Lettera a Tito 1:1-16

1  Paolo, schiavo di Dio e apostolo di Gesù Cristo secondo la fede degli eletti di Dio e l’accurata conoscenza della verità, verità che è conforme alla devozione a Dio  e si basa sulla speranza della vita eterna+ che Dio, il quale non può mentire,+ promise molto tempo fa  (al tempo stabilito, comunque, ha fatto conoscere la sua parola mediante la predicazione a me affidata+ per comando del nostro Salvatore, Dio),  a Tito,+ genuino figlio secondo la fede che condividiamo. Che tu possa avere immeritata bontà e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù nostro Salvatore!  Ti ho lasciato a Creta+ perché tu corregga ciò che ancora non va e faccia nomine di anziani di città in città, secondo le istruzioni che ti ho dato:  ciascuno di loro dev’essere libero da accuse,+ marito di una sola moglie e con figli credenti non accusati di essere dissoluti o ribelli.+  In quanto economo di Dio, infatti, il sorvegliante dev’essere libero da accuse, non ostinato,+ non irascibile,+ non ubriacone, non violento, non avido di guadagni disonesti,+  ma ospitale,+ amante della bontà, assennato,+ giusto, leale,+ capace di controllarsi,+  uno che nella sua arte di insegnare+ si attenga fermamente alla fedele parola, affinché possa sia incoraggiare mediante il sano* insegnamento+ sia riprendere+ quelli che contraddicono. 10  Ci sono infatti molti uomini ribelli, inutili chiacchieroni e ingannatori, specialmente quelli che si attengono alla circoncisione.+ 11  A questi bisogna chiudere la bocca, perché continuano a sovvertire intere famiglie, insegnando per amore di guadagni disonesti+ cose che non dovrebbero. 12  Uno di loro, un loro profeta, disse: “I cretesi sono sempre bugiardi, belve pericolose, oziosi ghiottoni”. 13  Questa testimonianza è vera. Per tale motivo continua a riprenderli+ con severità, perché siano sani nella fede 14  e non prestino attenzione a favole giudaiche+ e a comandamenti di uomini che deviano dalla verità. 15  Tutte le cose sono pure per i puri;+ ma per quelli che sono contaminati e senza fede nulla è puro, perché la loro mente e la loro coscienza sono contaminate.+ 16  Dichiarano pubblicamente di conoscere Dio, ma lo rinnegano con le azioni,+ perché sono detestabili, disubbidienti e indegni di qualsiasi opera buona.

Note in calce

O “benefico”.

Approfondimenti

Lettera a Tito A quanto pare intestazioni come questa non facevano parte del testo originale. Antichi manoscritti dimostrano che furono introdotte successivamente, senza dubbio per identificare con più facilità i vari libri. Ad esempio, il codice Sinaitico, famoso manoscritto del IV secolo, al termine della lettera contiene la dicitura “A Tito”. Anche in altri antichi manoscritti compare questa dicitura, ma con delle varianti.

Paolo O “da Paolo”. L’incipit, che si estende fino al v. 4, segue lo stile classico delle lettere antiche. In genere le lettere includevano il nome del mittente, il nome del destinatario (o dei destinatari) e i saluti (Tit 1:4). In questa lettera, l’incipit è insolitamente lungo (in greco un’unica lunga frase che va dal v. 1 al v. 4). Qui Paolo non solo si identifica quale mittente, ma menziona anche il suo apostolato e la sua predicazione. Nello specifico si rivolge al suo compagno d’opera Tito, ma è possibile che sia ricorso a questa introduzione più lunga e formale perché la lettera era concepita per essere letta anche ad altri. (Vedi approfondimento a Tit 3:15; confronta approfondimento a Ro 1:1.)

schiavo di Dio Anche se all’epoca chi era schiavo occupava la posizione più bassa nella società, questa espressione non sminuisce il valore della persona che descrive. (Vedi approfondimento a 1Ts 1:9.) Paolo infatti, fedele cristiano, considerava un onore essere un umile schiavo dell’Iddio Altissimo e di suo Figlio. (Vedi approfondimento a Ro 1:1.) Anche Giacomo, fratellastro di Gesù, si definì “schiavo di Dio e del Signore Gesù Cristo” (Gc 1:1; confronta 1Pt 2:16; Ri 7:3). E Maria accolse l’incarico ricevuto dall’angelo di Geova con le parole: “Ecco la schiava di Geova!” (Vedi approfondimento a Lu 1:38.)

apostolo Vedi approfondimento a Ro 1:1.

accurata conoscenza della verità Nel suo ragionamento Paolo collega l’accurata conoscenza con la devozione a Dio e con la speranza (Tit 1:2; 2:11, 12; per una trattazione del termine greco qui reso “accurata conoscenza”, vedi approfondimento a Ef 4:13).

devozione a Dio Vedi approfondimento a 1Tm 4:7.

speranza della vita eterna che Dio [...] promise molto tempo fa Qui Paolo parla di una promessa fatta da Dio “molto tempo fa”. (Confronta approfondimento a 2Tm 1:9.) È possibile che l’espressione “molto tempo fa” si riferisca a quando Geova per la prima volta stabilì che gli esseri umani vivessero per sempre sulla terra. Oppure potrebbe riferirsi a quando per la prima volta Geova rivelò questo suo proposito (Gen 1:27, 28; 2:17). Dopo la ribellione nel giardino di Eden, Dio pronunciò la sua condanna, ma non cambiò il suo proposito originale (Sl 37:29). In quell’occasione predisse che una speciale “discendenza” avrebbe ‘schiacciato’ Satana; in seguito nella Bibbia mostrò che questa “discendenza” avrebbe incluso degli esseri umani che avrebbero vissuto in cielo per sempre (Gen 3:15; confronta Da 7:13, 14, 27; Lu 22:28-30). Paolo, insieme agli altri cristiani unti, nutriva proprio questa “speranza della vita eterna” in cielo. (Vedi approfondimento a Ef 3:11.)

Dio, il quale non può mentire Mentire violerebbe la natura stessa di Geova, in quanto “Dio di verità” (Sl 31:5). Tutto quello che lui fa infatti viene realizzato tramite il suo spirito santo, che Gesù definì “lo spirito della verità” (Gv 15:26; 16:13); Geova inoltre è totalmente diverso dagli esseri umani imperfetti, perché “non è un semplice uomo che dice menzogne” (Nu 23:19); per di più, Geova si distingue nettamente da Satana, il quale “è bugiardo e padre della menzogna” (Gv 8:44). Quello che Paolo vuole dire è questo: dal momento che è impossibile che Dio dica menzogne, le sue promesse sono assolutamente degne di fiducia (Eb 6:18).

nostro Salvatore, Dio Vedi approfondimento a 1Tm 1:1.

Tito Tito era un cristiano greco che collaborò a stretto contatto con l’apostolo Paolo. Intorno al 49, Paolo lo portò con sé a Gerusalemme, dove venne presa la decisione in merito alla questione della circoncisione (At 15:1, 2; Gal 2:3 e approfondimento). Qualche anno dopo, verso il 55, Paolo lo mandò a Corinto perché desse una mano riguardo alla colletta in soccorso dei cristiani bisognosi della Giudea e forse anche per accertarsi di come i cristiani locali avessero accolto la sua prima lettera. Rassicurato dalle buone notizie riportategli da Tito, Paolo scrisse loro la sua seconda lettera, lettera che a quanto pare fu consegnata proprio da Tito (2Co 2:13 e approfondimento; 2Co 7:6, 7, 13-16; 8:1-6, 16, 17, 23; 12:17, 18). Probabilmente tra il 61 e il 64, Paolo lo lasciò a Creta perché, come si legge nel v. 5, ‘correggesse ciò che ancora non andava e facesse nomine di anziani’. In seguito gli chiese di raggiungerlo a Nicopoli (Tit 3:12). Durante la seconda detenzione dell’apostolo a Roma (nel 65 circa), Tito andò in Dalmazia. (Vedi approfondimento a 2Tm 4:10.) È probabile che lo fece con l’approvazione di Paolo; anzi, forse fu proprio Paolo a inviarlo lì. Non c’è dubbio, Tito fu un cristiano fedele, un punto di riferimento per le congregazioni che servì e un sostegno per lo stesso Paolo.

genuino figlio Nelle sue lettere Paolo utilizza questa espressione affettuosa solo per Tito e Timoteo (1Tm 1:2 e approfondimento). Forse fu proprio Paolo a far conoscere a Tito la buona notizia. Quello che è certo è che Paolo lo considerava un figlio spirituale. Il loro legame speciale si consolidò man mano che svolgevano insieme l’opera in favore delle congregazioni (2Co 8:23). All’epoca della stesura di questa lettera, i due si conoscevano ormai da almeno 12 anni.

Che tu possa avere immeritata bontà e pace Vedi approfondimento a Ro 1:7.

immeritata bontà Vedi Glossario.

Cristo Gesù nostro Salvatore Nel versetto precedente è Dio a essere chiamato “nostro Salvatore”. Pertanto alcuni giungono alla conclusione che Gesù e Dio sono la stessa persona. È degno di nota però che questo versetto menzioni separatamente “Dio Padre” e “Cristo Gesù nostro Salvatore”. Gesù può a buon diritto essere definito “nostro Salvatore” perché è tramite lui che Dio salva gli esseri umani dal peccato e dalla morte. In Eb 2:10 Paolo lo definisce “colui che [...] conduce alla salvezza”. E lo scrittore biblico Giuda chiama Geova il “solo Dio nostro Salvatore per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore”, il che dimostra che Dio e Cristo cooperano strettamente alla nostra salvezza (Gda 25). Da tutto ciò si evince che le parole di Paolo non sostengono affatto l’idea che “Cristo Gesù” e “Dio Padre” siano la stessa persona. (Vedi approfondimento a 1Tm 1:1.)

Creta Creta, all’incirca lunga 250 km e larga 56 nel suo punto più ampio, è una delle più grandi isole del Mediterraneo; si trova nella parte meridionale dell’Egeo, a circa 100 km a SE della Grecia continentale. L’apostolo Paolo costeggiò l’isola nel corso del suo viaggio verso Roma in occasione del suo primo processo (At 27:7-9, 12, 13, 21). Sembra che, dopo la sua prima detenzione a Roma, sia tornato a Creta, ma questa volta per dedicarsi al ministero. Quando poi partì, vi lasciò Tito perché continuasse l’opera. (Vedi App. B13 e Galleria multimediale, “Atti degli Apostoli | Viaggio di Paolo verso Roma e prima detenzione nella città”; “Viaggi di Paolo successivi al 61 E.V. ca.”.)

perché tu corregga ciò che ancora non va Quando lasciò Creta, Paolo affidò a Tito un incarico impegnativo: correggere le cose che rimanevano da sistemare nelle congregazioni dell’isola. Come si comprende dal contenuto di questa lettera, c’era ancora molto da fare. Paolo dà infatti istruzioni su come gestire nel modo più appropriato situazioni relative a chi si rifiutava di collaborare, a chi minava l’amorevole guida di Tito o a chi addirittura promuoveva sette (Tit 1:9; 2:15; 3:10, 11).

faccia nomine di anziani Queste parole indicano che Paolo aveva affidato a Tito il seguente incarico: in ognuna delle varie congregazioni doveva conferire ad alcuni uomini l’autorità di guidarle (Eb 13:7, 17). Per poter essere nominati anziani, quei cristiani dovevano soddisfare i requisiti elencati da Paolo, sotto ispirazione, nei versetti che seguono (Tit 1:6-9; vedi anche 1Tm 3:1-7). Tito — al pari di altri sorveglianti viaggianti, come Paolo, Barnaba e forse anche Timoteo — era autorizzato a nominare anziani nelle varie congregazioni. (Vedi approfondimento ad At 14:23.)

di città in città Nei tempi antichi Creta era famosa per le sue numerose città. Infatti, già molti secoli prima dell’epoca di Paolo, Omero l’aveva poeticamente descritta così: “Creta dalle cento città” (Iliade, II, 649, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1990). In realtà, non si sa con esattezza quante fossero nel I secolo le città dell’isola. Con l’espressione “di città in città”, Paolo intende dire che Tito dovrà viaggiare per tutta l’isola per nominare anziani che nelle congregazioni insegnino e si prendano cura dei cristiani locali (Tit 1:6-9).

libero da accuse Espressioni che esprimono questo concetto si trovano anche nella prima lettera di Paolo a Timoteo (1Tm 3:10; vedi approfondimento a 1Tm 3:2).

marito di una sola moglie Vedi approfondimento a 1Tm 3:2.

con figli credenti Per poter servire in qualità di anziano, un capofamiglia cristiano deve dirigere la famiglia nel modo giusto. Paolo disse qualcosa di simile in 1Tm 3:4. (Vedi approfondimento.) Qui però specifica che i figli di un anziano devono essere “credenti”. Ovviamente non intende dire che un padre cristiano debba obbligare i suoi figli a diventare credenti; questo sarebbe in contrasto con i princìpi biblici relativi alla libertà di scelta (De 30:15, 16, 19). Per essere idoneo a servire in qualità di anziano, un padre cristiano deve piuttosto dimostrare di aver fatto tutto quello che è ragionevolmente possibile per aiutare i suoi figli a diventare credenti. Seguirà con attenzione la guida che Geova fornisce in relazione a come crescere i figli (De 6:6, 7; vedi approfondimenti a Ef 6:4; Col 3:21).

dissoluti Il termine greco originale, che qui potrebbe anche essere tradotto “sfrenati”, “depravati”, spesso si riferisce allo stile di vita di una persona sregolata, spendacciona e immorale (1Pt 4:4). Un termine affine compare nella parabola del figlio prodigo, in cui Gesù parlò di un figlio ribelle che andò via di casa per fare “una vita dissoluta”, dilapidando tra le altre cose la sua eredità con le prostitute (Lu 15:13 e approfondimento, 30).

ribelli Secondo un lessico, il termine greco usato da Paolo descrive qualcuno che è “indisciplinato, disubbidiente, insubordinato e rifiuta di sottomettersi all’autorità”. Se lascia che i propri figli siano ribelli e sfrenati, un padre cristiano non sarebbe idoneo a servire in qualità di sorvegliante.

In quanto economo di Dio Qui Paolo paragona chi è “sorvegliante” nella congregazione a un “economo”. Il termine greco tradotto “economo” (o “amministratore della casa”) si riferisce a qualcuno che gestisce, o controlla, le proprietà del padrone e si occupa di tutti coloro che appartengono alla casa. Nella sua prima lettera a Timoteo, altra lettera in cui sono elencati i requisiti per i sorveglianti, Paolo definisce la congregazione cristiana “casa di Dio” (1Tm 3:15). Dicendo a Tito che un sorvegliante è un “economo di Dio”, Paolo mette quindi in evidenza il ruolo che gli anziani hanno nel servire quelli che appartengono a questa casa. Tale incarico prevede che siano in prima linea nell’insegnare all’interno ma anche all’esterno della congregazione. Questi economi devono rendere conto al loro padrone, Dio, del modo in cui assolvono le proprie responsabilità. (Vedi approfondimenti a Lu 12:42; 1Co 4:1.)

dev’essere libero da accuse Vedi approfondimento a 1Tm 3:2.

ostinato O “arrogante”. Il termine originale potrebbe alla lettera essere reso “compiaciuto di sé”. Una persona ostinata fa quello che vuole; è testarda e rimane ancorata alle sue opinioni, rifiutando di prendere in considerazione quelle degli altri. È probabile che questo atteggiamento la renderebbe insensibile ai sentimenti degli altri e non la porterebbe a collaborare con loro. Se un fratello con queste caratteristiche fosse nominato anziano, causerebbe tanti problemi alla congregazione. (Confronta approfondimento a 1Tm 3:3.)

irascibile O “incline ad arrabbiarsi”, “irritabile”. Una persona irascibile si altera facilmente. Non riesce a controllare il suo temperamento e, dato che di solito reagisce con rabbia, crea un’atmosfera tesa, che causa molta sofferenza (Pr 15:18; 22:24; 25:28; 29:22). Un fratello che è idoneo a servire come anziano, invece, è “ragionevole, non litigioso” (1Tm 3:3). Imita Geova, che è “paziente”, o “lento all’ira” (Eso 34:6; nt.; Sl 86:15; nt.).

non violento Vedi approfondimento a 1Tm 3:3.

avido di guadagni disonesti Vedi l’approfondimento a 1Tm 3:8, dove Paolo usa lo stesso termine greco; vedi anche approfondimento a 1Tm 3:3.

ma ospitale Utilizzando la congiunzione “ma”, Paolo crea una contrapposizione: passa dai tratti negativi della personalità che non renderebbero idoneo un fratello a servire come anziano alle qualità positive che un anziano deve avere. In questo modo fa capire che per diventare anziano un fratello non deve solo evitare caratteristiche negative; deve anche essere esemplare coltivando belle qualità come l’ospitalità. (Vedi approfondimento a 1Tm 3:2.)

amante della bontà Chi ama la bontà ama tutto ciò che Geova considera buono. Vede il buono che c’è negli altri, li apprezza per questo e li loda. È anche felice di fare del bene, andando persino oltre ciò che ci si aspetta da lui (Mt 20:4, 13-15; At 9:36; 1Tm 6:18; vedi approfondimento a Gal 5:22).

assennato O “di mente sana”, “di buon senso”. (Vedi approfondimento a 1Tm 3:2.)

leale Un sorvegliante leale è incrollabilmente devoto a Geova e si attiene fedelmente ai princìpi contenuti nella sua Parola. Rimane con tenacia al fianco dei suoi compagni di fede quando affrontano prove e persecuzione. Anche se il termine greco qui usato può trasmettere l’idea di “santo” o “devoto” (come viene tradotto in alcune Bibbie), la resa “leale” è ben attestata. Per esempio questo termine compare spesso nella Settanta come traducente di una parola ebraica che significa “leale” (2Sa 22:26; Sl 18:25; 97:10). Non a caso un’opera di consultazione dice che questo termine descrive “l’uomo che è leale a Dio”. (Vedi approfondimento a 1Tm 2:8.)

capace di controllarsi O “padrone di sé”. (Vedi approfondimento a Gal 5:23.)

uno che [...] si attenga fermamente alla fedele parola Un anziano dimostra di attenersi alla parola di Dio con il suo modo di insegnare e di vivere. Quando insegna nella congregazione, si affida non alle sue idee, alla sua esperienza o alle sue capacità oratorie, ma “alla fedele parola”, o “al messaggio degno di fede”, che si trova nelle Scritture (1Co 4:6 e approfondimento). Così facendo arriva al cuore di chi lo ascolta e lo motiva ad amare e a servire Geova (Eb 4:12). Inoltre, vivendo in armonia con i princìpi biblici che insegna, evita qualsiasi traccia di ipocrisia. Attenendosi alla parola di Dio, aiuta la congregazione a rimanere unita così che sia “colonna e sostegno della verità”. (Vedi approfondimenti a 1Tm 3:2, 15.)

nella sua arte di insegnare Vedi approfondimento a 2Tm 4:2.

incoraggiare O “esortare”. (Vedi approfondimento a Ro 12:8.)

uomini ribelli Qui Paolo si riferisce principalmente ad alcuni ebrei di Creta che si erano convertiti al cristianesimo. Questi “uomini ribelli” si attenevano con testardaggine a tradizioni e leggi giudaiche relative alla circoncisione che non erano obbligatorie per i discepoli di Cristo. Si rifiutavano di rispettare l’autorità e di accettare la guida degli apostoli e degli anziani di Gerusalemme.

inutili chiacchieroni Stando a un’opera di consultazione, questa espressione lascia intendere che gli uomini a cui si riferisce Paolo “parlavano con una certa eloquenza ma basandosi sulla verità solo in parte o per niente”. Paolo li definisce anche ingannatori perché riuscivano ad abbindolare i deboli e gli ingenui nelle congregazioni.

quelli che si attengono alla circoncisione Con questa espressione ci si riferisce ad alcuni cristiani ebrei di Creta. Sull’isola esisteva una comunità ebraica almeno a partire dal I secolo a.E.V. Alla Pentecoste del 33 E.V. anche ebrei cretesi avevano sentito parlare delle “magnifiche cose di Dio” (At 2:11). Quando Paolo scrive la lettera a Tito, a Creta alcuni ebrei che erano diventati cristiani promuovevano ancora con insistenza la circoncisione, anche se erano passati tra i 12 e i 15 anni da che, intorno al 49 E.V., lo spirito santo aveva guidato il corpo direttivo, che era a Gerusalemme, a risolvere la questione. (Vedi approfondimento a Gal 2:12.) Tito aveva accompagnato Paolo a Gerusalemme per quello storico incontro (At 10:45; 15:1, 2, 7, 22-29; Gal 2:1, 3).

chiudere la bocca Qui Paolo usa un verbo greco che, stando a un lessico, significa “‘mettere qualcosa sulla bocca’ e quindi controllarla come quando si usano le briglie, la museruola o il freno”. Alcuni nella congregazione facevano circolare false dottrine, riuscendo addirittura a “sovvertire intere famiglie”. Gli anziani nominati dovevano proteggere il gregge di Geova da questo tipo di persone e, figurativamente parlando, “chiudere [loro] la bocca” per evitare che i loro discorsi ribelli si diffondessero nella congregazione e la contaminassero. Potevano metterli a tacere riprendendoli con severità e, se necessario, espellendo chiunque avesse ignorato i consigli ricevuti più volte e avesse continuato a promuovere falsi insegnamenti (Tit 1:9, 10, 13; 3:10, 11).

un loro profeta Paolo probabilmente cita Epimenide, poeta cretese del VI secolo a.E.V. Il termine greco qui reso “profeta” aveva un’ampia gamma di significati; a volte era usato per indicare genericamente un portavoce, un interprete o un araldo. In effetti alcuni antichi autori greci definirono Epimenide un profeta, e altri usarono lo stesso termine per riferirsi ad esempio al poeta Omero e al filosofo Diogene. Ovviamente Paolo non indica che Epimenide fosse un profeta ispirato da Dio (2Pt 1:21). Si limita piuttosto a citare un uomo che i cretesi rispettavano e che verosimilmente avrebbero accettato come portavoce della loro comunità.

“I cretesi sono sempre bugiardi, belve pericolose, oziosi ghiottoni” Nell’antichità i cretesi avevano fama di essere disonesti. Esisteva addirittura un verbo greco che letteralmente significa “fare il cretese”, “parlare [o “agire”] da cretese”, e che a volte veniva usato con il senso di mentire o ingannare. Paolo, comunque, non usa questo stereotipo per riferirsi ai cristiani fedeli di Creta (At 2:5, 11, 33); si riferisce piuttosto a quei cretesi che costituivano una minaccia per le congregazioni dell’isola. In questo brano parla infatti di “uomini ribelli, inutili chiacchieroni e ingannatori”, che promuovevano la circoncisione e sovvertivano intere famiglie. (Vedi approfondimenti a Tit 1:10.) Quindi Paolo fa questa citazione per mettere in risalto un punto importante: alcuni falsi cristiani si stavano comportando proprio come diceva quel famoso detto.

oziosi ghiottoni Il termine greco per “ghiottone” alla lettera significa “ventre”; suggerisce quindi l’idea di una persona che si concentra unicamente sulla sua ingordigia. Ovviamente non era solo a Creta che viveva gente del genere. (Vedi approfondimenti a Ro 16:18; Flp 3:19.) Scegliendo di citare questa parte del detto, a quanto pare Paolo vuole riferirsi a persone pigre e indolenti che desiderano soddisfare la loro ingordigia senza fare alcun lavoro.

Questa testimonianza è vera Al v. 12 Paolo ha evidentemente citato il profeta cretese Epimenide, che espresse un’opinione generalmente condivisa. Qui al v. 13 Paolo non intende dire che quell’affermazione valga per tutti i cretesi; vuole piuttosto mettere in guardia Tito dalla presenza nelle congregazioni di alcuni che causavano problemi comportandosi a quanto pare proprio come diceva Epimenide. (Vedi approfondimento a Tit 1:12.)

continua a riprenderli con severità Nelle congregazioni cretesi alcuni contraddicevano il “sano insegnamento” cristiano; insegnavano le loro idee, arrivando a “sovvertire intere famiglie” (Tit 1:9-11). Per questo Paolo esorta Tito a continuare a riprendere chiunque avesse fatto propri questi falsi insegnamenti e avesse adottato caratteristiche negative. Dicendo “con severità”, non lo incoraggia a essere eccessivamente duro oppure privo di tatto. (Confronta 2Tm 2:24.) Intende piuttosto dire che Tito deve essere chiaro, coraggioso e determinato nel gestire il problema (Tit 2:15); deve comunque tenere a mente che il suo obiettivo era aiutare quegli uomini a essere “sani nella fede”. Era quindi necessario che Tito proteggesse la congregazione e fermasse la diffusione dell’apostasia. (Vedi approfondimenti a 1Tm 5:20; 2Tm 3:16.)

favole Il termine greco mỳthos, che può essere definito “leggenda”, “favola”, “mito”, è qui usato in riferimento a storie di matrice giudaica. Gli ebrei avevano un ricco patrimonio di storie realmente accadute che erano riportate nelle ispirate Scritture Ebraiche. Eppure, deviando “dalla verità”, avevano inventato e diffuso le loro false storie. (Vedi approfondimenti a 1Tm 1:4; 4:7.)

comandamenti di uomini O “comandi umani”. Questa espressione richiama le parole di Isa 29:13, che Gesù applicò ai capi religiosi ebrei del suo tempo quando disse: “Insegnano come dottrine comandi di uomini” (Mt 15:9; Mr 7:7). Forse Paolo aveva in mente alcune delle restrizioni di origine umana che erano comuni nel giudaismo. I falsi maestri promuovevano queste regole, sostenendo che aiutassero ad avere una vita devota. Tali regole però erano in contrasto con “il sano insegnamento”, l’unico che avrebbe permesso ai cristiani di continuare a essere “sani nella fede” (Tit 1:9, 13; confronta Col 2:20-22; 1Tm 4:3-5).

verità Paolo qui si riferisce all’intero complesso degli insegnamenti cristiani che erano stati rivelati fino a quel momento. (Vedi approfondimento a Gal 2:5.)

Tutte le cose sono pure per i puri I cristiani che con il proprio modo di pensare e di agire si attengono alle norme di Dio sono “puri”. Sanno quali cose Dio considera moralmente o spiritualmente pure e quali invece condanna nella sua Parola ispirata (Mr 7:21-23; Gal 5:19-21). Riescono così a mantenere agli occhi di Dio “un cuore puro” e “una coscienza pura” (1Tm 1:5; 3:9; 2Tm 1:3; Mr 7:15). Con l’espressione “tutte le cose”, Paolo si riferisce alle cose che Dio non condanna. Mette in contrasto “i puri” con “quelli che sono [...] senza fede”, i quali hanno una coscienza contaminata. Per questi ultimi, “nulla è puro”.

Dichiarano pubblicamente di conoscere Dio I falsi maestri nelle congregazioni di Creta sostenevano di conoscere e adorare Dio. Ma conoscere Dio comporta ubbidire ai suoi comandi e camminare nelle sue vie (Sl 25:4, 5; 1Gv 2:3, 4). Queste persone, però, con le loro azioni, ovvero sia con il loro modo di agire sia con il loro stile di vita, dimostravano chiaramente che in realtà erano disubbidienti a Dio e che non lo conoscevano davvero. Ai suoi occhi tale ipocrisia è detestabile. (Confronta Pr 17:15.)

indegni di qualsiasi opera buona Il termine greco reso “indegni” significa “non adeguato”, “riprovevole” (Ro 1:28; 2Tm 3:8). Alla lettera trasmette l’idea di qualcosa o qualcuno che “non ha superato la prova”. Proseguendo la sua lettera, Paolo spiega quali opere buone Dio richiede da coloro che sinceramente desiderano piacergli (Tit 2:1–3:8).

Galleria multimediale

Introduzione video al libro di Tito
Introduzione video al libro di Tito
Nomine di anziani di città in città
Nomine di anziani di città in città

Sull’isola di Creta, seguendo le istruzioni di Paolo, Tito viaggiò di città in città per ‘fare nomine di anziani’ (Tit 1:5). Paolo aveva lasciato Tito a Creta ‘perché correggesse ciò che ancora non andava’ nelle congregazioni. Qualche tempo dopo gli scrisse una lettera ispirata. In questo modo, a quanto pare, gli fornì la guida spirituale e il sostegno apostolico necessari a svolgere il suo incarico nelle congregazioni di Creta. La lettera conteneva anche un elenco di requisiti che Tito doveva notare negli uomini che venivano presi in considerazione per essere nominati anziani (Tit 1:6-9). Conteneva inoltre consigli sull’importanza di usare “parole sane”, sulla necessità di “dedicarsi alle opere eccellenti” e su come gestire gli “uomini ribelli” nella congregazione (Tit 1:10, 11, 13, 14; 2:8; 3:14).

Frammento papiraceo con porzioni della lettera di Paolo a Tito
Frammento papiraceo con porzioni della lettera di Paolo a Tito

Nell’immagine si vede un piccolo frammento papiraceo chiamato P32. Su un lato contiene Tit 1:11-15, sull’altro Tit 2:3-8. Si tratta di una parte del foglio di un codice comunemente datato intorno al 200. È conservato nella John Rylands Library dell’Università di Manchester, in Inghilterra. Il suo contenuto coincide quasi perfettamente con il testo presente nel codice Sinaitico, autorevole manoscritto greco redatto circa 150 anni dopo. (Vedi Glossario, “codice Sinaitico”.)