Vangelo secondo Matteo 26:1-75
Note in calce
Approfondimenti
Quando Ciò che viene narrato in Mt 26:1-5 avvenne il 12 nisan. Lo deduciamo dal fatto che il v. 2 dice: “Fra due giorni è la Pasqua”; e la Pasqua cadeva il 14 nisan. (Vedi App. A7, B12, e approfondimento a Mt 26:6.)
Pasqua Questa festa (in greco pàscha, dall’ebraico pèsach, che deriva dal verbo pasàch, “passare oltre”) venne istituita la sera prima dell’esodo degli israeliti dall’Egitto. Commemorava la loro liberazione dall’Egitto e il fatto che Geova “passò oltre” i loro primogeniti quando sterminò i primogeniti dell’Egitto (Eso 12:14, 24-47; vedi Glossario).
Figlio dell’uomo Vedi approfondimento a Mt 8:20.
messo al palo Vedi approfondimento a Mt 20:19 e Glossario, “palo”; “palo di tortura”.
capi sacerdoti Vedi approfondimento a Mt 2:4 e Glossario.
anziani Vedi approfondimento a Mt 16:21.
sommo sacerdote Fintantoché Israele fu una nazione indipendente, quella di sommo sacerdote era una carica a vita (Nu 35:25). Ma sotto l’occupazione romana i governanti scelti da Roma avevano l’autorità di nominare o destituire il sommo sacerdote. (Vedi Glossario.)
Caiafa O “Caifa”. Questo sommo sacerdote, che era stato nominato dai romani, conservò l’incarico più a lungo di tutti gli immediati predecessori grazie alla sua abile diplomazia. Fu nominato intorno al 18 E.V. e rimase in carica fino al 36 circa. (Per la possibile ubicazione della casa di Caiafa, vedi App. B12.)
Gesù si trovava a Betania I fatti descritti in Mt 26:6-13 ebbero evidentemente luogo dopo il tramonto che segnava l’inizio del 9 nisan. Questa collocazione temporale è suggerita dal racconto parallelo di Giovanni, dove si legge che Gesù arrivò a Betania “sei giorni prima della Pasqua” (Gv 12:1). Gesù dev’essere arrivato verso il tramonto che segnava l’inizio del Sabato 8 nisan, giorno precedente a quello in cui cenò a casa di Simone (Gv 12:2-11; vedi App. A7 e B12).
Simone il lebbroso Questo Simone è menzionato solo qui e nel passo parallelo di Mr 14:3. È possibile che fosse un ex lebbroso che Gesù aveva guarito. (Vedi approfondimento a Mt 8:2 e Glossario, “lebbra”.)
una donna In base a quanto si legge in Gv 12:3, si tratta di Maria, sorella di Marta e Lazzaro.
boccetta di alabastro Vedi Glossario, “alabastro”.
costoso olio profumato I Vangeli di Marco e Giovanni specificano che si trattava di una libbra di “nardo puro” che valeva 300 denari. Questa somma corrispondeva più o meno al salario annuo di un comune lavoratore (Mr 14:3-5; Gv 12:3-5). In genere si ritiene che quest’olio profumato venisse estratto da una pianta aromatica (Nardostachys jatamansi) diffusa nella regione himalayana. Spesso il nardo veniva adulterato, se non addirittura contraffatto, ma in questo caso sia Marco sia Giovanni specificano che era “puro”.
glielo versò sulla testa Secondo Matteo e Marco, la donna versò l’olio sulla testa di Gesù (Mr 14:3). Giovanni, che scrisse anni dopo, aggiunse che glielo versò sui piedi (Gv 12:3). Gesù spiegò che questo premuroso gesto serviva simbolicamente a prepararlo alla sepoltura. (Vedi approfondimento a Mt 26:12.)
i discepoli Solo nel Vangelo di Giovanni viene detto espressamente che fu Giuda Iscariota a obiettare all’uso che Maria fece di quell’olio costoso (Gv 12:4-7). Evidentemente gli altri apostoli si limitarono ad assentire a quella che sembrava un’obiezione valida.
molto denaro Vedi approfondimento a Mr 14:5.
ha versato l’olio profumato sul mio corpo La donna (vedi approfondimento a Mt 26:7) compì questo gesto generoso spinta dall’amore e dalla gratitudine nei confronti di Gesù. Gesù spiegò che la donna stava inconsapevolmente preparando il suo corpo alla sepoltura, dato che oli profumati e unguenti come quello erano spesso applicati sul corpo dei defunti (2Cr 16:14).
In verità Vedi approfondimento a Mt 5:18.
sarà predicata [...] in tutto il mondo Come aveva fatto nella profezia riportata in Mt 24:14, qui Gesù predisse che la buona notizia sarebbe stata predicata in tutto il mondo e che questa avrebbe incluso il gesto di devozione compiuto dalla donna. Dio ispirò tre evangelisti a menzionare quello che lei fece (Mr 14:8, 9; Gv 12:7; vedi approfondimento a Mt 24:14).
Allora Cioè il 12 nisan, lo stesso giorno in cui avvennero i fatti menzionati in Mt 26:1-5. (Vedi App. A7, B12, e approfondimenti a Mt 26:1, 6.)
Giuda Iscariota Vedi approfondimento a Mt 10:4.
30 monete d’argento Matteo è l’unico evangelista a menzionare la somma per cui Gesù fu tradito. È possibile che si trattasse di 30 sicli d’argento coniati a Tiro. Questa somma sembra rivelare il disprezzo dei capi sacerdoti per Gesù; infatti sotto la Legge questo era il prezzo di uno schiavo (Eso 21:32). In modo simile, quando Zaccaria chiese agli israeliti infedeli un compenso per la sua attività di profeta in mezzo al popolo di Dio, quelli gli diedero “30 pezzi d’argento”, come se per loro non valesse più di uno schiavo (Zac 11:12, 13).
Il primo giorno dei Pani Azzimi La Festa dei Pani Azzimi iniziava il 15 nisan, il giorno dopo la Pasqua (14 nisan), e durava sette giorni. (Vedi App. B15.) Ai tempi di Gesù, comunque, la Pasqua e la Festa dei Pani Azzimi erano ormai così strettamente collegate che tutti gli otto giorni, incluso il 14 nisan, venivano a volte definiti “la Festa dei Pani Azzimi” (Lu 22:1). In questo contesto l’espressione “il primo giorno dei Pani Azzimi” potrebbe essere resa “il giorno prima dei Pani Azzimi”. (Confronta Gv 1:15, 30, dove in una costruzione simile il termine greco per “primo” [pròtos] è reso “prima” nell’espressione “esisteva prima [pròtos] di me”.) Quindi sulla base dell’originale greco e della consuetudine ebraica si potrebbe concludere che i discepoli fecero la domanda il 13 nisan. Durante le ore diurne del 13 nisan i discepoli fecero i preparativi per la Pasqua, che fu celebrata una volta “venuta la sera”, all’inizio del 14 nisan (Mr 14:16, 17).
mette la mano con me A quei tempi era consuetudine mangiare con le mani o usare un pezzo di pane a mo’ di cucchiaio. Le parole del versetto potrebbero anche essere un’espressione idiomatica che significa “condividere un pasto”. Mangiare con qualcuno era sinonimo di intima vicinanza con quella persona. Agire contro un amico così stretto era considerata la forma più meschina di tradimento (Sl 41:9; Gv 13:18).
scodella Il termine greco indica una ciotola relativamente profonda in cui si metteva il cibo.
Tu stesso l’hai detto Espressione idiomatica comune fra gli ebrei usata per sostenere la veracità di una dichiarazione. In questo caso, era come se Giuda avesse chiesto: “Per caso sono io, Rabbi?”, e Gesù avesse risposto: “Tu hai detto così, e quello che dici è vero”. Questa risposta evidentemente sottolineava che con le sue stesse parole Giuda stava ammettendo di essere responsabile del tradimento di Gesù. Come si nota confrontando questo passo con Gv 13:21-30, Giuda deve essere uscito dalla stanza in un momento successivo a questo dialogo, prima che Gesù istituisse l’osservanza della Cena del Signore. Qui in Matteo la successiva menzione di Giuda viene fatta in Mt 26:47, quando è insieme alla folla nel giardino di Getsemani.
prese un pane [...] lo spezzò Anticamente in Medio Oriente il pane di solito era sottile e, se privo di lievito, croccante. Il gesto di Gesù di spezzare il pane non aveva un significato spirituale; era il modo comune di dividere quel tipo di pane. (Vedi approfondimento a Mt 14:19.)
dopo aver pronunciato una preghiera Lett. “avendo benedetto”. Il verbo originale si riferisce evidentemente a una preghiera fatta per lodare e ringraziare Dio.
rappresenta La parola greca estìn (che letteralmente significa “è”) qui ha il senso di “rappresenta”, “significa”, “simboleggia”. Questo significato era chiaro agli apostoli, dato che in quella circostanza davanti a loro c’erano sia Gesù con il suo corpo perfetto sia il pane azzimo che stavano per mangiare. Quindi quel pane non poteva essere il suo corpo letterale. È degno di nota che la stessa parola greca è presente in Mt 12:7, dove è resa “significa” in molte traduzioni bibliche.
sangue del patto Il nuovo patto, patto tra Geova e i cristiani unti, fu reso operativo dal sacrificio di Gesù (Eb 8:10). Qui Gesù usa la stessa espressione che Mosè usò quando, in qualità di mediatore, inaugurò il patto della Legge con Israele presso il monte Sinai (Eso 24:8; Eb 9:19-21). Proprio come il patto della Legge tra Dio e la nazione d’Israele era stato convalidato con il sangue di tori e di capri, il nuovo patto tra Geova e l’Israele spirituale sarebbe stato convalidato dal sangue di Gesù. Questo patto entrò in vigore alla Pentecoste del 33 (Eb 9:14, 15).
berrò vino nuovo Nelle Scritture il vino a volte è usato come simbolo di gioia (Sl 104:15; Ec 10:19).
dopo aver cantato lodi O “dopo aver cantato inni (salmi)”. Secondo una tradizione giudaica, i primi Salmi dell’Hallel (113, 114) venivano cantati, o recitati, durante la cena pasquale, mentre gli ultimi quattro (115-118) alla conclusione della cena. Questi ultimi contengono alcune delle profezie che si applicano al Messia. Il Sl 118 inizia e finisce con le parole: “Rendete grazie a Geova, perché è buono; il suo amore leale dura per sempre” (Sl 118:1, 29). È molto probabile che queste siano state le ultime parole di lode che Gesù cantò insieme ai suoi apostoli fedeli la notte prima di morire.
prima che il gallo canti Tutti e quattro i Vangeli menzionano questa affermazione, ma solo Marco aggiunge il dettaglio che il gallo avrebbe cantato due volte (Mt 26:74, 75; Mr 14:30, 72; Lu 22:34, 60, 61; Gv 13:38; 18:27). La Mishnàh indica che ai tempi di Gesù a Gerusalemme c’era chi allevava galli, il che avvalora la narrazione biblica. Probabilmente era molto presto quando la mattina si sentì il canto del gallo.
Getsemani Questo giardino era evidentemente sul Monte degli Ulivi, che si trovava a E di Gerusalemme, dall’altro lato della Valle del Chidron. Probabilmente vi si trovava un frantoio, dato che il suo nome deriva da un’espressione ebraica o aramaica (gath shemanèh) che significa “frantoio per l’olio”. Anche se non se ne può stabilire con esattezza l’ubicazione, esiste una tradizione che identifica il Getsemani con un giardino che si trova ai piedi del Monte degli Ulivi, al bivio di una strada sul suo pendio occidentale. (Vedi App. B12.)
Sono O “la mia anima è”. Con il termine greco psychè, tradizionalmente reso “anima”, qui ci si riferisce alla persona nella sua totalità. Quindi l’espressione “la mia anima” può essere resa “tutto me stesso”, “io”, oppure diventare un soggetto sottinteso. (Vedi Glossario, “anima”.)
vigilate Lett. “siate svegli”. Gesù aveva sottolineato che i suoi discepoli dovevano rimanere spiritualmente svegli dato che non sapevano il giorno e l’ora della sua venuta. (Vedi approfondimenti a Mt 24:42; 25:13.) Ripete questa esortazione qui e in Mt 26:41, dove collega lo stare spiritualmente svegli all’essere costanti nella preghiera. Esortazioni simili si trovano in vari punti delle Scritture Greche Cristiane, il che dimostra che per i veri cristiani è fondamentale mantenersi svegli dal punto di vista spirituale (1Co 16:13; Col 4:2; 1Ts 5:6; 1Pt 5:8; Ri 16:15).
si inginocchiò con il viso a terra Lett. “cadde sulla sua faccia”. O “si gettò con il viso a terra”, forse appoggiandosi sulle mani o sui gomiti. Nella Bibbia vengono menzionate varie posizioni in cui le persone pregavano, ad esempio in piedi o in ginocchio. Comunque, una persona che pregava con fervore poteva letteralmente stendersi con la faccia a terra.
si allontani da me questo calice Nella Bibbia la parola “calice” spesso è usata metaforicamente per indicare la volontà di Dio per una persona, ovvero la porzione o la parte da lui riservata a quella persona. (Vedi approfondimento a Mt 20:22.) Senza dubbio Gesù soffriva all’idea che la sua condanna a morte per bestemmia e sedizione potesse recare disonore a Dio, e questo lo spinse a pregare che quel “calice” si allontanasse da lui.
spirito Qui per “spirito” si intende la forza che scaturisce dal cuore simbolico e spinge a dire e a fare le cose in un certo modo. (Vedi Glossario.)
carne Nella Bibbia il termine è spesso usato in riferimento all’uomo nella sua condizione imperfetta e peccaminosa.
Ecco Vedi approfondimento a Mt 1:20.
gli diede un tenero bacio Il verbo greco reso “dare un tenero bacio” è un composto con valore intensivo del verbo reso “baciare” in Mt 26:48. Salutando Gesù in modo così affettuoso e amichevole, Giuda dimostrò quanto fosse falso e ipocrita.
uno di quelli che erano con Gesù Come si comprende dal passo parallelo di Gv 18:10, l’uomo che impugnò la spada e la sfoderò era Simon Pietro e il nome dello schiavo del sommo sacerdote era Malco. Lu 22:50 e Gv 18:10 aggiungono il dettaglio che allo schiavo venne staccato “l’orecchio destro”. (Vedi approfondimento a Gv 18:10.)
colpì lo schiavo del sommo sacerdote Vedi approfondimento a Gv 18:10.
legioni La legione era l’unità principale dell’esercito romano. Nel I secolo una legione era composta di solito da circa 6.000 soldati. A quanto pare, qui “12 legioni” indica un numero molto grande e indefinito. Gesù stava dicendo che gli bastava chiedere e suo Padre avrebbe mandato una quantità di angeli più che sufficiente a proteggerlo.
le Scritture Questa espressione è spesso usata in riferimento agli ispirati scritti ebraici nel loro insieme.
perché si adempissero gli scritti dei profeti Vedi approfondimento a Mt 1:22.
Caiafa, il sommo sacerdote Vedi approfondimenti a Mt 26:3.
capi sacerdoti In riferimento ai principali esponenti del sacerdozio. (Vedi approfondimento a Mt 2:4 e Glossario.)
Sinedrio Corte suprema giudaica che si trovava a Gerusalemme. Il termine greco synèdrion (reso “Sinedrio”) deriva da una parola che significa “con”, “insieme”, e una che significa “seggio”. Anche se era un termine generico usato per indicare un’assemblea o una riunione, in Israele poteva designare un organo giudiziario, un tribunale religioso. (Vedi approfondimento a Mt 5:22 e Glossario; per la possibile ubicazione della sala del Sinedrio, vedi App. B12.)
il Cristo Vedi approfondimento a Mt 11:2.
Tu stesso l’hai detto Gesù non stava cercando di eludere la richiesta di Caiafa; riconosceva infatti l’autorità del sommo sacerdote di porlo sotto giuramento perché dichiarasse i fatti (Mt 26:63). Le parole di Gesù ricalcano un’espressione idiomatica ebraica usata per sostenere la veracità di una dichiarazione. Questo è confermato dal racconto parallelo di Marco, dove si legge che Gesù rispose: “Lo sono” (Mr 14:62; vedi approfondimenti a Mt 26:25; 27:11).
il Figlio dell’uomo [...] venire sulle nubi del cielo Qui Gesù allude alla profezia messianica di Da 7:13, 14, affermando così di essere colui che sarebbe stato ammesso al cospetto di Dio e al quale sarebbe stato dato il dominio in cielo. (Vedi Glossario, “Figlio dell’uomo”.)
alla destra della potenza Essere alla destra di un governante significava essergli secondo in ordine d’importanza (Sl 110:1; At 7:55, 56). In questo contesto la parola greca per “potenza” potrebbe riferirsi a Dio stesso, e potrebbe quindi essere resa “la Potenza” o “il Potente”. L’espressione greca resa “alla destra della potenza” compare anche nel passo parallelo di Lu 22:69, dove però figura insieme al termine per “Dio” ed è quindi tradotta “alla potente destra di Dio”. L’espressione “alla destra della potenza” potrebbe anche implicare che Gesù riceva potenza, o autorità, per il fatto che si trova alla destra del Potente, Dio.
si strappò le vesti Gesto che qui esprime indignazione. Probabilmente Caiafa si strappò la parte della veste che copriva il petto per mostrare con un gesto di grande effetto il suo sdegno ipocrita per le parole di Gesù.
Profetizzaci [...] Chi ti ha colpito? Qui “profetizzare” non ha il senso di predire il futuro ma di identificare qualcuno (in questo caso la persona che lo aveva colpito) per rivelazione divina. I passi paralleli di Mr 14:65 e Lu 22:64 indicano che i persecutori di Gesù gli avevano coperto la faccia, il che spiega perché lo beffeggiavano chiedendogli di identificare chi lo aveva colpito.
atrio Lett. “portone”. Nel suo racconto, Marco usa un termine che può significare “androne” o “vestibolo”, indicando che non si trattava di un semplice portone (Mr 14:68). Evidentemente era una struttura architettonica, forse un corridoio o un ingresso, che portava dal cortile alle porte che davano sulla strada.
il tuo accento O “il tuo dialetto”, “il modo in cui parli”. L’accento o il dialetto di Pietro facevano capire che veniva dalla Galilea, forse perché il lessico o la pronuncia differivano da quelli dell’ebraico parlato in Giudea. Alcuni ipotizzano che il caratteristico accento o lessico galileo fosse dovuto a qualche influsso straniero.
a invocare la maledizione su di sé e a giurare Impaurito, Pietro stava cercando di convincere chi gli stava intorno che non conosceva affatto Gesù. Era come se giurasse che le sue parole erano vere e invocasse su di sé una disgrazia nel caso in cui fosse stato sbugiardato.
un gallo cantò Vedi approfondimento a Mr 14:72.
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Per realizzare boccette per profumi in origine si utilizzava una pietra proveniente dalla zona di Alabastron, in Egitto. Questa pietra, un tipo di carbonato di calcio, era pure chiamata alabastro. La boccetta qui nell’immagine è stata rinvenuta in Egitto e risale orientativamente a un periodo che va dal 150 a.E.V. al 100 E.V. A volte per fare recipienti simili si usavano materiali meno pregiati, come il gesso idrato; anche quelli erano chiamati alabastri, semplicemente per l’uso che ne veniva fatto. Tuttavia si utilizzavano vasetti di vero alabastro per gli unguenti e i profumi più costosi, come quelli con cui fu unto Gesù in due occasioni: una volta in Galilea in casa di un fariseo e un’altra a Betania in casa di Simone il lebbroso.
Durante la cena pasquale non potevano mancare: (1) l’agnello arrostito (all’animale non si doveva rompere nessun osso), (2) pane senza lievito e (3) erbe amare (Eso 12:5, 8; Nu 9:11). Le erbe amare — che secondo la Mishnàh potevano essere lattuga, cicoria, lepidio, indivia e tarassaco — ricordavano agli israeliti quanto fosse stata amara la schiavitù in Egitto. Gesù usò il pane senza lievito come simbolo del suo corpo umano perfetto (Mt 26:26). Inoltre l’apostolo Paolo definì Gesù “il nostro agnello pasquale” (1Co 5:7). Nel I secolo durante la cena pasquale veniva servito anche il vino (4). Gesù utilizzò il vino come simbolo del suo sangue, che sarebbe stato versato in sacrificio (Mt 26:27, 28).
La vite (Vitis vinifera) viene coltivata da migliaia di anni. Ai giorni di Gesù era ampiamente diffusa nella zona in cui viveva. Come strutture di sostegno per le piante, venivano realizzati pali o pergole di legno, se il materiale era disponibile. Durante l’inverno i vignaioli le potavano per sfrondarne foglie e rami, e a primavera toglievano i nuovi rametti che non avevano germogli produttivi (Gv 15:2). In questo modo la pianta riusciva a produrre più frutto di migliore qualità. Gesù paragonò suo Padre a un agricoltore, sé stesso a una vite e i suoi discepoli a tralci. Proprio come i tralci letterali ricevono sostegno e nutrimento dal tronco, i discepoli di Gesù ricevono sostegno e nutrimento spirituale se rimangono uniti a lui, “la vera vite” (Gv 15:1, 5).