Vangelo secondo Marco 1:1-45
Note in calce
Approfondimenti
Marco Dal latino Marcus. Marco era il nome romano del “Giovanni” menzionato in At 12:12. Sua madre, Maria, viveva a Gerusalemme e fu una dei primi discepoli. Giovanni Marco era “cugino di Barnaba” (Col 4:10), di cui fu compagno di viaggio. Marco viaggiò anche con Paolo e altri missionari cristiani del I secolo (At 12:25; 13:5, 13; 2Tm 4:11). Anche se nessun punto del Vangelo specifica chi lo mise per iscritto, scrittori del II e del III secolo attribuiscono questo Vangelo a Marco.
Vangelo secondo Marco Nessuno degli evangelisti si identifica come scrittore del proprio racconto, e a quanto pare le intestazioni dei Vangeli non facevano parte del testo originale. In alcuni manoscritti del Vangelo di Marco compare l’intestazione Euaggèlion katà Màrkon (“Buona notizia [o “Vangelo”] secondo Marco”), mentre in altri c’è quella più breve Katà Màrkon (“Secondo Marco”). Non si sa esattamente quando furono aggiunte o quando si iniziò a usarle. Alcuni ipotizzano nel II secolo, dato che i primi manoscritti a nostra disposizione che contengono l’intestazione lunga sono datati alla fine del II secolo o all’inizio del III. Secondo alcuni studiosi, l’incipit del libro di Marco (“Principio della buona notizia riguardo a Gesù Cristo, il Figlio di Dio”) potrebbe spiegare perché è stato adottato il termine “vangelo” (lett. “buona notizia”) per definire questi racconti. Le intestazioni contenenti il nome dello scrittore potrebbero essere state introdotte per motivi di praticità; permettevano infatti di identificare con facilità i vari libri.
buona notizia Vedi approfondimenti a Mt 4:23; 24:14 e Glossario.
buona notizia riguardo a Gesù Cristo L’espressione greca potrebbe anche essere tradotta “buona notizia di Gesù Cristo”, in riferimento alla buona notizia che Gesù proclamava.
il Figlio di Dio Alcuni manoscritti omettono “il Figlio di Dio”, ma la lezione più lunga che è stata adottata nel testo è ben attestata nei manoscritti disponibili.
Nel libro del profeta Isaia è scritto La citazione introdotta da questa espressione combina due profezie, una contenuta in Mal 3:1 e una in Isa 40:3. Entrambe le profezie sono applicate a Giovanni il Battezzatore. Le parentesi servono a distinguere la citazione di Malachia, che si concentra sul ruolo di messaggero ricoperto da Giovanni, dalla citazione di Isaia, che inizia al v. 3 e si concentra sul contenuto del messaggio di Giovanni. L’intera citazione è però attribuita a Isaia, forse perché le parole tratte da Isaia contengono la parte che in questo contesto è più rilevante.
Ecco Il termine greco idoù, qui reso “ecco”, è spesso usato per attirare l’attenzione del lettore su quello che segue, perché immagini la scena o colga un particolare della narrazione. È anche utilizzato per dare enfasi o per introdurre qualcosa di nuovo o sorprendente. Nelle Scritture Greche Cristiane il termine ricorre con una particolare frequenza nei Vangeli di Matteo e Luca e nel libro di Rivelazione. Spesso nelle Scritture Ebraiche è usato un termine corrispondente.
Geova Nell’originale ebraico di Isa 40:3, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). (Vedi App. C.) Marco applica questa profezia a quello che “Giovanni il Battezzatore” (Mr 1:4) fece per preparare la via per Gesù. (Vedi approfondimenti a Mt 3:3; Gv 1:23.)
Rendete diritte le sue strade Vedi approfondimento a Mt 3:3.
il Battezzatore O “colui che immerge”, “colui che tuffa”. Il participio greco che qui e in Mr 6:14, 24 è reso “Battezzatore” potrebbe essere tradotto anche “colui che battezza”. La forma è leggermente diversa dal sostantivo greco Baptistès, che è reso “Battista” in Mr 6:25; 8:28 e nei libri di Matteo e Luca. I due appellativi, “il Battezzatore” e “Battista”, sono usati scambievolmente in Mr 6:24, 25. (Vedi approfondimento a Mt 3:1.)
deserto Cioè il deserto della Giudea. (Vedi approfondimento a Mt 3:1.)
battesimo in simbolo di pentimento Lett. “battesimo di pentimento”. Quel battesimo non lavava via i peccati. Piuttosto, dimostrava pubblicamente che le persone che venivano battezzate da Giovanni si erano pentite dei peccati commessi contro la Legge ed erano determinate a tenere una condotta diversa. Questo pentimento contribuiva a condurle al Cristo (Gal 3:24). Giovanni stava quindi preparando un popolo che avrebbe visto “la salvezza” provveduta da Dio (Lu 3:3-6; vedi approfondimenti a Mt 3:2, 8, 11 e Glossario, “battesimo; battezzare”; “pentimento”).
tutti quelli del territorio [...] tutti gli abitanti Qui “tutti” è un’iperbole che enfatizza il grande interesse che la predicazione di Giovanni aveva suscitato. Non sottintende che ogni abitante della Giudea o di Gerusalemme fosse andato da lui.
battezzati O “immersi”, “tuffati”. (Vedi approfondimento a Mt 3:11 e Glossario, “battesimo; battezzare”.)
confessando apertamente i loro peccati Vedi approfondimento a Mt 3:6.
era vestito di pelo di cammello Vedi approfondimento a Mt 3:4.
locuste Vedi approfondimento a Mt 3:4.
miele selvatico Vedi approfondimento a Mt 3:4.
più forte Vedi approfondimento a Mt 3:11.
sandali Vedi approfondimento a Mt 3:11.
vi ho battezzato O “vi ho immerso”. (Vedi approfondimento a Mt 3:11 e Glossario, “battesimo; battezzare”.)
vi battezzerà con spirito santo O “vi immergerà nella santa forza attiva”. Qui Giovanni il Battezzatore annuncia che Gesù avrebbe introdotto un nuovo tipo di battesimo, il battesimo con lo spirito santo. Chi viene battezzato con lo spirito di Dio diventa un suo figlio generato dallo spirito e ha la prospettiva di vivere in cielo e regnare sulla terra (Ri 5:9, 10).
In quei giorni Secondo Lu 3:1-3, Giovanni il Battezzatore iniziò il suo ministero “nel 15º anno del regno di Tiberio Cesare”, cioè durante la primavera del 29. (Vedi approfondimento a Lu 3:1.) Circa sei mesi più tardi, nell’autunno del 29, Gesù andò da Giovanni per essere battezzato. (Vedi App. A7.)
Immediatamente La prima delle 11 occorrenze del termine greco euthỳs nel capitolo 1 di Marco (Mr 1:10, 12, 18, 20, 21, 23, 28-30, 42, 43). A seconda del contesto, euthỳs è reso “immediatamente”, “subito”, “velocemente”, “proprio in quel momento”. Il frequente uso che Marco fa di questo termine, che ricorre più di 40 volte nel suo Vangelo, rende la narrazione dinamica e incalzante.
vide Evidentemente in riferimento a Gesù. Come indica Gv 1:32, 33, anche Giovanni Battista fu testimone della cosa, ma sembra che Marco narri l’avvenimento dalla prospettiva di Gesù.
cieli Vedi approfondimento a Mt 3:16.
i cieli dividersi Dio evidentemente fece in modo che Gesù prendesse coscienza delle cose celesti, ed è possibile che a questo punto gli abbia permesso di ricordare la sua vita preumana. Alcune frasi che Gesù pronunciò in seguito, specie l’accorata preghiera che fece la sera di Pasqua del 33, indicano che era a conoscenza della sua esistenza preumana. Quella preghiera indica inoltre che ricordava sia le cose che aveva visto e sentito dal Padre sia la gloria che lui stesso aveva avuto in cielo (Gv 6:46; 7:28, 29; 8:26, 28, 38; 14:2; 17:5). Può darsi che a Gesù fu dato di ricordare queste cose al momento del battesimo e dell’unzione.
su O “dentro”, nel senso che scese per entrare in lui.
come una colomba Le colombe avevano sia una funzione sacra sia un significato simbolico: venivano offerte in sacrificio (Mr 11:15; Gv 2:14-16) ed erano simbolo di innocenza e purezza (Mt 10:16). Noè fece uscire dall’arca una colomba che riportò indietro una foglia d’olivo, il che indicò che le acque del diluvio stavano diminuendo (Gen 8:11) e che era vicino un periodo di riposo, sollievo e pace (Gen 5:29). Pertanto, al battesimo di Gesù, Geova potrebbe aver usato la colomba per richiamare l’attenzione sul ruolo di Gesù quale Messia. Lui, il Figlio di Dio puro e innocente, avrebbe sacrificato la sua vita per l’umanità e posto le basi per un periodo di riposo, sollievo e pace durante il suo Regno. Il modo in cui lo spirito di Dio, la sua potenza in azione o forza attiva, scese su Gesù al battesimo potrebbe aver ricordato il battito d’ali di una colomba che si avvicina al trespolo.
dai cieli venne una voce Il primo dei tre casi riportati nei Vangeli in cui Geova parla direttamente a degli esseri umani. (Vedi approfondimenti a Mr 9:7; Gv 12:28.)
Tu sei mio Figlio In qualità di creatura spirituale, Gesù era il Figlio di Dio (Gv 3:16). In qualità di essere umano, dalla nascita Gesù era un “figlio di Dio” come lo era stato Adamo prima di peccare (Lu 1:35; 3:38). Sembra comunque ragionevole concludere che con queste parole Dio non stava semplicemente rivelando l’identità di Gesù. Con tale dichiarazione, accompagnata dal versamento dello spirito santo, Dio stava evidentemente indicando che Gesù era suo Figlio generato dallo spirito, ‘nato di nuovo’ con la speranza di tornare a vivere in cielo e unto con lo spirito per essere il Re e Sommo Sacerdote che lui aveva scelto (Gv 3:3-6; 6:51; confronta Lu 1:31-33; Eb 2:17; 5:1, 4-10; 7:1-3).
Io ti ho approvato O “Io mi compiaccio di te”. Lo stesso verbo è usato in Mt 12:18, una citazione di Isa 42:1 che riguarda il promesso Messia, o Cristo. Il versamento dello spirito santo e questa dichiarazione di Dio furono una chiara dimostrazione del fatto che Gesù fosse il Messia promesso. (Vedi approfondimenti a Mt 3:17; 12:18.)
lo spirito lo spinse ad andare O “la forza attiva lo spinse ad andare”. Qui il termine greco pnèuma si riferisce allo spirito di Dio, una forza motivante che spinge una persona a comportarsi in armonia con la volontà divina (Lu 4:1; vedi Glossario, “spirito”).
Satana Vedi approfondimento a Mt 4:10.
animali selvatici Ai giorni di Gesù, in quella regione del mondo c’erano molti più animali selvatici di quanti ce ne siano oggi. Quel deserto era l’habitat di cinghiali, iene, leopardi, leoni e lupi. Marco è l’unico evangelista a menzionare la presenza di animali selvatici in quella zona. Evidentemente scriveva soprattutto per lettori non ebrei, compresi romani e altri che non conoscevano bene il territorio di Israele.
Il tempo stabilito è arrivato In questo contesto il “tempo stabilito” (in greco kairòs) si riferisce al tempo, predetto nelle Scritture, in cui Gesù avrebbe cominciato il suo ministero terreno, offrendo alle persone la possibilità di riporre fede nella buona notizia. Lo stesso termine greco è usato in riferimento al “tempo” di ispezione che ebbe inizio con il ministero di Gesù (Lu 12:56; 19:44) e all’“ora” della sua morte (Mt 26:18).
Regno di Dio Nel Vangelo di Marco questa espressione ricorre 14 volte. Matteo la usa solo quattro volte (Mt 12:28; 19:24; 21:31, 43), mentre usa l’espressione parallela “Regno dei cieli” circa 30 volte. (Confronta Mr 10:23 con Mt 19:23, 24.) Gesù fece del Regno il tema della sua predicazione (Lu 4:43). Nei quattro Vangeli ci sono oltre 100 riferimenti al Regno, la maggioranza dei quali fatti da Gesù. (Vedi approfondimenti a Mt 3:2; 4:17; 25:34.)
Mar di Galilea Vedi approfondimento a Mt 4:18.
gettavano le reti Vedi approfondimento a Mt 4:18.
pescatori Vedi approfondimento a Mt 4:18.
pescatori di uomini Vedi approfondimento a Mt 4:19.
lo seguirono Vedi approfondimento a Mt 4:20.
Giacomo [...] e suo fratello Giovanni Vedi approfondimento a Mt 4:21.
Zebedeo Vedi approfondimento a Mt 4:21.
gli uomini che lavoravano per lui Solo Marco menziona che, nell’attività di pesca che portava avanti con i figli, Zebedeo aveva “uomini che lavoravano per lui”. Questa informazione potrebbe essergli stata data da Pietro, che evidentemente era in società con loro e fu testimone oculare di buona parte degli avvenimenti riferiti da Marco (Lu 5:5-11; vedi anche “Introduzione a Marco”). Il fatto che Zebedeo e i suoi figli avessero uomini alle loro dipendenze e che, come riferisce Luca, avessero più di una barca lascia intendere che la loro attività fosse ben avviata. (Vedi approfondimento a Mt 4:18.)
Capernaum O “Cafarnao”. (Vedi approfondimento a Mt 4:13.)
sinagoga Vedi Glossario.
del suo modo d’insegnare Questa espressione si riferisce non solo a come Gesù insegnò, cioè ai suoi metodi didattici, ma anche a quello che insegnò.
non come gli scribi A differenza degli scribi che come fonti autorevoli citavano rabbi tenuti in grande stima, Gesù parla quale rappresentante di Geova, come uno che ha autorità, basando i suoi insegnamenti sulla Parola di Dio (Gv 7:16).
spirito impuro Marco usa scambievolmente questa espressione e il termine “demonio”. (Confronta Mr 1:23, 26, 27 con 1:34, 39 e Mr 3:11, 30 con 3:15, 22.) L’uso di questa espressione sottolinea l’impurità morale e spirituale dei demòni come anche l’influenza impura che questi esercitano sugli uomini.
il quale gridò Quando l’uomo gridò le parole riportate nel v. 24, Gesù rimproverò lo spirito impuro, dato che era lui la fonte delle parole di quell’uomo (Mr 1:25; Lu 4:35).
Che cosa vuoi da noi? Vedi approfondimento a Mt 8:29.
noi [...] So Dato che nel v. 23 è menzionato solo uno spirito impuro, evidentemente lo spirito che possedeva l’uomo parlò prima al plurale riferendosi anche agli altri demòni e poi al singolare riferendosi unicamente a sé stesso.
Taci Lett. “ti sia messa la museruola”. Quello spirito impuro sapeva che Gesù era il Cristo, o Messia, e si era rivolto a lui chiamandolo “Santo di Dio” (v. 24). Ma Gesù non permetteva ai demòni di rendere testimonianza riguardo a lui (Mr 1:34; 3:11, 12).
La suocera di Simone Vedi approfondimento a Lu 4:38.
a letto con la febbre Vedi approfondimento a Lu 4:38.
dopo che il sole era tramontato Il tramonto segnava la fine del Sabato (Le 23:32; Mr 1:21; vedi approfondimenti a Mt 8:16; 26:20). A quell’ora, senza paura di essere criticati, tutti gli ebrei potevano iniziare a portare i malati perché venissero guariti. (Confronta Mr 2:1-5; Lu 4:31-40.)
i malati e gli indemoniati A volte i demòni causavano alle persone possedute dei disturbi fisici (Mt 12:22; 17:15-18). Le Scritture, comunque, fanno una distinzione tra le malattie legate a cause fisiche e i mali provocati dai demòni. Gesù guariva le persone indipendentemente dalla causa delle loro sofferenze (Mt 4:24; 8:16; Mr 1:34).
l’intera città Proprio come nel caso di “tutti” in Mr 1:5, evidentemente qui “intera” è un’iperbole che rende bene l’idea del gran numero di persone radunate.
sapevano che era Cristo Alcuni manoscritti greci riportano la lezione “lo conoscevano”, che potrebbe anche essere resa “sapevano chi era”. Nel passo parallelo di Lu 4:41 si legge: “Sapevano che era il Cristo”.
Tutti Evidentemente un’iperbole che enfatizza il gran numero di persone che stava cercando Gesù.
percorse tutta la Galilea, predicando Gesù inizia il suo primo giro di predicazione in Galilea con i quattro discepoli che ha da poco scelto: Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni (Mr 1:16-20; vedi App. A7).
lebbroso Vedi approfondimento a Mt 8:2 e Glossario, “lebbra”.
in ginocchio In Medio Oriente inginocchiarsi era un modo per esprimere rispetto, specialmente nel rivolgere una richiesta a un superiore. Il termine greco che qui Marco usa non è presente nei brani paralleli degli altri Vangeli.
mosso a compassione O “mosso a pietà”. (Vedi approfondimento a Mt 9:36.) Alcune traduzioni bibliche moderne dicono “preso dall’ira”, “indignato”. Comunque, la lezione “mosso a compassione (pietà)” è attestata nella maggior parte dei manoscritti disponibili, inclusi i manoscritti più antichi e autorevoli. Inoltre, il contesto avvalora l’idea che Gesù fosse spinto dalla compassione, e non dall’ira.
lo toccò Vedi approfondimento a Mt 8:3.
Lo voglio Vedi approfondimento a Mt 8:3.
non dire niente a nessuno Probabilmente Gesù diede questo ordine perché non voleva magnificare il proprio nome o fare qualcosa che distogliesse l’attenzione da Geova Dio e dalla buona notizia del Regno. In questo modo adempì le parole profetiche di Isa 42:1, 2, secondo cui il servitore di Geova “non [avrebbe fatto] sentire la sua voce nelle strade”, cioè non avrebbe sfruttato notizie eclatanti per farsi conoscere (Mt 12:15-19). L’atteggiamento umile di Gesù è ben diverso da quello degli ipocriti che lui condanna perché pregano “agli angoli delle strade principali per farsi vedere dagli uomini” (Mt 6:5). A quanto pare Gesù voleva che a persuadere la gente del fatto che era il Cristo fossero prove convincenti, e non notizie sensazionalistiche relative ai suoi miracoli.
mostrati al sacerdote Secondo la Legge mosaica il sacerdote avrebbe dovuto verificare l’effettiva guarigione del lebbroso. Una volta guarito, questi doveva recarsi al tempio e portare come offerta quello che Mosè aveva stabilito (Le 14:2-32).
Galleria multimediale
Dove possibile, gli avvenimenti sono stati elencati in ordine cronologico
Tutti i Vangeli sono corredati dalla stessa cartina, ma gli avvenimenti riportati sono diversi
1. Giovanni il Battezzatore predica nel deserto vicino al Giordano (Mt 3:1, 2; Mr 1:3-5; Lu 3:2, 3).
2. Battesimo di Gesù nel Giordano; Geova rivela che Gesù è suo Figlio (Mt 3:13, 16, 17; Mr 1:9-11; Lu 3:21, 22).
3. Gesù comincia a predicare in Galilea (Mt 4:17; Mr 1:14, 15; Lu 4:14, 15).
4. Sulla riva del Mar di Galilea, Gesù invita quattro discepoli a diventare pescatori di uomini (Mt 4:18-22; Mr 1:16-20).
5. Gesù insegna nella sinagoga di Capernaum (Mr 1:21; Lu 4:31, 38).
6. Gesù sale su un monte vicino a Capernaum e sceglie i 12 apostoli (Mr 3:13-15; Lu 6:12, 13).
7. Mar di Galilea; Gesù placa una violenta burrasca (Mt 8:23-26; Mr 4:37-39; Lu 8:22-24).
8. Probabilmente a Capernaum, una donna tocca il mantello di Gesù e viene guarita (Mt 9:19-22; Mr 5:25-29; Lu 8:43, 44).
9. Sulla riva nord-orientale del Mar di Galilea, Gesù sfama circa 5.000 uomini (Mt 14:19-21; Mr 6:39-42, 44; Lu 9:14, 16, 17; Gv 6:10, 11).
10. Gesù manda i discepoli verso Betsaida via mare (Mt 14:22; Mr 6:45).
11. Gesù va nella regione di Tiro e Sidone, dove guarisce la figlia di una donna siro-fenicia (Mt 15:21, 22, 28; Mr 7:24-26, 29).
12. Gesù torna verso il Mar di Galilea attraversando la regione della Decapoli (Mr 7:31).
13. A Betsaida, Gesù guarisce un cieco (Mr 8:22-25).
14. Gesù insegna agli abitanti della Perea (Mt 19:1-3; Mr 10:1, 2).
15. Gesù guarisce dei ciechi vicino Gerico (Mt 20:29, 30, 34; Mr 10:46, 47, 51, 52; Lu 18:35, 40-43).
16. Gesù purifica il tempio (Mt 21:12, 13; Mr 11:15-17; Lu 19:45, 46).
17. Presso le casse del tesoro del tempio, nel cortile delle donne, Gesù vede una vedova povera che offre due monetine (Mr 12:42-44; Lu 21:1-4).
18. Andando dal tempio verso il Monte degli Ulivi, Gesù predice la distruzione del tempio (Mt 24:1, 2; Mr 13:1, 2; Lu 21:5, 6).
19. Nella città di Gerusalemme si fanno i preparativi per la Pasqua (Mr 14:13-16; Lu 22:10-13).
20. Gesù viene condotto a casa del sommo sacerdote Caiafa (Mt 26:57-59; Mr 14:60-62; Lu 22:54).
21. Gesù compare di nuovo davanti al Sinedrio, questa volta nella sala del Sinedrio (Mr 15:1; Lu 22:66-69).
I termini originali resi “deserto” nella Bibbia (l’ebraico midhbàr e il greco èremos) in genere si riferiscono a terre non coltivate e scarsamente popolate, a steppe in cui crescono arbusti ed erba o addirittura a pascoli. Questi termini, però, possono anche indicare regioni senz’acqua, cioè deserti veri e propri. Il “deserto” a cui generalmente fanno riferimento i Vangeli è il deserto della Giudea. Questo è il deserto in cui visse e predicò Giovanni e dove Gesù fu tentato dal Diavolo (Mr 1:12).
Giovanni indossava un vestito realizzato con un tessuto di pelo di cammello e una cintura di cuoio intorno alla vita che poteva servire per portare piccoli oggetti. Anche il profeta Elia viene descritto con un vestito simile (2Re 1:8). Il tessuto realizzato con pelo di cammello era grezzo ed era comunemente usato dai poveri. I ricchi invece indossavano abiti sontuosi in seta o lino (Mt 11:7-9). Dato che Giovanni era nazireo dalla nascita, verosimilmente i suoi capelli non erano mai stati tagliati. Probabilmente i suoi vestiti e il suo aspetto rendevano subito chiaro che conduceva una vita semplice, del tutto incentrata sul fare la volontà di Dio.
Nella Bibbia il termine “locusta” può riferirsi a vari tipi di cavallette con piccole antenne, in modo particolare a cavallette che migrano in grandi sciami. Secondo una ricerca condotta a Gerusalemme, le locuste del deserto sono costituite per il 75 per cento da proteine. Oggi, quando sono usate come alimento, vengono private di testa, zampe, ali e viscere. Ciò che rimane, il torace, viene cucinato o mangiato crudo. Pare che questi insetti molto proteici abbiano un sapore simile a quello dei gamberetti o dei granchi.
Nelle foto si può vedere (1) un alveare di api selvatiche e (2) un favo pieno di miele. Il miele che Giovanni mangiava era probabilmente prodotto da api selvatiche appartenenti alla specie Apis mellifera syriaca, originaria della zona. Questa specie, dal carattere aggressivo, può sopportare il clima caldo e secco tipico del deserto della Giudea, ma non è adatta per l’allevamento. In Israele, già nel IX secolo a.E.V., si era soliti usare cilindri di argilla come arnie per le api da miele. Resti di un gran numero di cilindri sono stati rinvenuti in un’antica area urbana (nota adesso come Tel Rehov) nella valle del Giordano. Il miele in quelle arnie era prodotto da una specie di api che sembra fosse stata importata da quella che ora è la Turchia.
Nei tempi biblici, i sandali consistevano in una suola piatta di cuoio, legno o altre fibre che aveva dei lacci di cuoio che si legavano al piede. I sandali assumevano un valore simbolico in alcuni tipi di transazione ed erano anche usati all’interno di espressioni figurate. Ad esempio, la Legge stabiliva che una vedova togliesse il sandalo a colui che rifiutava di assolvere il suo dovere di cognato, e che in segno di biasimo alla famiglia dell’uomo venisse affibbiato il nome “la casa di colui al quale fu tolto il sandalo” (De 25:9, 10). Il passaggio di una proprietà o di un diritto di riscatto era rappresentato dal gesto di dare il proprio sandalo a un altro (Ru 4:7). Slacciare i sandali a qualcuno oppure portarglieli era considerato un lavoro umile, spesso svolto dagli schiavi. Giovanni Battista fece riferimento a questa consuetudine per indicare la sua inferiorità rispetto al Cristo.
Giovanni battezzò Gesù nel fiume Giordano; non si conosce il punto preciso in cui avvenne il battesimo.
La foto mostra la veduta che si gode, guardando verso sud, da un’altura nelle vicinanze di Nazaret. Qui si può vedere la fertile Valle di Izreel, scenario di diversi avvenimenti biblici, nella sua estensione da est a ovest (Gsè 17:16; Gdc 6:33; Os 1:5). A sinistra, in lontananza, si distingue chiaramente il colle di More, sulle cui pendici sorge la città di Nain. Fu in questa città che Gesù risuscitò il figlio di una vedova (Gdc 7:1; Lu 7:11-15). Al centro, si profila all’orizzonte il monte Ghilboa (1Sa 31:1, 8). Dato che crebbe a Nazaret, città poco distante da questa altura, è possibile che Gesù sia venuto in questo punto che sovrasta luoghi importanti della storia di Israele (Lu 2:39, 40).
In questa regione brulla Giovanni Battista iniziò il suo ministero e Gesù fu tentato dal Diavolo.
Fra gli animali che popolavano il deserto nel quale Gesù trascorse circa 40 giorni e 40 notti c’erano (1) il leone, (2) il leopardo e (3) la iena striata. Da secoli ormai in quest’area non ci sono più leoni; vi si trovano invece ancora leopardi e iene, anche se negli ultimi anni gli avvistamenti sono stati rari.
I pescatori del Mar di Galilea usavano due tipi di rete da lancio: una a maglie strette, usata per pesci di piccole dimensioni, e una a maglie più larghe, usata per pesci più grandi. Mentre la rete a strascico richiedeva solitamente almeno una barca e la presenza di diversi uomini, a manovrare una rete da lancio (chiamata anche giacchio) bastava una sola persona, che poteva stare sulla barca, oppure in piedi sulla riva o in acqua. Il giacchio poteva avere un diametro di 6 m o più, ed era zavorrato tutt’intorno con piombini o pietre. Se lanciato correttamente, si allargava e arrivava a toccare l’acqua con la forma di un disco. Il bordo zavorrato affondava per primo, e i pesci rimanevano intrappolati man mano che la rete scendeva sul fondale. Il pescatore poi poteva scegliere se immergersi e recuperare i pesci dalla rete oppure trascinare quest’ultima a riva con attenzione. Usare le reti in modo efficace richiedeva grande abilità e notevoli sforzi.
La Bibbia contiene molti riferimenti a pesci, pesca e pescatori in relazione al Mar di Galilea. In questo lago vivono circa 20 specie di pesci. Di queste i pescatori ne cercano circa 10, che possono essere suddivise in tre gruppi di una certa importanza commerciale. Un gruppo è quello del biny, noto anche come barbo (al numero 1, esemplare di Barbus longiceps). Le sue tre specie sono caratterizzate da barbigli agli angoli della bocca, da cui il nome semitico biny, che significa “pelo”; si cibano di molluschi, lumache e pesciolini. Fra queste, il barbo dalla testa allungata raggiunge una lunghezza di 75 cm e può pesare oltre 7 kg. Il secondo gruppo è quello del musht, che in arabo significa “pettine”, perché le sue cinque specie hanno una pinna dorsale simile a un pettine (al numero 2, esemplare di Tilapia galilea). Una varietà di musht raggiunge una lunghezza di 45 cm circa e può pesare sui 2 kg. Il terzo gruppo è quello della sardina di Cinneret (al numero 3, esemplare di Acanthobrama terrae sanctae), che assomiglia a una piccola aringa. Sin dall’antichità questa sardina viene conservata in salamoia.
Le bianche mura di pietra calcarea che si vedono in questa foto appartengono a una sinagoga costruita tra la fine del II secolo e l’inizio del V. È stata avanzata l’ipotesi che alcune parti della struttura di basalto nero sottostante siano i resti di una sinagoga del I secolo. Se così fosse, questo sarebbe uno dei posti in cui Gesù insegnò e il luogo in cui guarì l’uomo indemoniato menzionato in Mr 1:23-27 e Lu 4:33-36.