioè dalla loro precedente condizione di ignoranza e dalla loro condotta peccaminosa (Gv 3:19-21). In quanto cristiani avevano iniziato a camminare nella luce, agendo in armonia con la volontà di Dio (Gv 8:12; Ef 5:8, 9; Eb 10:26, 32; 1Gv 1:7; confronta 1Pt 2:9).

hanno gustato il dono celeste Questo dono include il sacrificio di riscatto e l’invito a regnare con Cristo in cielo. Coloro che si erano pentiti e convertiti abbandonando la loro condotta peccaminosa avevano già beneficiato del riscatto (At 3:19; 2Co 9:15). Avevano benevolmente ricevuto la speranza di vivere in cielo. (Vedi approfondimenti a Ef 1:18; Eb 3:1.) È in questo senso che avevano “gustato”, o sperimentato, i benefìci di questo “dono celeste”.

sono diventati partecipi dello spirito santo Dopo la Pentecoste del 33, Dio usò il suo spirito santo per ungere singoli individui e adottarli come suoi figli, così che potessero diventare “coeredi di Cristo” in cielo (Ro 8:14-17; 2Co 5:5). Inoltre, alcuni credenti battezzati ricevettero doni dello spirito santo (At 19:5, 6; 1Co 12:7-11; confronta Glossario, “imposizione delle mani”).

hanno gustato l’eccellente parola di Dio L’espressione “l’eccellente parola di Dio” sembra riferirsi alla sua promessa di ricompensare alcuni esseri umani con la vita celeste (2Co 5:5; Ef 1:18). I cristiani unti con lo spirito avevano “gustato” questa promessa quando lo spirito santo aveva rivelato loro che avevano la speranza di vivere in cielo. Erano perciò entusiasti all’idea di vedere l’adempimento completo delle promesse fatte loro da Dio.

le potenze del sistema di cose futuro O “le potenze dell’era (epoca) futura”. L’espressione “sistema di cose futuro” si riferisce a quando i cristiani unti governeranno con Cristo nel “suo Regno celeste” (2Tm 4:18; vedi approfondimento a Ef 2:7 e Glossario, “sistema/i di cose”). Paolo stava scrivendo a coloro che erano stati unti con lo spirito santo di Dio “come garanzia di ciò che [doveva] venire” (2Co 1:22 e approfondimento). Molti di loro avevano visto con i propri occhi “segni” e “prodigi” compiuti da Geova (Eb 2:4 e approfondimento), miracoli di cui tra l’altro si serviva per dimostrare quello che suo Figlio avrebbe fatto quale Governante della “futura terra abitata” (Eb 2:5 e approfondimento). In un certo senso, quindi, quei cristiani unti avevano già gustato, o sperimentato, quello che Dio con il suo potere realizzerà nel “sistema di cose futuro”. (Confronta approfondimento a Ef 1:3.)

non possono assolutamente essere di nuovo indotti al pentimento Qui Paolo parla di alcuni che si erano allontanati, o avevano apostatato dalla fede cristiana. Pare che questi avessero scelto consapevolmente di diventare apostati, anche se erano stati “una volta illuminati” (Eb 6:4 e approfondimento). Sotto ispirazione Paolo indica che avevano peccato deliberatamente contro lo spirito santo di Dio. Persone del genere non si pentono mai (Mr 3:28, 29; Eb 10:26, 27; 12:25).

mettono il Figlio di Dio un’altra volta al palo Paolo qui usa un linguaggio molto forte contro quei cristiani unti che avevano scelto deliberatamente di abbandonare la fede cristiana. Ovviamente questa frase non va intesa in senso letterale. Cristo era morto “una volta per sempre”, era ora immortale e non poteva essere messo a morte di nuovo (Eb 9:12; 1Tm 6:16 e approfondimento). Per di più, quanto ai soldati romani che avevano effettivamente messo al palo Gesù, non è detto che fosse loro preclusa ogni possibilità di essere perdonati (Lu 23:34 e approfondimento). A quanto pare, quindi, Paolo sta paragonando quegli apostati impenitenti a individui come Giuda Iscariota e i capi religiosi che avevano fatto mettere al palo Gesù (Gv 19:11 e approfondimento, 15, 16). Quegli apostati manifestavano lo stesso disprezzo per Gesù e per il suo sacrificio di riscatto mostrato da quegli individui malvagi, e sarebbero andati incontro alla stessa punizione: la distruzione eterna (Eb 10:29).

il terreno [...] riceve una benedizione I cristiani erano stati benedetti imparando preziose verità riguardo a Gesù, quindi Paolo li paragona a un pezzo di terra benedetto con la pioggia. Il suo ragionamento è che i contadini possono giustamente aspettarsi che il terreno che ha ricevuto la pioggia porti frutto (Lu 13:6-9; 1Co 3:9). Ma, come mostra il versetto successivo, alcuni cristiani non avevano portato frutto e rischiavano di essere maledetti (Eb 6:8).

Se però produce spine e rovi Invece di apprezzare la benedizione ricevuta da Dio (v. 7), alcuni cristiani avevano scelto di adottare una condotta peccaminosa (vv. 4-6). Avevano sviluppato volontariamente un atteggiamento ingrato e altre qualità negative. Erano quindi come un terreno che produce solo “spine e rovi”, vegetazione che non vale nulla. All’epoca, un agricoltore che aveva un terreno improduttivo come quello gli avrebbe dato fuoco così da eliminare le piante indesiderate. Allo stesso modo, a quegli individui che un tempo erano cristiani ma che poi “si [erano] allontanati” dalla fede era riservato un giudizio infuocato, la distruzione completa (Eb 6:6 e approfondimento; confronta Isa 5:1-7).

miei cari, [...] siamo convinti di cose migliori In questa lettera Paolo ha già dato energici consigli a coloro che si erano indeboliti nella fede (Eb 3:12; 5:11 e approfondimento). Nei versetti precedenti ha condannato chi si era dimostrato infedele (Eb 6:4-8). Ora passa a un tono più rassicurante; infatti si rivolge ai cristiani ebrei con l’espressione “miei cari” ed esprime grande fiducia in loro. (Confronta Ro 15:14; 2Ts 3:4.) A differenza di quelli che avevano abbandonato il Cristo e perso la loro speranza per il futuro, i cristiani ebrei fedeli avevano “cose migliori” ad attenderli, cose che portano alla salvezza, tra le quali la prospettiva di regnare con Cristo in cielo. (Vedi approfondimento a 2Tm 2:12.)

Dio non è ingiusto da dimenticare la vostra opera In questo contesto “dimenticare” significa trascurare, smettere di interessarsi di qualcosa. (Confronta Lu 12:6; nt.) Qui Paolo non si limita a rassicurare i cristiani del fatto che Dio ricorda, o tiene a mente, il bene che fanno; anzi, dà ancora più peso a ciò che sta per dire introducendolo con le parole: “Dio non è ingiusto”. Agli occhi di Dio trascurare le buone azioni dei suoi leali servitori, o smettere di interessarsene, sarebbe un’ingiustizia da parte sua. È impossibile che Geova faccia qualcosa di ingiusto; per esempio “non può assolutamente mentire”. (Vedi approfondimento a Eb 6:18.) Una cosa del genere sarebbe contraria alla sua stessa natura, quindi non è neanche lontanamente immaginabile. (Vedi anche Gb 34:12; Gc 1:13.) I cristiani ebrei potevano quindi essere sicuri che Geova avrebbe sempre dato grande valore alle loro buone azioni e se ne sarebbe ricordato per sempre, perfino se altri esseri umani — o addirittura loro stessi — se ne fossero dimenticati già da tanto tempo.

l’amore che avete dimostrato per il suo nome Nella Bibbia il termine “nome” spesso viene usato con un significato più ampio per indicare non solo il nome in senso stretto, ma anche tutto ciò che riguarda la persona che lo porta, in particolare la sua reputazione. (Vedi approfondimento a Mt 6:9.) Come Gesù, i cristiani dovevano dimostrare di amare il nome di Dio facendolo conoscere ad altri. Spinti dall’amore per Geova, non dovevano limitarsi a usare il suo santo nome, ma dovevano anche glorificarlo comportandosi bene e mostrando benignità agli altri. Le parole di Paolo mettono in risalto che mostrare amore per il sacro nome di Dio è di primaria importanza per tutti i discepoli di Cristo. Gesù stesso riassunse il suo ministero terreno dicendo queste parole a suo Padre: “Ho fatto conoscere il tuo nome”. (Vedi approfondimenti a Gv 17:6, 26.)

servendo i santi come avete fatto e continuate a fare In questo contesto l’espressione “i santi” si riferisce ai discepoli di Gesù Cristo unti con lo spirito, uomini e donne con la speranza celeste. (Vedi approfondimento a Ro 1:7.) Era da molto tempo che i cristiani ebrei si spendevano mettendosi al servizio gli uni degli altri in vari modi (At 4:32-35; 12:5). Ad esempio, quando era necessario, probabilmente offrivano aiuto pratico o economico. (Confronta approfondimento a Lu 8:3.) Paolo li loda non solo perché lo avevano fatto in passato, ma anche perché continuavano a farlo. Ricorda loro che Geova apprezza i suoi servitori che si prendono cura gli uni degli altri, perché ai suoi occhi questo è un modo per dimostrare amore per il suo nome. (Vedi anche Eb 10:32-34; 13:1-3.)

ciascuno di voi dimostri lo stesso impegno Nel versetto precedente Paolo ha detto che i cristiani ebrei avevano servito “i santi” nel corso del tempo. In questo versetto incoraggia ognuno di loro a continuare a mostrare “lo stesso impegno”, cioè lo stesso spirito volenteroso, servendo con zelo, scrupolosità e dedizione. (Vedi approfondimento a Ro 12:11.)

affinché non diventiate pigri Il termine greco reso “pigri” trasmette l’idea di persone che sono indolenti o che fanno qualcosa senza metterci impegno. Come indica un lessico, essere pigro in questo contesto può avere in sé il senso di “essere lento a capire o a reagire in modo spirituale”. I cristiani ebrei potevano evitare questo pericolo continuando a darsi da fare. (Vedi approfondimento a Eb 6:11.) Il termine greco per “pigri” può anche essere reso “duri”. (Vedi approfondimento a Eb 5:11.)

imitiate l’esempio Ora Paolo tocca un tema che svilupperà in modo più esaustivo nel capitolo 11: l’importanza di imparare dagli esempi di fede e di imitarli. (Vedi anche Eb 13:7.) Nei versetti che seguono parla brevemente di Abraamo, un notevole esempio tra coloro che ereditano le promesse. Le promesse che Dio gli fece furono per lui una preziosa eredità: gli diedero speranza e rafforzarono la sua fede. Abraamo capì anche che le promesse di Geova sono degne di fiducia, dato che vide l’adempimento di alcune di esse durante la sua vita. E quando sarà risuscitato ne vedrà realizzate altre (Gen 18:14, 18; 21:1-3; Eb 6:13-16). Abraamo mostrò fede e pazienza straordinarie fino alla fine dei suoi giorni, lasciando un esempio degno di essere imitato (Eb 11:8-10, 17-19).

giurò su sé stesso Questa espressione richiama Gen 22:16, dove Geova dichiarò ad Abraamo: “Giuro su me stesso”. È vero che Geova “non può mentire” (Tit 1:2); inoltre il suo stesso nome, la sua reputazione, è di per sé una garanzia del fatto che ogni sua promessa si realizzerà. (Confronta Isa 45:23.) Eppure a volte, spinto dall’amore, è andato persino oltre: alle sue dichiarazioni ha aggiunto un giuramento. L’incrollabile fede di Abraamo e la sua completa ubbidienza spinsero Geova ad avvalorare la sua promessa con un giuramento, una speciale “garanzia” (Eb 6:16 e approfondimento; vedi anche approfondimento a Eb 6:17 e Glossario, “giuramento”). Dio diede così ad Abraamo una doppia assicurazione del fatto che “tutte le nazioni della terra [sarebbero state benedette]” per mezzo della sua discendenza (Gen 22:17, 18).

Abraamo, dopo aver aspettato pazientemente Geova aveva promesso ad Abraamo che sarebbe diventato “una grande nazione” e che “tutte le famiglie della terra [sarebbero state] benedette grazie a” lui (Gen 12:1-4; confronta At 7:2, 3 e approfondimento). Mentre Abraamo si trovava nel paese di Canaan, Geova lo rassicurò ripetendogli quella promessa (Gen 13:16). A quel tempo, però, Abraamo non aveva ancora figli. Finalmente, 25 anni dopo aver ricevuto la promessa, con la nascita di Isacco, Abraamo iniziò a vedere realizzarsi la parola di Dio (Gen 21:2, 5). Poi dopo altri 25 anni circa (secondo la tradizione giudaica), si dimostrò pronto a offrire Isacco, e a quel punto Dio confermò la promessa che gli aveva fatto in origine giurando “su sé stesso” (Eb 6:13 e approfondimento, 14; 11:17; Gen 22:15-18).

una garanzia La parola greca presente nell’originale è uno dei vari termini legali che compaiono in questo contesto. Si riferisce alla consuetudine di confermare una faccenda con un giuramento. (In Eb 6:13-18 compaiono altri termini tecnici come questo, ad esempio “giurare”, “giuramento”, “controversia”, “immutabile” e “garantire”. Vedi anche l’approfondimento a Flp 1:7, dove lo stesso termine greco è reso “far riconoscere legalmente”.) Le Scritture Ebraiche indicano che spesso venivano fatti giuramenti su Dio o sul suo nome (Gen 14:22; 31:53; De 6:13; Gsè 9:19, 20; Ger 12:16). Paolo si riferisce a questa consuetudine per mettere in risalto il punto successivo: il giuramento che Dio fece ad Abraamo rese la sua promessa sicura e degna di fiducia al cento per cento (Eb 6:17, 18).

eredi della promessa Paolo incoraggia i cristiani ebrei ricordando loro il legame che hanno con Abraamo. Dio aveva promesso a quell’uomo fedele che sarebbe diventato padre di una discendenza che avrebbe benedetto “tutte le nazioni della terra” (Gen 22:17, 18). Essendo discendenti naturali di Abraamo, gli ebrei furono i primi ad avere la prospettiva di ereditare quelle promesse. La maggior parte di loro, però, rigettò il Messia e quindi si lasciò sfuggire questa eredità. I cristiani ebrei invece diventarono “eredi della promessa”, ma non a motivo della loro discendenza naturale; diventarono eredi accettando Cristo, la parte principale della discendenza di Abraamo, e diventando suoi discepoli unti. (Vedi approfondimento a Gal 3:29.) Con il tempo, tutti i cristiani fedeli, inclusi quelli con la speranza terrena, avrebbero beneficiato delle promesse che Dio aveva fatto ad Abraamo.

il suo proposito è immutabile La parola greca per “immutabile” che compare qui e nel prossimo versetto è uno dei vari termini legali che Paolo usa in questo contesto. (Vedi approfondimento a Eb 6:16.) La parola qui resa “proposito” può indicare la decisione, la determinazione, l’intenzione e la volontà di una persona. (Vedi approfondimento ad At 20:27; vedi anche l’approfondimento a Ef 3:11, dove in greco compare un sinonimo, anch’esso reso “proposito”.)

Dio lo garantì con un giuramento Quando Dio fece la sua promessa ad Abraamo “giurò su sé stesso” (Eb 6:13 e approfondimento). Geova non era obbligato a giurare per garantire la veracità della sua promessa, ma decise di farlo per dare agli esseri umani l’assoluta certezza che avrebbe mantenuto quanto promesso. Non ci sarebbe potuta essere garanzia migliore o più rassicurante. Il verbo greco reso “lo garantì” può anche trasmettere l’idea che “intervenne” con un giuramento, confermando così la sua promessa. Un commentario spiega che in questo contesto il verbo greco mette in risalto “la validità delle promesse di Dio”. E aggiunge che “Dio è il garante [...] degli impegni che lui stesso si è assunto”. (Vedi Glossario, “giuramento”.)

due cose immutabili Si tratta della promessa di Dio e del suo giuramento. Grazie a questa promessa e a questo giuramento, Dio garantisce l’immutabilità del suo proposito secondo cui “tutte le nazioni della terra” saranno benedette attraverso la discendenza di Abraamo. Geova manterrà sicuramente la sua parola (Gen 22:16-18; Eb 6:17; vedi approfondimento a Eb 6:13).

Dio non può assolutamente mentire Questa affermazione richiama quanto detto in Nu 23:19 e 1Sa 15:29. (Vedi anche approfondimento a Tit 1:2.)

noi che abbiamo cercato rifugio Il verbo greco che compare nell’originale trasmette l’idea di fuggire, scappare o rifugiarsi (At 14:6). È probabile che i lettori di Paolo conoscessero questo verbo, dato che la Settanta lo usa in passi in cui si parla della fuga verso le città di rifugio (De 4:42; 19:5; Gsè 20:9). I cristiani ebrei, notando che Paolo aveva usato questo verbo, avranno forse pensato al fatto che erano fuggiti dal sistema di cose giudaico, sistema che Dio aveva rigettato ed era in procinto di distruggere (Mt 21:43; 23:37, 38). E si erano rifugiati nel posto più sicuro: uno stretto legame con il loro Dio e Padre, Geova, il quale è degno di fiducia (Sl 118:8; 143:9). Un commentario sostiene che questa parte del versetto potrebbe essere resa con “noi che siamo corsi verso Dio per essere al sicuro”.

ricevessimo un grande incoraggiamento La parola greca tradotta “incoraggiamento” si può riferire a qualcosa che spinge ad agire e dà fiducia. (Confronta approfondimento a Ro 12:8.) Attraverso la sua promessa e il suo giuramento, Dio diede al suo popolo prove schiaccianti dell’immutabilità del suo proposito di benedire l’umanità. Come dice uno studioso, questa garanzia non è “un normale incoraggiamento”; è piuttosto “un grande incoraggiamento”, per usare le parole di Paolo, che permette ai cristiani di “tenere salda la speranza”.

Questa speranza è [...] un’ancora La rassicurante metafora qui presente supporta quanto detto nei versetti precedenti: la speranza cristiana è forte e affidabile. Proprio come l’ancora dà stabilità e sicurezza a una nave anche in mezzo alle tempeste, la speranza certa di vedere l’adempimento delle promesse di Dio può aiutare il cristiano a rimanere stabile e a perseverare anche nei periodi turbolenti. (Confronta Sl 46:1-3.) Paolo sapeva bene quanto fosse importante l’ancora, visto che aveva affrontato molti pericoli in mare (At 27:13, 29; vedi approfondimento a 2Co 11:25; vedi Galleria multimediale, “Ancore di legno e metallo”). Anche in scritti extrabiblici dell’epoca di Paolo l’ancora veniva utilizzata per rappresentare la speranza.

per l’anima O “per la nostra vita”. (Vedi Glossario, “anima”.)

sicura e solida Paolo spiega perché la speranza cristiana è così affidabile dicendo che questa ancora, o speranza, “penetra al di là della cortina”. (Vedi l’approfondimento penetra al di là della cortina in questo versetto.) Usando quest’ultima espressione indica che è Dio a renderla sicura. A questo riguardo un commentario dice: “Le altre ancore scendono in profondità; ma questa ascende ai cieli più alti, e fa presa sul trono stesso di Dio”.

penetra al di là della cortina Il ragionamento di Paolo è che la speranza dei cristiani ebrei non dipende da alcuna fonte umana o terrena. Questa speranza, in realtà, “penetra al di là della cortina”, cioè il cielo. È quindi collegata a Dio, che ha disposto il riscatto, e a Gesù, che ha dato la sua vita per provvederlo. Nel tabernacolo una cortina fungeva da barriera impedendo l’accesso al compartimento del Santissimo. Una volta l’anno il sommo sacerdote entrava nel Santissimo, dove “al di là” della cortina, ovvero oltre la cortina, faceva espiazione per i peccati degli israeliti (Eb 9:7). Come Paolo spiega più avanti in questa lettera, il Santissimo rappresentava il cielo (Eb 9:24). La cortina rappresentava la carne di Gesù, o il suo corpo umano, dal momento che, come una barriera, gli impediva di accedere al cielo (1Co 15:50; Eb 10:20 e approfondimenti). Gesù oltrepassò quella “cortina” sacrificando il suo corpo umano e, una volta risuscitato come essere spirituale, accedendo al cielo (1Pt 3:18). Lì, alla presenza di Dio, espiò i peccati dell’umanità presentando il valore del sangue che aveva versato in sacrificio (Eb 6:20; 9:12). L’espiazione resa possibile dal sacrificio di Cristo fu la base per l’adempimento della “promessa [fatta da Dio] ad Abraamo” (Eb 6:13, 14). Ed è anche la base della speranza che hanno tutti gli esseri umani ubbidienti (Mt 20:28).

un precursore Gesù è stato il primo uomo sulla terra ad ascendere alla presenza di Geova in cielo (Gv 3:13; 1Co 15:20; Eb 9:24). In questo modo è diventato “un precursore”, o “uno che va davanti ad altri”. Presentando il suo sacrificio di riscatto in cielo, ha aperto e preparato la strada per coloro che sarebbero stati invitati a governare con lui nel Regno (Gv 14:2, 3; Eb 10:19, 20).

alla maniera di Melchisedec Vedi approfondimento a Eb 5:6.

Galleria multimediale

Ancore di legno e metallo
Ancore di legno e metallo

1. Ceppo

2. Fuso

3. Unghia

4. Marra

5. Diamante

Nel racconto del viaggio di Paolo a Roma, l’utilizzo delle ancore viene ribadito varie volte (At 27:13, 29, 30, 40). Nell’antichità le prime ancore a quanto pare dovevano essere pesi di pietra o altri semplici strumenti. Al tempo in cui Paolo intraprese i suoi viaggi, comunque, erano state sviluppate ancore di tipo più avanzato. Qui viene riprodotto il disegno di un’ancora a forma di uncino, comune in epoca romana. Questo genere di ancora era di solito costituito di metallo e legno. Il pesante ceppo, spesso di piombo, faceva scendere l’ancora sul fondo, e una delle marre faceva presa sul fondale. Grandi imbarcazioni generalmente avevano più di un’ancora (At 27:29, 30). Nei pressi di Cirene, lungo la costa africana, è stata rinvenuta un’ancora del peso di circa 545 kg. Questo rende ulteriormente chiaro ciò che Paolo intendeva quando descrisse la nostra speranza come “un’ancora per l’anima” (Eb 6:19).