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Spagna

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Spagna! Cosa vi ricorda questo nome? Le corride? Il flamenco? I dipinti del Greco e di Goya?

Quando si menziona la Spagna è naturale che vengano alla mente cose del genere. È un paese molto vario. L’aspetto della sua gente tradisce le evidenze etniche delle invasioni celtiche e saracene dei secoli passati. Si parlano quattro lingue e parecchi dialetti. Le lingue sono spagnolo (castigliano), basco, catalano e gallego, quest’ultimo molto affine al portoghese. Spesso, inconsciamente, vi è aggiunto un bel po’ di arabo, perché il vocabolario spagnolo include molte parole arabe, retaggio di otto secoli di dominazione araba sulla penisola iberica.

La Spagna è quasi un’isola, con l’oceano Atlantico a ovest e il mar Mediterraneo a est. È separata dalla Francia e dal resto dell’Europa dai Pirenei, alta catena montuosa che supera i 3000 metri. La parte centrale della Spagna è un altopiano, o meseta, delimitato a nord dalla catena montuosa con gli imponenti Picos de Europa, e a sud dalla famosa Sierra Nevada incappucciata di neve. Un fatto curioso è che, dopo la Svizzera, la Spagna ha l’altitudine media più elevata d’Europa. Le piogge cadono principalmente al nord, benché la Spagna abbia meno precipitazioni di qualsiasi altro paese europeo. A ragione è chiamata “il paese del sole”, e turisti dell’Europa settentrionale vi affluiscono ogni anno.

La cosa che colpisce lo studente biblico in Spagna è come questa rassomigli alla Palestina per il clima, la geografia e l’alimentazione. In Spagna ci sono ‘monti degli ulivi’, e tuttora si usano buoi e asini. Chi viaggia nel paese spesso incontra un pastore col suo cane, che conducono un gregge di pecore e capre al pascolo. Al tempo della mietitura, si trovano ancora contadini che trebbiano sull’aia esposta al vento, e vagliano il grano per separarlo dalla pula. In alcune città meridionali crescono palme da datteri, e aranci e limoni si trovano nei giardini e nelle piazze.

LA RELIGIONE IN SPAGNA

Gli Spagnoli sono fondamentalmente religiosi. Quasi tutti credono in Dio, anche se la maggioranza ha perso la fiducia nei preti. La guerra civile, dal luglio 1936 all’aprile 1939, costò la vita a oltre un milione di Spagnoli. L’enorme numero di morti rivelò tutti i cattivi frutti della religione e della politica, poiché entrambe parteciparono all’eccidio e alla vendetta. I repubblicani (comunisti, socialisti e liberali) diedero la caccia a preti, monache e funzionari fedeli alla Chiesa, mentre i nazionali (il fascismo cattolico appoggiato dall’esercito) rastrellarono il paese uccidendo quelli che non erano fedeli alla Chiesa Cattolica Romana.

La guerra civile ha lasciato un segno ancora evidente nel modo in cui la vecchia generazione reagisce alla predicazione dei testimoni di Geova. Il cattolico tradizionalista che ha partecipato alla guerra civile, o “crociata”, ritiene che l’“errore” non debba avere la libertà di propagarsi, e tanto meno in un paese legato al Vaticano da un concordato. I principali sostenitori della Chiesa in tutti i suoi diversi aspetti (conservatori, progressisti, Opus Dei, ecc.) sono il ceto medio e l’alta borghesia, i cui interessi e prosperità materiali sono legati al mantenimento dello status quo. Comunque, la popolazione, specialmente nelle città, è indifferente alla Chiesa, ricorrendovi principalmente in occasione di battesimi, matrimoni e funerali, e ogni tanto per andare a messa.

Senza dubbio l’atmosfera religiosa di questo paese cattolico è mutata dopo il Concilio Vaticano II, tenuto dal 1962 al 1965. Come scrisse l’8 dicembre 1965 l’arcivescovo spagnolo di Madrid–Alcalá: “Il Concilio Vaticano II si è concluso oggi, lasciando alla Chiesa e al mondo cristiano uno spirito nuovo, un nuovo umanesimo, una nuova speranza e una nuova visione, storica e trascendente allo stesso tempo, del mondo in cui viviamo”. Quel “nuovo spirito” e quella “nuova visione” hanno costretto i capi religiosi e politici ad accettare cambiamenti che molti di loro non hanno davvero desiderato, tra cui la Legge per la libertà religiosa del 1967. Tale legge ha cambiato completamente la situazione per l’attività di predicazione dei testimoni di Geova e introdotto un atteggiamento più tollerante da parte della maggioranza.

SEMINATI I PRIMI SEMI

Dopo questi brevi cenni alla Spagna e alla sua popolazione, geografia, storia moderna e religione, consideriamo cosa ha fatto in questo paese il vero cristianesimo. Naturalmente, il primo testimone di Geova cristiano che predicò in Spagna poté ben essere l’apostolo Paolo, che desiderava tanto un territorio intatto da pensare di portare la buona notizia del Regno in Spagna. — Rom. 15:22-29.

Ma che dire del ventesimo secolo? Ebbene, nel numero del 1° luglio 1919 de La Torre del Vigía (La Torre di Guardia in spagnolo) fu pubblicata una lettera della figlia minore di una donna cristiana che viveva in Spagna. Nella sua lettera la piccola María si rallegrava alla prospettiva di andare a Parigi con sua madre per “portare a termine la missione che Dio ha dato a me e a mia mamma”. Non conosciamo il nome della sorella, né quello della persona menzionata in una lettera pubblicata un mese dopo nella Torre di Guardia spagnola. Era la corrispondenza di una sorella di Madrid che aveva ricevuto una lettera anonima da un vicino cattolico. La lettera diceva, in parte: “Badi señora, lei è in trappola. Qualcuno osserva il suo operato, e non lo dubiti. Lei nega l’ubbidienza al rappresentante di Dio, il Papa, e ai suoi ministri, calpestando con le sue conversazioni e il suo cattivo esempio il sacro ministero che rappresentano. . . . Abbandoni il suo tentativo pazzesco, perché non approderà a nulla. Le suggerisco pacificamente di ritirarsi o di andare altrove, perché altrimenti potrebbe capitarle qualcosa di peggio”. Evidentemente qualcuno non era troppo felice del messaggio del Regno.

Comunque, semi della verità venivano seminati in Spagna. Il fratello J. F. Rutherford, secondo presidente della Watch Tower Society, era ben consapevole della necessità di iniziare dovutamente l’opera del Regno in questo paese. A quel tempo, a Filadelfia (Pennsylvania, U.S.A.) c’era uno zelante fratello spagnolo di nome Juan Muñiz. Il fratello Rutherford gli chiese di andare in Spagna e, verso la fine del 1920 o l’inizio del 1921, il fratello Muñiz s’imbarcò a sue spese per quel paese. Era originario delle Asturie, nella Spagna settentrionale, e vi tornò a stare con sua sorella. Il territorio in cui diede testimonianza? Le comunità minerarie delle Asturie.

In una lettera pubblicata nella Torre di Guardia spagnola dell’aprile-maggio 1923, il fratello Muñiz spiegava di aver trascorso quattro giorni in una cittadina, dando testimonianza agli uomini che erano principalmente di tendenza socialista. Essi auspicavano un cambiamento mondiale portato dal socialismo, e lui dal regno di Dio. Uno dei suoi ascoltatori concluse: “La differenza tra lui e noi è che lui ha Dio e noi no”.

In un’altra lettera, quasi un anno più tardi, il fratello Muñiz scriveva: “Ora il nuovo governo [la dittatura militare del generale Primo de Rivera], che è completamente asservito al clero e ‘con la spada in mano’, ispira timore, a meno che non ricordiamo le parole del Signore: ‘Ecco, io sono con voi’. . . . Chiunque dica o scriva qualsiasi cosa non gradita al governo o al clero, . . . finisce in prigione senza una ragione plausibile”. — Matt. 28:19, 20.

Il fratello Muñiz aveva già trascorso tre anni d’isolamento, senza alcun contatto con cristiani maturi, e ovviamente era un po’ depresso. Poiché aveva bisogno di una spinta, il fratello Rutherford gli scrisse chiedendogli di cercar di ottenere il permesso perché il presidente della Società pronunciasse un discorso a Madrid. Il fratello Muñiz non ebbe però successo, e perciò la proposta visita del fratello Rutherford fu rimandata. Nondimeno, nel maggio 1924 i due fratelli s’incontrarono in un albergo di Parigi e, dopo aver considerato la situazione spagnola, il fratello Rutherford decise che sarebbe stato meglio dare al fratello Muñiz un altro incarico. Non molto tempo dopo, egli ricevette una lettera che lo invitava a trasferirsi in Argentina.

Significava questo che il fratello Rutherford aveva ‘depennato’ la Spagna dai paesi in cui compiere l’opera? Niente affatto! Solo alcuni mesi più tardi, il fratello George Young, che aveva avuto molto successo nell’America del Sud, venne inviato in Spagna. In breve erano state poste le basi per dare una testimonianza su scala nazionale.

UNA VISITA IMPORTANTE

Poco dopo il suo arrivo in Spagna nel 1925, il fratello Young chiese nuovamente il permesso per una visita del fratello Rutherford, questa volta con successo. Si presero disposizioni per tenere discorsi pubblici a Barcellona e Madrid, e poi a Lisbona, in Portogallo. Il successo dipese dal fatto che il fratello Young chiese l’aiuto dell’ambasciatore inglese, il quale lo presentò ad alcuni funzionari del governo. Dopo alcuni giorni il governo rilasciò il permesso di tenere le adunanze.

Poiché sapeva che non sarebbe stato permesso fare pubblicità ai discorsi distribuendo foglietti d’invito, il fratello Young mise degli annunci sui giornali. La riunione di Barcellona era fissata per domenica mattina alle 11. Quando il fratello Rutherford e quelli che erano con lui si avvicinarono al teatro dove avrebbe tenuto il discorso, notarono parecchi agenti a cavallo e anche un corpo di guardia speciale. Quando entrò nella stanza privata vicino al palcoscenico, il fratello Rutherford fu accolto dal viceprefetto di Barcellona, che lo salutò cordialmente. Questo funzionario rimase sul podio durante tutto il discorso. Era stato assunto un esperto interprete e, per assicurare l’accuratezza, il discorso era stato tradotto in anticipo ed entrambi leggevano, il fratello Rutherford in inglese e il traduttore in spagnolo. Non vi furono disturbi, e alla conclusione dell’adunanza si invitarono i presenti a firmare un biglietto col loro indirizzo. Furono consegnati 702 indirizzi su oltre 2.000 presenti. Coloro che avevano dato nome e indirizzo poterono essere visitati onde stimolare il loro interesse per le Scritture.

Per mezzo di annunci sui giornali era stata fatta pubblicità anche al discorso del fratello Rutherford a Madrid. Anche lì le cose si svolsero come a Barcellona: guardia militare all’esterno del teatro e il viceprefetto di Madrid all’interno. Anch’egli rimase sul podio durante tutto il discorso. In uno dei palchi c’era l’ambasciatore inglese. Vi assisterono altre personalità, inclusi funzionari spagnoli. A Madrid ci furono quasi 1.200 presenti, 400 dei quali lasciarono l’indirizzo.

Il fratello Rutherford voleva far pubblicare il discorso sui giornali, ma a quel tempo in Spagna non si poteva pubblicare nulla del genere senza il permesso del governo. Comunque, grazie a Geova, fu offerta l’opportunità di pubblicare tale messaggio di verità. Dopo il discorso di Madrid, il viceprefetto e il fratello Rutherford stavano conversando in una stanza privata quando entrò il proprietario di un grosso giornale che fu presentato all’oratore. Il fratello Rutherford colse l’occasione per dire all’interprete: “Chieda al prefetto se non crede che sarebbe bene per la popolazione della Spagna che questa conferenza fosse pubblicata sui giornali”. Il prefetto rispose immediatamente: “Non ho alcuna obiezione e non vedo nessuna ragione per cui non si dovrebbe pubblicare. Penso che sia una buona idea”. Il proprietario del giornale approfittò subito di questa notizia in esclusiva e senza difficoltà fu disposto che il discorso venisse pubblicato nell’Informaciones del 12 maggio 1925. Inoltre, questo stesso articolo fu poi stampato in forma di volantino e distribuito per posta in tutta la Spagna, permettendo così di dare testimonianza in luoghi isolati.

Nel maggio 1925, quando il fratello Rutherford pronunciò il suo discorso a Lisbona, un Argentino di nome Juan Andrés Berecochea ebbe il primo contatto con la verità. Da quel momento in poi egli sostenne con entusiasmo la causa della verità e comunicò il suo interesse ai suoi figlioletti, Juan Carlos e Alvaro. Benché questa famiglia dovesse poi lasciare la Spagna a causa della guerra civile, i contatti furono ripresi per mezzo di Alvaro, che divenuto missionario diplomato dalla Scuola Biblica Watchtower di Galaad, nel 1953 fu mandato con la moglie a servire in Spagna.

APERTA LA FILIALE

Il successo della sua visita persuase il fratello Rutherford a stabilire una filiale della Watch Tower Society in Spagna, sotto la direttiva di George Young. L’indirizzo ufficiale era presso il fratello Eduardo Alvarez Montero a Madrid. Dall’agosto 1925 la nuova filiale iniziò la distribuzione di una versione ridotta di quattro pagine della Torre di Guardia in spagnolo, stampata da una tipografia esterna.

Il 1925 fu un anno di intensa attività per l’ufficio della Società a Madrid, poiché si pubblicarono 5.000 copie dell’Arpa di Dio in spagnolo e 10.000 copie di Milioni ora viventi non morranno mai. Inoltre furono distribuiti 247.000 volantini, incluso quello col discorso del fratello Rutherford e il volantino Dove sono i morti? Il rapporto di fine d’anno dichiarava che il messaggio del Regno era “stato distribuito in ogni città e paese della Spagna, e anche nelle Canarie e nelle Baleari e nelle principali località del Marocco spagnolo”.

In questo periodo (1925-1926) il fratello Young presentava il “Fotodramma della creazione”, prodotto dalla Società con diapositive e pellicole cinematografiche sonore che descrivevano il proposito di Dio per la terra e l’uomo. Nel giugno 1926 l’opera teocratica incluse anche l’uso della radio. Due delle maggiori stazioni radio di Madrid e Barcellona trasmisero due conferenze del fratello Rutherford. Questa testimonianza raggiunse ogni angolo della Spagna, e pure nazioni vicine.

Nel maggio 1926, durante un’importante assemblea tenuta in Inghilterra, a Londra, il popolo di Dio aveva adottato una risoluzione intitolata “Testimonianza ai governanti del mondo”. Il fratello Young cercò di farla pubblicare dalla stampa spagnola e i suoi sforzi furono finalmente coronati dal successo quando il testo completo fu stampato nel giornale La Libertad del 3 ottobre 1926. Oltre all’edizione normale di 75.000 copie, la filiale ne fece stampare altre mille copie che furono inviate per posta a ogni funzionario del governo, sindaco, vescovo e cardinale.

VANA OPPOSIZIONE CLERICALE

Naturalmente, tutta questa attività non passò inosservata al clero, che cominciò a far sentire la propria influenza. Parecchi fratelli furono arrestati e la loro letteratura confiscata. Alcuni persero il lavoro e altri dovettero lasciare il proprio villaggio a causa della persecuzione. Attraverso la stampa e dal pulpito la gente era avvertita di non leggere La Torre di Guardia. Infatti in una lettera pastorale del vescovo di Pamplona le pubblicazioni del popolo di Dio furono definite “eretiche, diffamatorie e assolutamente vietate”. Ad Alcoy, nella provincia di Alicante, i fratelli Francisco Corzo e Máximo, due colportori o predicatori a tempo pieno, furono arrestati e deferiti alle autorità. Dopo esser stati tenuti sotto sorveglianza per parecchi giorni, fu ordinato loro di lasciare immediatamente la città. Tuttavia, il capo della polizia che li aveva interrogati aveva preso la Bibbia e una copia dell’Arpa di Dio e aveva fatto l’abbonamento alla Torre di Guardia. Disse in confidenza al fratello Corzo: “Voi siete i soli in Spagna a dire la verità alla gente”.

Nell’ottobre 1926 un piccolo ma attivo gruppo di proclamatori del Regno distribuì 22.000 copie della Torre di Guardia a Valencia, la terza città della Spagna in ordine di grandezza. Il clero reagì accusando falsamente i fratelli di essere massoni e di appartenere alla Mano Negra (mafia). In novembre, quando ne furono distribuite 6.000 copie a Tarragona, antica città di origine iberica e romana, ottantotto chilometri a sud-ovest di Barcellona, la persecuzione proruppe violenta. Con mezzi subdoli, ragazzini mandati dalle scuole cattoliche raccolsero la nostra letteratura che fu bruciata nel cortile di un convento alla presenza delle autorità ecclesiastiche, mentre la città festeggiava l’occasione. Nondimeno, molti cittadini ne furono assai indignati e le autorità civili furono liberali, tanto che un gran numero di persone si abbonarono alla Torre di Guardia.

Quale sarebbe stata la reazione a Barcellona, capoluogo cosmopolita della Catalogna? Un colportore, il fratello Saturnino Fernández, lavorava col gruppo locale. Riuscirono a distribuire 80.000 copie della Torre di Guardia prima che venisse messa al bando nel dicembre 1926 e gennaio 1927. Due fratelli avevano lavorato sodo per preparare una saletta per le adunanze del gruppo di Barcellona, ma non fu concesso il permesso di aprirla. Chi era responsabile di questa opposizione? Nessun altro che l’effettivo capo della città, il vescovo di Barcellona! Ciò nonostante il fratello Fernández continuò a tenere ogni sera adunanze bibliche in casa di un amico, con una media di dieci presenti.

L’opposizione comunque fu vana, e la nostra opera continuò con la benedizione di Geova. Nel 1927 la filiale della Società fu trasferita in casa del fratello Francisco Corzo a Madrid. A quel tempo in Spagna il costo di produzione della letteratura era molto basso, e l’edizione spagnola della Torre di Guardia passò da quattro a otto pagine. Era allora disponibile in Spagna anche l’edizione spagnola della Torre di Guardia di sedici pagine che veniva stampata a Los Angeles (California, U.S.A.).

SEME SEMINATO IN TERRENO BUONO

Negli anni venti la predicazione del Regno si era svolta principalmente a Madrid e Barcellona, le due maggiori città della Spagna. A volte i metodi di dare testimonianza erano alquanto insoliti. A Barcellona, il colportore Saturnino Fernández metteva in mostra i libri della Società in una piazza, esponeva una grande tabella del “Divin piano delle età” sul marciapiede, e quindi cominciava a conversare con chiunque mostrava interesse. Fu proprio in questo modo che Juan Periago conobbe la verità nel lontano 1927. Fu attratto dall’accesa discussione tra il fratello Fernández e un tizio a proposito della dottrina dell’inferno di fuoco. Juan prese della letteratura; il seme della verità era stato piantato e così ebbero inizio il suo interesse per la verità e gli anni del suo servizio a Geova.

Considerate anche il caso di Carmen Tierraseca Martín, una cucitrice. Essa aveva ricevuto qualche nostra pubblicazione da suo cognato a Madrid, ma se n’era dimenticata. Tuttavia nell’ottobre 1927 lavorava in casa di una signora straniera, Mary O’Neill, moglie di Francisco Corzo. Il nome “Tierraseca”, tra parentesi, significa “terra arida”, ma Carmen dimostrò di non essere “terra arida” in quanto al seme della verità.

A proposito del lavoro che svolgeva in quel tempo, Carmen Tierraseca osserva: “Passavo la mattina a cucire in una stanzetta, e dopo colazione continuavo il mio lavoro. Una volta dopo le 4 notai che arrivava parecchia gente. Pensai che fosse il giorno di visita del Señor e della Señora e che probabilmente avevano un ricevimento, a giudicare dal rumore delle conversazioni. Poi, all’improvviso, ci fu silenzio, seguito dal dolce melodioso suono di un pianoforte cui presto si unirono le voci del canto, simile a un bell’inno. Non avevo mai sentito niente di simile”.

Come potete immaginare, gli Studenti Biblici (com’erano chiamati allora i testimoni di Geova) tenevano un’adunanza cristiana. Proprio per “caso” Carmen Tierraseca aveva accettato di lavorare nella stessa casa in cui si preparava La Torre di Guardia in spagnolo. George Young aveva ormai lasciato la Spagna e la nostra opera era nelle mani di Eduardo Alvarez e Francisco Corzo; l’ufficio della Società funzionò in casa Corzo fino al dicembre 1930.

Nel decennio degli anni venti si tennero battesimi in varie parti del paese. Per esempio, nel 1927 Manuel Oliver Rosado, a Málaga, scrisse all’ufficio di Madrid chiedendo che qualcuno venisse a battezzarlo. In effetti, non fu visitato e battezzato che nel 1929, quando il 14 aprile, Francisco Corzo lo immerse nei bagni pubblici locali.

Un altro battesimo di cui abbiamo notizia ebbe luogo nel giugno 1928 quando un gruppo di fratelli di Madrid fece una scampagnata lungo il fiume Manzanares. Qui, in un’atmosfera di grande gioia e semplicità, Carmen Tierraseca fu battezzata insieme a un fratello. Questa non fu una decisione improvvisa, perché due giorni prima del battesimo i candidati si erano incontrati con Eduardo Alvarez e Francisco Corzo e avevano parlato dell’importanza del passo che stavano per fare.

LA NOSTRA OPERA PRENDE LO SLANCIO

Ora che vi erano piccoli gruppi a Madrid, Barcellona, Málaga, Huesca e in paesi sparsi, oltre a una decina di lavoratori nel campo, nel 1929 la predicazione del Regno cominciava a prendere lo slancio. Perciò la Società cominciò a stampare in proprio a Madrid, servendosi di una macchina da stampa verticale Miehle inviata dalla sede di Brooklyn (New York). Questa servì per stampare riviste e opuscoli fino al 1936.

Un aspetto delle nostre attività in quei tempi era di presentare la buona notizia dal podio. In alcuni casi, ministri protestanti prestavano le loro sale a questo scopo. Dopo il discorso pronunciato da un fratello a Málaga per gli appartenenti a quattro diverse denominazioni, un ministro episcopale disse: “Non ho mai sentito spiegare la Bibbia in modo così mirabile come stasera, e quello che dice quest’uomo è vero. Siamo tutti addormentati e ci vogliono più uomini come questo tra noi”. Naturalmente non tutti i protestanti reagirono in modo così favorevole. I battisti tennero una speciale riunione per accordarsi di sterminare gli Studenti Biblici, che stavano “rubando pecore dai nostri ovili e riempiendo il paese di letteratura pericolosa”.

Dal 1927 Eduardo Alvarez Montero si era occupato della filiale della Società a Madrid. Ma nella primavera del 1930 Herbert F. Gabler fu trasferito dalla Lituania e nominato sorvegliante di filiale in Spagna. Poco dopo le nostre adunanze furono meglio organizzate secondo i metodi seguiti in altri paesi. Inoltre, mentre fino a quel momento la nostra testimonianza era stata occasionale, si diede presto un buon inizio all’attività di predicazione di casa in casa.

Ricordando la prima volta che aveva partecipato alla predicazione di porta in porta, Carmen Tierraseca osserva: “Ho pregato Geova, mettendomi nelle sue mani per fare la sua opera”. Poiché non c’era stato alcun addestramento speciale per quest’attività, potreste chiedervi come andasse a finire. Ebbene, alla prima porta una donna accettò l’opuscolo offerto dalla sorella Tierraseca, che aggiunge: “Così la successiva e un’altra e un’altra ancora finché avevo distribuito tutti gli otto opuscoli che avevo con me . . . Insicurezza, timidezza e nervosismo erano spariti. Ora provavo una gioia sconfinata, e dal profondo del cuore ringraziavo Geova per la sua benignità e il suo aiuto”.

Inutile dire, la nostra opera di predicare il Regno di porta in porta era avviata. Negli anni avvenire avrebbe portato molte benedizioni.

SITUAZIONE POLITICA PRIMA DELLA GUERRA CIVILE

Prima del 1931 la Spagna era una monarchia, retta dal re Alfonso XIII. Nel 1930 il dittatore militare, generale Primo de Rivera, aveva dovuto dimettersi ed era stato sostituito dal generale Berenguer, che sarebbe rimasto in carica fino al febbraio 1931, quando il re invitò l’ammiraglio Aznar a formare un nuovo governo nel tentativo di salvare il trono. Questo governo indisse elezioni municipali, che nelle maggiori città furono vinte dai partiti di sinistra favorevoli alla repubblica. Rendendosi conto che tutto era perduto e nel tentativo di evitare un bagno di sangue, Alfonso XIII fuggì dal paese. Così nell’aprile 1931 la Spagna diventò una repubblica. Questo fu un fiero colpo per la Chiesa Cattolica, che cominciò presto a sentire gli effetti del nuovo regime. Nello stesso anno 1931, il cardinale Segura y Saenz, arcivescovo primate di Toledo, fu espulso dal paese. Nel 1932 i gesuiti furono messi al bando ed espulsi dalla Spagna, benché in effetti l’espulsione non fosse attuata, poiché vi rimasero nascosti o in incognito.

La divisione del paese divenne manifesta nel 1933 quando andò al potere un governo di centro-destra. Questo governo di coalizione sospese le leggi anticlericali e detenne le redini del potere fino al gennaio 1936, quando fu sciolto il parlamento spagnolo. Si tennero le elezioni e una volta ancora, seguendo le alterne vicende, vinsero i repubblicani di sinistra, il Fronte popolare dei socialisti e comunisti.

Che influenza ebbero sulla nostra opera questi sviluppi politici? Nelle città in cui erano più forti i repubblicani, i fratelli venivano scacciati dalla città come agenti fascisti della Chiesa, perché distribuivano letteratura religiosa. E, naturalmente, nelle roccheforti dell’azione cattolico-fascista i fratelli erano considerati protestanti o massoni, che distribuivano il libro proibito, la Bibbia.

In conseguenza degli sviluppi politici, il clero aveva perso il potere e la popolazione ebbe maggiore libertà religiosa. Benché questo favorisse in un certo senso la nostra opera, gran parte della popolazione, avendo ora gli occhi aperti agli inganni perpetrati dalla religione, divenne completamente contraria a ogni forma di religione e perfino a Dio. Nondimeno la nostra attività cristiana proseguì.

PERIODO DI TRANSIZIONE

La presenza del fratello Gabler a Madrid sembrava non piacere a Francisco Corzo. Nel 1931 egli lasciò la verità e alla fine abbandonò la moglie. Nel gennaio 1931 si rese quindi necessario trasferire la filiale e la stamperia da casa Corzo in nuovi locali.

Quell’anno fu importante perché il popolo di Dio adottò il nome “Testimoni di Geova”. In contrasto con i 15.000 che l’avevano adottato mediante risoluzione a Columbus (Ohio, U.S.A.), solo quindici persone si erano radunate allo stesso scopo a Madrid.

Altri cambiamenti avvennero pure in quel periodo. Per esempio, col numero del settembre 1931 cessò di essere pubblicata l’edizione madrilena della Torre di Guardia. Comunque continuò ad arrivare quella pubblicata a Brooklyn, con in copertina l’illustrazione di una torre con tre finestre a forma di croce. Sopra il titolo, La Torre del Vigía, c’era il simbolo della croce e della corona, usato per tanto tempo dagli Studenti Biblici. Ma il numero del gennaio 1932 arrivò con una copertina interamente nuova da cui erano scomparse la croce e la corona.

Questa ondata di rinnovamento fu molto sentita a Madrid. Al Pasto Serale del Signore nel 1932 scomparve anche la tovaglia ricamata con la croce e la corona. Come disse il fratello Gabler: “Fratelli, si deve toglierla. Basta! Basta!” Similmente sparirono le spille con la croce e la corona che portavano abitualmente. E che dire delle fotografie dei presidenti della Watch Tower Society, C. T. Russell e J. F. Rutherford? Anch’esse scomparvero dalla parete del luogo di adunanza dei Testimoni a Madrid.

PIONIERI INGLESI CI DANNO UNA MANO

Nel 1931 la Società aveva tenuto una serie di assemblee in varie città, tra cui Londra e Parigi. Il fratello Gabler parlò a queste due assemblee e spiegò il grande bisogno di volontari per dare una mano nel campo spagnolo quasi completamente vergine. Il risultato fu che tre pionieri si fecero avanti accettando la sfida: Ernest Eden, Frank Taylor e John Cooke.

Nel luglio 1932 questi tre pionieri inglesi avevano già cominciato la loro opera di predicazione nella città industriale di Bilbao, capoluogo di provincia della Biscaglia. Questa provincia fa parte della regione detta delle Province Basche, dove si parla il basco. Fra l’altro, nessuno conosce realmente l’esatta origine di questa strana lingua che non ha alcuna parentela con lo spagnolo.

Servendosi di una cartolina di testimonianza in spagnolo che spiegava la loro missione, i pionieri diedero testimonianza a Bilbao e distribuirono molta letteratura. Se per caso trovavano una porta aperta, entravano senz’altro. Con questa tattica un giorno Ernest Eden lasciò trenta libri ad una sola porta. In che modo? Vedendo una porta socchiusa, l’aprì, percorse un corridoio e si trovò sul palcoscenico di un teatro nel bel mezzo di una prova! Approfittò dell’opportunità per dare una buona testimonianza, più in inglese che in spagnolo, e lasciò tutti i libri che aveva, per tornare più tardi con altra letteratura.

Il fratello Eden ebbe anche un’esperienza piuttosto sconcertante. Una signora elegantemente vestita lo invitò ad entrare in un appartamento ben arredato e debolmente illuminato. “Mi invitò ad entrare in una bella camera”, egli dice, “dove c’erano una dozzina di ragazze, tutte nude. Era una casa di malaffare di gran classe. Come se nulla fosse, dissi loro perché ero venuto e offrii la letteratura. La signora prese un libro e diverse ragazze presero degli opuscoli”. Il fratello Eden si chiede quanti cristiani abbiano dato testimonianza in circostanze tanto insolite.

Nei tre mesi durante i quali predicarono a Bilbao, i pionieri distribuirono complessivamente 459 libri, 1.032 opuscoli e 509 copie di Luz y Verdad (Luce e Verità), equivalente della rivista L’Età d’Oro (ora Svegliatevi!). E questo nonostante il fatto che la popolazione fosse molto religiosa. Quasi tutto il territorio era costituito da caseggiati con diversi appartamenti, e su quasi tutte le porte era affissa una figura del cosiddetto “sacro cuore”. Gesù e Maria erano spesso raffigurati col proprio cuore sanguinante in mano e un certo numero di giorni d’indulgenza erano offerti a chi esponeva questo macabro spettacolo.

SULLA VIA DI MADRID

Dopo aver completato la loro opera a Bilbao, i pionieri cominciarono a dare testimonianza lungo la costa settentrionale della Spagna. Come si rifornivano di letteratura mentre viaggiavano da un luogo all’altro? Avevano disposto che l’ufficio della Società a Madrid ne inviasse in anticipo delle scatole in varie stazioni ferroviarie. Durante il viaggio, andavano al deposito e ritiravano la letteratura che li attendeva.

I nostri intrepidi pionieri lasciarono la piovosa regione montuosa del nord e si diressero al sud, passando per le città di León, Palencia, Burgos, Valladolid, Salamanca, Segovia e Madrid. Quando giunsero sulla meseta, l’altopiano centrale della Castiglia, furono entusiasti dello scenario pittoresco e affascinati dalla vita che ricordava tanto quella dei paesi biblici. Otri di pelle servivano per conservare e trasportare il vino, e si vedevano donne portare sulla testa vasi di terracotta pieni d’acqua. Piccole lampade a olio d’oliva servivano ancora per l’illuminazione, e in molti luoghi raramente si vedevano automobili e autobus, essendo asini e muli i mezzi di trasporto. Il vino si faceva ancora pigiando l’uva con i piedi nudi, e i buoi trascinavano un attrezzo nell’aia per separare il grano dalla pula. Molti vivevano in grotte. Infatti, questo avviene ancora in certe regioni, ma queste grotte sono linde e ordinate. Durante l’estate sono fresche e d’inverno molto gradevoli.

Quando i pionieri inglesi giunsero a Madrid, si unì a loro un compagno insolito, un giovane pastore di nome Domingo, proveniente da un remoto villaggio della Navarra. Che cosa l’aveva spinto a venire a Madrid? Ebbene, un giorno, mentre badava alle pecore, trovò nel fosso lungo la strada una copia di Luz y Verdad. Gli piacque tanto che mandò a chiedere i libri menzionati, e durante l’inverno li lesse avidamente. Ma la sua scoperta di questa nuova “Via” provocò opposizione e menzogneri attacchi contro la verità. (Atti 9:2) Perciò era venuto a Madrid per fare la conoscenza dei responsabili di queste pubblicazioni. La distanza dal suo paese, vicino a Pamplona, fino a Madrid supera i quattrocento chilometri, ma Domingo la percorse a piedi! Per la prima volta nella sua vita aveva lasciato il villaggio nativo. Una volta a Madrid, trovò l’ufficio della Società e cominciò a studiare la Bibbia con i pionieri inglesi. Convinto che questa era la verità, si offrì incondizionatamente per l’opera di predicazione e divenne pioniere.

LA VERITÀ SI DIFFONDE IN TRE DIREZIONI

Nell’estate del 1933 i pionieri John, Ernest e Frank si separarono. Ernest Eden prese con sé Domingo e si diresse verso nord-ovest. A suo tempo Frank ebbe l’incarico di lavorare in tutta la parte meridionale della Spagna, una zona grande quasi come il Portogallo. Questo affascinante territorio includeva tutta l’Andalusia e la costa meridionale da Huelva ad Alicante. Nel frattempo John Cooke andò nell’antica città di Toledo, circa 64 chilometri a sud di Madrid. Con le sue mura romane e visigote, le porte e le moschee saracene, e le sinagoghe ebraiche, Toledo era come un museo che narrava la storia della Spagna.

Ma diamo un’occhiata all’attività dei pionieri all’inizio degli anni trenta. In quei tempi, servirsi dei mezzi pubblici significava viaggiare su autobus, treni, carri a cavallo, e muli, e anche rassegnarsi alla compagnia di quello che ciascuno portava con sé: galline, anatre, capre, e, in un caso, anche un grosso pescespada. Una volta un terremoto fece deragliare il treno. Con tutto questo in mente, Frank Taylor ricorse alla bicicletta. Munita di robusti portapacchi davanti e dietro, con una cassetta fissata al telaio, più una borsa posteriore per portare i dischi del fonografo che in quei tempi si usavano nell’opera di predicazione, era davvero un’invenzione bizzarra. In seguito, furono fissate al manubrio fionde caricate con sassi scelti per scacciare le mute di cani affamati che attaccavano questo strano oggetto semovente quando attraversava città abbandonate e vecchie zone minerarie della provincia di Almería. Una volta Frank fu attaccato alle spalle e gli strapparono i pantaloni, l’unico paio che aveva. Per fortuna delle donne comprensive gli prestarono ago e filo. Senza perder tempo, egli si sedette nel mezzo della strada e riparò il danno. Restituendo l’ago Frank predicò agli abitanti del luogo e poté lasciar loro diverse pubblicazioni, forse più per simpatia che per vero interesse da parte loro.

Nella sua attività di predicazione, Frank Taylor seguì la tattica di non tornare mai sui propri passi in una città o lungo una strada, se poteva evitarlo. Questo era un modo per sfuggire agli irati repubblicani di sinistra che spesso lo prendevano per un agente fascista della propaganda cattolica. A Villamanrique (Ciudad Real), si diffuse la voce che Frank Taylor era un fascista perché nei libri che portava c’era il nome di Dio e, com’egli dice, per loro “Dio voleva dire cattolico, e cattolico voleva dire fascista”. Ad ogni modo, una folla arrabbiata di una cinquantina di comunisti lo circondò sulla piazza del mercato, gridando: “A morte! A morte!” Sembrava che non ci fosse via di scampo. Ma, seguendo il suggerimento ricevuto da una signora cattolica, Frank cominciò a leggere un vigoroso paragrafo di un opuscolo della Società, Crisi. Lesse con quanto fiato aveva, e quindi gettò l’opuscolo nelle mani del capobanda, dicendo: “Leggilo da te”. L’effetto? Davvero sorprendente, poiché quasi vennero alle mani tra loro, alcuni gridando a suo favore e altri contro. In mezzo alla confusione il nostro fratello pioniere poté svignarsela illeso.

Frank Taylor ringraziò Geova per questa liberazione. Ma non era la fine della storia. Mentre se ne andava in bicicletta alle 6,30 del mattino, fu sorpreso di vedere la piazza quasi gremita da circa 200 persone che aspettavano di vederlo partire con la corriera. Come fu grato di quella bicicletta! Poi si udì il grido: “Eccolo!” “Credetemi”, ricorda Frank, “non ho mai pedalato con tanta forza, e non mi fermai finché non giunsi al prossimo villaggio ben lontano da quella città”.

SCENE CARATTERISTICHE

Fortunatamente, la situazione non era sempre così pericolosa. C’erano parecchie opportunità di predicare la buona notizia, e molti orecchi disposti ad ascoltare. Quando verso la metà degli anni trenta ebbe inizio l’opera di predicazione col fonografo, Frank Taylor fece buon uso di questo strumento. Infatti aveva un piccolo grammofono tascabile di cui si serviva nei caffè. Lo teneva in mano e camminava avanti e indietro tra i tavoli. Alla fine del discorso inciso, con poche parole di introduzione offriva le pubblicazioni cristiane. Un modo di dare testimonianza piuttosto insolito! Ma ci voleva cautela e discrezione, perché spesso era affisso un avviso che diceva: “È proibito parlare di religione o di politica”.

Arrivare in certi villaggi di montagna era davvero un’impresa, specialmente quando le strade erano ridotte a una semplice pista di fango per muli da soma. Immaginate di dovervi portare la bicicletta sulle spalle anziché starvi sopra! Per darcene un’idea, il fratello Taylor scrive: “Giungere in un villaggio le prime volte era davvero un’esperienza. Merci, verdura e carne erano di solito esposte sulle strade polverose e sul greto del fiume. Qualcuno si faceva tagliare i capelli, seduto su uno sgabello a lato della strada. A volte un dentista cavava un dente esattamente nello stesso modo. In mezzo a tutti gli altri spiccavano preti corpulenti che andavano a zonzo. Nei bar e nelle sale da gioco non era insolito trovarne cinque o sei seduti intorno a un tavolo fumando il sigaro, coi loro tipici abiti clericali, tutti sporchi e polverosi. Quando veniva distribuita letteratura biblica, non passava molto tempo che questi preti cominciavano a sfogliarne le pagine. Si vedeva che cercavano l’imprimatur del censore cattolico e, non trovandolo, informavano prontamente la polizia, di solito con l’accusa di ‘comunismo’. Questo provocava l’arresto immediato, se riuscivano a trovarmi. Poiché accadde tante volte, mi feci furbo, e non era così difficile svignarsela fra quelle viuzze. Lo chiamavo ‘caccia alla volpe’”.

Il problema era che se non riuscivano ad acciuffare il fratello Taylor in città, erano sicuri di prenderlo quando partiva, poiché alla periferia di molte città c’era il dazio, ed era lì che la polizia lo aspettava in agguato. Poi si perdevano ore in interrogatori e snervanti ritardi prima di rilasciarlo. Di solito il fratello Taylor, essendo cittadino inglese, chiedeva di parlare col console inglese. Alla fine veniva rilasciato, poiché non c’era nessuna valida accusa contro di lui.

Nella provincia di Almería il fratello Taylor si trovò faccia a faccia col deserto riarso, inospitale, senza un filo d’erba. Non si vedeva neanche un uccello e, a eccezione di una tetra fila di asini che smuovevano la polvere due volte al giorno, non c’era altro movimento. Comunque Almería ebbe i suoi vantaggi, perché vi trovò un piccolo gruppo di Studenti Biblici. Nonostante il suo limitato spagnolo, poté rallegrarsi per due o tre mesi in compagnia di questi umili fratelli. Nel frattempo la situazione politica continuava a peggiorare e si sparava per le strade di Almería. Dopo aver assistito per l’ultima volta all’adunanza, il fratello Taylor dovette attraversare la linea del fuoco e agitare un fazzoletto bianco sopra la testa mentre tornava in bicicletta al suo alloggio.

Dopo aver dato testimonianza nei paesi lungo la costa, nell’estate del 1935 il fratello Taylor giunse a Murcia, allora una città di circa 160.000 abitanti. Qui prese alloggio in una cantina sotterranea, un locale con una fessura sul soffitto per prendere luce. Almeno era fresco durante il calore infocato dei venti di scirocco che soffiavano dal Sahara attraverso il Mediterraneo. Predicare con quel caldo fu una vera prova per Frank Taylor, e a volte lo faceva persino delirare.

AIUTO DA E PER LA GERMANIA

All’inizio degli anni trenta, nella Germania politicamente in subbuglio la situazione diventava sempre più difficile per il popolo di Geova. In conseguenza di ciò dodici pionieri tedeschi vennero a prestare servizio in Spagna. Un gruppo ricevette un’accoglienza davvero scottante, perché il treno arrivò nella stazione di Barcellona nel bel mezzo di una rivolta contro il governo. Mentre andava a prenderli, Ernest Eden vide che l’intera zona era stata trasformata in un campo di battaglia. Si rifugiò nell’Ufficio Postale e dovette rimanervi per due ore finché la sparatoria si calmò. Alla fine giunse alla stazione, dove i fratelli tedeschi erano stoicamente in attesa. Allora cominciarono davvero le difficoltà. Loro non sapevano una parola di inglese o di spagnolo e lui non parlava tedesco! Ma nonostante ciò, con tre mesi di addestramento quei pionieri tedeschi furono in grado di predicare in spagnolo.

I gruppetti di testimoni di Geova di Madrid e Barcellona si rendevano conto della condizione dei loro fratelli in Germania. Perciò, come i loro conservi di altri paesi, protestarono contro il trattamento riservato ai Testimoni dai nazisti, inviando telegrammi ad Adolf Hitler, per avvertirlo di quello che sarebbe accaduto a lui e al suo partito nazista se non avesse lasciato stare i Testimoni.

La nostra maggiore attività durante questo periodo provocò vive reazioni da parte di elementi legati ai gesuiti. In una città i pionieri furono accusati di “distribuire letteratura di ‘tendenza giudeo-massonica’”. In un’altra città due sorelle furono arrestate e accusate di distribuire “opuscoli di carattere hitleriano”. In altri luoghi ancora, i fratelli furono accusati di essere protestanti, vale a dire, la peggior specie di infedeli o eretici per la maggioranza cattolica male informata.

I PIONIERI CONTINUANO LA LORO MISSIONE

Verso la fine del 1934 e l’inizio del 1935, i pionieri John ed Eric Cooke partirono da Barcellona per predicare a sud lungo la costa. Ernest Eden continuò invece la predicazione nella provincia di Barcellona.

John ed Eric Cooke seguirono dapprima la costa del Mediterraneo fino alla famosa città romana di Tarragona e alla vicina cittadina di Reus. Inoltrandosi verso nord fino alla provincia di Lérida e al villaggio di Pradell, i Cooke trovarono Salvador Sirera, un abbonato che aveva conosciuto la verità e permetteva di tenere le adunanze cristiane nella sua pensione a Barcellona.

Dopo aver predicato per qualche giorno insieme a Salvador nei paesi e villaggi vicini, John ed Eric, accompagnati da Salvador, percorsero in bicicletta i 145 chilometri che li separavano da Huesca. Valeva la pena di fare un viaggio simile? Senz’altro! Vi trovarono l’abbonato Nemesio Orús che fece loro una calorosa accoglienza essendo assetato di verità. Ma nel suo zelo e desiderio di stare con questi fratelli, agì piuttosto sconsideratamente facendo ingelosire sua moglie, tanto che questa andò segretamente dalla polizia presentando false accuse contro i fratelli. La Guardia Civil venne nell’appartamento e arrestò John ed Eric, ma la cosa fu risolta al comando della guardia civile.

I Cooke visitarono Nemesio in varie occasioni e pensarono bene di celebrare la Commemorazione a Huesca il 17 aprile 1935, invitando anche Salvador Sirera. Perciò John scrisse a Nemesio per fargli questa proposta. Immaginate la sua sorpresa nel ricevere la risposta di Nemesio che si diceva entusiasta dell’idea e aveva già comprato l’agnello per l’occasione! Ovviamente il suo intendimento della Commemorazione aveva ancora delle lacune anche se il suo zelo era lodevole. Potete immaginare cosa volesse dire tenere per diversi giorni un agnellino vivo in un piccolo appartamento al quarto piano. Ciò nondimeno la Commemorazione venne celebrata e fu una grande occasione per il piccolo gruppo di seguaci di Gesù Cristo. Infatti fu quanto di più simile a un’assemblea potesse esserci in quei tempi in Spagna.

Quando John Cooke ritenne che la provincia di Huesca aveva ricevuto un’adeguata testimonianza, si diresse con Eric verso Saragozza, capoluogo dell’Aragona, e principale centro spagnolo di mariolatria, venerazione o adorazione di Maria. Nel 1936 la città aveva circa 170.000 abitanti. L’Ebro attraversa la parte settentrionale di Saragozza, e sulla riva meridionale si trova il tempio del Pilar, un’imponente chiesa con più campanili ove è conservata una famosa colonna di marmo. Qui, secondo la leggenda cattolica, la Vergine Maria apparve all’apostolo Giacomo nel 40 E.V., mentre si diceva che fosse ancora viva in Palestina! Benché questa leggenda non abbia alcuna base storica o biblica, nel corso dei secoli La Pilarica (Nostra Signora del Pilar) è divenuta oggetto di una fede cieca.

In quei giorni i battesimi erano rari. Comunque, John Cooke non era disposto a battezzare alcuno senza buona ragione. Infatti, tre volte Nemesio Orús percorse in bicicletta i 72 chilometri da Huesca a Saragozza, ma John continuò a dirgli di aspettare ancora un po’ per essere sicuro di prendere una ferma decisione circa il battesimo. Finalmente nel maggio 1936 si fecero i preparativi per battezzare Nemesio, Antonio Gargallo e José Romanos nell’Ebro vicino a Saragozza.

In quei tempi i pionieri dovevano adattarsi. Se qualcuno desiderava la letteratura ma non aveva denaro, essi barattavano le pubblicazioni con viveri, come uova, fichi e pane casereccio. John Cooke osserva: “Mi abituai a fare uno spuntino con un uovo crudo, un pezzo di pane e un bicchiere di vino. . . . Era dunque una vita dura, semplice, ma molto felice. Come eravamo emozionati di fare veramente un lavoro da pionieri in una roccaforte cattolica come la Spagna e di trovare vere pecore!”

SCAMBIATI PER FASCISTI

Mentre Eric Cooke e Antonio Gargallo davano testimonianza nel villaggio di Mediana, una donna li accusò falsamente di essere agenti fascisti e oppositori dell’esistente repubblica spagnola. L’unica prova che aveva era un opuscolo che parlava di Dio e di Cristo! Il villaggio era praticamente comunista al 100 per cento, secondo il fratello Cooke, e per i paesani qualunque cosa parlasse di Dio o di Gesù Cristo era cattolica e perciò fascista. Fu impossibile persuaderli altrimenti.

Prima si radunò una discreta folla di donne. Poi il banditore municipale disse al fratello Cooke di andarsene dal villaggio o avrebbe avvertito la guardia civile. I fratelli non se ne andarono e alla fine arrivò la polizia. Al comando, il sergente esaminò attentamente gli opuscoli e interrogò i fratelli Cooke e Gargallo. Finalmente disse che non ci vedeva nulla di male, ma avrebbe dovuto esaminare ulteriormente la cosa perché i paesani avevano sporto denuncia. Consegnò al fratello Cooke una lettera per il luogotenente della città più vicina, ritenendo che avrebbe potuto meglio determinare la legalità della nostra opera.

Mentre Eric e Antonio percorrevano il sentiero solcato dai carri, diversi giovani in maniche di camicia li rincorsero attraverso i campi. In breve un uomo e alcuni ragazzi raggiunsero i fratelli. Oltre una ventina di loro si radunarono in un punto, riferisce il fratello Cooke, aggiungendo: “Due ci afferrarono per le braccia, accusandoci di svolgere propaganda fascista. Un giovane robusto mi puntò una forca allo stomaco nel caso tentassi di fuggire. Un altro prese il libro Rivendicazione in inglese, che portavo con me per leggerlo. ‘Guardate!’ disse, ‘sono italiani! Devono essere agenti fascisti’. Antonio cercò di dare una spiegazione, ma erano tutt’altro che disposti a ragionare”.

La borsa di Antonio fu staccata dalla bicicletta e la letteratura gettata per terra. Un altro cercò di afferrare la borsa che Eric portava dietro le spalle. Intanto altri raccoglievano legna per accendere un fuoco e alcuni cercavano di strappare i volumi, preparandosi a farne un falò.

“Quando la situazione sembrava disperata”, racconta Eric, “ci accorgemmo che cambiavano atteggiamento. Le ragazze cominciarono a scappare e gli uomini allentarono la presa. Mi voltai, e vidi comparire alla curva quattro agenti della Guardia Civil. Furono proprio benvenuti! Come disse Antonio, Geova aveva permesso che le cose giungessero fino ad un certo punto e poi era intervenuto”.

In seguito i fratelli comparvero dinanzi al governatore civile, il quale fu sorpreso che vi potesse essere qualche dubbio sulla natura della nostra opera. Egli richiamò l’attenzione sull’incertezza della situazione politica. Era proprio così! Quest’esperienza illustra chiaramente lo sdrucciolevole cammino politico percorso dal popolo spagnolo, che presto l’avrebbe precipitato in un terribile bagno di sangue.

LA GUERRA CIVILE

Nel febbraio 1936 c’erano state le elezioni generali e il Fronte popolare di sinistra era tornato al potere dopo due anni di governo del centro-destra. Sotto quest’ultimo governo del Fronte popolare si accentuò la tendenza alla disgregazione, e gli avvenimenti si successero rapidamente. Il 13 luglio fu assassinato José Calvo Sotelo, eminente monarchico di destra, e questo fece precipitare la rivolta o insurrezione nazionale (secondo la veduta politica degli Spagnoli). Ebbe inizio in Africa il 17 luglio e l’indomani fu annunciata alla radio dal generale Francisco Franco. Era cominciata la guerra civile spagnola. Delle cinquanta province, ventuno erano favorevoli alla repubblica e ventinove all’insurrezione nazionale, mentre le maggiori città, come Madrid, Barcellona, Valencia e Bilbao rimasero fedeli alla repubblica.

La guerra civile costò la vita a oltre un milione di Spagnoli. Fu una guerra di vendette politiche e religiose. Per tre anni la gente visse nel timore di essere uccisa a sangue freddo, sia per mano dei rojos (i rossi o comunisti), sia per mano dei carnefici cattolici, convinti di servire Dio combattendo una santa crociata. Vecchi debiti erano liquidati col perfido sistema delle denunce anonime, e la vittima finiva davanti a un plotone d’esecuzione in un campo solitario.

L’ATTIVITÀ CRISTIANA NE RISENTE

Come influirono questi sviluppi sulla nostra opera in Spagna? Forse possiamo capire meglio i sentimenti che provavano in quel tempo i nostri fratelli vedendo quegli avvenimenti con gli occhi della sorella Carmen Tierraseca che attraversò quei momenti difficili:

“A Madrid si scatenò un’ondata di terrore, confusione e angoscia. La popolazione, oppressa per tanti anni dal clero, diede libero sfogo al furore contro le chiese, incendiandole, frantumando le immagini e trascinandole per le strade. Ma nonostante il caos ci rispettavano e ci lasciarono in pace.

“La nostra piccola sala di adunanza era vicina alla caserma Montaña, che divenne teatro di sanguinosi combattimenti. Tutta la zona fu occupata dai militari. Immediatamente i fratelli stranieri dovettero lasciare il paese, e rimanemmo soli. Poco dopo tutta la proprietà della Società fu prelevata da Calle de Cadarso [dove era stata trasferita la filiale] e non si seppe mai dove fu portata. Le migliaia di libri e opuscoli che erano in deposito furono portati via o bruciati. La carta che doveva servire per stampare la verità, le macchine che erano state usate per stampare lodi, le sedie su cui sedevamo per studiare la Bibbia, l’ufficio da cui era organizzata l’opera: tutto era perduto, dolorosamente perduto! . . . L’opera in Spagna era caduta in un mare di silenzio. Tutto questo mi rattristò infinitamente. Ci trovammo soli, terribilmente soli; ciascuno doveva badare a se stesso, eravamo ‘mal ridotti e dispersi come pecore senza pastore’”. — Matt. 9:36.

Poco prima dello scoppio della guerra civile, John ed Eric Cooke erano partiti per una vacanza in Inghilterra. Nel 1936, avendo terminato la sua attività di testimonianza nelle province di Siviglia e Cadice, Frank Taylor aveva deciso che il suo prossimo obiettivo sarebbero state le isole Baleari, che sperava di raggiungere in piroscafo da Gibilterra. Si trovava a La Línea quando questa cittadina di frontiera, un tempo tranquilla, fu saccheggiata e incendiata prima di cadere nelle mani dei fascisti e delle loro truppe moresche dai bianchi turbanti. Mentre attraversava uno spiazzo per recarsi alla dogana il fratello Taylor si trovò sotto una vera pioggia di piombo, vomitata dai caricatori delle mitragliatrici, dei fucili e delle pistole. Ma riuscì a raggiungerla, e dopo il calar delle tenebre fuggì attraverso la ‘terra di nessuno’ fino alla frontiera di Gibilterra. “Fui sfiorato da alcune pallottole”, egli ricorda, “ma ero libero e cantavo di gioia”.

In quanto a Ernest Eden, egli fu espulso dalla Spagna, ma non prima di aver trascorso qualche tempo in una prigione sotterranea, una specie di tunnel chiuso dalle due parti. Qui, insieme a un fratello tedesco, tirò avanti con un panino, una tazza di caffè e una razione di fagioli al giorno. “Vi siamo rimasti per due mesi”, ricorda il fratello Eden, “e posso raccomandare quel vitto come dieta dimagrante”. L’espulsione dal paese fu attuata con una difficile scalata sui monti e la discesa dal versante francese durante la quale più volte inciamparono, cadendo e procurandosi delle contusioni. Una volta in Francia i due fratelli si divisero ed Ernest Eden alla fine raggiunse l’Inghilterra.

Quando scoppiò la guerra civile, il fratello O. E. Rosselli, cittadino americano, predicava nelle Canarie, territorio spagnolo al largo della costa occidentale dell’Africa. Mentre dava testimonianza tra le case sparse lungo una strada dissestata, due soldati gli tesero un’imboscata e lo arrestarono. Dopo dodici giorni di prigionia fu espulso dalla Spagna. Per quale “delitto”? Stava distribuendo il volantino “Cos’è il fascismo?”, il quale spiega che i cristiani non sono né fascisti né comunisti, ma sono testimoni del regno del Signore.

Fu così che la guerra civile ebbe un disastroso effetto sulla nostra attività in Spagna. Nel luglio 1936 cominciarono undici anni di completo isolamento e solitudine. Ciascun Testimone spagnolo, come una candela tremolante, cercò di tener viva la fiamma dell’integrità tra le soffocanti tenebre spirituali. Alcuni cedettero, ma la storia della maggioranza è una prova dell’invincibile potere dello spirito di Geova che li sostenne in quei tristi anni.

PROVE AFFRONTATE DURANTE L’ISOLAMENTO

Tutti quelli che cercavano il favore di Geova furono sottoposti a varie prove, sia durante che dopo la guerra civile, particolarmente gli uomini. Se all’inizio della guerra si trovavano nel territorio controllato dai repubblicani, si aspettava che combattessero al loro fianco. Mentre, se erano nel territorio dei “ribelli”, si richiedeva che combattessero per le forze cattoliche di destra. Non dimentichiamo che questo problema sorse nel 1936 e, pur avendo un basilare intendimento della neutralità cristiana, i fratelli non avevano La Torre di Guardia che trattava questo soggetto, pubblicata in inglese solo nel novembre 1939. Ogni fratello era dunque consapevole di dover serbare l’integrità in un modo o nell’altro ma, per risolvere i dubbi che avevano, mancava loro la chiara veduta che ci sarebbe stata in seguito, e anche i contatti con l’organizzazione visibile.

Per capire i problemi di quei giorni, consideriamo il caso di Nemesio Orús, sposato, con tre figli in tenera età, che viveva a Huesca. Alcuni giorni dopo l’inizio della guerra, venne visitato essendo sospettato di essere comunista o massone, e i suoi visitatori cercarono di costringerlo ad applaudire i soldati che partivamo per il fronte. Inoltre si fece pressione su di lui perché aderisse al locale gruppo fascista. Quando rifiutò di fare queste cose, finì sulla “lista nera” delle future rappresaglie.

Una notte dell’agosto 1936, Nemesio fu arrestato, interrogato dall’ispettore di polizia e incarcerato. Alla fine si trovò nella prigione di Saragozza, dove trascorse dodici giorni in una cella senza materasso, dormendo su una coperta piegata per terra. Per aver dato testimonianza ad altri prigionieri, fu posto in segregazione cellulare per tredici giorni. Finalmente, il 16 dicembre 1936, fu rimesso in libertà.

La cosa però non si fermò lì. La famiglia Orús si trasferì ad Ansó dove, nell’inverno del 1937, Nemesio ricevette l’avviso dal municipio che doveva presentarsi per il servizio militare. Volendo conservare la neutralità cristiana, egli rifiutò di farlo, fu di nuovo incarcerato e alla fine liberato non essendo fisicamente idoneo al servizio militare. In seguito la famiglia Orús si trasferì a Barbastro, un’altra cittadina della provincia di Huesca, dove Nemesio si mise di nuovo a fare l’orologiaio. Perse allora ogni contatto col popolo di Dio per una decina di anni.

Il dopoguerra fu un periodo di grandi sofferenze per gli Spagnoli, inclusi i nostri pochi fratelli e gli interessati. In molti luoghi c’era un’estrema penuria di viveri e di combustibile. In queste circostanze alcuni fratelli poterono manifestare il loro amore cristiano. (Giov. 13:34, 35) Per esempio, Salvador Sirera, del villaggio di Pradell in Lérida, coltivava un pezzo di terra che gli assicurava il necessario per vivere. Ma non era così per i fratelli di Barcellona, dove cinque carrube si vendevano per una peseta, quando il salario giornaliero andava dalle dodici alle quattordici pesetas, e i prodotti fondamentali come il pane e l’olio d’oliva scarseggiavano. Si può dunque immaginare la gratitudine del fratello Juan Periago quando Salvador venne a Barcellona portando cibarie per i fratelli della città che ne erano sprovvisti.

I nuovi governanti erano decisi a eliminare ogni vestigio del precedente governo repubblicano, e quindi c’era una rigorosa censura della corrispondenza e della stampa. Perciò, quando le sorelle Natividad Bargueño e Clara Buendía decisero di scrivere alla Società a Brooklyn per chiedere delle pubblicazioni, invano impostarono le loro lettere, che non lasciarono mai la Spagna ma furono intercettate dalla censura. Qualche giorno più tardi la polizia andò a casa di queste sorelle e, dopo averle interrogate, e, in un caso, dopo aver perquisito la casa, consigliò loro di rinunciare a queste “menzogne”.

In quel tempo era obbligatorio scrivere delle frasi patriottiche sulla busta di tutte le lettere che si spedivano, altrimenti non venivano recapitate. Quindi, per preservare la propria neutralità, il popolo di Dio non scriveva alla Società.

Inoltre ogni volta che si sentiva l’inno nazionale, anche per radio, tutti dovevano alzarsi e fare il saluto fascista, non importa dove si trovassero. Lo stesso gesto patriottico era richiesto se si passava davanti a una caserma quando veniva alzata o ammainata la bandiera, o se sfilavano i soldati portando la bandiera. Fu così che un giorno Antonio Brunet Fradera e Luis Medina camminavano per una strada di Barcellona quando sopraggiunse un battaglione di soldati che marciavano con la bandiera. Tutti si misero sull’attenti e fecero il saluto alla bandiera, tranne Antonio e Luis. Al che il comandante fece fermare il battaglione e ordinò minacciosamente ai due giovani di fare il saluto. Poiché rifiutarono, l’ufficiale afferrò il loro braccio destro e lo alzò nel saluto. Ma uno dei fratelli osservò: “Non siamo noi a fare il saluto, ma voi alzando le nostre braccia”. Furioso, l’ufficiale lasciò andare le loro braccia, estrasse la pistola e la puntò su di loro dicendo: “Ora farete il saluto, non è vero?” Di nuovo i fratelli rifiutarono. “Non capite che vi ucciderò se non lo fate?” La risposta? “Potrete ucciderci solo se Dio lo permetterà”. Deluso, l’ufficiale rimise la pistola nel fodero e fece arrestare i due giovani. Ma entrambi erano stati fedeli. L’interessante è che Antonio Brunet non era neanche battezzato, infatti fu immerso solo alcuni anni dopo, nel giugno 1951.

Ora che la Chiesa Cattolica era di nuovo al potere, sorsero complicazioni anche per i figli dei testimoni di Geova, soprattutto a scuola. Per poter frequentare una scuola statale bisognava presentare un certificato di battesimo per dimostrare che il ragazzo era un cattolico battezzato. Natividad Bargueño non aveva battezzato le figlie in chiesa, e quando ebbero l’età di andare a scuola essa dovette cercare molto prima di trovare una scuola che non esigeva il certificato di battesimo.

Ma c’era un altro problema perché il parroco locale pretendeva che tutti gli allievi andassero in chiesa la domenica mattina. Per assicurarsi che lo facessero, ciascuno riceveva una cartolina blu che veniva timbrata quando entrava in chiesa. Ogni lunedì mattina a scuola si controllavano le cartoline per vedere se qualcuno non c’era andato. Ricordando questo fatto, una delle figlie di Nati osserva: “Naturalmente la mia cartolina non era mai timbrata e ogni lunedì dovevo renderne conto all’insegnante. Alla fine, un lunedì l’insegnante disse: ‘Non si può andare avanti così. O vai a messa o lo dirò ai miei superiori’”. Tornata a casa la ragazzina espose il problema alla madre, che spiegò semplicemente alla figlia il passo di Atti 17:24 dove viene detto che Dio non dimora in templi fatti con mano. La ragazzina ripeté la scrittura all’insegnante spiegando perché non andava a messa. Questo ebbe successo, perché l’insegnante non la interrogò più il lunedì. Anzi, quando il prete veniva a controllare le cartoline blu, l’insegnante deliberatamente nascondeva la cartolina della figlia di Nati per evitare complicazioni.

QUALCHE SEME GERMOGLIA A TORRALBA

Benché la guerra civile e le sue conseguenze mettessero alla prova il popolo di Dio e procurassero loro molti problemi, il seme della verità che era stato piantato continuava a crescere. Per esempio, a Torralba de Calatrava qualche frutto maturò col passar degli anni. In effetti, il primo seme vi era stato seminato nel lontano 1931 quando José Vicente Arenas sentì per la prima volta parlare della verità. Ogni tanto veniva data una testimonianza occasionale che a poco a poco influì su diverse persone. Fra coloro che leggevano le pubblicazioni della Watch Tower Society c’erano dei protestanti, i quali mischiavano i due insegnamenti. Infatti uno di loro faceva il colportore per la Società Biblica Britannica e Forestiera di Madrid, benché allo stesso tempo vendesse la nostra letteratura. Durante quel periodo difficile, le adunanze erano clandestine e gli uomini che le dirigevano erano più protestanti che testimoni di Geova.

Nel 1946 il gruppo di studenti biblici della cittadina rurale di Torralba era il più numeroso della Spagna che studiava ancora la Bibbia con l’aiuto delle pubblicazioni della Società. Dal loro studio avevano compreso che dovevano farsi battezzare, e il 2 settembre 1946 disposero di tenere un battesimo nel vicino fiume Guadiana. Quel giorno nove furono battezzati con grande semplicità e sincerità. Senza discorso del battesimo, nove uomini scesero nel fiume e furono battezzati. Tutti s’inginocchiarono sulla riva mentre ciascuno innalzava una preghiera a Dio. Due settimane più tardi fecero un altro battesimo e altri tre fratelli furono immersi. Cosa strana, non fu battezzata nessuna donna, benché alcune facessero parte del gruppo. Un altro particolare interessante è che gli elementi “protestanti” non parteciparono in alcun modo a questo battesimo, malgrado cercassero di mantenere il controllo del gruppo.

Il 26 settembre 1946 il fratello Gregorio Fuentes sposò la sorella del fratello Pedro García. Tra gli invitati c’era un protestante che era quasi considerato un patriarca a motivo della sua conoscenza biblica. Egli nutriva la speranza di diventare pastore del fiorente gruppo di studenti biblici di Torralba. Dopo lo sposalizio, suggerì che tutti celebrassero la Cena del Signore. Fece un discorso nel quale pose l’accento sulla necessità di partecipare regolarmente alla Cena. Sotto l’influenza di questo “pastore” protestante tutti presero gli emblemi, ed egli fece capire che sarebbe tornato in novembre per celebrare di nuovo la Cena.

Tuttavia alcuni dei fratelli non erano convinti. Perciò, prima del suo ritorno, fecero accurate ricerche nella Bibbia e nelle pubblicazioni della Società, trovando le prove necessarie per confutare questo presunto “pastore”. Al suo ritorno fu deluso di trovare che nessuno del gruppo era disposto a celebrare la sua “Cena” e che non erano più in suo potere. Inutile dire che non tornò più.

RIPRESI I CONTATTI GRAZIE ALLA STAMPA

Un avvenimento notevole del 1946 fu l’Assemblea Teocratica Nazioni Liete tenuta a Cleveland (Ohio, U.S.A.), con un massimo di 80.000 presenti. Naturalmente la Spagna era una delle nazioni che non vi erano rappresentate. Non c’era ancora alcun contatto tra i cristiani spagnoli e l’organizzazione di Dio nel resto del mondo, e questo dieci anni dopo l’inizio della guerra civile! Comunque la stampa internazionale si occupò di quella straordinaria assemblea, e ne parlarono anche i giornali spagnoli. Pur travisate e piene di menzogne queste notizie servirono a ristabilire i contatti tra il Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova cristiani e il piccolo gruppo di persone devote a Dio in Spagna.

La stampa disse che i testimoni di Geova aspettavano la fine del mondo mediante un’esplosione atomica tra il 1946 e il 1948. Indipendentemente l’uno dall’altro tre fratelli notarono questa “notizia” sui giornali spagnoli. Il fratello Manuel Alexiades la lesse su un giornale di Madrid e immediatamente scrisse alla sede della Società a Brooklyn per chiedere ragguagli su questa “profezia”. Frattanto, Ramón Serrano lesse la stessa notizia su un altro giornale e informò Ramón Forné, che pure scrisse alla Società. Allo stesso tempo anche i fratelli di Torralba avevano letto questo resoconto e si erano messi in contatto con l’ufficio della Società a Brooklyn. Chi avrebbe pensato che il congresso del 1946 sarebbe stato il mezzo che avrebbe permesso ai fratelli spagnoli di ristabilire i contatti con la visibile organizzazione mondiale di Geova? Davvero, le menzogne che dovevano piacere al Diavolo si ripercossero contro di lui.

Che gioia per i fratelli in Spagna! Qualche pubblicazione cristiana cominciò ad arrivare di nuovo, come i libri Fanciulli, Il Nuovo Mondo, “La verità vi farà liberi” e “Il Regno è vicino”. Questi libri furono inviati in dono ai fratelli locali, e che dono! Dopo aver vagato per dieci anni in un deserto di siccità spirituale, avevano trovato di nuovo l’oasi della verità.

IL CORPO DIRETTIVO RISTABILISCE I CONTATTI

In seguito a questi contatti, nel maggio 1947 il Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova dispose di far visitare questi gruppi in Spagna. Giunti a Madrid il 7 maggio, F. W. Franz e H. C. Covington, della sede della Watch Tower Society a Brooklyn (New York), tennero quella sera la prima adunanza con un gruppo di undici amici spagnoli nella sala da pranzo del fratello Manuel Alexiades. Ognuno dei presenti voleva abbonarsi alla Torre di Guardia e avere tutte le più recenti pubblicazioni cristiane. Fu notato però che tutti gli uomini fumavano, anche se lì per lì non venne fatto alcun commento sul loro uso di tabacco. L’indomani si tenne una seconda adunanza con un gruppo di sedici.

Queste due adunanze accrebbero la fiducia di Pedro García e Gregorio Fuentes che erano venuti da Torralba de Calatrava. Il gruppo di Torralba era indeciso se invitare o meno i fratelli di Brooklyn a venire a trovarli, e perciò avevano mandato Pedro e Gregorio a Madrid per valutare la situazione. Come le fedeli spie del tempo di Mosè, costoro ebbero un’impressione favorevole e mandarono un telegramma avvertendo il gruppo che sarebbero tornati a Torralba con i due visitatori americani.

Prima di tutto i due visitatori presero il treno fino a Ciudad Real, quindi proseguirono fino a Torralba in un vecchio taxi traballante e decrepito. Diversi fratelli erano ad attenderli al loro arrivo all’1,35 di notte.

Quella mattina i visitatori si recarono al comando della guardia civile per notificare la loro presenza. La sera, ventiquattro persone vennero all’adunanza che fu spiritualmente molto incoraggiante. Ma la visita fece impressione anche al resto della popolazione di quel piccolo centro agricolo. Per esempio Bienvenido Gonzáles ricorda: “La loro presenza ebbe un effetto spettacolare, specialmente sui cittadini locali. Il fratello Franz, pur essendo di statura normale per il paese, portava un sombrero, o cappello, che non era affatto normale. Oltre a essere alto, era anche a larga tesa, di una foggia mai vista da queste parti, quindi egli si faceva notare”.

Domenica fu tenuta l’ultima adunanza col gruppo di Torralba, e trentotto persone si accalcarono in un’unica stanza per partecipare alla riunione. Venne spiegata l’organizzazione della congregazione, e due fratelli ebbero l’incarico di occuparsi dell’opera del gruppo. Erano José Vicente Arenas e Juan Félix Sánchez. A quest’adunanza si presentò il problema del fumo, poiché quasi tutti fumavano e avevano notato che i visitatori non lo facevano. Alla loro domanda il fratello Covington raccontò la propria esperienza, spiegando che un tempo fumava una cinquantina di sigarette al giorno, ma la conoscenza della verità del Regno l’aveva persuaso che quest’abitudine era incompatibile con la vita cristiana. Anche dopo questo discorso, quello del fumo continuò a essere un problema per il gruppo, perché alcuni non erano disposti a cambiare.

Dopo l’adunanza il comando della guardia civile fu avvertito dell’imminente partenza dei visitatori. Ma come avrebbero percorso i sedici chilometri fino a Ciudad Real per prendere il treno che li avrebbe riportati a Madrid, dato che l’unico taxi della cittadina aveva una gomma a terra? Ebbene, il fratello Franz lo raccontò più tardi:

“A mezzanotte bussammo a casa di un carrettiere e lo svegliammo. Egli attaccò un ronzino con sonagli tintinnanti al collo a una tartana, carro coperto a due ruote. Salutando alcuni degli amici, salimmo in quattro sul carro insieme al cocchiere. Quindi in piena notte ci dirigemmo verso ovest, accompagnati a ogni strattone dal tintinnio dei sonagli. . . . Alle 3 del mattino giungemmo alla stazione di Ciudad Real”.

I visitatori presero il treno e tornarono felicemente a Madrid. Più tardi quel giorno tennero un’adunanza d’addio col gruppo di Madrid e, fra i dodici presenti, fu nominato provvisoriamente un sorvegliante per presiedere e un conduttore dello studio Torre di Guardia.

Il giorno dopo i visitatori si recarono in aereo a Barcellona. Durante la visita, fu stabilito temporaneamente un comitato di servizio per organizzare la congregazione di Barcellona. Ne facevano parte Ramón Forné, e Ramón e Francisco Serrano.

Il 15 maggio i visitatori presero il treno per Barbastro. Durante questo viaggio di dieci ore, il treno attraversò il famoso massiccio del Montserrat, con le sue singolari formazioni a pinnacoli che sembrano dita monolitiche puntate verso i cieli. Sulla sommità di questo monte si trova un monastero ove si conserva l’immagine di “Nostra Signora di Montserrat”, altrimenti nota come la “Vergine nera”, chiamata così perché si dice che l’immagine sia diventata nera a causa del fumo delle candele accese ai suoi piedi per secoli.

A Barbastro i visitatori furono accolti da Nemesio Orús e dalla sua famiglia, e anche da alcuni interessati. Si tennero due adunanze in sere successive, e Nemesio fu nominato sorvegliante per presiedere temporaneamente.

Tornati poi a Barcellona, il 18 marzo 1947 i visitatori parlarono a una ventina di persone. Prima di partire, fu affidata a Ramón Forné la sorveglianza temporanea di tutte le attività dei testimoni di Geova e delle loro congregazioni in Spagna.

UN NUOVO CAPITOLO DEL SERVIZIO DEL REGNO

Nel dicembre 1947 altri del Corpo Direttivo visitarono i cristiani in Spagna. Questa volta il fratello N. H. Knorr e il fratello M. G. Henschel poterono assistere spiritualmente i compagni di fede spagnoli. Erano accompagnati da John Cooke, allora diplomato dalla Scuola Biblica Watchtower di Galaad. Sì, era proprio quel fratello che era partito dalla Spagna nel 1936, poco prima dell’inizio della guerra civile. Ora era stato mandato nella penisola iberica per organizzare la nostra opera in Spagna e Portogallo.

I fratelli di Barcellona avevano davvero bisogno di aiuto, poiché si erano formati due gruppi separati a causa di divergenze personali. Quando il fratello Cooke arrivò all’aeroporto c’erano ad accoglierlo due gruppetti di fratelli, che rifiutavano di salutarsi fra loro. Per la prima settimana la situazione rimase molto tesa. I fratelli erano disorganizzati, non facevano quasi nulla nel servizio di campo. Tuttavia, in breve il fratello Cooke riuscì a riunirli in un unico studio Torre di Guardia, e d’allora in poi l’atmosfera migliorò lentamente, benché ci volesse molto tempo per sanare i sentimenti feriti.

Il primo passo indispensabile per riattivare la nostra opera in Spagna era di riprendere l’attività di casa in casa. Tale suggerimento fu accolto con riserve: “Ma, fratello Cooke, qui non siamo a Londra o a New York. Questa è la Spagna di Franco. Qui non si può fare l’opera di casa in casa!” John la pensava altrimenti. Perciò cominciò da solo, facendo una casa qui e una là in modo da non poter essere localizzato dalla polizia né denunciato con successo. Gli altri fratelli cominciarono presto a seguire il suo esempio. Si resero conto che con tatto e prudenza, servendosi della Bibbia cattolica, potevano in effetti predicare di casa in casa. Così in Spagna trentaquattro proclamatori del Regno fecero rapporto nel 1948, il primo anno dopo la guerra in cui si svolse l’attività di predicazione di porta in porta.

Il gruppo di Madrid era più debole di quello di Barcellona. Non c’era un fratello capace per prendere la direttiva, anche se sorelle come Carmen Tierraseca e Natividad Bargueño seguivano tranquillamente la direttiva dell’organizzazione, nonostante il “veleno” protestante che vi era tra loro. Le adunanze si tenevano alla periferia di Madrid, nel quartiere di Vallecas, in casa del protestante che anni prima aveva cercato di spadroneggiare a Torralba de Calatrava. Prima dell’arrivo di John Cooke, questo protestante dirigeva lo studio Torre di Guardia, che a volte si protraeva per quasi tre ore, poiché i suoi commenti duravano anche mezz’ora. Quella volta John non riuscì a migliorare veramente la situazione, perché allora a Madrid non c’erano fratelli capaci.

Da Madrid, John si recò in treno a Ciudad Real, dove vennero a incontrarlo i fratelli di Torralba de Calatrava. Nei primi giorni tutto andò bene ed egli poté tenere alcune eccellenti adunanze con i fratelli, nonostante l’attenta vigilanza della guardia civile. Ma verso il quarto giorno John cadde malato e dovette rimanere a letto. Aveva la febbre e una strana sensazione ai polmoni. Aveva bisogno di bere molto, ma l’acqua in città era decisamente cattiva. A peggiorare la situazione, non c’era un medico competente in tutta la città. Ogni giorno che passava, la situazione peggiorava, non solo per John, ma anche per i fratelli che avevano sulle spalle questo straniero “imbarazzante” che destava i sospetti della guardia civile. Finalmente John fece un grosso sforzo per compiere il viaggio di ritorno a Barcellona, dove Ramón e Francisco Serrano lo accolsero e gli provvidero le cure necessarie in casa loro. Per qualche tempo il medico lo visitò tre volte al giorno, e anche i fratelli pensavano che sarebbe morto. Ma il fratello Cooke se la cavò, grazie alle cure della famiglia Serrano.

Il medico aveva raccomandato a John Cooke di andare qualche settimana in montagna per rimettersi. Perciò Nemesio Orús lo invitò a passare un po’ di tempo con la sua famiglia a Barbastro, ma anche qui sarebbero sorti problemi.

ARRESTATI COME PARTIGIANI

A Barbastro John e Nemesio ebbero un’esperienza insolita, e tuttavia tipica. Nemesio aveva scritto in anticipo a un interessato di nome Vicente per avvertirlo della visita. Ebbene, quando la corriera sconquassata si fermò per lasciar scendere i visitatori c’era ad accoglierli un gruppetto che non prometteva nulla di buono: un prete e quattro agenti della guardia civile ben armati. Lì vicino, con l’aria preoccupata, c’era Vicente, vestito semplicemente da contadino, con un asino per portare le valige. Dopo i saluti, caricato l’asinello, si accinsero a salire il sentiero che portava al villaggio. Ma due delle guardie s’incamminarono davanti a loro e le altre due li seguirono, insieme al prete. I fratelli erano caduti in una trappola! Mentre si avvicinavano al villaggio, una delle guardie dietro a loro gridò: “Alt! Mani in alto!” “Non avevamo niente in contrario a ciò”, osserva John. “Ci perquisirono in cerca di armi e ci ordinarono di proseguire fino alla casa del fratello. Nel frattempo il prete si era eclissato, poiché il suo piano era riuscito ottimamente”.

Cos’era accaduto? Ebbene, Vicente aveva letto alla famiglia la lettera di Nemesio, ma la servetta aveva sentito ed essendo cattolica, l’aveva detto al prete. Questi, a sua volta, aveva avvertito la guardia civile che sarebbero venuti a trovare Vicente dei tipi pericolosi. In quel tempo i maquis, rifugiati politici spagnoli che avevano il loro quartier generale in Francia, spesso attraversavano la frontiera per compiere azioni partigiane nella zona, e la locale guardia civile era in stato di allerta. Così inventarono l’accusa che John e Nemesio erano partigiani.

A casa di Vicente fu spiegata la nostra vera posizione, e le guardie se ne andarono. Mentre i tre si rilassavano attorno a una tazza di caffè, le guardie tornarono e li arrestarono. Per quale motivo? Perché tenevano un’adunanza ritenuta illecita. Franco infatti aveva proibito ogni riunione non autorizzata di tre o più persone. Furono interrogati da mezzanotte fino alle 5 del mattino al più vicino comando della guardia civile. Poi i tre furono rinchiusi in una cella di un convento abbandonato, con quattro soldati e un caporale di guardia. Vi trascorsero alcuni giorni, dormendo su sudici materassi per terra e pagando qualcuno perché portasse loro da mangiare dall’osteria della cittadina di Graus. Così John passò la sua convalescenza!

I tre furono interrogati di nuovo da ufficiali che si mostrarono cortesi e rispettosi. Il terzo giorno giunse un telegramma del governatore della provincia che ordinava la scarcerazione di tutti e tre. Finalmente tornarono a casa di Vicente e proseguirono la visita secondo il previsto.

Dopo esser stato circa tre settimane con Nemesio, John Cooke tornò a Barcellona, dove l’opera procedeva bene, e una quarantina di proclamatori del Regno vi prendevano parte. Quell’anno in Spagna ci furono novantasei presenti alla Commemorazione e diciotto presero gli emblemi. Il numero di questi era notevolmente aumentato a causa dell’influenza del “fratello” protestante di Madrid. Ma questa situazione sarebbe continuata solo fino al 1950, quando fu finalmente intrapresa contro di lui un’azione giudiziaria. Grazie al migliore intendimento, nel 1956 il numero di coloro che prendevano gli emblemi era sceso a tre.

Ora che in Spagna le cose procedevano lente ma sicure, fu deciso che John Cooke andasse in Portogallo. Vi andò nell’agosto 1948, per non tornare in Spagna fino al luglio 1951. Tuttavia, gli otto mesi che aveva trascorso con i fratelli avevano contribuito a mettere le cose a posto in Spagna. L’ordine teocratico era stabilito e se ne sarebbero visti i frutti, nonostante tutti i tentativi di Satana per impedirlo.

DIFFICOLTÀ A TORRALBA

Il 18 marzo 1948, José Vicente Arenas e Pedro García furono invitati a presentarsi al sindaco e al comandante della guardia civile di Torralba de Calatrava. Lo scopo della convocazione era di far cessare le adunanze e la predicazione. Pedro rispose che avrebbero rispettato le autorità, ma che sarebbe stato impossibile smettere di radunarsi e di predicare. (Atti 5:29) La cosa tuttavia non finì qui.

Il 10 aprile la guardia civile intercettò e confiscò i pacchetti di letteratura inviati dalla Società da Brooklyn (New York), e i fratelli cui erano destinati furono condannati dal governatore civile della provincia a pagare una multa. Alcuni la pagarono, ma altri rifiutarono di farlo perché non avevano commesso alcun reato. In seguito la Società inviava la letteratura a Barcellona e i fratelli di quella città la facevano pervenire a Torralba. Eppure era evidente che i fratelli dovevano riporre più fiducia in Geova. Perciò si fecero nuove nomine ai posti di responsabilità e questo migliorò lo spirito dei fratelli di Torralba.

Il vizio del fumo era il maggior problema a Torralba. Quasi tutti gli uomini che frequentavano la congregazione erano fumatori accaniti, ma evitavano di fumare in presenza di John Cooke. Un giorno però, Bienvenido Gonzáles pose deliberatamente la questione sul tappeto fumando in presenza di John. Il problema fu allora chiarito una volta di più e, come dice Bienvenido, “i consigli di John furono un nuovo incentivo ad abbandonare quel brutto vizio”.

I PRIMI SEMI SEMINATI NELLE BALEARI DOPO LA GUERRA

L’opera del Regno faceva qualche progresso in altre parti della Spagna? Sì, nel Mediterraneo, circa 160 chilometri a est della costa spagnola, ci sono le isole Baleari, costituite principalmente da Maiorca, Minorca, Ibiza e Formentera. Fino agli anni quaranta il monopolio cattolico in queste isole era stato indisturbato, ma la situazione doveva cambiare grazie al fratello Manuel Alexiades, uomo d’affari greco che abitava a Madrid ma aveva una proprietà anche a Maiorca.

Un giorno Manuel cominciò a dare testimonianza a un impiegato dell’ufficio telegrafico. L’uomo ascoltò il messaggio, non perché gli interessasse particolarmente, ma perché sua moglie era una cattolica fanatica ed egli sperava che questo gli avrebbe dato l’opportunità di farla rinunciare al suo fanatismo. In tal modo Manuel Alexiades poté dare testimonianza a Prudencia Font de Bordoy, presidentessa dell’Azione Cattolica di Puerto de Pollensa, un piccolo centro sulla costa nordorientale di Maiorca. Essa accettò alcune pubblicazioni.

Prudencia fece poi visita a un’amica e le diede un volantino. L’amica ne fu così colpita che lo fece leggere a sua figlia, Margarita. Sia Margarita che la madre mostrarono interesse per la verità, acquistarono altre pubblicazioni e cominciarono a studiare la Bibbia con Prudencia. E che studi: duravano dalle 3 del pomeriggio alle 8 di sera. Infatti Margarita una volta si nascose in camera sua per sottrarsi alla prospettiva di un altro studio del genere. Ma in quelle cinque ore ebbe tempo di riflettere sul suo stratagemma e si vergognò di quello che aveva fatto. Pregò Geova, esprimendo il desiderio di studiare la Bibbia, ma non per cinque ore con quella donna!

Nel 1949, Margarita e sua madre stabilirono il proprio programma di studio e per due anni lo seguirono, dando testimonianza occasionale a vicini e amici. La situazione cominciò a migliorare nel 1953, quando John Cooke fece loro visita per tre giorni e fu sorpreso di vedere ventisei presenti a un’adunanza tenuta a Palma di Maiorca.

Poiché Margarita aveva già ventisei anni ed era in grado di insegnare ad altri, John Cooke al termine del discorso prese l’iniziativa e dispose di iniziare dieci studi biblici con gli interessati presenti all’adunanza. Tre giorni di addestramento diedero a Margarita un grande apprezzamento per l’organizzazione di Geova e suscitarono la sua curiosità per il servizio di pioniere o predicatore a pieno tempo della buona notizia. Mentre John Cooke assisteva a un’assemblea cristiana a New York nel 1953, mandò a Margarita una domanda di pioniere, che essa fu lieta di riempire. Nell’agosto di quell’anno Margarita Comas divenne pioniera speciale.

A quel tempo Paul Baker, un missionario diplomato della quindicesima classe della Scuola di Galaad era già a Maiorca da oltre un anno. Poco dopo il suo arrivo il 25 marzo 1952, Paul cominciò lo studio biblico con due famiglie e in breve le riunì per formare il primo studio Torre di Guardia. Due settimane dopo il suo arrivo c’era la Commemorazione, e ventuno persone furono presenti alla celebrazione; nessuno prese gli emblemi. Alla fine del mese, cinque proclamatori facevano per la prima volta rapporto dell’attività di servizio di campo e tenevano quattro studi biblici. Il fratello Baker continuò a essere il sostegno della congregazione di Palma di Maiorca fino al 1957, quando fu espulso dal paese.

NOTEVOLI SVILUPPI A BARCELLONA E MADRID

In questi anni la direttiva dell’opera di predicazione subì diversi cambiamenti. Poco dopo l’arrivo del fratello John Cooke, Ramón Forné fu sostituito da Luis Buj, che in breve dovette tornare in Argentina. Poi, nel 1950, questa responsabilità fu affidata al fratello Pedro Pérez. Ma egli, essendo stato un anarchico, era tenuto particolarmente d’occhio dalla polizia in quei momenti di tensione. Naturalmente aveva abbandonato ogni attività politica e l’aveva spiegato alla polizia. Comunque, a motivo di questi problemi Pedro scrisse alla Società e suggerì che venisse nominato un altro fratello per occuparsi dell’opera. Questo privilegio fu affidato a Jorge Miralles, che era venuto dall’Argentina.

A questo punto sembra appropriato dare un altro sguardo alla situazione a Madrid. In quella zona l’uomo che abbiamo già menzionato, di idee protestanti, conduceva lo studio Torre di Guardia mischiando le proprie vedute protestanti con quello che diceva la rivista. Infatti, pensate un po’, si seppe che dopo l’adunanza gli uomini presenti tiravano fuori il tabacco e fumavano, mentre chiacchieravano del più e del meno.

Dopo esser venuto a conoscenza della situazione esistente nel quartiere Vallecas di Madrid, Pedro García, un fratello di Torralba de Calatrava, andò a Madrid e, il 16 dicembre 1949, s’incontrò con i fratelli, escludendo il protestante. Il risultato di questo scambio d’idee e della corrispondenza con la Società fu che la responsabilità della congregazione venne affidata a Luis Feito ed Eulogio Gonzáles.

A Madrid ci furono sviluppi davvero drammatici il 1° aprile 1950 in occasione della Commemorazione. Il 31 marzo Pedro García era arrivato a Madrid e dapprima era andato a parlare della Commemorazione col protestante. Fu impossibile raggiungere un accordo in quanto alla data o a chi avrebbe dovuto prendere gli emblemi, eppure questo protestante doveva pronunciare il discorso! Il giorno dopo Pedro andò al luogo dell’adunanza con questo vecchio “fratello” e vi trovò una ventina di estranei. Chiesto chi fossero, fu informato che erano protestanti e avventisti che questo “fratello” aveva invitati all’adunanza. Egli aveva abilmente aumentato il numero dei presenti invitando persone del suo stesso stampo.

Pedro García agì prontamente e consigliò a Eulogio Gonzáles di parlare ai presenti prima che iniziasse il discorso della Commemorazione. Bisognava dare dei chiarimenti circa la data e i partecipanti, in armonia con una lettera ricevuta dalla Watch Tower Society. Questo ebbe l’effetto di una bomba, perché il “fratello” protestante non se l’aspettava. L’adunanza fu sciolta nella più gran confusione. Il protestante e i suoi seguaci se ne andarono, e Pedro García finì per pronunciare il discorso della Commemorazione.

In seguito a questi avvenimenti l’influenza del protestante non si fece più sentire. Egli rifiutò di accettare la direttiva dello “schiavo fedele e discreto” e non rispettò le nomine dei fratelli responsabili nella congregazione. (Matt. 24:45-47) Le adunanze non si tennero più in casa sua bensì in quella di Eulogio Gonzáles a Ventas, nei dintorni di Madrid.

I PRIMI PIONIERI SPAGNOLI

Con l’arrivo dei missionari di Galaad, come John Cooke, Ken Williams, Bernard Backhouse e Paul Baker, nel piccolo gruppo dei proclamatori del Regno spagnoli cominciò a manifestarsi lo spirito di pioniere. Nel 1949 c’erano nel paese solo 53 proclamatori, suddivisi in sei gruppi. María Gómez di Barcellona, la prima pioniera spagnola, era una di loro.

Nel 1950 fu raggiunto un nuovo massimo di 93 proclamatori. L’anno dopo 121, e nel 1952 ben 145. Quell’anno ci fu una svolta nel servizio di campo, con la nomina di quattro pionieri speciali, tre dei quali spagnoli: Máximo Murcia di Torralba de Calatrava, Luis Feito e Maruja Puñal di Madrid; e un Brasiliano, Raimundo Avoletta. Nel 1977 ben 591 pionieri speciali lavoravano sotto la direttiva della filiale spagnola.

L’ORGANIZZAZIONE SI RAFFORZA

I fratelli del Corpo Direttivo continuarono negli anni cinquanta le loro incoraggianti visite. Per esempio, il fratello F. W. Franz tornò in Spagna nel luglio 1951. Un evento memorabile durante quella visita fu una riunione all’aperto tenuta nelle vicinanze di Madrid. In quell’occasione, diversi fratelli di Torralba che erano stati battezzati nel 1946, ma non da un fratello battezzato, decisero di farsi ribattezzare. Il fratello Franz pronunciò il discorso del battesimo in spagnolo e John Cooke li battezzò nel fiume Jarama. Questo diretto contatto personale in spagnolo con un membro del Corpo Direttivo fu di grande incoraggiamento per i 28 fratelli presenti.

A Granada si dovettero prendere precauzioni, perciò i fratelli si riunirono in una camera d’albergo. Qui, nel cuore dell’Andalusia, vi sono numerose vestigia della dominazione araba. Il fratello Franz e il fratello Cooke visitarono il palazzo dell’Alhambra, costruito nel tredicesimo e quattordicesimo secolo dagli Arabi, o Mori, come sono più comunemente chiamati. L’interessante è che tutti i mosaici, le piastrelle e gli stucchi dell’Alhambra riflettono la ripugnanza dei musulmani per tutto ciò che ha anche solo una parvenza di idolatria. In che modo? Ebbene, tutti i disegni artistici si basano su motivi geometrici o arabeschi.

Nel 1950, in occasione di un viaggio a Granada, sua città natale, un fratello argentino parlò della verità a parecchi uomini. In breve quattro si abbonarono alla Torre di Guardia e cominciarono a tenere “adunanze” private, veri dibattiti, nel palazzo dell’Alhambra, che è aperto al pubblico. Queste adunanze furono poi spostate in una grotta di Sacromonte, alla periferia di Granada. L’interessante è che questo piccolo gruppo ricordava ogni anno la Commemorazione recandosi in un luogo appartato sulla collina di Sacromonte e lì al calar del sole leggevano un articolo della Torre di Guardia. Col tempo, venne stabilita a Granada una congregazione cristiana.

I fratelli N. H. Knorr e M. G. Henschel vennero di nuovo in Spagna nel febbraio 1952. In quell’occasione furono organizzati a Barcellona cinque studi Torre di Guardia e si diedero le direttive per le adunanze e la predicazione in Spagna. Poiché era necessario esser molto cauti onde evitare inutili problemi con le autorità, fu suggerito che i partecipanti alle adunanze fossero da 8 a 12. Inoltre il fratello Bernard Backhouse fu nominato sorvegliante di circoscrizione.

A causa della mancanza di letteratura, fu introdotta in Spagna una nuova disposizione. Se nell’opera di casa in casa si trovava una persona veramente interessata i fratelli gli prestavano un libro e iniziavano uno studio biblico. Poi mandavano il suo indirizzo alla sede della Società a Brooklyn, da dove gli veniva spedita una copia del libro. Il proclamatore riceveva allora la contribuzione per il libro inviato e ricuperava quello che aveva prestato. Questa disposizione fu poi sospesa, ma intanto servì al suo scopo.

Il fratello Knorr e il fratello Henschel tornarono in Spagna nel gennaio 1953, e questa fu l’ultima visita a cui poté partecipare il fratello John Cooke. Furono tenute adunanze a Barcellona e Madrid, con un buon numero di presenti. A Madrid i fratelli in visita conferirono con i fratelli Cooke e Backhouse, e fu deciso che Spagna e Portogallo diventassero una sola filiale della Società, con John Cooke come sorvegliante di filiale.

Durante quella visita il fratello Knorr suggerì di essere cauti, specialmente nell’organizzare assemblee. Riteneva che sarebbe stato meglio tenerle sotto forma di picnic, con trenta o quaranta persone, anziché cercare di avere un centinaio di presenti o più. Queste assemblee “picnic” vennero tenute sui monti e nei boschi di tutta la Spagna finché la nostra opera non divenne legale nel 1970. Solo in alcune occasioni intervenne la polizia.

Nel luglio 1953, John Cooke fu invitato ad assistere all’assemblea internazionale del popolo di Geova tenuta a New York. Dopo il congresso tornò in Portogallo e organizzò un’assemblea “picnic” presso Lisbona, per ripetere i punti salienti della riunione di New York. Quindi prese il treno per Madrid, ma quando giunse alla frontiera spagnola venne fermato e non gli fu permesso di entrare nel paese. Nel maggio 1954 cercò nuovamente di passare la frontiera spagnola, ma senza successo perché il suo nome era sulla “lista nera”. John Cooke non tornò mai più in Spagna per svolgervi l’opera missionaria, ma la predicazione del Regno aveva ormai una solida base e procedeva sotto l’influenza dello spirito santo di Geova. Egli continuò ugualmente il suo servizio missionario in Africa e presta tuttora servizio nella Betel del Sudafrica.

PERSECUZIONE ORGANIZZATA

Con la predicazione organizzata, in Spagna venne anche la persecuzione organizzata. Restando praticamente nascoste, le sette protestanti non avevano provocato alcuna reazione da parte del clero cattolico, anche se si supponeva che ci fossero in Spagna 30.000 protestanti. Ma l’attività di un pugno di testimoni di Geova ben presto suscitò l’ira del clero cattolico. Cosa accadde quando il loro monopolio venne sfidato? Fecero come al tempo dell’Inquisizione: si incaricarono delle denunce, ma lasciarono che il braccio dello stato si sporcasse le mani.

Possiamo illustrare questa persecuzione citando l’esperienza di Natividad Puñal, la figlia di Nati Bargueño. Un giorno del 1953 questa ragazza diciassettenne era in servizio di campo con una pioniera speciale. A una visita ulteriore si fece avanti un uomo che cominciò a fare domande con tono aggressivo. L’uomo alzò la voce e altri componenti della famiglia comparvero sulla scena. Alla fine dichiarò di essere un poliziotto. Portò le due Testimoni in un luogo dove c’era una cappella cattolica, e le condusse davanti a un individuo che, pur non indossando abiti sacerdotali, parlava come un prete. Di lì furono portate al commissariato di polizia dove le loro borse furono perquisite e gli opuscoli e le Bibbie confiscate. Dopo un primo lungo interrogatorio, e poi un secondo, le due furono portate davanti al capo della polizia segreta. Furono immediatamente gettate in una specie di prigione sotterranea. E Nati dovette dividere la cella con ladre, prostitute e lesbiche. Ma anche in queste circostanze, approfittò delle opportunità di dare testimonianza.

Quella notte, mentre le altre erano a letto, Nati fu portata in una stanza e interrogata di nuovo. Le prime domande “amichevoli” divennero ben presto più specifiche poiché il capo che la interrogava voleva sapere chi dirigeva l’opera, quanti vi partecipavano, dove abitavano, ecc. Esibì persino una foto di un gruppo di Testimoni, tra cui vi era Nati, e anche lettere della Società e altri oggetti presi dalla stanza della pioniera speciale.

Nati riuscì a rispondere in modo da proteggere i suoi compagni di fede, anzi fu molto felice di non sapere l’indirizzo dei fratelli stranieri. Finalmente l’interrogatorio finì e Nati fu riportata nella cella comune. Il giorno dopo fu messa in una piccola cella singola, del tipo usato per la segregazione cellulare. Vi trascorse due giorni fino allo scadere delle 72 ore, il massimo consentito per trattenerla senza un’accusa ufficiale.

Ma la cosa non finì qui. Qualche settimana dopo, Nati dovette presentarsi al commissariato per rispondere dello scandalo che aveva provocato. Il suo accusatore era proprio quel poliziotto che aveva dato origine alla faccenda. Con sorpresa di tutti vi fu però un improvviso voltafaccia! Il poliziotto disse: “Non c’è stato alcuno scandalo”. All’insistenza del giudice rispose semplicemente: “Ero scandalizzato che non credessero nella Vergine Maria”. Alla fine il procedimento fu sospeso. Ma mentre uscivano, il poliziotto accusatore si avvicinò a Nati e alla sua compagna dicendo: “Mi ero sbagliato sul vostro conto, e vi chiedo di perdonarmi”.

Questa non fu la sola volta che Nati andò in prigione. Due anni più tardi finì nella stessa prigione per l’identica ragione: la predicazione della Parola di Dio. Anche sua sorella Maruja fu imprigionata per aver dichiarato la buona notizia. Durante la detenzione dovette guardarsi da carcerate lesbiche e lottare contro i topi. Ma nonostante la prigione queste ragazze continuarono il loro servizio a Geova ed egli ha benedetto i loro sforzi sinceri.

LA BIBBIA IN SPAGNA

Bisogna ricordare che gli Spagnoli per secoli erano stati tenuti nella più completa ignoranza della Bibbia. Fino agli anni cinquanta era considerata un pericoloso libro protestante, che solo i cattolici molto istruiti potevano leggere. Questa ignoranza si riassume in un episodio accaduto a Vicente Páramo mentre predicava a un ciabattino di Madrid. La sua presentazione fu interrotta dall’esclamazione del ciabattino: “Ma lei è venuto qui a parlarmi della Bibbia come se non la conoscessi! Le dico che ho letto il Don Chisciotte ben sette volte!” Il Don Chisciotte, naturalmente, è il famoso romanzo dello scrittore spagnolo Miguel de Cervantes.

Un’altra volta, una sorella stava dando testimonianza a una signora e continuava a menzionare la Sacra Bibbia, che in spagnolo si dice Santa Biblia. Alla fine la signora esclamò: “Conosco praticamente tutti i santi del calendario, ma non ho mai sentito parlare di questa Santa Biblia!” Aveva preso Santa Biblia, la Sacra Bibbia, per una delle sue sante, come Santa María e Santa Lucía.

Consideriamo ora quello che accadde a Sinforiano Barquín del quartiere Begoña di Bilbao. Dopo che un suo cugino del Venezuela gli ebbe parlato della verità di Dio, Sinfo si rivolse a un prete, chiedendogli il permesso di prendere dalla biblioteca una copia della Bibbia per considerarla col gruppo d’Azione Cattolica di cui faceva parte. La risposta? “Ci sono tanti altri libri da considerare senza prendere la Bibbia!” Non soddisfatto, Sinfo portò la sua Bibbia (versione protestante di Valera) da un altro prete che impiegò quasi mezz’ora per trovare Isaia 7:14. Per nulla scoraggiato, Sinfo si rivolse a un prete famoso per i suoi discorsi alla radio, chiedendogli perché la Chiesa non insegnava che i mansueti erediteranno la terra, come dice il Salmo 37 (vers. 11; vedi Matteo 5:5). “Ebbene”, disse il prelato, “vuol dire solo che i mansueti vivranno più a lungo sulla terra. . . . e quella Bibbia, me la dai, oppure ci pensi tu a bruciarla?” Qualche tempo dopo, in un pubblico dibattito, Sinfo Barquín maneggiava la sua Bibbia con tanta destrezza che quello stesso prete si lasciò sfuggire questa osservazione: “Come ti hanno addestrato bene in così poco tempo!”

L’impiego della Bibbia nell’opera di predicazione comportava i suoi problemi. Per esempio, un giorno un ragazzino venne a casa della sorella Engracia Puñal a Toledo portando una lettera che la invitava a tornare in una certa casa per spiegare ulteriormente la Bibbia. Vi era già andata due volte e aveva parlato con una donna, ma ora era il marito che desiderava parlarle. Finì per andarci Manolo, il figlio di Engracia, insieme a Vicente Páramo. Una signora aprì la porta e disse che avrebbe chiamato il marito. Questi venne e chiese a Manolo di mostrargli il suo libro. Era la versione Nácar-Colunga della Bibbia. L’uomo la prese dicendo: “Dato che fai cattivo uso di questo libro, se lo vuoi indietro, dovrai andare domani dal parroco per riaverlo!” Quindi l’uomo si lasciò andare a un linguaggio volgare e colpì Manolo, ordinando ai due Testimoni di andarsene.

L’indomani Manolo andò in parrocchia a reclamare la sua Bibbia. Il prete lo attaccò dinanzi ad altri, colpendolo diverse volte. Quindi il sacerdote chiamò la polizia e lo fece portare via. Arrestarono anche la madre di Manolo, Engracia, ed entrambi furono tenuti in carcere per cinque giorni. Nel frattempo la polizia andò a perquisire la casa di Engracia, e Paz, la figlia adolescente, disse che la madre era in prigione. Anch’essi furono sorpresi di sapere che era ancora in prigione, e telefonarono immediatamente per farla rilasciare. Era stata trattenuta per cinque giorni, mentre la legge permetteva di trattenere solo per un massimo di tre giorni senza accusa.

S’INTENSIFICA L’ATTIVITÀ DEL CLERO E DELLA POLIZIA

L’aumento dell’opera di predicazione di casa in casa provocò la reazione del clero, particolarmente da parte dell’arcivescovo di Barcellona. Egli pubblicò una lettera pastorale nel Bollettino Ufficiale della diocesi, che fu pubblicata testualmente in tre edizioni del giornale cittadino La Vanguardia Española, dal 19 al 21 marzo 1954. La lettera descriveva le due classi nemiche della Chiesa Cattolica: i protestanti, che cercavano convertiti tra i poveri offrendo aiuto economico, e altri che andavano di casa in casa offrendo libri, opuscoli, riviste e volantini. Ovviamente questo si riferiva ai testimoni di Geova, benché il nostro nome fosse menzionato una sola volta in questa lunga lettera pastorale.

La lettera invitava le autorità a far rispettare la legge e a non permettere la propaganda pubblica e il proselitismo da parte delle sette protestanti. Proseguiva dicendo: “Per prudenza tolleriamo le zizzanie . . . ma non possiamo tollerare che le zizzanie vengano seminate”. Concludeva con cinque raccomandazioni per i fedeli cattolici, e l’ultima era: “Ricorrete alla legge. È l’ultima risorsa, a cui però non dobbiamo e non possiamo rinunciare se si presenta il caso, per impedire che siano seminati tra i cattolici errori ed eresie . . . A volte la semplice minaccia di farlo basterà a fermare i loro tentativi”. La lettera era accompagnata da una circolare che descriveva la lotta come una vera crociata, con l’arcivescovo stesso “a capo di questa Crociata per l’unità cattolica”.

La radio, le scuole, le chiese e l’Azione Cattolica accolsero l’appello contro i Testimoni e consigliarono alla gente di invitarli in casa, e poi chiamare la polizia. Come tremavano quelli che detenevano il monopolio della religione, e questo per l’attività di soli 130 proclamatori in tutta Barcellona! I missionari Alvaro e Marina Berecochea se la videro brutta con i preti e la polizia. Una volta Alvaro stava visitando la Congregazione Paralelo come sorvegliante di circoscrizione ed era in servizio con due proclamatori, Joaquín Vivancos ed Eduardo Palau. A un certo punto, i due proclamatori stavano facendo una visita ulteriore, ma la signora mostrandosi ostile sbatté loro la porta in faccia; poi probabilmente telefonò alla polizia.

Frattanto Alvaro teneva d’occhio il portone dell’edificio, quando vide due uomini correre verso di lui. Lo spinsero dentro e messolo contro il muro lo perquisirono brutalmente, portandogli via la borsa. Naturalmente erano della polizia segreta. Uno rimase con Alvaro mentre l’altro salì di sopra e, con la pistola spianata, fece scendere i fratelli Vivancos e Palau. Tutti e tre furono portati al commissariato di polizia, ma durante il tragitto il fratello Palau si sbarazzò furtivamente di alcuni appunti gettandoli via, nel caso contenessero nomi che avrebbero potuto incriminare altri. Questa volta i fratelli se la cavarono con un’ammonizione e la cosa non fu deferita al comando centrale di polizia in Via Layetana. L’avevano scampata bella!

Anche a Madrid la polizia fu istigata a un’azione più intensa contro i Testimoni. Dal 1953 al 1958 il pioniere speciale Máximo Murcia fu messo in prigione in undici diverse occasioni per periodi che variarono da una notte a un mese. In tal modo fece la conoscenza delle celle fredde e sudicie di parecchi commissariati della città.

ESPULSO UN MISSIONARIO

La vigilanza della polizia provocò nel 1954 l’espulsione di un missionario di Galaad. A causa dei rigori di un inverno particolarmente inclemente mentre quell’anno prestava servizio a Bilbao, Bernard Backhouse si recò a Barcellona e fu ospite della famiglia Miralles. Risultò poi che aveva una febbre tifoide, per cui avrebbe dovuto restare con loro per parecchio tempo.

In casa Miralles, come in molti appartamenti in Spagna, l’acqua si scaldava con un piccolo scaldaacqua a gas che aveva una spia luminosa. Una notte mentre tutti erano a letto la spia si spense, e lentamente l’appartamento si riempì di gas. La figlia si rese conto che era accaduto qualcosa e riuscì a raggiungere la porta per chiamare aiuto. Venne un’ambulanza, e alla sorella Miralles e al fratello Backhouse fu somministrato l’ossigeno. Naturalmente questo incidente fece scalpore nel vicinato e se ne parlò anche sui giornali, facendo i nomi delle vittime, tra cui Bernard Backhouse.

L’indomani venne un ispettore della polizia segreta e comunicò al fratello Backhouse che era persona non grata a motivo delle sue note attività religiose. A causa del suo stato di salute non fu espulso immediatamente, ma appena guarito dovette lasciare la Spagna. Alla sua partenza per il Portogallo rimanevano in Spagna solo quattro missionari: Paul Baker a Palma di Maiorca, e Ken Williams e i Berecochea a Barcellona.

In quell’occasione anche la cassetta postale della filiale della Società venne forzata e la corrispondenza aperta. Di conseguenza, nell’interrogare una pioniera speciale la polizia poté provare che era stata in corrispondenza con la filiale mostrando le fotocopie delle sue stesse lettere. Eppure la legge garantiva il segreto epistolare!

ATTACCO DELLA STAMPA FALANGISTA

I 200 proclamatori del Regno che predicavano in Spagna nel 1954 provocarono il panico nella sezione di Barcellona del movimento politico falangista. La loro rivista mensile dell’ottobre di quell’anno recava in prima pagina il titolo: “Pericolo di eresia! I testimoni di Geova suonano alle nostre porte in una diabolica manovra sovversiva”. L’articolo alle pagine 8 e 9 includeva copie di pagine di Svegliatevi! in spagnolo, oltre a pagine di due nostri opuscoli. Queste certamente davano un’idea più obiettiva dei Testimoni che non l’articolo scurrile che le accompagnava. L’articolo faceva i nomi di Bernard Backhouse e John Cooke come i primi Testimoni importanti mandati in Spagna per “seminare i semi della setta nella nostra madrepatria”.

I 200 testimoni di Geova erano definiti pseudo-spagnoli per aver abbandonato la Chiesa Cattolica. Erano anche descritti come gonzi comunisti e pervertiti sessuali. Altri articoli critici comparvero nella rivista Diez Minutos e nel giornale Heraldo de Aragón. Ma questi attacchi non diminuirono affatto lo zelo dei fratelli.

UN GUASTO PROVVIDENZIALE

Nell’agosto-settembre 1955 il fratello F. W. Franz tornò un’altra volta in Spagna. Uno dei luoghi dove si recò, insieme ad Alvaro e Marina Berecochea, fu Torralba de Calatrava. Non volendo destare sospetti, quando giunsero nella cittadina in prossimità dell’officina del fratello Pedro García, Alvaro spense il motore e fermò la macchina come se ci fosse stato un guasto. Scese, alzò il cofano e si comportò come se qualcosa non andasse, quindi si rivolse a un abitante del luogo e gli chiese se c’era un garage o un’officina nelle vicinanze. Naturalmente furono indirizzati dal fratello García. Pedro esaminò il motore e disse che bisognava portare la macchina in garage, perché il guasto sembrava serio. L’auto venne portata nell’officina, le porte furono chiuse . . . e allora, che gioia! Quanti abbracci mentre i fratelli che erano in attesa in casa di Pedro si stringevano attorno ai visitatori!

Quando fu notte, i visitatori dovettero attraversare parte della città per recarsi al luogo dell’adunanza. Per non attirare l’attenzione, Alvaro e il fratello Franz indossarono le giacche di pelle di pecora e i berretti tipici della zona. Nell’oscurità, seguirono una sorella che li condusse in un granaio dove la congregazione li aspettava. Infatti aspettavano da tre ore, eppure rimasero altre due o tre ore per ascoltare i discorsi e approfittare della compagnia dei fratelli in visita. Finalmente, dopo cena, i tre visitatori fecero uscire dal garage la loro auto “riparata” e si allontanarono nell’oscurità.

Durante questa visita il fratello Franz andò anche a Palma di Maiorca. Il 30 agosto, 75 persone furono presenti all’adunanza tenuta in quell’occasione. Un record, dato che a Palma di Maiorca c’erano solo 32 proclamatori.

PRIGIONIERI!

Il successivo fine settimana doveva esserci l’assemblea a Barcellona, e la riunione si sarebbe tenuta in una località segreta nei boschi del monte Tibidabo. Poiché vi erano già alcune centinaia di convenuti, Alvaro Berecochea cominciò a preoccuparsi per il successo e la segretezza dell’assemblea. La sua preoccupazione crebbe quando un fratello di Manresa gli disse che quella settimana la polizia aveva perquisito la sua casa e aveva portato via il supplemento dell’Informatore (ora Il servizio del Regno) che annunciava l’assemblea. Alvaro fu ancor più allarmato quando una sorella gli disse che tra coloro che si avviavano al luogo dell’assemblea aveva riconosciuto un poliziotto; l’uomo indossava abiti sportivi come se andasse a un picnic. Il fratello Berecochea decise di consultarsi col fratello Franz sul da farsi. La risposta? “Andiamo avanti e confidiamo in Geova”.

Tra gli altri, quella mattina era in programma il fratello Franz. Dopo il suo discorso c’erano le esperienze dirette da Antonio Brunet junior. Mentre questi intervistava Mariano Montori, un anziano fratello di Saragozza, cominciarono i guai. Paul Baker ricorda: “Stava concludendo la sua esperienza quando notai una jeep fermarsi dietro un altro veicolo in una radura ai piedi della collina dietro il podio . . . Quattro uomini vestiti come per un picnic uscirono dalla jeep e cominciarono a salire prontamente il pendio verso il luogo dell’assemblea. Ben presto si misero a correre, preceduti da un ometto in blue jeans e camicia sportiva. Alcuni fratelli avevano già notato il gruppetto e si chiedevano quale sarebbe stato l’argomento della prossima dimostrazione. Quando furono a portata di voce, l’ometto si mise a gridare a squarciagola, agitando una pistola: ‘Nessuno si muova o sparo!’ . . . Era una dimostrazione davvero insolita. . . . L’ometto mise i suoi compagni in punti strategici e diede istruzione di consegnare tutte le macchine fotografiche. Un altro compare, che era seduto in mezzo a noi, si fece avanti e ormai tutti si rendevano conto che eravamo circondati dalla polizia segreta”.

Gli uomini furono caricati su camion e portati al comando della polizia di Barcellona. Mentre aspettavano pazientemente che i camion tornassero, perché non ci stavano tutti, i fratelli diedero testimonianza e dalla conversazione capirono che gli agenti pensavano di aver sorpreso un raduno politico! Comunque quasi tutti gli uomini, inclusi gli stranieri, i fratelli Franz, Berecochea, Williams e Baker, finirono in questura. La polizia si fece dare le generalità di ognuno, e prese anche le impronte digitali. All’assemblea, per prima cosa erano state confiscate tutte le macchine fotografiche, che vennero restituite quella sera senza pellicole. Così si erano procurati una documentazione fotografica di molti fratelli, e inoltre si assicuravano che nessuna fotografia compromettente sarebbe stata pubblicata in seguito dalla stampa straniera.

Durante gli interrogatori, i fratelli cominciarono a notare qualcosa di strano nel comportamento degli agenti. Cosa era accaduto? Ebbene, la madre e la cognata di Alvaro Berecochea erano riuscite ad allontanarsi dal luogo dell’assemblea ed erano andate al consolato americano per segnalare l’arresto di F. W. Franz, cittadino americano. Il console si era messo in contatto con la polizia e, naturalmente, questo genere di pubblicità era l’ultima cosa che volevano. Perciò tutti gli stranieri furono messi in libertà, tranne Alvaro.

Il fratello Berecochea fu accompagnato al suo alloggio che fu perquisito. Ma, per un insieme di circostanze, non trovarono nulla. Il fratello Francisco Serrano era riuscito a sfuggire alla polizia ed era tornato a casa nelle prime ore del pomeriggio. Frattanto la sorella Teresa Royo, che era in procinto di andare all’assemblea per la sessione pomeridiana, passò da casa di Francisco e fu informata dell’irruzione della polizia. Poiché abitava nell’appartamento di fronte a quello di Alvaro e Marina, Francisco le disse di tornare a casa in tutta fretta per portar via e nascondere gli schedari, cosa che fece con l’aiuto di Teresa Carbonell. Fu così che la polizia se ne andò praticamente a mani vuote. Aveva a che fare con “colombe” che erano state caute come serpenti. — Matt. 10:16.

Che effetto ebbe quest’attacco della polizia sui fratelli e sugli interessati? Nessun’altra azione fu intrapresa contro i fratelli, benché una piccola minoranza fosse vittima del timore dell’uomo. Forse temendo qualche ripercussione economica, costoro si allontanarono dal popolo di Geova. Gli altri, tuttavia, uscirono da questa esperienza rafforzati, rianimati e ancora più uniti.

L’opera infatti non rallentò. Nel 1955 ci fu un massimo di 366 proclamatori, mentre il 1956 vide il nuovo massimo di 514, un aumento del 35 per cento rispetto all’anno precedente. I pionieri speciali da 12 salirono a 21, e i missionari della Scuola di Galaad, da quattro a nove. C’era sotto ogni aspetto uno spirito di maggiore attività.

Dal 1955 al 1957 Alvaro Berecochea si era occupato del lavoro della filiale, aiutato da Ken Williams e Domenick Piccone. Dopo l’incidente del Tibidabo, Alvaro continuò a svolgere il lavoro della filiale in casa sua, e poi, nel settembre 1956, l’ufficio fu trasferito in casa di Francisco e Antonia Rodríguez, mentre la spedizione dei pacchetti di letteratura veniva fatta da un piccolo locale messo a disposizione dal fratello Brunet nel suo negozio di radio.

SORVEGLIANTE VIAGGIANTE

Verso la metà degli anni cinquanta, Alvaro Berecochea servì per qualche tempo come sorvegliante di circoscrizione. Cercò di rafforzare spiritualmente i fratelli, ma incontrò anche dei problemi.

Per esempio, la “congregazione” di Barbastro era sparita! Come fu possibile? Ebbene, era esistita solo sulla carta. La mancanza di organizzazione ed esperienza erano tali che si erano contati come proclamatori alcuni che non facevano neanche parte dell’organizzazione di Geova, tanto meno predicavano la buona notizia. Nondimeno, Nemesio Orús e i suoi ragazzi certo si impegnavano per dare testimonianza, specialmente in modo occasionale, mentre svolgevano il loro lavoro di orologiai ambulanti.

La prima visita che Alvaro Berecochea fece a Torralba de Calatrava fu davvero memorabile. Da Madrid era arrivato in treno a Daimiel verso le 22. Tre fratelli erano venuti a prenderlo alla stazione, ma non vedeva alcun mezzo di trasporto per percorrere i 15 chilometri fino a Torralba. Poi vide tre biciclette; sì, tre biciclette per quattro persone! Avevano previsto tutto: ciascuno di loro, a turno, avrebbe portato il sorvegliante di circoscrizione sulla canna della bicicletta. Era una notte d’inverno, fredda e senza luna, e mentre viaggiavano il silenzio era interrotto dal respiro affannoso dei fratelli che ogni tanto si fermavano per scambiarsi il “carico”, prima di proseguire il cammino nell’oscurità, attraverso la campagna.

Nonostante la fatica del viaggio, la visita fu una benedizione per la piccola Congregazione di Torralba. Ed è il caso di aggiungere che nel corso degli anni l’influenza del piccolo gruppo di cristiani di quella cittadina di soli 5.000 abitanti si fece sentire in molte parti della Spagna, dato che quei pastori un tempo analfabeti avevano imparato a leggere e scrivere, e si erano trasferiti in zone dove potevano espandere il proprio servizio a Geova.

GLI ANNI CINQUANTA: UN DECENNIO D’ESPANSIONE PER I PIONIERI

Negli anni cinquanta molti proclamatori del Regno cercarono maggiori privilegi di servizio. Fu così che il numero dei proclamatori a tempo pieno salì da uno nel 1950 a 102 nel 1960. Nello stesso periodo il numero dei pionieri speciali salì da zero a 40. Questi proclamatori della buona notizia a tempo pieno provenivano principalmente da Barcellona e Madrid.

Quali furono i risultati dell’opera dei pionieri? Ebbene, consideriamo quello che avvenne nella provincia di Málaga. Alla fine del 1957, Carmen Novaes e Anita Berdún vi iniziarono il servizio, le prime pioniere della zona da quando, nel 1936, Frank Taylor aveva fatto visita a Manuel Oliver Rosado. Naturalmente il fratello Oliver aveva perso ogni contatto con l’organizzazione e le sorelle non sapevano niente di lui. Non fu “riscoperto” che alcuni anni più tardi, verso il 1964. Comunque, Carmen e Anita fecero un ottimo lavoro, e dopo otto mesi quindici persone assistevano allo studio Torre di Guardia, e sei proclamatori del Regno le accompagnavano nel servizio di campo.

C’era molto bisogno di pionieri in quegli anni? Certamente. Per fare un esempio, nel 1956 c’erano 514 proclamatori che dichiaravano la buona notizia, ma si trovavano quasi tutti a Madrid, Barcellona, Valencia e Palma di Maiorca. Perciò, solo in quattro dei cinquanta capoluoghi di provincia si svolgeva una testimonianza organizzata. Si può dunque vedere che la mano di Geova non è stata troppo corta in Spagna, perché 21 anni più tardi, nel 1977, c’erano oltre 482 Sale del Regno nelle cinquanta province spagnole. Questo dimostra la coraggiosa attività svolta in Spagna da proclamatori di congregazione, pionieri e pionieri speciali!

ALTRE VISITE INCORAGGIANTI

Certo la mano di Geova non era stata corta rispetto all’interesse mostrato per la Spagna dai fratelli del Corpo Direttivo. Le loro visite regolari sostennero i fratelli che subivano continue angherie alle adunanze e nel servizio di campo. L’arma favorita della Chiesa era di istigare i “fedeli” a chiamare la polizia e denunciare i fratelli. Questo equivaleva ad ammettere che i loro parrocchiani non erano in grado di difendere le proprie convinzioni con la Bibbia.

Nel novembre 1956 il fratello Franz venne una volta ancora in Spagna. Vi rimase cinque giorni che passò parte a Madrid e parte a Barcellona, parlando a diversi gruppi in entrambe le città. A differenza di ciò che era accaduto nel 1955, tutto si svolse nel migliore dei modi e le adunanze furono indisturbate. La visita era stata tenuta segreta al punto che neanche i fratelli ne erano al corrente finché non fu arrivato. In questo modo si evitarono problemi con le autorità.

Nel gennaio 1957, il fratello Knorr si trattenne cinque giorni in Spagna durante il suo viaggio in Europa e nel Medio Oriente. Il suo rapporto sulla visita diceva in parte:

“Coloro che rappresentano la Società a Barcellona sono molto energici e hanno organizzato i fratelli in piccoli gruppi o congregazioni, nominando servitori per ognuno di questi gruppi. Ho avuto il piacere di parlare a tutti i gruppi di Barcellona. Certe sere, dalle 17 alle 23, ho pronunciato cinque discorsi di un’ora in diverse case, dove si riuniscono piccoli gruppi. Era una gioia vedere la felicità dei fratelli che si rallegravano di sentir parlare della verità e di stare insieme. . . .

“Dopo aver trascorso dei momenti molto piacevoli con i nostri fratelli a Barcellona sono andato per un giorno a Madrid. Ho parlato a diverse piccole congregazioni, quattro in una sera . . . è iniziata in Spagna un’opera che non sarà mai distrutta, perché i fratelli sono zelanti. Vogliono predicare, e Dio li benedice”.

ANGHERIE DELLA POLIZIA

Negli anni in cui la polizia intensificava le sue angherie, bastava esser trovati in possesso di una pubblicazione biblica per essere arrestati. Per esempio, a Madrid quattro pionieri furono fermati dalla Guardia Civil mentre uscivano dalla casa di una sorella e portati al locale commissariato. Quel giorno i pionieri non avevano predicato nella zona, ma qualcuno li aveva visti entrare in quella casa e li aveva accusati di svolgere propaganda anticattolica. Il sergente di polizia disse che per il fatto stesso che portavano quella letteratura nel suo quartiere era tenuto a fare rapporto alla direzione della pubblica sicurezza.

Un’altra volta un pioniere era andato alla stazione per informarsi dell’orario dei treni e fu invitato da un poliziotto a esibire la carta d’identità. Poiché non l’aveva con sé, la sua borsa fu perquisita e venne trovata della letteratura biblica. Per questa “infrazione” fu condannato a 500 pesetas di multa o a un mese di prigione. Scelse la prigione.

Altre volte la persecuzione veniva direttamente da nemici religiosi, come nel caso di Carlos Rubiño, un pioniere diciottenne gravemente malato di cuore. All’ospedale le monache lo tormentavano continuamente perché si confessasse e facesse la comunione. Il prete gli portò un’immagine dicendo: “Stai per morire. Non ti resta che baciarla, confessarti e ricevere l’estrema unzione”. Benché riuscisse a parlare appena, Carlos rifiutò e chiese al prete di mostrargli dove si trovava nella Bibbia il comando di fare queste cose. Adirato il prete si rivolse alla madre di Carlos e le chiese: “Che specie di religione è questa?” Essa, pur non essendo una Testimone, rispose prontamente: “La religione della Bibbia”. Al che il prete se ne andò, dicendo alle monache di bruciare la Bibbia di Carlos che, tra l’altro, era la versione cattolica Nácar-Colunga. La madre invece la nascose e la portò a casa. Ne aveva avuto abbastanza della falsa religione!

Carlos morì, ma rimase fedele alle sue convinzioni. Un altro problema sorse quando i suoi genitori disposero di fargli il funerale civile. Il padre dovette rinunciare al suo impiego statale e fu anche scacciato di casa. Qualche anno più tardi sia il padre che la madre accettarono la verità, e gli altri due figli hanno continuato a servire fedelmente Geova. Il minore, Ricardo Rubiño, è stato sei anni in prigione per non rinunciare alla sua integrità cristiana.

Le angherie contro i fratelli e le sorelle includevano anche il rifiuto di concedere il passaporto, necessario per poter assistere alle assemblee cristiane in Francia o in Marocco. Decine di Testimoni non poterono recarsi a queste assemblee perché erano negli elenchi della polizia come testimoni di Geova. Ancor oggi, le sorelle nubili di oltre sedici anni non possono ottenere il passaporto se non frequentano per tre mesi corsi di assistenza sociale. Questi sono corsi serali che includono istruzione politica e religiosa, oltre ad attività come assistenti sociali negli ospedali e in istituti simili.

MISSIONARI ESPULSI

Dopo gli avvenimenti del settembre 1955 e la mancata assemblea del Tibidabo, Alvaro Berecochea temeva che la polizia avrebbe espulso dal paese lui e sua moglie, Marina. Poterono rendersi conto della situazione nell’estate del 1956 quando Marina fu invitata a trascorrere due settimane di vacanza a Londra. Poiché aveva la residenza in Spagna, doveva chiedere un visto d’uscita dalla questura di Barcellona.

Dopo due ore d’attesa, un poliziotto in borghese si avvicinò e le chiese perché voleva andare a Londra. Essa ne spiegò la ragione. Allora fu mitragliata di domande: “Crede nella religione di suo marito? Sa cosa è accaduto al Tibidabo . . . Anche lei è di quella religione? Crede nelle favole della Bibbia? Crede che Elia abbia fatto scendere il fuoco dal cielo?” Alle sue risposte affermative egli soggiunse: “Le dirò cos’è accaduto realmente; Elia era astuto e non fece altro che riempire il fossato di petrolio e poi dargli fuoco. Solo gli idioti credono che fu un miracolo”. La conversazione continuò sullo stesso tono. Alla fine il poliziotto indicò uno schedario e disse: “Lì abbiamo le informazioni sull’attività di suo marito e riguardano anche lei”. Nonostante tutto, Marina ebbe il permesso di recarsi a Londra.

Nel gennaio 1957 i Berecochea dovevano presentarsi in questura per chiedere il rinnovo del loro permesso di soggiorno per due anni. Dopo una lunga attesa, furono chiamati in un ufficio e avvertiti che avevano quarantott’ore per sistemare le loro cose e lasciare il paese. Alvaro protestò vivacemente, ma invano. Ottennero una sola concessione: furono accordati dieci giorni invece di due.

Data la situazione critica, Alvaro affidò la responsabilità della filiale a Ken Williams. Poi i Berecochea partirono in treno per Madrid. Centinaia di fratelli erano alla stazione a salutarli, e fu per tutti un momento triste. A Madrid Alvaro andò all’ambasciata argentina (poiché era cittadino argentino) e spiegò la sua situazione. In seguito all’intervento dell’ambasciata, le autorità spagnole gli concessero una proroga di un mese che scadeva il 18 febbraio. Avendo ottenuto il visto per il Portogallo, dispose di proiettare uno dei film della Società nella Spagna settentrionale.

Tornato a Madrid, il fratello Berecochea vi trovò una lettera che lo invitava ad andare in Marocco anziché in Portogallo. Questo significava che avrebbe dovuto tornare alla questura per chiedere un altro visto d’uscita. Invece di rivolgersi al responsabile dell’ufficio visti, con cui aveva parlato a lungo in una precedente occasione, il fratello Berecochea andò allo sportello per il normale disbrigo delle pratiche, spiegò cosa gli occorreva e gli fu detto di tornare il giorno dopo. Tornato l’indomani, trovò che il visto era stato prorogato di un altro mese. L’organizzazione della questura non era certo infallibile! Ora il termine per lasciare il paese era il 18 marzo. Senza perdere tempo il fratello Berecochea dispose di proiettare il film della Società nel sud e quindi tornare a Barcellona.

AGGUATO ED ESPULSIONE

Giunti a Barcellona, Alvaro e Marina si fermarono in una pensione e decisero poi di recarsi nel loro vecchio appartamento in casa di Teresa Carbonell. Avevano la chiave di casa, ma prima di entrare chiesero ad alcune sorelle cristiane che abitavano accanto se ultimamente la polizia si era fatta vedere. “No”, dissero, “tutto è stato tranquillo”. I Berecochea percorsero il corridoio fino al loro vecchio appartamento, aprirono la porta, e, con loro amara sorpresa, vi trovarono la polizia!

Gli agenti volevano ammanettarli, ma i Berecochea promisero di non scappare. Furono portati al comando di polizia in Via Layetana davanti a un ufficiale infuriato. “Vi avevamo dato quarantott’ore per andarvene”, tuonò, “e due mesi dopo siete ancora qui!” Le spiegazioni di Alvaro furono vane.

Telefonarono a Madrid e le istruzioni furono che i Berecochea dovevano essere espulsi immediatamente. Alvaro insisté di poter passare la frontiera ad Algeciras, per andare in Marocco. Furono dunque scortati da un agente della polizia segreta per tutto il viaggio di 1.450 chilometri da Barcellona ad Algeciras. Quando furono a bordo della nave, egli restituì loro i passaporti. Era l’11 marzo 1957.

DI NUOVO IN SPAGNA!

In Marocco, Alvaro Berecochea servì come sorvegliante di filiale. Alcuni mesi dopo gli fu chiesto di recarsi in Portogallo e in Spagna. Per riuscire a farsi dare un visto d’entrata, si recò al consolato spagnolo di Vienna, in Austria, e gli fu concesso. Per poter passare il confine, fece il viaggio in macchina con i genitori attraverso la Francia ed entrò dal valico di Irún. Al confine la polizia non fece alcuna obiezione, ed egli era di nuovo in Spagna.

Fecero sosta a Madrid e a Barcellona. Il 5 dicembre 1957, Alvaro era a Valencia e proiettò il film “La felicità della società del nuovo mondo” davanti a un gruppo di 23 persone. La sera dopo, durante un’altra adunanza cristiana bussarono con violenza alla porta. Quando venne aperta fecero irruzione tre agenti della polizia segreta con le pistole in pugno. Dopo un rapido controllo delle loro carte d’identità, i sette fratelli furono arrestati. Tuttavia Margarita Comas poté allontanarsi con le altre sorelle, e ne approfittò per nascondere l’attrezzatura per le proiezioni.

I sette fratelli furono portati al commissariato e interrogati. Quando fu la volta di Alvaro, gli chiesero se conosceva Cooke e Backhouse e altri. Le sue risposte non soddisfecero gli investigatori che si arrabbiarono e minacciarono di prenderlo a pugni. Era evidente però che non erano al corrente della sua precedente espulsione, e lo prendevano per un turista. Verso le 3 del mattino il console argentino si presentò al commissariato, e questo infuriò gli agenti, benché stessero attenti di non manifestargli i loro sentimenti. Alvaro fu rilasciato, con l’ordine di tornare il giorno dopo a ritirare il passaporto.

Quando il fratello Berecochea tornò l’indomani la situazione era grave. Avevano scoperto che era stato espulso in marzo ed erano furiosi. Fu arrestato e posto in segregazione cellulare, con un letto di pietra e solo una piccola apertura munita di inferriata alla porta. Dopo alcune ore, venne la guardia che aprì la porta e lo accompagnò in un locale dove c’erano alcuni pacchi e coperte su un tavolo. “Te li hanno mandati i tuoi fratelli”, gli fu detto. Cibo, coperte e altre cose erano stati provveduti dalla congregazione di Valencia in segno del loro amore cristiano.

Qualche tempo dopo, il fratello Berecochea fu sottoposto a un altro interrogatorio. Si decise che sarebbe stato espulso dal paese attraverso la Francia, ma egli chiese di andare in Portogallo. Questo fu accordato, ma gli fu detto che doveva attendere in prigione finché fossero disponibili un paio di agenti della guardia civile per accompagnarlo. L’idea non piacque affatto ad Alvaro. Il console l’aveva avvertito che alcuni, una volta gettati in prigione, non ne erano più usciti. Perciò il fratello Berecochea chiese di parlare col console argentino e gli fu permesso di telefonargli. Allarmato dalla nuova piega degli avvenimenti, il console promise di intervenire immediatamente.

Alvaro fu riportato nella sua cella, ma a notte inoltrata fu avvertito che l’indomani l’avrebbero messo su un aereo in partenza dall’aeroporto di Valencia. Fu posto in libertà, con l’ordine di tornare il giorno dopo per ritirare il passaporto.

Immediatamente il fratello Berecochea andò dai fratelli e seppe che erano stati condannati a 1.500 pesetas di ammenda o a 30 giorni di carcere. Avevano deciso di comune accordo di non pagare la multa, poiché non avevano commesso alcun reato.

L’indomani, 9 dicembre 1957, Alvaro Berecochea partì in aereo per Madrid, e di lì per Lisbona, in Portogallo. Così ebbe termine il suo servizio missionario in Spagna, dove aveva trascorso quattro anni felici e benedetti. Ora altri dovevano assumere la direttiva nell’opera.

PERSECUZIONE A PALMA DI MAIORCA

La nostra attività si svolgeva in circostanze avverse, con la persecuzione e l’opposizione religiosa che incombevano da ogni parte. Per esempio, nel 1954 il fratello Paul Baker, che svolgeva servizio missionario a Palma di Maiorca, ricevette nella scuola dove insegnava inglese il primo avvertimento riguardo alle sue attività religiose. Un giorno il direttore l’aveva chiamato nel suo ufficio e gli aveva detto in confidenza che la polizia stava indagando sul suo conto. Volevano sapere se insegnava religione a scuola. Il direttore aveva potuto fare un buon rapporto, perché Paul aveva usato tatto e deliberatamente aveva evitato di parlare di religione nelle ore di scuola. Comunque fu grato dell’avvertimento.

Un giorno dell’aprile 1957, Francisco Córdoba, un pioniere speciale assegnato a Palma di Maiorca, non si fece vedere all’adunanza per il servizio di campo. I fratelli non se ne diedero pensiero finché la sera non venne neanche all’adunanza. L’indomani si recarono al suo alloggio e seppero che la sera prima non era rincasato. Scartata ogni altra possibilità, si decise che una sorella sarebbe andata a informarsi dalla polizia. Francisco era stato arrestato insieme al fratello che predicava con lui. Si poteva portargli cibo, ma non erano permesse le visite.

S’avvicinava la data della Commemorazione, e si presero disposizioni per i vari gruppi tenendo conto della possibilità che anche Paul Baker non fosse disponibile, poiché sembrava imminente un’azione della polizia. Ebbene, uno o due giorni dopo un agente in borghese si presentò alla pensione dove stava il fratello Baker e lo scortò al commissariato. Qui Paul fu interrogato a più riprese, e quindi gli fu presentata una versione dattiloscritta delle sue risposte. Gli fu chiesto di verificarne il contenuto e poi di firmare il documento di parecchie pagine. Fatto ciò il fratello Baker fu portato in cella dove finalmente trovò il fratello Córdoba e il suo compagno di servizio. I fratelli dovettero passare la notte in guardina, e l’indomani furono portati dinanzi al giudice. L’interessante fu che la guardia incaricata di scortarli si appassionò alla cosa e fece molte domande.

L’udienza non ebbe luogo nell’aula del tribunale, ma nell’ufficio del giudice, dove i fratelli rimasero soli con lui e la guardia. Con tatto spiegarono come svolgevano l’opera di predicazione. Il giudice trovò che i loro insegnamenti erano innocui, ma disse che avevano trasgredito facendo del proselitismo. A suo avviso il tempo già trascorso in prigione costituiva un adeguato avvertimento, e non pronunciò alcun’altra condanna, consigliando loro di essere più prudenti in avvenire.

La guardia fu felice del risultato, ma dovette riaccompagnare i fratelli in prigione per prendere i loro effetti personali. Egli li condusse dall’ufficiale responsabile annunciando che erano stati messi in libertà, ma questi borbottò che c’era dell’altro in sospeso. Così si ritrovarono ancora una volta dietro le sbarre.

Qualche ora più tardi Paul fu prelevato dalla cella per essere interrogato. In tal modo seppe cosa c’era ancora contro di lui. Era arrivato da Barcellona un pacchetto per Paul, il cui contenuto dichiarato era “radio”, ma in effetti conteneva cinquanta copie delle più recenti riviste Torre di Guardia e Svegliatevi! in spagnolo. Perciò, oltre alle altre false accuse, il fratello Baker era ora accusato di contrabbando!

Facendo appello alla ragione, Paul chiese come poteva trattarsi di contrabbando dato che il pacchetto proveniva dalla Spagna e non da un altro paese. Inoltre fece osservare che nessuna legge vietava agli abbonati di ricevere le loro copie, e le riviste non erano da distribuire al pubblico, ma agli abbonati. Ma tutto fu inutile. Il risultato fu un’altra notte in prigione. Alla fine i tre proclamatori del Regno furono trasferiti nella prigione provinciale di Palma di Maiorca dove rimasero per quindici giorni.

In quella prigione si aprì loro un nuovo territorio; potevano parlare liberamente con gli altri detenuti e quindi dare testimonianza. Quando giunse la sera della Commemorazione i loro pensieri erano rivolti ai fratelli di fuori. E quando, il 26 aprile, uscirono di prigione, c’era un gruppetto di fratelli e sorelle ad accoglierli. I Testimoni avevano tenuto la Commemorazione in tre gruppi nonostante l’assenza dei due fratelli responsabili, Paul Baker e Francisco Córdoba.

NUOVI INVITI AD ANDARSENE

Tornato alla pensione, il fratello Baker trovò che la polizia aveva portato via tutte le sue riviste spagnole, francesi e inglesi. La mattina dopo, quando scese per far colazione, notò un estraneo che prendeva il caffè lì vicino. Era un agente della polizia segreta mandato a sorvegliarlo.

Cosa accadde al pioniere speciale Francisco Córdoba? Fu espulso dall’isola e dovette tornare in Spagna.

Il venerdì 3 maggio 1957, Paul Baker sposò Jean Smith nel consolato inglese di Palma. Per la luna di miele, attraversarono l’isola fino ad Alcudia e quindi s’imbarcarono per Minorca. Ovunque andavano erano sempre seguiti da qualcuno, circostanza tutt’altro che ideale per la luna di miele.

Verso la fine di maggio, Paul chiese il rinnovo del permesso di soggiorno. Dopo essere stato parecchie volte in questura, gli fu detto che il permesso non sarebbe stato rinnovato e che doveva informarli della data in cui intendeva partire. Fu prenotata una cabina sul piroscafo che il 12 giugno partiva da Barcellona per Gibilterra.

Anche a Barcellona il fratello e la sorella Baker erano seguiti da un agente della polizia segreta, il cui travestimento non ingannava nessuno. Per esempio, essi avevano prenotato una camera di un albergo che dava su una strada secondaria, e la mattina dopo un “marinaio” che portava una camicia col nome della loro nave bighellonava sul marciapiede di fronte. Evidentemente Paul era considerato un tipo molto pericoloso. Questi avvenimenti ebbero luogo poco dopo la prima espulsione dei Berecochea, e la polizia pensava di essersi liberata dei “capi”.

Quando i Baker s’imbarcarono per lasciare la Spagna, c’erano a salutarli alcuni fratelli delle congregazioni di Barcellona, insieme ai quattro missionari rimasti a Barcellona: il fratello e la sorella Williams e Domenick ed Elsa Piccone. Ma anch’essi avevano i giorni contati, perché sarebbero stati presto espulsi dalla Spagna.

Alla fine dell’anno di servizio 1957 il numero dei diplomati di Galaad che ancora si trovavano in Spagna era sceso da nove a quattro. Fu deciso che sarebbe stato saggio trasferire l’“ufficio” da Barcellona a Madrid.

PIONIERI IN CARCERE

Il clero continuava a istigare i fedeli a denunciare alla polizia i testimoni di Geova che si presentavano alla loro porta. Perciò, nell’anno di servizio 1957 tredici pionieri e sei proclamatori furono arrestati e trascorsero da due a trentasei giorni in carcere per aver predicato e aver frequentato adunanze di studio biblico.

Alcuni pionieri furono messi in carcere a Siviglia, per esempio. Nel marzo 1957, Margarita Comas e Maruja Puñal erano state mandate a Siviglia, dove c’erano già i pionieri speciali José Rubiño e Manolo Sierra. Era difficile abituarsi al carattere spensierato degli Andalusi, poiché si prendeva l’appuntamento per fare uno studio biblico o una visita ulteriore solo per scoprire che la persona aveva deciso altrimenti e non era a casa. E poi c’era il fanatismo. A Siviglia si pratica l’adorazione della “Madonna”, venerando due famose immagini della “Vergine”, la Macarena e la Virgen de la Esperanza. Queste due immagini hanno i loro fedeli e sostenitori, come due squadre rivali di calcio. I seguaci di ciascuna “Vergine” cantano le sue lodi in competizione con quelli dell’altra, specialmente durante le processioni, quando le immagini cariche di gioielli sfilano per le vie della città. La chiesa più grande è la cattedrale, costruita nel luogo dove si ergeva un’antica moschea musulmana. La torre della cattedrale è detta La Giralda (La Banderuola), ed è evidente che gran parte della torre era un minareto musulmano mentre la parte superiore è in stile del Rinascimento e di chiara ispirazione cattolica.

I quattro pionieri di Siviglia avevano preso l’abitudine di incontrarsi ogni mattina nella piazza davanti alla famosa Torre del Oro. Un giorno le sorelle erano arrivate puntualmente, ma i fratelli non si erano fatti vedere. Perplesse, decisero di aspettare fino al pomeriggio e osservare da lontano se i fratelli arrivavano. Ma ancora non si fecero vedere. L’indomani Margarita e Maruja andarono a casa dei fratelli per chiedere prudentemente loro notizie. La padrona di casa spiegò che due giorni prima era venuta la polizia e li aveva portati via.

Non c’era più dubbio; le sorelle sapevano che da un momento all’altro la polizia sarebbe venuta anche a casa loro. Perciò quel giorno stesso presero la precauzione di distruggere tutte le carte o gli appunti riservati. Quella sera le sorelle tornarono a casa a malincuore, e quando la padrona aprì la porta le lessero in faccia che c’erano visitatori. Due poliziotti erano lì ad attenderle.

Benché fosse tardi, le sorelle furono portate al commissariato per essere interrogate. I fratelli erano già lì da due giorni e avevano subito diversi interrogatori. Questi interrogatori erano resi ancor più difficili dal fatto che la polizia di Siviglia era stata informata da quella di Granada, dove José Rubiño aveva prestato servizio in passato. La polizia era in possesso di fotografie fatte dai Testimoni di Granada, e anche di carte trovate in casa dei pionieri. Durante gli interrogatori, in cui i due fratelli erano interrogati a turno, gli agenti cercarono di sapere nome e indirizzo dei fratelli responsabili. José e Manolo furono rinchiusi in celle separate al freddo, con una panca di pietra per letto, ma dapprima non poterono neanche dormire, poiché gli interrogatori si trascinavano per ore.

Gli interrogatori furono altrettanto penosi per le sorelle. Dovevano essere caute nel rispondere perché gli agenti cercavano di far dir loro quello che non volevano. Per esempio, quando le sorelle dichiararono che predicavano il regno o governo di Dio, l’agente disse: “Allora siete contro tutti i governi costituiti. È questo che volete dire”. Le sorelle negarono questa interpretazione delle loro convinzioni, perché era un tentativo di attribuire una tendenza politica alle attività dei testimoni di Geova.

Dopo l’interrogatorio, le sorelle furono rinchiuse in una piccolissima cella con una donna ubriaca che non faceva altro che vomitare. Il puzzo era terribile, e sembrava che avrebbero dovuto trascorrervi il resto della notte. Ma a tarda ora un poliziotto le fece uscire, dicendo che non intendeva lasciarle passare la notte in quel modo. Le portò nel suo ufficio e disse loro di dormire sulle poltrone fino alla mattina dopo. Le sorelle ringraziarono in silenzio Geova per la benevolenza del carceriere e per essere state liberate da quell’orribile cella.

Rimasero per trentasei ore digiune, sottoposte a continui interrogatori, come se fossero criminali della peggior specie. Tuttavia un altro poliziotto ne ebbe pietà e portò loro del caffè. Alla fine sia i fratelli che le sorelle furono condotti alla prigione provinciale, dove li attendevano nuove prove.

Qui i due fratelli pionieri furono rapati prima di essere rinchiusi in cella. Ogni giorno la loro integrità fu messa alla prova quando si alzava o si ammainava la bandiera.

LE CARCERIERE SONO MONACHE

Giunte in questa prigione le sorelle ebbero la sorpresa di vedere che le carceriere erano monache. All’ingresso una monaca chiese loro cosa avevano rubato. Era troppo per Margarita, che esclamò: “Non siamo né ladre né prostitute! Siamo qui perché siamo testimoni del vero Dio!” La monaca si lasciò sfuggire un grido di stupore e si ritirò prontamente come se avesse visto un’appestata.

In questa prigione le monache facevano recitare ogni giorno alle detenute il ‘Padre Nostro’, l’‘Ave Maria’, ecc. Durante l’ora d’aria, le monache raccontavano storielle alle carcerate, ballavano con loro e recitavano il rosario. Margarita e Maruja si accinsero a dare testimonianza, ma ben presto le monache intervennero, vietando loro di parlare con le altre carcerate.

Dopo aver esaminato il loro caso, fu deciso che le sorelle potevano essere liberate se pagavano una cauzione di 1.000 pesetas a testa. Poiché non avevano il denaro, e a Siviglia non c’era nessuno per aiutarle, trascorsero un mese in prigione. Non fu un’esperienza piacevole, perché dovettero stare in una grande camerata con tutte le altre detenute, principalmente ladre, prostitute e lesbiche. Quando rifiutarono di spogliarsi e fare la doccia davanti alle altre, Maruja e Margarita furono costrette a passare il tempo in una cella di rigore di soli due metri quadrati. C’era un buco nell’angolo che serviva da gabinetto, e una finestrella nel soffitto. Non c’erano mobili, né letto, né sedia, né materasso. Per compassione una delle guardie portò loro un litro d’acqua con cui poterono entrambe lavarsi.

E il cibo? Era a dir poco immangiabile. Due volte al giorno ricevevano una razione di ceci con tanto bicarbonato da farle star male. E a ciascuna veniva dato solo un pezzo di pane al giorno.

Alla fine del mese di prigione, avendo pagato le 1.000 pesetas di cauzione a testa, i quattro prigionieri furono rilasciati, ma con l’accusa ancora in sospeso. In effetti la loro causa non giunse mai in tribunale, e riuscirono a ricuperare il denaro della cauzione.

I pionieri speciali erano abituati ad avere la polizia alle calcagna e a doversi perciò trasferire da una città all’altra. Se un pioniere speciale non poteva spiegare come si procurava da vivere o dimostrare che aveva un lavoro secolare, in base alla legge contro l’accattonaggio veniva rimandato alla sua città d’origine.

IL SEME DELLA VERITÀ SEMINATO IN GALIZIA

Nonostante la persecuzione contro il popolo di Dio in Spagna, la predicazione del Regno faceva progressi. Questo avveniva anche in Galizia, provincia della Spagna nordoccidentale. Come vi furono piantati i semi della verità?

Il vero cristianesimo prese piede in Galizia grazie agli sforzi di Jesús Pose Varela e di sua moglie. Essi avevano sentito parlare della verità da un parente mentre risiedevano in Uruguay, a Montevideo. Col passar del tempo, avendo acquistato maggiore conoscenza, Jesús cominciò a provare un senso di responsabilità nei confronti di sua sorella e del marito di lei, e del suo stesso figlio, José, che era tornato in Spagna. Perciò nel 1957 Jesús e sua moglie tornarono nella nativa Galizia decisi a portare la verità ai parenti. Dapprima furono accolti con gioia, ma la situazione cambiò completamente quando si resero conto che erano tornati con una nuova religione. La madre di Jesús arrivò persino a dire che sarebbe stato meglio se la nave su cui si erano imbarcati fosse affondata. La madre e la sorella evitavano di avere qualsiasi contatto con loro, pur vivendo tutti sotto lo stesso tetto.

Ma Jesús non si scoraggiò, e a poco a poco abbatté i pregiudizi che li accecavano, riuscendo alla fine a iniziare uno studio biblico. Tutto questo non fu facile perché abitavano in un piccolo villaggio isolato dominato dal prete locale. Sotto la sua influenza molti non volevano neanche toccare una Bibbia, per paura di essere contaminati. Nondimeno la pazienza di Jesús fu ricompensata dalla sua stessa famiglia, e con effetti a lunga scadenza che neanch’egli poteva prevedere.

Man mano che facevano progresso nella verità, essi si rendevano conto che quello di vivere in una zona rurale isolata non era il modo migliore per dare testimonianza. Quando avevano accettato la verità avevano trasformato una sala da ballo di loro proprietà in un pollaio. Così provvedevano al proprio sostentamento con l’allevamento dei polli, oltre che col negozio che avevano nello stesso edificio. Jesús e suo cognato, Ramón Barca, badavano al pollaio e al negozio.

Tuttavia, per avere abbastanza territorio dovevano recarsi fino a La Coruña, città che distava oltre trenta chilometri. Questo non facilitò le cose quando la moglie di Ramón divenne pioniera regolare e il figlio di Jesús, José, divenne pioniere speciale. Alla fine entrambe le famiglie vendettero allevamento e negozio e si trasferirono nel capoluogo della provincia, dove avrebbero potuto rendersi maggiormente utili alla congregazione nascente.

È straordinario pensare che le tre congregazioni che attualmente ci sono a La Coruña, con circa 300 fra proclamatori e pionieri, ebbero inizio una ventina di anni fa grazie ai sinceri sforzi di una coppia di Spagnoli, tornati dall’Uruguay per diffondere la buona notizia.

ALCUNI VENGONO A SERVIRE DOVE C’È MAGGIOR BISOGNO

Nel luglio 1957, uno dei discorsi all’assemblea di distretto di Kiel, in Germania, aveva per tema il servizio dove c’è maggior bisogno. Il discorso fece molta impressione a due giovani pionieri regolari, Horst Mieling e Heinrich Nissen, che decisero di venire in Spagna. Fu così che il 19 ottobre 1957 giunsero in treno a Barcellona.

Che contrasto, venire da un paese con quasi 57.000 Testimoni in uno dove ce n’erano solo 780. Inoltre in Spagna la parola “Bibbia” bastava a porre fine alla conversazione. Ma essendo tedeschi questi fratelli avevano un vantaggio, perché in generale gli Spagnoli s’interessavano molto della Germania e dei suoi abitanti.

Questi fratelli furono i primi di una lunga schiera di Testimoni che vennero principalmente dalla Germania, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti per prestare servizio in Spagna, dove c’era tanto bisogno di proclamatori, specialmente in quegli anni.

Quello che rendeva più difficile l’opera di predicazione per gli stranieri era il bisogno di costante vigilanza quando si lavorava di casa in casa. Se uno straniero veniva preso, era quasi certamente espulso dal paese. Questo era motivo di ulteriore tensione, che obbligava a osservare le reazioni del padrone di casa, durante la conversazione e dopo aver dato testimonianza. Quando la porta veniva chiusa, il Testimone doveva determinare se la persona usava il telefono. La porta era stata sbattuta o chiusa garbatamente? Inoltre bisognava stare attenti se qualcuno dei vicini usciva in tutta fretta, magari per andare a chiamare la polizia. Naturalmente, era importante accertarsi anche che non ci fossero poliziotti nella zona in cui si predicava. Bisognava esser prudenti nel portare la Bibbia e la letteratura, magari sotto il soprabito o l’impermeabile nei mesi invernali. D’estate però non era così facile nascondere le pubblicazioni. Perciò a volte i proclamatori sezionavano i libri e portavano con sé solo le pagine che servivano per l’adunanza o lo studio biblico.

Nel 1959 il fratello e la sorella Taylor, che dall’Inghilterra si erano trasferiti in Spagna per servire dove c’era maggior bisogno, furono assegnati come pionieri speciali a Vigo, porto della Spagna nordoccidentale. Si pensava che, essendo un porto internazionale, il fatto che erano stranieri non avrebbe dato troppo nell’occhio. Ma i preti non tardarono ad allarmarsi e a mettere in guardia per radio i loro parrocchiani contro questa coppia che andava di casa in casa. Era facile identificarli: la moglie era spagnola e parlava quasi sempre lei, mentre il marito era straniero.

In breve la polizia si fece viva e arrestò i Taylor. Li accompagnarono al commissariato e li interrogarono per tutto il giorno, senza dar loro alcun cibo. Quando vennero rilasciati, i loro passaporti furono trattenuti e fu detto loro di presentarsi al commissariato ogni martedì e sabato. Quando Ron riferì la cosa al console britannico, il passaporto gli fu restituito ma gli furono concessi quindici giorni per andarsene dal paese.

In seguito Ron e sua moglie Rafaela servirono per due anni a Gibilterra, dove poterono porre il fondamento di una congregazione che alla loro partenza contava 25 proclamatori. Alla fine la pressione da parte del clero anglicano fece il suo effetto e, nel dicembre 1961, furono invitati a lasciare Gibilterra insieme a Ray e Pat Kirkup, un’altra coppia inglese che si era trasferita qui per servire dove c’era maggior bisogno.

Nel gennaio 1962 i Taylor e i Kirkup furono inviati a Siviglia. C’erano già quattro pionieri speciali, ma su una popolazione di quasi mezzo milione di abitanti c’erano solo 21 proclamatori, quindi c’era molto da fare. Nel 1963 Ron Taylor fu nominato sorvegliante di circoscrizione a Barcellona, e qualche tempo dopo Ray Kirkup ricevette un’assegnazione simile. In tutti quegli anni c’erano pochi fratelli spagnoli qualificati per l’opera di circoscrizione e di distretto e perciò molti stranieri dovettero assumere questi incarichi.

ARRIVANO RINFORZI DALLA SCUOLA DI GALAAD

Nell’anno di servizio 1958 Bob e Cleo Clay, una coppia di missionari, partirono per il Marocco, e così per un mese o due in Spagna rimasero solo due diplomati di Galaad. Comunque nel marzo 1958 giunsero i rinforzi con l’arrivo di René ed Elsie Vázquez e di due fratelli venuti allo scopo di stabilire per la prima volta regolari visite di circoscrizione alle congregazioni.

Nell’anno di servizio 1958 ci fu in Spagna un aumento del 33 per cento. Per la prima volta superammo i 1.000 proclamatori, quando, nell’agosto 1958, 1.006 proclamatori fecero rapporto del servizio di campo. C’erano voluti undici anni (dalla ripresa dell’opera nel 1947) per raggiungere quella cifra. Ma solo tre anni più tardi avevamo 2.000 proclamatori, e dopo altri due anni avevamo superato i 3.000. Nel 1969 vi erano in Spagna quasi 9.000 Testimoni attivi. Da allora in poi c’è stato un aumento straordinario, ed ora ci sono circa 40.000 proclamatori del Regno nei territori sotto la filiale spagnola.

LE CANARIE COMINCIANO A CANTARE LE LODI DI GEOVA

Al largo della costa occidentale dell’Africa vi è un gruppo di tredici isole che fanno parte del territorio spagnolo. Di queste, sette sono le principali isole delle Canarie: Tenerife, La Palma, Gomera, Hierro, Gran Canaria, Lanzarote e Fuerteventura. Nel 1958 avevano una popolazione complessiva di circa 940.000 abitanti.

Quando la verità raggiunse per la prima volta queste isole dopo la guerra civile? Nel 1958, allorché un interessato vi si trasferì da Barcellona. Nel settembre di quell’anno Carl Warner andò come sorvegliante di circoscrizione a Las Palmas de Gran Canaria, capoluogo della provincia, e pronunciò il primo discorso biblico tenutovi da un testimone di Geova. I presenti furono sei: un piccolo inizio, ma era già qualcosa. Carl raccomandò che vi fossero mandati dei pionieri speciali. Questo non fu possibile immediatamente, ma l’aiuto venne da un’altra fonte.

Nel 1958, all’assemblea Internazionale “Volontà Divina” di New York, il fratello Knorr pronunciò un discorso sul servizio dove c’è maggior bisogno. I Gjede, una famiglia danese, udirono le sue osservazioni e ne fecero tesoro. Decisero di lasciare la Danimarca per stabilirsi nelle Canarie, insieme al loro figlio ventunenne, John. Egli giunse per primo nelle isole nel febbraio 1959 per cercare una sistemazione per i suoi genitori, e fu certo felice di trovare Irvin People, un fratello americano che era lì per la stessa ragione. Dapprima stavano entrambi presso una famiglia di interessati che si era trasferita sul posto.

All’inizio questi fratelli avevano lo stesso problema, la lingua, che fu risolto grazie a un’insolita coincidenza. Un giorno, mentre cercavano un indirizzo per fare una visita ulteriore, fermarono un signore per strada e gli chiesero la via. Si trattava di un insegnante, fra l’altro proprietario di una scuola. Iniziarono la conversazione e scoprirono che cercava qualcuno per insegnare inglese nella sua scuola. I fratelli cercavano qualcuno che insegnasse loro lo spagnolo. Si misero dunque d’accordo: egli avrebbe insegnato loro lo spagnolo se essi avessero insegnato l’inglese nella sua scuola. Allo stesso tempo questo offrì a Irvin e John l’opportunità di nuovi contatti che ebbero come risultato una famiglia di proclamatori del Regno, la famiglia Suárez, la cui figlia, Angelines, divenne poi pioniera speciale.

Un altro avvenimento fu decisivo per la storia della nostra opera nelle Canarie. Nell’aprile 1959, a Madrid, José Orzáez aveva sposato Pilar (Pili) Benito, e in maggio giunsero nelle isole come pionieri speciali.

Giunto a Las Palmas, José Orzáez trovò che il gruppo era dominato da uno zoppo che aveva ricevuto testimonianza a Barcellona e ora insegnava le proprie idee, basate vagamente sulle pubblicazioni della Società. Quando José cominciò a dirigere le adunanze secondo la procedura normale, quest’uomo e sua moglie lasciarono la verità. Ecco un classico esempio, ripetuto tante volte, di un individuo che voleva essere importante e desiderava esaltarsi col proprio insegnamento. Come in tanti altri casi, quando egli vide che l’importanza che si dava non era apprezzata, lasciò la verità e tornò indietro, nonostante i tentativi per aiutarlo.

Nel frattempo erano arrivati dalla Danimarca i genitori di John Gjede. Con l’esempio dei pionieri speciali l’attività del gruppo prosperava, e nell’aprile 1960 i sei proclamatori erano diventati ventuno; in dicembre raggiunsero un nuovo massimo di 29 proclamatori. Naturalmente tutta questa attività non doveva passare inosservata agli oppositori, che fecero sentire la loro presenza nel dicembre 1960.

IRRUZIONE DELLA POLIZIA DURANTE UNO STUDIO BIBLICO

La sera del 24 dicembre 1960, diciassette fratelli e interessati erano radunati per lo studio biblico a Las Palmas de Gran Canaria. Fra loro vi erano José Orzáez, sua moglie Pili, la loro bimba di tre mesi, e il sorvegliante di circoscrizione, Salvador Adriá. Alle 20,30 cinque poliziotti irruppero nell’appartamento, con le pistole nascoste in tasca. Uno disse brutalmente a José Orzáez, affittuario dell’appartamento, che era sua abitudine sorprendere riunioni del genere a pistolettate.

Non solo ci fu l’irruzione della polizia; la casa era circondata, come se avessero sorpreso un raduno di anarchici o di comunisti clandestini, invece di un pacifico gruppo di studenti biblici!

Come tutti i poliziotti sanno, la prima cosa quando si ha a che fare con criminali è disarmarli. È quello che fecero: confiscarono tutte le Bibbie! Quindi presero il nome dei ragazzi e li mandarono a casa. I quattordici adulti e la bambina di José furono portati in questura. Non venne dato loro cibo né quella notte né la mattina dopo nonostante le grida di fame della piccina. Furono ignorati i ripetuti appelli di rilasciare la madre e la bambina.

Un altro passo importante quando si arrestano dei criminali è prendere le loro impronte digitali. Infatti presero le impronte digitali di tutti e quattordici, ma risparmiarono la neonata. Dopo diciotto ore senza dormire né mangiare, i Testimoni furono rilasciati, a eccezione di José Orzáez e Salvador Adriá, il sorvegliante di circoscrizione. Essi furono gettati in una cella sudicia e buia dove non c’era altro che una panca di pietra. I due fratelli pregarono insieme. Quella sera, alle 20, furono portati in tribunale, senza aver ricevuto alcun cibo. Erano digiuni da ventiquattr’ore. Finalmente, alle 23, furono sottoposti all’interrogatorio, che durò tre ore. Ad interrogarli c’erano il giudice, il suo segretario e il pubblico ministero. Le loro domande tendevano a stabilire che José era stato inviato nelle Canarie come capo e fondatore della “setta” nelle isole. Inoltre venne insinuato che le attività dei Testimoni erano sovversive.

Finito l’interrogatorio, i fratelli furono riportati nella piccola cella, senza letti, dove c’erano già tre uomini che dormivano per terra. La mattina dopo furono trasferiti nella prigione provinciale e isolati in celle infestate da parassiti. La richiesta di avere una Bibbia era stata rifiutata e, da solo nella sua cella, José Orzáez ebbe tempo di meditare. Si chiedeva come avrebbe reagito il gruppetto di ventinove proclamatori dopo questo attacco.

Che cosa aveva provocato quest’azione della polizia non solo nelle Canarie ma anche in altre parti della Spagna? Normalmente la polizia non agisce per propria iniziativa in casi del genere, perché deve occuparsi di cose ben più importanti. Nel nostro caso tutto parte dai preti, che avvertono i vescovi dell’attività dei testimoni di Geova. Questi, a loro volta, informano le autorità, che si rivolgono alla polizia. Il clero informa anche il Ministero degli Interni che a sua volta avverte tutti i commissariati di polizia del paese. Esistono effettivamente documenti ufficiali comprovanti che tale era stato il retroscena dell’irruzione della polizia in un pacifico studio biblico di gruppo a Las Palmas de Gran Canaria, come pure di azioni analoghe contro il popolo di Dio in altre parti della Spagna.

RISULTATO DEL CASO ORZAEZ

Dopo esser stato in carcere durante tutti gli interrogatori, José Orzáez fu rilasciato. Fu sollevato trovando che il gruppo di studenti biblici era su col morale e si era occupato in sua assenza di sua moglie e della bambina. Il fratello Orzáez era stato liberato senza cauzione, perché non aveva risorse finanziarie, e dovette aspettare fino all’ottobre 1961 perché si facesse il suo processo.

Nel frattempo, l’articolo intitolato “Rianimata in Spagna l’Inquisizione totalitaria” venne pubblicato simultaneamente in inglese e spagnolo nello Svegliatevi! dell’8 settembre 1961. Verso la fine di settembre José fu chiamato di nuovo al commissariato, e si chiedeva quale ne fosse la ragione questa volta. Lo seppe subito, perché un agente cominciò a leggergli il summenzionato articolo di Svegliatevi! Erano furiosi di vedersi così apertamente smascherati dinanzi all’opinione pubblica mondiale e cominciarono a dargli del bugiardo. José desiderava che la terra si aprisse per inghiottirlo. Si chiedeva se ne sarebbe uscito vivo, perché intorno a lui c’erano sei poliziotti furibondi. Tuttavia, col procedere dell’interrogatorio, improvvisamente si rese conto che l’articolo era una protezione. Avevano paura di mettergli le mani addosso perché le loro azioni potevano essere riferite in un altro numero di Svegliatevi!

A un certo punto, i poliziotti dissero che l’accenno fatto nell’articolo a una bambina di tre mesi era una menzogna. José rispose calmo che sapeva che era la verità essendo proprio lui il padre! Ebbene, ne uscì vivo rallegrandosi perché ora capiva che erano obbligati a trattare l’organizzazione di Geova con maggiore rispetto.

Il processo di José si svolse nell’ottobre 1961 dinanzi a un tribunale composto di tre giudici, uno dei quali fungeva da presidente. Benché i giornali non ne avessero parlato, la Sala dell’udienza era gremita di fratelli, interessati, avvocati, medici e altri. Più di sessanta persone assisterono al processo.

Il pubblico ministero cercò di dimostrare che il fratello Orzáez era il “capo” del gruppo di studenti biblici di Las Palmas de Gran Canaria. Ma i testimoni per la difesa si rifiutarono di riconoscerlo come loro capo. Inoltre, nell’arringa finale, l’avvocato difensore citò la costituzione spagnola e ricordò che fino a venti persone potevano radunarsi senza bisogno di chiedere un permesso. In quanto all’accusa di proselitismo, che era stata pure mossa contro il fratello Orzáez, di nuovo venne citata la costituzione, mostrando che all’articolo 12 garantiva la libertà di parola, articolo che fu letto con la dovuta enfasi.

Nonostante la lunga e ragionata arringa, e l’opinione generale che la difesa avesse ottenuto l’assoluzione, il verdetto fu che il fratello Orzáez era colpevole e doveva scontare tre mesi di prigione. Comunque si fece appello alla Corte Suprema.

Due anni e quattro mesi più tardi il caso Orzáez giunse dinanzi alla Corte Suprema. Nel frattempo si moltiplicavano in appello i nostri processi a causa della feroce ondata di persecuzione che infuriò in Spagna dal 1960 al 1966.

UNA SENTENZA INCORAGGIANTE

Il 2 marzo 1964 la Corte Suprema tenne un’udienza pubblica in una sala gremita da circa duecento persone di varie nazionalità. Molti altri erano rimasti fuori in attesa di udire la sentenza.

Tra l’altro, nella sua arringa finale l’avvocato difensore rilevò che la legge sulle riunioni del 15 giugno 1880 era ancora in vigore. L’articolo 2 considera adunanze pubbliche le riunioni di oltre venti persone, e solo se si superava questo numero si doveva chiedere il permesso di riunione per fini leciti. L’avvocato mostrò che i testimoni di Geova di Las Palmas avevano fatto ogni sforzo per conformarsi a questa legge. Inoltre precisò che per “associazioni illecite” s’intendono quelle il cui scopo è di commettere crimini contro la sicurezza dello Stato. Ma, spiegò, le adunanze dei testimoni di Geova si basano sulla lettura e il commento della Bibbia. Fu pure dimostrato che i testimoni di Geova insegnano che chi commette delitti contro la sicurezza di qualsiasi Stato si ribella contro Dio, e tale individuo non potrebbe mai essere un testimone di Geova.

La difesa concluse indicando che nel caso in questione era stato palesemente violato l’articolo 6 della costituzione spagnola, poiché lo Stato garantisce che “nessuno sarà molestato per le sue convinzioni religiose, né nell’esercizio privato della sua adorazione”. Il fratello Orzáez non solo era stato “molestato” dalla polizia, ma era stato anche processato e condannato per aver insegnato la Bibbia durante una riunione di diciassette persone.

Ora toccava al pubblico ministero presentare i suoi argomenti. Dopo un breve riassunto dell’arringa della difesa, il pubblico ministero fece una dichiarazione sensazionale: “Mi unisco alla difesa nel chiedere l’assoluzione dell’imputato”.

Quale fu la sentenza della Corte? “L’imputato José Orzáez Ramírez è assolto dall’imputazione di associazione illecita di cui era accusato nel presente caso, esonerandolo dalle spese processuali”.

Questa sentenza emessa nel 1964 fu incoraggiante per le sorelle e i fratelli spagnoli, specialmente per i fedeli pionieri speciali che nei precedenti quattro anni avevano sostenuto il grosso dell’attacco. Questa sentenza fu un colpo per l’intolleranza religiosa praticata in molte province spagnole dove i testimoni di Geova erano stati arrestati, imprigionati e condannati a pagare delle multe per aver partecipato allo studio biblico in gruppo. La decisione costituiva un precedente che avrebbe contribuito a sostenere il diritto di riunirsi privatamente allo scopo di studiare la Bibbia.

OPPOSIZIONE ACCANITA

Il ministero degli interni non rinunciò tuttavia al desiderio di eliminare i testimoni di Geova dal territorio spagnolo, e il 24 febbraio 1966 fu inviata a tutti i governatori civili una nuova circolare. Poiché la misura di imporre multe di almeno 2.500 pesetas non aveva l’effetto desiderato, il ministero degli interni, consultato il ministero della giustizia, faceva la seguente raccomandazione:

“Di conseguenza, prego Vostra Eccellenza per ordine di Sua Eccellenza il ministro degli interni, di denunciare al tribunale come accattoni e criminali gli appartenenti a detta setta che venissero sorpresi nello svolgimento di tali attività, affinché i tribunali possano con ragione agire nel loro caso; riservandosi sempre di procedere all’incriminazione e alla condanna di quei reati che fossero commessi in seguito al proselitismo, e alle eventuali misure di sicurezza prese dai tribunali penali nelle sentenze condannatorie”. Questo era un ultimo tentativo per soffocare l’attività di predicazione dei testimoni di Geova e porre fine alla loro opera con l’intimidazione. Stavano davvero ‘progettando affanno mediante decreto’. — Sal. 94:20.

LA NEUTRALITÀ CRISTIANA

Oltre a far fronte all’opposizione religiosa, sotto il regime allora esistente in Spagna i testimoni di Geova dovettero affrontare i problemi relativi alla neutralità cristiana. (Giov. 15:19) Dal loro studio personale della Bibbia, numerosi giovani Testimoni conclusero in quel tempo che Isaia 2:4 e altre scritture richiedevano una chiara posizione neutrale nei confronti delle nazioni. Quando se ne parlava con loro, dicevano che era una decisione di coscienza, basata su quello che avevano singolarmente studiato nella Parola di Dio. Era una scelta personale. Per qualche tempo le autorità spagnole non compresero questa posizione neutrale, e alcuni di quei fratelli furono sottoposti a un duro trattamento. Tuttavia, in anni recenti le autorità si sono mostrate più tolleranti e comprensive nei confronti di questi cristiani coscienziosi. Nel corso degli anni la fedeltà di quei giovani Testimoni in circostanze così difficili è stata una fonte di incoraggiamento per gli altri. Siamo lieti di narrarvi alcuni fatti accaduti mentre seguivano una condotta d’integrità.

Nel febbraio 1958, Jesús Martín, di Madrid, fu inviato a Melilla, enclave spagnola in Marocco, per fare il servizio militare. Avendo assunto una posizione di neutralità cristiana, Jesús fu percosso brutalmente e finì nella prigione militare chiamata Rostrogordo (Faccia grassa). Ricevette un trattamento crudele per ordine del luogotenente generale, nella sua funzione di comandante militare e civile della guarnigione di Melilla. Un altro tipo “indimenticabile” era il comandante della prigione militare, uomo dispotico e brutale.

Dopo otto giorni di prigione, Jesús Martín venne frustato senza sosta per venti minuti, oltre a essere insultato e preso a calci finché non cadde a terra semisvenuto. Non ancora soddisfatto, col suo stivale il capitano premette a terra la testa di Jesús finché non cominciò a scorrerne il sangue. Riportato nell’ufficio del capitano, Jesús fu informato che ogni giorno avrebbe ricevuto un trattamento simile, e il brutale capitano lo minacciò anche di mutilazione fisica.

Più tardi, nella sua cella sotterranea, Jesús pregò Geova di aiutarlo e rafforzarlo. Laggiù il giovane non aveva nessuno con cui parlare, se non i topi. Ogni giorno era costretto, sotto la minaccia delle armi, a lavorare per otto ore come spaccapietre, una fatica inutile destinata a demoralizzarlo.

Ma che dire della minaccia di batterlo ogni giorno? L’indomani Jesús ricevette dell’olio d’oliva per medicarsi le ferite e gli bendarono la testa. In quello stato fu condotto alla sua seconda fustigazione, questa volta per mano di un caporale incaricato di batterlo mentre il capitano osservava che fosse castigato dovutamente. Questa barbarie provocò l’indignazione delle stesse guardie e degli altri soldati. Jesús si chiedeva se avrebbe potuto sopportare questo trattamento ogni giorno, e la sua determinazione cominciava a vacillare.

Il terzo giorno, lo fecero uscire per il consueto lavoro di spaccapietre. A metà della mattina fu chiamato di nuovo nell’ufficio del capitano. Con sollievo vi trovò un giudice militare, giunto per investigare il suo caso e procedere contro di lui. Quando il giudice vide le bende e i segni evidenti delle percosse, chiese cos’era successo. Jesús aveva quasi paura di parlarne, per timore di rappresaglie. Tuttavia disse la verità. Il giudice l’assicurò che non sarebbe stato più percosso. Le sue preghiere del giorno prima erano state esaudite! Nei sei anni che rimase in carcere, Jesús non venne mai più malmenato, ed ebbe la certezza che Geova esaudisce le preghiere dei fedeli. — Prov. 15:29.

Dopo esser stato quindici mesi in Africa, Jesús Martín fu trasferito nella prigione di Ocaña, in Spagna. È interessante notare che Jesús fu condannato a quindici anni di prigione per disubbidienza e quattro anni per sedizione, poiché si riteneva che il suo esempio avrebbe potuto influenzare altri. Quindi fu condannato a diciannove anni di prigione per aver rifiutato diciotto mesi di servizio militare! In seguito ricevette un’altra condanna di tre anni per la sua disubbidienza nella prigione di Rostrogordo, per un totale di ventidue anni. La sua condanna a quindici anni di prigione fu la più lunga emessa in Spagna per un caso di neutralità.

SALUTE SPIRITUALE IN PRIGIONE

Mentre era detenuto a Ocaña, Jesús Martín ebbe certi vantaggi. All’inizio i carcerieri, dopo aver letto il rapporto su di lui, avevano concluso che era un detenuto molto ribelle. Col tempo però si resero conto che era un prigioniero modello, tanto che divenne il contabile della prigione. Poiché aveva l’incarico di pagare i detenuti per il lavoro che svolgevano nelle officine della prigione, in certi mesi passavano per le sue mani fino a mezzo milione di pesetas.

Un altro vantaggio a Ocaña fu che Jesús poteva ricevere le visite dei genitori, benché fossero autorizzati a parlare con lui solo per un quarto d’ora alla volta. Ma come fece a mantenersi in buona salute spirituale? Non gli era permesso di avere nessuna pubblicazione della Watch Tower Society, ma aveva la Bibbia di Nácar-Colunga. Pensate, una volta la lesse da capo a fondo — libri apocrifi e commenti compresi — in soli venti giorni!

Jesús sapeva che anche altri cristiani avevano preso una posizione di neutralità e pregava ardentemente che uno di questi fratelli fosse inviato nella sua prigione. Dopo quattro anni di isolamento le sue preghiere furono esaudite con l’arrivo di Alberto Contijoch. I due si misero a studiare insieme e anche a predicare più apertamente nella prigione. Infatti prepararono una loro “terza” edizione del manuale biblico “Sia Dio riconosciuto verace”. Il nuovo arrivato scriveva, poiché ricordava meglio il contenuto del libro, mentre Jesús correggeva e adattava il materiale.

Poi, nel 1961, un terzo cristiano neutrale, Francisco Díaz Moreno, fu inviato nella prigione di Ocaña. I tre giovani riuscirono a procurarsi una copia dell’opuscolo “Questa buona notizia del regno”, e Jesús poté farne delle copie, servendosi della macchina da scrivere dell’ufficio in cui lavorava. Per un certo tempo tennero ben quindici studi biblici con altri detenuti.

Questi cristiani neutrali desideravano così ardentemente ottenere nuove pubblicazioni bibliche che corsero dei rischi per procurarsele. Ad esempio, considerate quello che accadde il 24 settembre 1963, in occasione del giorno di “Nostra Signora della Misericordia”, la patrona cattolica di prigionieri e detenuti. Era una festa speciale e un maggior numero di visitatori erano ammessi nella prigione. Infatti quel giorno José e Pili Orzáez si recarono nella prigione con la loro figlioletta di due anni, Ester Lidia. Questa poté entrare come “nipote” di Jesús, e gli portò una scatola di indumenti che conteneva anche due libri della Società. Un’altra volta i genitori di Jesús gli inviarono il libro “Accertatevi di ogni cosa” in inglese, ma il comandante della prigione non glielo fece avere, dicendo che mettere un libro del genere nelle sue mani era come dare una mitragliatrice a un rapinatore di banche.

Nel 1963 il gruppo dei cristiani neutrali nella prigione di Ocaña era salito da tre a quattro, con l’arrivo di Antonio Sánchez Medina. Egli aveva già conosciuto altrove i rigori della prigione, e prima di poter raggiungere gli altri tre Testimoni dovette scontare un periodo di prova di trenta giorni. Pur essendo tenuto nel più completo isolamento, Antonio escogitò un modo per dare testimonianza senza parlare. Quando un altro prigioniero mostrava interesse per la verità, Antonio gli preparava un cruciverba biblico da risolvere. Con vari cruciverba Antonio induceva il prigioniero a consultare la sua Bibbia.

Quando stava per finire il primo periodo di trenta giorni, ci fu un contrattempo. Mentre si trovava nella prigione di Saragozza, Antonio aveva scritto una lettera ai fratelli, a proposito di un prigioniero interessato. Aveva nascosto la lettera nel materasso, in attesa dell’opportunità di farla uscire di prigione. Ma la lettera era stata scoperta durante una perquisizione della cella. Ora ne doveva pagare le conseguenze a Ocaña: venti giorni in cella di rigore per aver scritto la lettera e per proselitismo.

Antonio fu portato giù nel “tubo”, un tunnel con celle buie e fredde. Nella sua cella non c’era altro che un catino per lavarsi, un bugliolo, un piatto d’alluminio e un cucchiaio. La sera gli portavano un materasso e due coperte sudice. Ma non aveva niente da leggere o per scrivere. Come poté sopportare quei venti giorni di noia? Facendo le parole crociate. Tuttavia non aveva né carta né matita; perciò staccò uno dei manici del piatto e lo usò per scrivere sul pavimento della cella. Trasformò il pavimento in un gigantesco cruciverba biblico! Antonio era così occupato a ricordare personaggi e passi biblici che i giorni gli passarono in fretta.

Indubbiamente, ci sono diversi modi per mantenersi in buona salute spirituale. I quattro cristiani neutrali della prigione di Ocaña ora avevano alcune riviste e altre pubblicazioni. Comunque dovevano leggere in segreto e nascondere la letteratura. Allo scopo avevano una scacchiera munita di doppio fondo in cui nascondevano le pubblicazioni.

ADUNANZE SEGRETE

I quattro cristiani neutrali della prigione di Ocaña si rendevano conto della necessità di radunarsi per lo studio biblico. (Ebr. 10:24, 25) Disposero dunque di tenere adunanze ogni settimana, pur facendolo con estrema cautela.

Nei dormitori della prigione di Ocaña vi erano letti a castello disposti in file parallele, con un’ottantina di prigionieri in ogni camerata. I quattro Testimoni occupavano quattro brande attigue. Perciò, mentre uno stava sdraiato di sopra, ascoltando e tenendo d’occhio le guardie, gli altri tre sedevano sulle brande sottostanti, facendo del loro meglio per svolgere le parti del programma. Con tutto il rumore degli altri prigionieri, oltre alla musica o alle partite di calcio trasmesse dall’altoparlante sopra le loro teste, non era facile considerare soggetti scritturali. Ma quei giovani lo fecero, riuscendo persino in tali circostanze a celebrare nel 1962 la Commemorazione della morte di Gesù Cristo.

FINALMENTE LA LIBERTÀ, PER UNO DI LORO

Nell’estate del 1964, Jesús Martín rimase di nuovo solo a Ocaña, poiché gli altri tre cristiani neutrali se n’erano andati nel 1963. Francisco Díaz Moreno aveva finito di scontare una condanna e ora doveva presentarsi di nuovo, questa volta a El Aaiún, nel Sahara spagnolo. Antonio Sánchez e Alberto Contijoch ebbero esperienze simili. Comunque, prima di separarsi avevano concordato una nuova tattica. Tutti e quattro avrebbero richiesto la libertà condizionale. Per buona condotta, il detenuto riceveva tre mesi di libertà per ogni anno scontato in prigione.

Il risultato di questo tentativo fu che tre richieste vennero respinte, ma quella di Jesús Martín fu accolta. Gli furono concessi venticinque mesi di libertà provvisoria dopo di che avrebbe dovuto presentarsi di nuovo alle autorità militari. Fu così che nell’agosto 1964 Jesús uscì di prigione dopo aver scontato sei anni e sei mesi della sua condanna. Per qualche ragione non fu mai richiamato.

NON ANCORA BATTEZZATO, MA FEDELE

Francisco Díaz Moreno era da un anno a Ocaña quando terminò la sua seconda condanna, e nel gennaio 1964 fu posto in libertà per due mesi, in attesa di comparire per la terza volta davanti alla corte marziale. Ne approfittò per rafforzarsi spiritualmente prima di andare nel Sahara. Nell’aprile 1964 Francisco fu trasferito in un campo di punizione chiamato La Sagia, in pieno deserto. Vi si trovavano già Alberto Contijoch e Juan Rodríguez. L’interessante è che Juan aveva già scontato tre anni di prigione per rimanere neutrale pur non essendo ancora un testimone di Geova battezzato. Aveva preso posizione a favore della verità biblica prima di avere l’opportunità di essere immerso in simbolo della sua dedicazione a Dio.

In uno dei luoghi precedenti dove era stato incarcerato, si ricorse all’inganno nel tentativo di indurlo a violare la sua neutralità. Il cappellano della prigione — naturalmente un prete cattolico — avvertì Juan che un altro Testimone gli avrebbe fatto visita per portargli le ultime istruzioni della Società.

Infatti un giovanotto in uniforme di marinaio si presentò come testimone di Geova. Juan, il marinaio e il prete avevano appena iniziato la conversazione quando il marinaio “testimone di Geova” tirò fuori un pacchetto di sigarette e ne offrì una a Juan! Quando Juan chiese al “fratello” quali libri aveva letto, il marinaio menzionò Foglie verdi e altri titoli che Juan non aveva mai sentiti. Ebbene, quando incontrò il prete da solo Juan gli disse che se un’altra volta voleva portargli un Testimone avrebbe fatto meglio ad assicurarsi che fosse autentico.

Mentre si trovavano a La Sagia in attesa di essere trasferiti a El Aaiún, Francisco e Alberto decisero di battezzare Juan in uno dei pozzi all’esterno del campo. Ma fu loro rifiutato il permesso di lasciare il campo. Come avrebbero fatto il battesimo in quel deserto riarso? Nel campo c’era una grande cisterna coperta per l’acqua, con un’apertura per riempirla e un’altra per attingere l’acqua col secchio. Ma c’erano solo 15 centimetri d’acqua.

La sera del 19 aprile 1964, i tre giovani erano già nelle loro tende quando sentirono arrivare l’autocisterna che portava l’acqua. La cisterna sarebbe stata riempita e ci sarebbe stata abbastanza acqua da annegare qualcuno. Potete immaginare il seguito! Dopo una breve considerazione scritturale i tre scivolarono in silenzio fino alla cisterna e Juan Rodríguez fu battezzato.

PERSEVERANZA A EL AAIÚN

Alla fine, dopo varie peripezie, tra cui un periodo di detenzione ad Hausa, un avamposto ancora più remoto nel deserto, i quattro cristiani neutrali, Alberto Contijoch, Francisco Díaz Moreno, Antonio Sánchez Medina e Juan Rodríguez si ritrovarono nella prigione di El Aaiún. La sorveglianza era molto rigida, perché la prigione era un edificio rettangolare con le porte delle celle rivolte verso il muro della prigione, coperto di filo spinato e frammenti di vetro. A ciascuno dei quattro angoli del muro c’era un posto di guardia, con sentinelle dotate di armi automatiche. Le celle erano piccole, due metri per tre, e in ciascuna c’erano tre detenuti. C’era solo un’ora d’aria ogni mattina e ogni pomeriggio. Ma il caldo era più sopportabile che non in altre località del deserto perché questa prigione si trovava a soli 25 chilometri dal mare e il clima era migliore.

All’inizio i quattro cristiani neutrali riuscirono a predicare e tenere studi biblici, oltre alle adunanze. Francisco, per esempio, era riuscito a parlare con un giovane condannato a morte come mandante di un omicidio, condanna che era stata commutata in trent’anni di prigione. Un giorno questi aveva attaccato discorso con Francisco dicendogli che sua madre gli aveva mandato una Bibbia. Sia sua madre che sua zia appartenevano alla chiesa protestante evangelica. Francisco usò con tatto la sua Bibbia per parlargli del nome di Dio, e il giovane mostrò tanto interesse che si iniziò uno studio biblico col libro “Sia Dio riconosciuto verace”. Dopo qualche settimana soltanto venne trasferito nella prigione di Santa Catalina a Cadice, nella Spagna sudoccidentale, ma la verità era già all’opera nel suo cuore. Continuò a fare progresso e fu poi battezzato. Anche la madre e la zia sono ora testimoni battezzate. Così mentre era in prigione Marcelino Martínez aveva trovato la vera libertà.

A El Aaiún i fratelli arrivarono ad avere quindici studi biblici con altri detenuti. Alla fine, le autorità carcerarie intervennero e separarono i Testimoni dagli altri prigionieri. Anche l’ora d’aria fu cambiata perché non coincidesse con quella degli altri. Non fu lasciata loro alcuna occasione di fare del “proselitismo”.

SI ADOTTANO NUOVE TATTICHE

Dopo quattro o cinque anni di prigione, e poiché nei circoli ufficiali non accadeva nulla, i cristiani neutrali che erano in carcere cominciarono a studiare il codice penale militare per potersi meglio difendere. Parte della loro tattica era di scrivere lettere a tutti i ministri del governo per attirare l’attenzione dei circoli ufficiali sulla loro situazione. Questi Testimoni neutrali erano in pratica condannati alla prigione a vita, mentre un assassino poteva tornare in libertà dopo soli sette anni.

Uno dei problemi legali era che davanti alla corte marziale ai Testimoni non era permesso fare dichiarazioni utili che potessero essere incluse negli atti del processo. Francisco Díaz Moreno decise di cercar di cambiare la cosa. Aveva letto nel codice penale militare che le ultime dichiarazioni del prigioniero si dovevano includere negli atti. Perciò, quando la sua causa giunse dinanzi alla corte marziale di El Aaiún, egli attese che il pubblico ministero e la difesa avessero pronunciato nervosamente le rispettive arringhe. Poi fu invitato ad alzarsi e gli fu chiesto se aveva qualche cosa da dire.

“Sì, Vostro Onore”, rispose Francisco, e si mise a leggere la dichiarazione che aveva preparata. Più volte il presidente cercò d’interrompere la lettura. Ma quando vide l’atteggiamento risoluto di Francisco, lo chiamò alla sbarra. “Che cosa vuoi, giovanotto?” Francisco rispose che voleva solo che le sue dichiarazioni fossero ufficialmente incluse negli atti del processo. “Bene, vedremo, studieremo la cosa . . .”, fu la risposta.

“Mi scusi, Vostro Onore”, soggiunse Francisco, “non si tratta di vedere o studiare la cosa, ma piuttosto le mie dichiarazioni devono essere messe agli atti, altrimenti il processo non è valido”.

Quando il giudice vide che non era possibile trovare una scappatoia, consentì che la dichiarazione scritta da Francisco fosse acclusa agli atti del processo. In seguito, davanti alla corte marziale di El Aaiún i cristiani neutrali poterono sempre fare dichiarazioni simili.

LA PRIGIONE MILITARE DEL RISCO, E IL SUO COMANDANTE

Uno dei penitenziari più terribili per i cristiani neutrali era la prigione militare di San Francisco del Risco nelle Canarie. Il comandante era un ufficiale infame, soprannominato “Pisamondongos”, sommariamente tradotto “Schiacciabudella”. Egli provava un piacere sadico nella violenza. Francisco Díaz Moreno trascorse qualche tempo in questa prigione. Al suo arrivo, scoprì che Fernando Marín e Juan Rodríguez vi erano già da alcuni mesi.

Francisco non tardò a trovarsi a faccia a faccia col comandante, che gli chiese: “Sei un testimone di Geova?” “Signorsì”, fu la risposta. “Un altro traditore della Patria!” tuonò il comandante, usando espressioni irripetibili e ordinando di perquisire Francisco. Egli aveva in tasca una delle nostre riviste e dovette consegnarla. Mentre il sergente continuava la perquisizione, il comandante uscì e poi tornò. Impaziente per la sua lentezza, il comandante si affrettò a ultimare la perquisizione, ma non trovò le riviste che Francisco aveva nascoste sotto la panciera. Così copie della Torre di Guardia che contenevano nuove informazioni sulla risurrezione riuscirono a penetrare nella prigione.

I tre Testimoni furono rinchiusi in una cella separati dagli altri detenuti a cui non potevano rivolgere la parola. Nel cortile della prigione era stata tracciata una linea bianca. Gli altri prigionieri non potevano attraversarla, e quindi non potevano comunicare con i fratelli attraverso la finestra della cella. Chi aveva cercato di parlare con Fernando Marín durante i precedenti nove mesi di detenzione era stato duramente battuto. Così isolati i Testimoni non avrebbero potuto contaminare gli altri! Fortunatamente, però, il loro soggiorno a San Francisco del Risco non doveva durare a lungo.

CRESCE LA CONGREGAZIONE NELLA PRIGIONE DI CADICE

Nell’ottobre 1965, dalle Canarie Francisco fu trasferito nella prigione di Santa Catalina a Cadice. Nel corso degli anni questa prigione era diventata famosa fra il popolo di Geova, perché il numero dei Testimoni che vi erano detenuti si aggirava sul centinaio. Inoltre era stata visitata da centinaia di fratelli che vi erano andati per incoraggiare i loro compagni di fede. Nel maggio 1972 questa prigione venne visitata persino da Grant Suiter, e poi da Leo Greenlees, membri del Corpo Direttivo che ebbero il privilegio di parlare a questa grossa congregazione. Infatti la congregazione della prigione era più numerosa di quella all’esterno nella stessa città.

In quegli anni, i fratelli incarcerati nella prigione di Santa Catalina a Cadice ripetevano il programma di tutte le assemblee di circoscrizione e di distretto. Almeno in un’occasione rappresentanti della stampa estera assisterono al matrimonio di un Testimone detenuto. La pubblicità fatta alla cosa attirò l’attenzione mondiale sulla deplorevole situazione legale spagnola nei confronti degli obiettori di coscienza. Parecchi matrimoni hanno avuto luogo in quella prigione, ma il primo fu quello di Francisco Díaz Moreno e Margarita Mestre, nel novembre 1967, celebrato alla presenza di un magistrato.

Non si dovrebbe tuttavia concludere che nella prigione di Santa Catalina a Cadice non ci fossero problemi. Spesso, per esempio, i pasti includevano sanguinacci che i Testimoni detenuti non potevano mangiare, volendo attenersi alla legge di Dio sul sangue. (Gen. 9:3, 4) Ma i Testimoni avevano finito per organizzarsi bene nella prigione in modo da formare dei gruppi di lavoro per poter guadagnare il denaro con cui acquistare del cibo adatto. Avevano anche stabilito un programma per tenere le adunanze, studiare lingue straniere e svolgere altre attività. Furono prese disposizioni per dare testimonianza per lettera, così che ogni mese alcuni potessero fare i “pionieri temporanei”, come allora venivano chiamati. Tutte queste disposizioni aiutavano a far passare più in fretta il tempo in circostanze in cui ogni tanto brillava un raggio di speranza che subito si spegneva. In quegli anni l’incertezza della situazione non aiutava il morale dei fratelli, benché fossero abituati alle delusioni.

Per esempio, nel marzo 1970 i giornali annunciarono che il governo stava preparando un disegno di legge per gli obiettori di coscienza, per regolarizzarne la posizione con nuove misure legali. Questo accese le speranze di molti fratelli che in quel tempo si trovavano in prigione. Nel settembre di quell’anno il disegno di legge fu sottoposto a una commissione del parlamento spagnolo. I membri della commissione presero una decisione senza precedenti: rimandarono la legge al governo senza approvarla, chiedendo un’ulteriore revisione. Quando ne giunse notizia in prigione, fu come una doccia fredda che agghiacciò il cuore dei fratelli. Di nuovo nel 1971 il governo cercò di presentare una legge più rigida che avrebbe soddisfatto gli elementi estremisti della commissione parlamentare per la difesa. Quando si vide che l’intento originale della legge era stato completamente svisato, il governo stesso ritirò la proposta.

PRIMO CASO DI NEUTRALITÀ NELLE PROVINCE BASCHE

Il racconto di quegli anni trascorsi in prigione dai cristiani neutrali non sarebbe completo se non parlassimo dell’integrità di Adolfo Peñacorada di Bilbao, nelle Province Basche, e di Emilio Bayo di Logroño. Essi trascorsero parecchi anni insieme nelle prigioni spagnole.

Il 16 marzo 1963 Adolfo Peñacorada si presentò alla caserma di Burgos, dove suo padre aveva fatto il soldato trentacinque anni prima. Per i primi quattro giorni non furono distribuite le divise. Poi, il quinto giorno, Adolfo ebbe un lungo colloquio col colonnello a proposito della sua obiezione di coscienza. Alla fine, vedendo che non approdava a nulla, il colonnello cambiò tattica e lo aggredì, urlando che fosse gettato in guardina. L’obiezione di coscienza di Adolfo fu il centro delle conversazioni nei circoli militari di Burgos, città fiera della sua storia militare ed ecclesiastica. Era accaduto l’impensabile: a Burgos un uomo si era rifiutato di indossare la divisa!

Sotto la minaccia della punizione fu vietato a tutti i soldati di parlare con Adolfo. Diversi ufficiali vennero nella sua cella per cercare di fargli cambiare idea, ma se ne andavano sempre pensierosi per la testimonianza che dava loro. Adolfo aveva esposto nella sua cella un versetto biblico dove si menzionava Geova ed erano incluse le parole: “Non aver timore. Io stesso senz’altro t’aiuterò”. (Isa. 41:10, 13) Il nome di Geova fu l’origine di molte conversazioni. Ed egli confidava realmente in Geova.

Nel corso degli anni Adolfo sentì esprimere opinioni molto diverse dai vari ufficiali. Per esempio, un luogotenente, aiutante del colonnello, dichiarò: “Adolfo, devo dirti che quasi tutti la pensano come me. Tu ci stupisci. Ti abbiamo reso la vita impossibile, e più noi siamo stati duri più tu sei stato sorridente e hai avuto una parola gentile . . . mi hai fatto pensare ai primi cristiani”.

Col tempo, avendo completa fiducia di Adolfo, la porta della sua cella era lasciata aperta e diversi soldati venivano a fargli domande bibliche. Uno disse: “Vorrei studiare la Bibbia. Ho capito che la tua religione è quella vera”.

Una delle guardie aveva tanto desiderio di leggere la Bibbia che andava a leggerla nella sua cella. Intanto Adolfo faceva la “guardia” fuori della cella, nel caso che qualcuno venisse a sorprenderli. Così il prigioniero faceva la guardia alla sentinella!

UN CRISTIANO NEUTRALE DI LOGRONO

Nel settembre 1963 Adolfo fu giudicato dal tribunale militare. Vi incontrò Emilio Bayo, che doveva essere processato allo stesso tempo. Si conoscevano già, perché due anni prima erano stati fra i Testimoni che avevano subito un’irruzione della polizia a Logroño.

Compiuti i ventun anni, Emilio si era presentato alla caserma di Tudela, nella Navarra. Era il 16 marzo 1963, lo stesso giorno in cui Adolfo si era presentato a Burgos. L’indomani Emilio rifiutò di indossare la divisa e non assisté alla Messa con le reclute. Fu gettato in prigione, dove avrebbe trascorso le prime dieci settimane senza vedere la luce del giorno e senza uscire mai all’aperto. Ogni mattina gli portavano via il letto che veniva riportato la sera, e non poteva parlare con nessuno. Solo per la gentilezza di un capitano gli fu portata una sedia su cui poteva sedere durante il giorno.

Dopo le prime dieci settimane, Emilio fu trasferito a Burgos per comparire dinanzi alla corte marziale. Quel giorno, durante il viaggio, ammanettato a un agente della guardia civile, si rifece delle dieci settimane di silenzio. Emilio diede testimonianza sul treno e usò la Bibbia come meglio poteva, avendo una mano legata. L’agente cercava di nascondere la mano ammanettata, ma Emilio continuava ad alzarla affinché tutti sapessero che era in catene per la sua fede cristiana.

Adolfo ed Emilio furono processati separatamente. Ma i risultati furono uguali: tre anni e un giorno di prigione. In novembre furono trasferiti nel carcere civile di Burgos, dove furono rinchiusi insieme a delinquenti comuni e criminali di ogni genere.

Adolfo arrivò per primo e il direttore del carcere gli disse severamente: “Vi conosco e conosco i vostri metodi. Se cerchi di fare del proselitismo qui, marcirai nelle celle di rigore”. Fortunatamente dopo alcuni giorni il direttore fu sostituito, e in poco tempo Emilio e Adolfo misero sottosopra la prigione con la loro predicazione. Naturalmente l’unica letteratura che avevano era la versione cattolica Nácar-Colunga della Bibbia, ma era sufficiente. Tutto quello che dicevano durante la settimana giungeva agli orecchi del cappellano della prigione in tempo per la Messa della domenica. Comunque i fratelli avevano già conquistato il rispetto e l’ammirazione del nuovo direttore, e anche degli altri carcerati. Perciò il cappellano non poté impedir loro di predicare né far loro alcun male. Fecero tale impressione al direttore che raccomandò il loro trasferimento alla prigione di Mirasierra, non lontano da Madrid, dove avrebbero goduto maggiore libertà.

Emilio e Adolfo iniziarono il viaggio per questa nuova prigione nel gennaio 1964. Per via dovettero fermarsi nelle prigioni di Avila e Carabanchel. Finalmente giunsero nella prigione di Mirasierra.

LA VITA NELLA PRIGIONE DI MIRASIERRA

Mirasierra consisteva di un gruppo di baracche dove erano alloggiati carcerati fidati che lavoravano per una ditta che costruiva villette, destinate in gran parte a stranieri. In effetti era come essere liberi, perché i carcerati durante il giorno lavoravano insieme agli operai esterni. Per Adolfo ed Emilio questa fu una breve tregua, sette mesi in tutto, ma almeno diede loro un po’ di respiro. Il lavoro era pesante per questi giovani che erano stati quasi un anno in prigione senza alcuna attività fisica.

Adolfo ed Emilio approfittavano dell’opportunità di dare testimonianza in ogni occasione, ed ebbero buoni risultati. Per esempio, cominciarono lo studio biblico con uno che divenne poi un cristiano battezzato. Inoltre, non tardarono a organizzare uno studio Torre di Guardia, che si teneva all’ingresso del tunnel di una linea ferroviaria non ancora in uso. Quattro persone sedevano sui binari per assistere a questo interessante studio.

Dopo un po’ fu affidato loro un lavoro più leggero all’interno delle villette. Questo permise loro di dare testimonianza ad alcuni dei proprietari. Un’altra eccellente testimonianza veniva data anche dal gruppo dei fratelli che venivano a trovarli ogni domenica, poiché le guardie e i detenuti riconoscevano l’amore esistente tra i testimoni di Geova. — Giov. 13:34, 35.

IN AFRICA

Scontata la sentenza a Mirasierra, Adolfo ed Emilio furono posti in libertà per un mese, ma con la consegna di presentarsi ad El Aaiún nel Sahara spagnolo. Quel mese di libertà fu impiegato per stare insieme ai compagni di fede e rafforzarsi spiritualmente. Rinvigoriti fisicamente e spiritualmente, alla fine di settembre partirono per la loro nuova prigione in Africa.

Quando giunsero a El Aaiún appresero che in quella prigione c’erano già tre cristiani neutrali, Francisco, Alberto e Juan; ma non ebbero modo di vederli. Adolfo ed Emilio erano impazienti di parlare con questi tre compagni di fede per sapere quali problemi si sarebbero presentati in questa nuova prigione, specialmente perché potevano esserci particolari su cui sarebbe stato difficile prendere una decisione.

Da El Aaiún Adolfo ed Emilio furono mandati ad Hausa, dove sapevano che si trovava Antonio Sánchez. Pensavano almeno di poter avere qualche informazione da lui. Ma quando arrivarono era già partito, da alcune ore soltanto. Tutto sembrava perduto. Fu allora che li mandarono dal barbiere del campo, un certo Benito Egea, che aveva cominciato a studiare la Bibbia con Antonio Sánchez. Da lui ebbero utili informazioni e continuarono lo studio biblico finché non fu deciso il loro trasferimento. A El Aaiún? No, dovevano andare a Villa Cisneros, 1000 chilometri più a sud, base militare in cui nessun testimone di Geova aveva mai messo piede. Avrebbero dunque dovuto scavare un nuovo solco. Fra parentesi, il barbiere del campo fu poi battezzato e servì per alcuni anni come pioniere speciale.

Il 21 dicembre 1964 il loro convoglio di camion si accinse ad attraversare il deserto sotto una pioggia torrenziale. Quello spiacevole viaggio durò parecchi giorni. Svegliandosi dopo la prima notte trascorsa nella caserma di Villa Cisneros, appresero che un legionario omosessuale ne aveva ucciso un altro per gelosia. Ecco in che mondo si trovavano. Ora erano completamente isolati dai fratelli e dall’organizzazione terrena di Geova, e non avevano nessuno a cui rivolgersi se non Geova Dio. È quello che fecero con fervore, invocando la sua guida. In mezzo a due o tremila soldati erano i soli in abiti civili.

Emilio e Adolfo non erano certi di aver preso sempre la decisione giusta. Ma cercavano di piacere a Geova e, nel febbraio 1965, la loro neutralità venne decisamente messa in piena luce. L’intero battaglione aveva ricevuto l’ordine di lasciare la caserma per fare le manovre, ma i due fratelli non ubbidirono. Allora il luogotenente li fece uscire a calci e spintoni, e li fece allineare nell’ultima fila. Poi venne l’ordine. “Avanti marsc’!” L’intero battaglione si mosse lasciandosi dietro due figure immobili e solitarie: Adolfo ed Emilio. Fortunatamente il capitano li trattò in modo civile e li consegnò alla guardia della caserma.

Poco dopo Adolfo ed Emilio si trovarono nella sezione disciplinare. I legionari responsabili avevano mano libera di fare quello che volevano ai prigionieri, anche di ucciderli, senza doverne rendere conto. Quando veniva ordinato di stare sull’attenti, i fratelli non lo facevano. La guardia urlava loro degli insulti, e il caporale di turno cominciava a picchiarli e prenderli a pugni. Adolfo finì con un occhio nero, oltre a numerose ecchimosi.

Adolfo ed Emilio rimasero nella sezione disciplinare per un mese. Poiché non volevano fare nessun lavoro nella caserma, ogni mattina all’alba li portavano in un luogo distante circa tre chilometri, dove dovevano spaccare pietre e scavare sabbia. Poiché il vitto era insufficiente e spesso immangiabile per un cristiano, erano affamati ed esausti. Ogni tanto la guardia, mossa a pietà dal loro stato permetteva loro di ripararsi dal sole in una vicina cava dove potevano fare un sonnellino. Ma la maggioranza dei militari erano tiranni e i prigionieri non potevano parlare né fare la minima cosa senza il loro permesso.

Nell’aprile di quell’anno Adolfo ed Emilio lasciarono la sezione disciplinare e si chiedevano per quanto tempo avrebbero potuto resistere alla guerra dei nervi a Villa Cisneros. La punizione fisica era una cosa, ma la tensione nervosa era un’altra. C’era una continua lotta per essere fedeli a Dio, per rimanere neutrali in quella soffocante atmosfera militare. Le loro preghiere furono esaudite quando, in luglio, furono rimandati a El Aaiún in aereo, e affrontarono un’altra volta la corte marziale per aver rifiutato d’indossare la divisa ad Hausa.

Il loro arrivo a El Aaiún portò a sette il numero dei cristiani neutrali che vi si trovavano. Allora, nel 1965, non si rendevano conto che il primo di loro non sarebbe stato liberato che nel 1970, e che altri quattro sarebbero stati ancora in prigione nel 1973.

Nel gennaio 1966 i sette fratelli furono separati. Quattro furono mandati nella prigione di Santa Catalina a Cadice, e gli altri tre furono inviati nella prigione militare di Mahón, nelle Baleari. Adolfo ed Emilio furono separati, dopo esser stati per tre anni insieme in carcere. Emilio Bayo e Antonio Sánchez Medina furono mandati a Mahón, dove giunsero nell’aprile 1966, e poco dopo furono raggiunti da Julio Beltrán. Il loro viaggio durò tre mesi e incluse soste a Cadice, Vicálvaro, Madrid e Saragozza.

I due fratelli giunsero a Saragozza il 4 aprile e l’indomani era la Commemorazione della morte di Gesù Cristo. Avevano appena iniziato i preparativi per la celebrazione quando fu detto loro che dovevano prepararsi per partire alla volta di Barcellona. Durante il viaggio in treno chiesero alle guardie il permesso di comprare un po’ di vino, che nascosero nel caso che le prossime guardie lo proibissero. Quella sera verso le diciotto Emilio e Antonio spiegarono alle guardie che era l’ora in cui dovevano tenere una speciale celebrazione considerando un tema biblico. Le guardie acconsentirono, e in questo modo i fratelli celebrarono la Commemorazione con un discorso di 45 minuti, a cui assisterono le guardie e i due carcerati con cui i Testimoni erano ammanettati. Benché dapprima nel loro scompartimento non ci fosse nessun altro, verso la fine del discorso altre quattro o cinque persone erano ad ascoltare. La celebrazione terminò proprio nel momento in cui il treno entrava nella stazione di Barcellona.

GRANDE TESTIMONIANZA GRAZIE ALLA LORO FEDE INCROLLABILE

Si facevano continui tentativi per infrangere l’integrità dei cristiani neutrali in carcere. Per esempio, quando Emilio Bayo e Antonio Sánchez Medina giunsero a Mahón seppero che un altro fratello, Francisco Díez Ferrer, vi si trovava già da qualche tempo. L’interessante è che questo fratello era diventato molto amico del caporale Bernardo Linares, non rendendosi conto che questi aveva avuto l’incarico di conquistare la sua amicizia per indurlo a rinunciare alla sua integrità. Questo non accadde. Invece il risultato finale fu che, dopo una lunga amicizia con Francisco, e poi con Emilio e Antonio, Bernardo Linares divenne egli stesso testimone di Geova. Nel luglio 1967 disse al capitano della prigione che intendeva svestire l’uniforme e unirsi agli obiettori di coscienza, e tutti gli sforzi per dissuaderlo furono vani. Fu messo agli arresti in attesa della corte marziale, ma il comandante della regione di Maiorca lo fece congedare e la causa fu revocata. Bernardo si ritirò a vita privata e si dedicò attivamente al servizio di Geova.

Nonostante le difficoltà incontrate da quei cristiani neutrali, nelle prigioni spagnole c’era una sempre maggiore spiritualità. Per esempio, il gruppo di Cadice continuò a crescere, e così la loro spiritualità. Ci fu un ottimo progresso, e i fratelli inaugurarono persino una Sala del Regno all’interno della prigione il 5 agosto 1968, due anni prima che la nostra opera ricevesse il riconoscimento ufficiale in Spagna.

Si potrebbe aggiungere che alcuni fratelli menzionati in questo racconto furono liberati di prigione all’inizio degli anni settanta. Alberto Contijoch fu liberato nel 1970 dopo undici anni di prigione, avendo avuto quattro condanne per un totale di diciannove anni di prigione. Francisco Díaz Moreno uscì di prigione nell’aprile 1972, dopo aver scontato undici anni, sei mesi e diciannove giorni dei 26 anni a cui era stato complessivamente condannato. Juan Rodríguez venne posto in libertà nel maggio 1972, dopo aver trascorso undici anni in carcere, e diversi altri furono rilasciati nel febbraio 1974. Tra questi Antonio Sánchez Medina, dopo dodici anni di prigione; Adolfo Peñacorada ed Emilio Bayo, dopo undici anni; e Fernando Marín, dopo dieci anni.

Molti altri fratelli spagnoli sono stati in carcere per la neutralità cristiana. Ma questo tempo non fu perduto, perché servì a dare una testimonianza a un vasto settore della nazione spagnola che altrimenti non avrebbe mai sentito parlare dei testimoni di Geova, delle loro convinzioni e della loro integrità. L’ambiente militare e penale ha ricevuto una grande testimonianza, testimonianza che ha interessato ogni parte del paese, poiché quei cristiani neutrali dovettero presentarsi in innumerevoli caserme e prigioni militari e civili della Spagna. Così negli annali giudiziari e militari del paese è stata scritta una storia di integrità e neutralità, che dimostra la fedeltà dei testimoni di Geova ai giusti e pacifici principi della Parola di Dio, la Bibbia.

Dal 1958 in poi, 825 fratelli sono stati condannati complessivamente a 3.218 anni di prigione, di cui 1.904 scontati nelle carceri militari e civili della Spagna. Forse l’osservazione più appropriata a proposito dell’integrità dei testimoni di Geova è quella dello scrittore cattolico Jesús González Malvar, che al sottotitolo “Un esempio per i cattolici” scrisse:

“Tale è quello dei coraggiosi testimoni di Geova, benché sia umiliante per noi riconoscerlo. In questo essi ci hanno indicato l’ideale evangelico. Questi prodi non furono spaventati all’idea di perdere la libertà, benché la prigionia si prolungasse mese dopo mese e anno dopo anno, né dallo scherno farisaico di una società ancora così remota dallo spirito delle Beatitudini . . . A nostra grande vergogna, per questo nostro cattolicesimo militante, sta il fatto che i testimoni di Geova tanto derisi e perseguitati ci hanno superati nel manifestare questo carisma cristiano, e solo seguendo le loro orme macchiate di sangue i più risoluti tra noi hanno osato avventurarsi sullo stesso cammino. Se siamo onesti e sinceri non possiamo negare che essi, meglio di noi, hanno compreso in questo lo spirito del Maestro, che non permise l’uso delle armi neanche per legittima difesa”.

DECISIONI IMPORTANTI PER I CRISTIANI NEUTRALI

Quali decisioni sono state prese recentemente in Spagna a favore di questi cristiani neutrali? Nel 1973 fu approvata una legge che limitava la pena per l’obiezione di coscienza a un’unica condanna, che può andare da un minimo di tre anni e un giorno a un massimo di otto anni. Questa decisione ha posto fine alla procedura precedente che dava adito a una serie interminabile di condanne per lo stesso reato, quello di mantenere la neutralità cristiana rifiutando di partecipare ad attività militari.

Il beneficio immediato di questa legge fu che tutti coloro che avevano scontato più di tre anni di prigione vennero rilasciati, e così 114 fratelli riacquistarono la libertà. Poi, il 30 luglio 1976, il re Juan Carlos proclamò un’amnistia generale, grazie alla quale altri 204 fratelli furono messi in libertà. Che gioia inaspettata fu per loro poter assistere immediatamente alle Assemblee di Distretto “Sacro Servizio” e incoraggiare le folle radunate parlando della loro integrità cristiana!

I cristiani vengono ancora incarcerati in Spagna per la loro neutralità? Nell’autunno del 1976 ci fu una specie di moratoria o sospensione della coscrizione obbligatoria per gli obiettori di coscienza, e nel dicembre 1976 fu pubblicato un decreto che consente a coloro che per motivi religiosi rifiutano il servizio militare della durata di diciotto mesi, di fare servizi “sostitutivi” della durata di tre anni.

Ma cosa ne pensano i giovani testimoni? Già oltre 150 giovani fratelli hanno dimostrato la loro convinzione che sarebbe un’ipocrisia rifiutare il servizio militare per motivi di coscienza e poi partecipare ad attività considerate sostitutive degli obblighi militari. Di conseguenza sono attualmente in carcere, quasi tutti in attesa di esser giudicati dal tribunale militare per aver rifiutato il servizio sostitutivo.

La reazione delle autorità militari è stata dura e implacabile, e nel giugno 1977 diversi fratelli sono stati condannati al massimo della pena, cioè otto anni di prigione. Bisogna vedere se il nuovo governo formato nel luglio 1977 prenderà delle misure per ridurre queste pene così dure e adottare una legge più equa e ragionevole.

MIGLIORE ORGANIZZAZIONE DELL’OPERA

Ora che abbiamo considerato la storia di quei cristiani neutrali, ritorniamo indietro al 1959 e riprendiamo il filo del racconto. Certe disposizioni prese in quel tempo ci aiutarono ad essere meglio organizzati per l’opera da svolgere.

Nell’aprile 1959, M. G. Henschel, della sede centrale della Watch Tower Society a Brooklyn, venne in Spagna come sorvegliante di zona e diede buoni consigli a Ray Dusinberre, che allora era responsabile della filiale spagnola della Società. Il fratello Henschel suggerì che le circoscrizioni da una fossero portate a quattro, e che, per rafforzare la spiritualità di fratelli e sorelle, le visite del sorvegliante di circoscrizione si effettuassero ogni quattro mesi.

A quel tempo in Spagna c’erano sette missionari di Galaad, tra cui due sorelle. Quattro di questi erano sorveglianti di circoscrizione. Durante quell’anno di servizio, Sinforiano Barquín di Bilbao, che era stato un cattolico fervente, divenne il primo sorvegliante di circoscrizione spagnolo. Alla fine dell’anno di servizio (1958-1959), 1.293 proclamatori del Regno facevano parte delle trenta congregazioni suddivise in cinque circoscrizioni.

In effetti, ciascun piccolo gruppo entro la congregazione funzionava come una piccola congregazione, tenendo tutte le adunanze. Perciò il sorvegliante di circoscrizione doveva visitare ogni gruppo. Se c’erano due gruppi, la visita durava una settimana; ma se i gruppi erano tre o quattro, la visita durava due settimane. In anni successivi, in alcune congregazioni c’erano fino a dieci gruppi, e la visita del sorvegliante di circoscrizione a una sola congregazione durava anche cinque settimane, per poter visitare tutti i gruppi.

In occasione della visita del fratello Henschel nel 1959 ci fu un nuovo avvenimento speciale per i fratelli spagnoli. Un’assemblea spagnola fu tenuta a Perpignan, appena oltre il confine nella Francia meridionale, e molti fratelli ricevettero un aiuto finanziario per potervi partecipare. Un’altra assemblea fu tenuta a Tangeri, in Marocco, per i fratelli della Spagna meridionale.

IL LAVORO CONTINUA DURANTE QUEGLI ANNI DIFFICILI

Ora parleremo degli anni più duri per il popolo di Geova in Spagna a causa della persecuzione. Naturalmente, avevano bisogno di letteratura biblica per essere spiritualmente forti e quindi portare il messaggio del Regno ad altri. Perciò molti pacchi di letteratura erano recapitati a diversi indirizzi di Madrid. Poiché c’era un discreto deposito di letteratura, molte pubblicazioni venivano spedite da Madrid, e nel 1960 uno dei diplomati di Galaad ricevette l’incarico di occuparsi delle spedizioni quando l’“ufficio” della filiale fu trasferito a Barcellona.

Si noti che tutta la corrispondenza della filiale era fatta in codice e naturalmente i fratelli e le sorelle non seppero mai dove si trovava l’ufficio. Il luogo dove lavorava il fratello di Galaad divenne noto come la Cueva (Cava). Perché? Semplice, la letteratura era nascosta nella cantina di una cartoleria. Per raggiungere la cantina — la “cava” — si doveva alzare una botola e scendere una scala a pioli. Tuttavia i pacchi si confezionavano in un piccolo retrobottega. In quello spazio angusto fu installato un piccolo reparto spedizioni, con un armadio e un tavolo pieghevole. Il fratello vi lavorava per ore, anche nel freddo tagliente dell’inverno. Certo bisognava stare molto attenti che i clienti non si accorgessero che uno straniero lavorava in quel locale. Perciò egli non poteva scambiare una parola né azzardare di farsi vedere quando c’erano clienti. Svolse questo lavoro fino al 1964, quando divenne sorvegliante di circoscrizione.

Ma parliamo un po’ degli spostamenti della filiale in quegli anni difficili. Dal 1948 al 1957 l’opera in Spagna venne diretta da diversi indirizzi di Barcellona. Per quanto tempo si poteva usare un certo indirizzo era determinato dall’intensità della sorveglianza della polizia. Gli archivi della filiale furono ridotti alle dimensioni di una valigia, per consentire una partenza precipitosa in qualsiasi momento. Queste “fughe” furono possibili perché diversi fratelli misero a disposizione la loro casa, con grande rischio personale.

Quando Ray Dusinberre assunse la responsabilità della filiale nel 1957, il centro delle operazioni si spostò a Madrid. Ma nel 1960 la filiale fu riportata ancora una volta a Barcellona a motivo della pressione esercitata dalla polizia a Madrid. Dapprima il lavoro veniva svolto in casa di un fratello, poi in un appartamento affittato dai missionari. Nella primavera del 1961, si trovò una torre (casa isolata con giardino) a San Justo Desvern, nella periferia di Barcellona. Fra parentesi, fu proprio mentre era in uso quella casa che Jean, moglie di Ray, si ammalò di tubercolosi e nel 1963 i Dusinberre dovettero a malincuore lasciare la Spagna.

La casa di San Justo Desvern servì al suo scopo per due anni. Poi accadde qualcosa che mise in allarme i fratelli. Due uomini che dissero di appartenere alla società elettrica vennero a ispezionare l’impianto elettrico. Dovevano verificare le luci in ogni stanza. Benché non ci fosse prova che si trattava di un tranello della polizia, ne aveva tutta l’aria, e perciò la filiale fu trasferita di nuovo, questa volta in una villa isolata, col proprio terreno, nella cittadina di San Cugat del Vallés, a circa sedici chilometri da Barcellona. Ma nel 1967 la casa fu svaligiata dai ladri che, oltre a rubare il denaro, videro l’ufficio che vi era sistemato. Fu perciò deciso che sarebbe stato meglio traslocare al più presto. In due giorni la filiale fu segretamente trasferita in un appartamento di Barcellona, che servì come casa Betel e ufficio della filiale fino al novembre 1971, quando i tredici componenti della famiglia Betel si trasferirono nel nuovo edificio della filiale al presente indirizzo dell’Associazione dei Testimoni di Geova in Spagna, in Calle Pardo 65, Barcellona.

Per sette anni il lavoro della filiale si era svolto simultaneamente in tre case diverse, perché non tutto il lavoro veniva svolto nella sede principale. Come facevano le congregazioni a tenersi in contatto con la Società e viceversa? La corrispondenza era inviata a diversi recapiti di Barcellona, e questi erano tutti in contatto con diversi fratelli che lavoravano in un mercato al centro della città.

Bisognava essere molto prudenti anche nello stampare e spedire letteratura. Una parte delle pubblicazioni erano ciclostilate. Verso il 1960 il reparto spedizioni fu trasferito in un ripostiglio nel cortile su cui dava l’appartamento di Francisco Serrano a Barcellona. Questo locale venne chiamato la Nevera (Ghiacciaia) per la temperatura glaciale che vi era d’inverno. Tale rimase per anni il nome del reparto spedizioni, anche quando in seguito venne trasferito nell’appartamento di una sorella nell’antico quartiere gotico della città. L’ufficio principale della filiale era chiamato il Castillo (Castello) indipendentemente dal luogo in cui si trovava.

CIBO SPIRITUALE ASSICURATO

In quegli anni non era possibile importare legalmente le nostre pubblicazioni bibliche. Perciò la scarsità di letteratura fu sempre uno dei nostri maggiori problemi. Ma secondo la promessa di Gesù, i fedeli erano cibati “a suo tempo”. (Luca 12:42) I turisti di altre nazioni furono di valido aiuto per portare letteratura in Spagna. Uno dei recapiti più usati era quello dell’ufficio e casa missionaria in Calle Menéndez y Pelayo a Barcellona, di cui Eric Beveridge fu responsabile dal 1965 al 1971. Molti dei nuovi missionari trascorsero i primi mesi in quella casa, per imparare lo spagnolo con l’aiuto della sorella Hazel Beveridge. Anche due veterani della Scuola di Galaad, Timothy e Judith Dickmon, vi rimasero per qualche tempo prima di essere trasferiti in una nuova casa missionaria a Valencia.

Numerosi turisti provenienti dall’Europa occidentale e dagli Stati Uniti conoscevano quella casa di Barcellona per avervi portato letteratura. I vicini sapevano che degli stranieri abitavano in quell’appartamento, ma si meravigliavano che potessero avere tanti amici in un così gran numero di paesi, poiché le targhe delle automobili tradivano la nazionalità dei visitatori.

Una volta si presentò un fratello, proveniente dalla Francia, che barcollava sotto il peso della sua valigia, naturalmente piena di libri. Per non destare sospetti quando partiva, percorse di nuovo la strada barcollando sotto il peso della valigia, questa volta vuota!

In seguito, alcuni fratelli spagnoli si recavano in Francia per procurarsi la letteratura. Fu organizzato un regolare servizio settimanale con diversi recapiti a Perpignan. Alcuni fratelli vi andavano in macchina, altri viaggiavano in treno o in corriera. Quest’attività era specialmente intensa nei mesi da gennaio a marzo, quando andavano a prendere gli Annuari. I fratelli erano risoluti a procurassi il cibo spirituale.

Dal 1966 al 1970 ci servimmo di varie tipografie esterne per stampare alcune pubblicazioni. Fortunatamente però nel luglio 1970 la nostra opera venne riconosciuta e quindi, a partire dal gennaio 1971 le nostre riviste vengono importate per vie normali, con una regolare licenza d’importazione. Grazie a questa disposizione è ora possibile importare grandi quantitativi di letteratura, incluse le riviste, tanto che i libri arrivano in contenitori di quindici o venti tonnellate per volta!

Ricordate la Nevera (Ghiacciaia)? Era il reparto spedizioni che da un ripostiglio avevamo trasferito in un appartamento. Per molto tempo era stato troppo piccolo. Perciò, nel 1970 fu trasferito in un nuovo locale: un magazzino di due piani affittato a Barcellona. Al pian terreno c’era un locale che poteva contenere una ventina di tonnellate di letteratura, e di sopra c’era spazio per lavorare e per tenere un’altra tonnellata di letteratura o di riviste. Questo locale ben soleggiato era assai diverso dalla vecchia Nevera, perciò veniva chiamato el Solarium.

Nel 1972, quando fu completato il nuovo edificio della Betel, il pian terreno fu riservato al reparto spedizioni. C’era posto per almeno cento tonnellate di letteratura, e ampio spazio per lavorare. Quando nel giugno 1972 arrivò il primo container di letteratura, fu un avvenimento sensazionale nella via, e i vicini facevano di tutto per vedere cosa succedeva. Per molti era la prima volta che vedevano un nastro trasportatore. Questo era lungo 27 metri, abbastanza per portare le scatole di letteratura dal container fino all’estremità interna del reparto spedizioni. In quei giorni, quando arrivava la letteratura, poiché il personale era molto limitato quasi tutti i fratelli che lavoravano nell’ufficio aiutavano a scaricarla, in meno di due ore.

Dagli avvenimenti appena citati è evidente che Geova ha sempre provveduto largamente in senso spirituale. È vero, per anni in Spagna è stato difficile procurarsi la letteratura cristiana. Ma la mano di Geova non è stata troppo corta ed egli ha continuato a benedirci riccamente dandoci il cibo spirituale a suo tempo.

RINASCE LO SPIRITO DELL’INQUISIZIONE

Lo spirito d’intolleranza religiosa che era prevalso durante l’Inquisizione spagnola rinacque nei confronti dei cristiani testimoni di Geova. Tra l’altro, furono falsamente accusati di essere massoni o finanziati dalla massoneria, accusa grave in un paese cattolico. Tale era la veduta della polizia di Granada nel periodo dal 1958 al 1960, durante il quale venne data una caccia spietata al popolo di Dio.

Consideriamo per esempio quello che accadde a Manuel Mula Giménez, che era pioniere speciale a Granada dall’ottobre 1958. Il 5 ottobre 1960, Manuel aveva appena terminato uno studio biblico e se ne stava all’angolo di una strada, chiacchierando con alcuni compagni di fede, quando un agente della polizia segreta lo avvicinò e gli chiese di aprire la borsa. Naturalmente il poliziotto vi trovò della letteratura biblica e lo accusò di contravvenire al regolamento di polizia che vietava la predicazione. Dopo aver preso i nomi degli altri fratelli, il poliziotto disse a Manuel di accompagnarlo al commissariato. Manuel ricorda: “Quando osservai che l’unico motivo che aveva per arrestarmi era che stavo parlando con degli amici per strada e che mi sarebbe piaciuto sapere perché venivo arrestato, divenne così furioso che mi disse: ‘Ti arresto perché porto questo distintivo e ho una pistola con cui ti posso bruciare le cervella’, e quindi estrasse la pistola puntandomela contro. E questo nel mezzo di una delle strade più centrali di Granada”.

Manuel fu portato dal governatore civile e accusato di aver insegnato la Bibbia ad altri, e di “distribuire opuscoli e leggere versetti in modo da insultare deliberatamente la religione cattolica, oltraggiandone i dogmi, i riti e le cerimonie, e di raccomandare apertamente l’abolizione delle tradizioni nazionali”.

Manuel fu condannato alla detenzione preventiva in attesa di poter pagare una cauzione di 50.000 pesetas (700.000 lire attuali). Poiché non era in grado di pagare una cauzione così esorbitante, Manuel fu trattenuto in prigione per 43 giorni. Per venti giorni fu tenuto in segregazione cellulare, e anche dopo, con la minaccia della punizione, gli fu vietato di parlare a chiunque della sua religione.

Il cappellano della prigione (un prete cattolico), che avrebbe dovuto recare conforto spirituale ai carcerati, si assicurò che Manuel non ne ricevesse affatto. Questo prete fece sparire l’unica copia della Bibbia dalla biblioteca della prigione, e quando un altro carcerato diede a Manuel una copia dei Vangeli, gliela fece portare via. I carcerieri sgridavano continuamente Manuel e cercavano di rendergli la vita impossibile maltrattandolo come non facevano con nessun altro carcerato. E chi era l’istigatore di tutto questo? Nessun altro che il cappellano della prigione.

Come altrove, tale persecuzione non arrestò la nostra opera neanche a Granada. Il 18 novembre 1960, quando fu rimesso in libertà, Manuel scrisse alla filiale della Società, dicendo in parte: “Sono lieto di dirvi che, grazie a Geova, sono di nuovo libero; e che al mio rilascio ho trovato che la congregazione svolgeva una buona attività teocratica . . . Un conduttore di studio locale ha potuto dirigere ogni cosa in modo organizzato”. Quello stesso conduttore di studio di gruppo divenne poi un sorvegliante della congregazione di Granada.

MISSIONARIO ARRESTATO

Nel marzo 1960, un testimone visitò come sorvegliante di circoscrizione la congregazione di Usera di Madrid, e il fratello Patricio Herrero gli chiese di accompagnarlo nel territorio isolato di Villaverde, a pochi chilometri dalla città. Benché uno straniero potesse essere notato in quella zona, sembrava che non ci fosse pericolo perché si trattava di iniziare studi biblici con persone che avevano già mostrato interesse per la verità biblica. Ma i guai cominciarono non appena il missionario ebbe messo piede a Villaverde.

Patricio fu cauto e non si avvicinò alla fermata della corriera all’arrivo del sorvegliante di circoscrizione, tuttavia una delle spie locali del prete li vide camminare insieme mentre facevano una visita ulteriore. I due fratelli avevano iniziato uno studio biblico con una donna malata di cuore, costretta a letto. Quando erano sul punto di accomiatarsi, il missionario notò dalla finestra che numerose donne facevano capannello all’ingresso del caseggiato. I fratelli non dissero nulla alla padrona di casa per timore di aggravarne la condizione fisica.

Gli agenti della polizia segreta cominciarono ad andare a ogni porta per trovare i due Testimoni. Alla fine bussarono alla porta dell’appartamento dove stavano facendo la visita ulteriore. La signora disse alla figlioletta di quattro anni di rispondere alla porta. “Ci sono due uomini con delle borse di libri?” chiese burbero il poliziotto. Con tutta innocenza la bimba rispose: “Ci sono solo degli amici di mia mamma”. Perciò gli agenti se ne andarono.

La visita ulteriore venne prolungata finché non sembrò che il pericolo fosse scongiurato. I fratelli decisero di tornare a Madrid seguendo la linea ferroviaria, perché certamente la polizia avrebbe tenuto d’occhio la corriera. Ma quando giunsero alla ferrovia, gli agenti erano lì ad attenderli. Sapevano che controllando la strada maestra e la ferrovia, presto o tardi avrebbero catturato la preda. Prima che il missionario potesse dire una parola gli dissero: “Straniero, non è vero?” evidentemente giudicando dalla sua statura, poiché era alto quasi due metri.

Al commissariato, mentre i fratelli erano seduti in attesa, le porte vennero improvvisamente spalancate per un momento e si vide un uomo fare un cenno d’assenso con la testa. Era la spia del prete che li aveva denunciati, e ora aveva identificato i fratelli. Quindi cominciarono i trucchi della polizia per ottenere le informazioni desiderate. Ma i due fratelli erano decisi a non rivelare il nome della donna a cui avevano parlato della Bibbia.

L’INTERROGATORIO È UN’ESPERIENZA PREZIOSA

Non ricevendo le risposte desiderate, gli agenti ricorsero a un “duro” per cercare di ottenere le informazioni con la forza o con le minacce. Questi accusò i fratelli di essere venuti a Villaverde per mettervi una bomba, e sostenne che il loro rifiuto di dire dove erano stati dimostrava senz’altro che erano colpevoli. Essi tennero duro, mentre il missionario continuava a chiedere il permesso di potersi mettere in contatto con l’ambasciata americana, permesso che non gli fu mai accordato.

Vedendo che le maniere dure non producevano l’effetto desiderato, la polizia ricorse a un’altra tattica. Entrò in scena un altro agente segreto che cominciò ad attaccare il “duro” per i suoi metodi vili e abietti. Naturalmente tutto questo faceva parte della scena, e perciò il “duro” si ritirò borbottando. Il nuovo agente cominciò allora con fare “gentile”: “Ultimamente, da queste parti abbiamo avuto davvero minacce di bombe, e vogliamo solo verificare la vostra deposizione, perché non vi conosciamo; e non ci consta che nel vicinato ci sia qualcuno malato di cuore come dite voi. Se è vero che facevate semplicemente visita a un’amica che s’interessa della Bibbia, sarete rilasciati immediatamente. Ma non potete rimproverarci di essere un po’ sospettosi quando dite che stavate svolgendo un’attività innocente e inoffensiva, eppure rifiutate di darci le informazioni che vi scagionerebbero da ogni sospetto”.

Dopo un bel po’ di discorsi del genere, fu convenuto che solo questo poliziotto “gentile” avrebbe accompagnato Patricio nella casa dove erano stati, per avere conferma della verità, e che non avrebbe detto nulla alla padrona di casa. Il poliziotto doveva solo accertarsi che fosse realmente malata di cuore.

Non appena i due furono usciti, il missionario fu portato immediatamente al comando della pubblica sicurezza al centro di Madrid. Alle sue proteste che avrebbero dovuto attendere il ritorno di Patricio e la conferma delle loro parole, gli agenti replicarono seccamente che anch’egli sarebbe stato presto portato in città. Le menzogne e l’inganno della polizia avevano avuto l’effetto desiderato, e i fratelli fiduciosi erano caduti nella trappola: una lezione che il missionario non avrebbe mai dimenticata. Si seppe poi che la signora che avevano visitata era stata duramente perseguitata dalla polizia, che l’accusava di aver accolto dei fratelli che sapeva ricercati dalla polizia. Spaventata, essa non volle più essere visitata.

Al comando desideravano soprattutto sapere l’indirizzo locale del missionario. Non gli chiesero nulla della sua religione, né esaminarono la sua borsa, che, a buon conto, conteneva solo una Bibbia cattolica. Nondimeno, poco dopo venne convocato di nuovo e invitato a lasciare il paese. Egli rispose che non intendeva accettare l’invito, ma gli fu detto che se non se ne fosse andato volontariamente vi sarebbe stato costretto, “un’esperienza assai sgradevole sia per lei che per noi”, disse il commissario.

Quando gli fu chiesto il motivo dell’espulsione, il commissario rispose evasivamente, dichiarando che si può essere scacciati da un paese per tre motivi: politici, sociali, “o religiosi”. E aggiunse: “In Spagna ci sono solo due tipi di persone: i cattolici e gli increduli, e non possiamo tollerarne altri”. Questo missionario partì dunque il 6 giugno 1960 alla volta di Perpignan, in Francia, ma con la speranza che, essendo partito “volontariamente”, un giorno avrebbe potuto tornare in Spagna. Infatti, tre mesi più tardi era di nuovo in Spagna e servì per alcuni anni come sorvegliante di filiale. L’esperienza dell’interrogatorio si dimostrò molto preziosa, e servì in seguito come base di un programma dell’adunanza di servizio che mostrava ai fratelli come rispondere alle domande della polizia; li preparava per le subdole tattiche della polizia e li aiutava a evitare di cadere nella trappola tradendo gli interessi del Regno o i loro compagni di fede. Ora potevano davvero mettere in pratica l’esortazione di Gesù Cristo: “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; perciò mostratevi cauti come serpenti e innocenti come colombe”. — Matt. 10:16.

INVITATI ALLA SCUOLA DI GALAAD

Nel corso degli anni numerosi diplomati della Scuola Biblica Watchtower di Galaad hanno prestato servizio in Spagna, e il loro ottimo lavoro è stato per noi una benedizione. Nel 1958 il pioniere José Cejudo fu il primo fratello spagnolo che frequentò la Scuola di Galaad, e fu poi inviato in Argentina.

All’inizio del 1961, il sorvegliante di circoscrizione Salvador Adriá e sua moglie Margarita Comas visitarono il gruppo di Torralba de Calatrava. Un giorno il postino portò una lettera piuttosto voluminosa, e Salvador si appartò per leggerla in pace. Fu allora che Margarita udì un grido: “Un invito a Galaad!” Da mesi studiavano l’inglese in attesa di quel giorno. Ma poi venne il colpo: soltanto Salvador era stato invitato per un corso speciale di dieci mesi. A Margarita venne allora in mente il ritornello spagnolo ‘Mi gozo en un pozo’, cioè ‘La mia gioia in fondo al pozzo’.

Quell’anno, durante l’estate, gli Adriá assisterono all’assemblea internazionale del popolo di Dio a Parigi. Lì ascoltarono un discorso sul grande bisogno che c’era in certi territori della Spagna dove non era stata ancora data testimonianza. Margarita decise di chiedere alla filiale di poter andare in uno di questi territori mentre il marito era alla Scuola di Galaad. Alla fine dell’assemblea parlarono con M. G. Henschel, il quale disse a Margarita che avrebbe potuto andare per tre mesi a Londra col marito per perfezionare il suo inglese e, se faceva progressi, avrebbe potuto andare a Galaad insieme a Salvador. Margarita quasi svenne per l’emozione e la sorpresa.

Perciò, invece di tornare in Spagna, gli Adriá andarono per tre mesi alla Betel di Londra. Qui perfezionarono il loro inglese e nel novembre 1961 partirono per New York, dove frequentarono la Scuola di Galaad. Gli Adriá tornarono poi in Spagna; erano la prima coppia di Spagnoli che ricevevano l’addestramento di Galaad.

Attualmente 69 diplomati della Scuola di Galaad prestano servizio in varie parti della Spagna. La loro opera è molto apprezzata, ed essi sono fonte d’incoraggiamento per le sorelle e i fratelli spagnoli.

IRRUZIONE DELLA POLIZIA IN GALIZIA

Anche in Galizia i testimoni di Geova sono stati perseguitati nel corso degli anni. Verso la fine del 1960, Francisco Córdoba e sua moglie Margarita Roca, che erano pionieri speciali a La Coruña dal 1958, furono condannati a pagare una multa di 1.000 pesetas (poco meno di 20.000 lire) a testa per il reato di proselitismo. In realtà, non erano stati sorpresi a predicare di casa in casa, né erano stati denunciati da qualcuno della zona. Si trattava semplicemente di un’iniziativa presa contro di loro dalla polizia. Ogni loro ricorso venne respinto.

In quell’epoca tenevamo le adunanze in un podere di Joane, ma bisognava essere molto cauti. Poiché nel podere c’era un negozio, i clienti andavano e venivano a tutte le ore del giorno e della notte. Perciò le adunanze si tenevano fuori in un hórreo, stretto edificio rettangolare tipico della Galizia che serve da granaio. Le adunanze iniziavano alle 22 o alle 23 e continuavano dopo la mezzanotte. Ogni volta che qualcuno entrava o usciva, si spegnevano le luci perché nel podere vicino non si notasse l’andirivieni. Dopo aver lavorato tutto il giorno nei campi, alcuni percorrevano anche 22 chilometri in bicicletta per recarsi alle adunanze. I pionieri speciali Francisco Córdoba e Jesús Arenas percorrevano 77 chilometri, tra andata e ritorno, per visitare il gruppo e tenere le adunanze.

Nel dicembre 1961, la polizia giunse all’improvviso nel podere dove Ramón Barca, sua moglie Carmen e il fratello di lei, Jesús Pose, stavano svolgendo il lavoro quotidiano. Senza avere un mandato ufficiale, la polizia perquisì la casa colonica e confiscò tutta la letteratura, inclusa una Bibbia Nácar-Colunga. I tre Testimoni furono arrestati e portati nella vicina città di Carballo, dove furono sottoposti a un interrogatorio di dieci ore. Due giorni dopo comparvero dinanzi al magistrato locale, il quale ammise che potevano praticare la loro religione in privato. Ma affermò che non potevano in alcun modo manifestare pubblicamente la loro fede. Il verdetto giunse tre settimane più tardi: dovevano pagare una multa di 500 pesetas a testa. Le multe non furono pagate, perché a quel tempo avevamo la consuetudine di non pagare la multa, ma di fare ricorso per cercare di ottenere giustizia per vie legali.

Nel rapporto che inviò al governatore provinciale, il comandante di polizia dichiarò che la condotta della famiglia era “buona sotto ogni aspetto, senza alcun precedente sfavorevole”, e che Ramón Barca era stato “giudicato dalla Guardia Civil persona ordinata e d’accordo col Regime”. Egli aggiunse che, pur essendo i tre testimoni di Geova, “è molto probabile che nel villaggio non siano stati compiuti atti di proselitismo, a motivo della difficoltà di trovare proseliti nella nostra regione dove la fede cattolica è tanto radicata”. Secondo lui probabilmente i Testimoni “si limitavano alla pratica di leggere privatamente commentari biblici in casa propria”. Tuttavia fu osservato che la coppia faceva frequenti visite a un Testimone nel capoluogo, La Coruña, per cui si presumeva che avessero commesso il reato di minacciare l’enigmatica “unità spirituale della Spagna”.

In quanto al materiale di studio biblico confiscato, il funzionario di polizia era dell’opinione che “si deve supporre che lo distribuiranno tra gli amici o i futuri membri di detta setta”. La presunta intenzione di compiere un atto era un motivo sufficiente per essere accusati. Durante la perquisizione la polizia trovò alcuni indirizzi, che erano “senza dubbio visitati nella loro opera di proselitismo”, benché “non si ritenga che questi atti possano avere grande ripercussione”, concluse il capo della polizia. (Il corsivo è nostro).

Nonostante questo rapporto relativamente favorevole, le sanzioni non furono revocate. La ragione era sottintesa nella notifica ufficiale in cui il governatore provinciale giustificava la sua azione: “Non abbiamo solo tenuto conto del rapporto del comando superiore della polizia, ma anche del contenuto della circolare riservata del ministero degli interni . . . che mette in guardia contro le attività della setta ‘Testimoni di Geova’, a cui appartengono i tre incriminati”. Questa circolare riservata era quella del marzo 1961, che dava disposizioni ai governatori civili di imporre multe di almeno 2.500 pesetas ai testimoni di Geova. Quindi, dal punto di vista del governatore provinciale, i Testimoni se l’erano cavata bene con solo 500 pesetas di multa.

Si fece appello alla Corte Suprema, che decise di considerare il caso a porte chiuse e in assenza sia degli accusati che degli avvocati. Il 27 giugno 1964, la Corte decise che i tre accusati erano colpevoli di aver commesso il reato di minacciare “l’unità spirituale della Spagna”. Pur ammettendo che la costituzione spagnola permette l’esercizio privato di religioni non cattoliche, la Corte decise che l’evidenza era sufficiente a provare che i tre Testimoni avevano fatto del proselitismo e avevano minacciato l’unità spirituale (cattolica) della nazione.

MENTALITÀ MEDIEVALE A CORDOBA

La persecuzione imperversò anche a Córdoba, città dell’Andalusia, nella Spagna meridionale, che a quel tempo aveva circa 200.000 abitanti. La città ha tradizioni arabo-moresche ben radicate dovute a secoli di occupazione da parte dei Mori. Uno degli edifici più famosi è la Mezquita (Moschea), trasformata in un luogo di culto cattolico. È uno dei più grandi edifici religiosi del mondo, lungo 180 metri e largo 130. Consiste di diciannove navate, le cui arcate sono sostenute da 850 colonne. In questa città c’è anche una sinagoga ebraica, a ricordo del tempo in cui vi era più tolleranza religiosa. Ma la Córdoba degli anni sessanta era ben diversa!

Tra i cristiani testimoni di Geova perseguitati a Córdoba all’inizio degli anni sessanta vi furono i pionieri Manuel Mula e Antonio Moriana. Erano stati mandati a Córdoba nel febbraio 1961. Un giorno vennero due poliziotti e li portarono al commissariato, insieme ad alcune delle nostre pubblicazioni più vecchie. Al commissariato i fratelli furono interrogati, ma la polizia non ne cavò alcuna informazione utile. Perciò cominciarono a percuotere i fratelli, prima con le mani, e poi con un manganello di gomma, colpendoli al dorso e alle gambe. Manuel finì con un occhio nero, ma la polizia non ottenne alcuna informazione compromettente.

Dal commissariato i pionieri furono portati in carcere dove rimasero per quattro giorni. Quindi venne notificato loro che entro dieci giorni Antonio doveva pagare una multa di 2.000 pesetas e Manuel una multa di 5.000 pesetas. Manuel ricevette l’ordine di lasciare la provincia, e in breve era di nuovo a Barcellona, in attesa di una nuova assegnazione. Tuttavia, nonostante questa esperienza Antonio Moriana poté continuare a svolgere la sua attività a Córdoba fino al maggio 1962.

Questo episodio è tipico. Diversi pionieri furono costretti ad andarsene da Córdoba a causa della pressione della polizia. Ma in effetti la polizia stessa agiva per istigazione del clero, nemico dei fedeli servitori di Geova.

A causa della costante minaccia di essere arrestati ed espulsi dalla città, la nostra opera a Córdoba come in altre parti della Spagna veniva svolta in quel tempo con estrema cautela. Non si offriva letteratura e neanche la si portava di casa in casa. Le pubblicazioni erano offerte alle visite ulteriori quando qualcuno manifestava sincero interesse. Invece di lavorare tutta una strada di porta in porta, visite isolate venivano fatte qua e là nel territorio, e neanche in uno stesso caseggiato si bussava a tutte le porte. In tal modo era molto difficile per la polizia localizzare i Testimoni mentre lavoravano il territorio.

Nella predicazione si usava solo la Bibbia cattolica; ma anche questa era considerata un’arma pericolosa nelle mani dei testimoni di Geova. Il clero esercitava pressioni ovunque e incoraggiava le autorità a perseguire penalmente chiunque studiava con i Testimoni. A volte la polizia si prestava volentieri al gioco, ma in altre occasioni interveniva malvolentieri. Naturalmente questo dipendeva dalla città o dalla provincia. A Córdoba la polizia era sempre pronta a intervenire.

AGGRESSIONE VERGOGNOSA

Uno degli attacchi più vergognosi contro i testimoni di Geova ebbe luogo verso la metà del 1962 nel podere di Los Lastres, presso Lucena, nella parte meridionale della provincia di Córdoba. La famiglia Montalbán aveva accettato la verità e aveva cominciato a predicare nei poderi vicini. In breve furono organizzate adunanze cristiane a cui assistevano da venti a trenta persone.

Il 28 maggio un sergente della Guardia Civil molto rozzo, insieme a un altro agente, venne al podere dei Montalbán. Il sergente chiese del capofamiglia e minacciò di arrestarlo se nella fattoria non si smetteva di studiare la Bibbia.

Quattro giorni dopo, il 1° giugno, un capitano, un sergente e altri due agenti si presentarono alla fattoria. Sgarbatamente borbottarono qualche cosa circa una “denuncia anonima” di attività politiche. Si fecero dare i nomi di tutti quelli che venivano da loro per lo studio biblico, che erano quasi tutti parenti della famiglia Montalbán. Imprudentemente, per mancanza di esperienza, i nomi furono dati. Quindi fu perquisita la fattoria, sebbene le guardie non avessero un mandato di perquisizione. Andarono poi in un altro podere, e benché il proprietario, che studiava la Bibbia, non fosse a casa, perquisirono la fattoria e portarono via alcune nostre pubblicazioni.

In quell’occasione l’unico componente della famiglia battezzato, Juan Montalbán Ortega, fu apertamente insultato e accusato di vivere in concubinato perché si era sposato a Gibilterra secondo la legge inglese, piuttosto che accettare il rito cattolico in Spagna. Il capitano redasse un rapporto della visita e ingiunse ai presenti di firmarlo. Ancora una volta la mancanza di esperienza li fece cadere nella trappola, e ventotto di loro firmarono la dichiarazione. Comunque insisterono perché fossero aggiunte le seguenti parole: “Studiamo la Bibbia perché è l’ispirata Parola di Dio, e nella Bibbia è dichiarato che si deve predicarla e farla conoscere onde portare un messaggio di salvezza a tutte le nazioni e allora verrà la fine. Matteo 24:14”.

Il 15 giugno il governatore civile di Córdoba condannò questi umili campagnoli a pagare complessivamente 40.000 pesetas (oltre mezzo milione) di multa. Dodici di loro ricevettero multe che andavano dalle famose 2.500 pesetas, raccomandate dalla circolare del ministero degli interni, a un massimo di 5.000 pesetas inflitte a quattro di loro. Furono accusati, secondo la formula consueta, di “minacciare l’unità spirituale della Spagna, facendo del proselitismo a favore della setta dei testimoni di Geova”.

Questo gruppo di interessati volevano fare ricorso. Perciò il padre, Antonio Montalbán, e suo figlio Juan si recarono a Córdoba, capoluogo della provincia, per trovare un avvocato disposto a difenderli. A vergogna del collegio degli avvocati di quella città, nessuno fu disposto ad assumersi la loro difesa o ad aiutarli. Essi fecero dunque del loro meglio secondo la limitata conoscenza che avevano della legge, depositarono un terzo dell’ammontare complessivo delle ammende, e presentarono ricorso a favore dei dodici imputati. Tuttavia, nessuno aveva detto loro che ci voleva un’autorizzazione, firmata da un notaio, per poter presentare il ricorso a favore degli altri dieci. Con questo cavillo il governatore civile respinse quei dieci ricorsi, ma trattenne il denaro depositato. Quindi gli unici ricorsi validi furono quelli del padre e del figlio che si erano recati in città. Questi furono respinti dal governatore civile e dal ministro degli interni, ma essendo validi poterono essere sottoposti alla Corte Suprema. Tuttavia il risultato finale del ricorso fu una sconfitta per i fratelli e per la libertà di espressione religiosa.

Nonostante gli ostacoli di quegli anni di persecuzione, è incoraggiante sapere che ora a Córdoba ci sono quattro fiorenti congregazioni con circa 350 proclamatori, e altre otto congregazioni nella provincia, inclusa una a Lucena, non lontano dal podere di Los Lastres.

CONTINUA PERSECUZIONE

La persistente persecuzione dei cristiani testimoni di Geova in Spagna dimostrava che le autorità di polizia prendevano a cuore le circolari del ministero degli interni, emanate dal 1959 al 1966. In città come Córdoba, San Sebastián, Jaén, Castellón de la Plana, e Murcia, i pionieri furono arrestati e imprigionati arbitrariamente, e lo stesso accadde a un gruppo di cinque proclamatori a Ciudad Real. Nella maggior parte dei casi veniva inflitta la sanzione minima di 2.500 pesetas, che però non fu mai pagata volontariamente. Bisogna precisarlo perché, nei casi presentati alla Corte Suprema, si doveva depositare in anticipo una somma corrispondente alle multe e, se si perdeva la causa, la somma era automaticamente perduta. D’altra parte, se si vinceva la causa, si poteva reclamare il denaro, benché di solito per riaverlo ci volesse molto più tempo di quello, molto breve, consentito dalla legge per depositarlo.

Non era facile avere assistenza legale. Vediamo per esempio quello che accadde a due giovani pioniere speciali, Francisca López e Francisca Almarza. Mentre prestavano servizio a Palencia all’inizio degli anni sessanta, in più di un’occasione furono inflitte loro pesanti multe per la loro opera di predicazione. Una volta, venne pagato un avvocato per difendere la loro causa, ma egli non lo fece. A causa della sua negligenza le due pioniere dovettero rimanere in prigione trenta giorni.

Questo caso particolare riflette una situazione che si verificava in tutta la Spagna: non c’erano avvocati disposti a difendere i testimoni di Geova. Uno o due cominciarono con buone intenzioni, ma all’intimidazione che difendendo i Testimoni avrebbero pregiudicato la propria carriera, il loro spirito combattivo svanì all’istante. Una felice eccezione è quella dell’avvocato Eduardo Ajuria, che, pur non essendo un Testimone, difese coraggiosamente i testimoni di Geova, e cercò sinceramente di far trionfare la giustizia per vie legali. Egli ha rappresentato innumerevoli volte i testimoni di Geova, anche dinanzi alla Corte Suprema.

VITTORIE DAVANTI ALLA CORTE SUPREMA

Alcune volte i testimoni di Geova hanno riportato vittorie legali dinanzi alla Corte Suprema spagnola. Lasciatecene dunque menzionare alcune.

Nel 1963 alcuni ispettori di polizia si recarono nella pensione “Monte Carlo” di Málaga, proprietà di Francisco Alonzo Valle e di sua moglie Esperanza. Erano accusati di tenere adunanze non autorizzate. La casa venne perquisita, e furono prese le impronte digitali anche ai loro due figli di otto e quattro anni soltanto. Il fratello Fernández, che aveva assistito alle adunanze, fu tanto bersagliato nel negozio di barbiere dove lavorava che alla fine fu licenziato. Il risultato di questa inchiesta della polizia fu che quattro di loro dovevano pagare 500 pesetas di multa a testa, e il fratello Fernández, considerato recidivo, 2.000 pesetas. Aveva ricevuto l’anno prima una multa perché testimone di Geova e invece di pagarla era stato quindici giorni in prigione.

Il caso di queste cinque persone fu presentato in appello al ministro degli interni. Ma l’appello fu respinto perché si riteneva che con le loro attività i Testimoni avessero “minacciato l’unità spirituale della Spagna”. Quindi si fece ricorso alla Corte Suprema. Il 20 ottobre 1966 la Corte Suprema annullò la sentenza del governatore civile di Malaga, ritenendo che ovviamente in adunanze private i commenti fatti sulla Bibbia dovevano essere in armonia con la dottrina professata da tutti i presenti e che perciò non si poteva considerarla propaganda allo scopo di fare proseliti. Inoltre, non era stato dimostrato che più di venti persone avessero assistito alle adunanze, e non si trattava dunque di una riunione non autorizzata che superasse i limiti previsti dalla legge. Questa fu una notevole vittoria che riconosceva il diritto di tenere le nostre adunanze.

È interessante notare che nei tre anni dal 1964 al 1967 la Corte Suprema confermò 38 delle oltre 50 cause che i testimoni di Geova avevano presentato alla Corte. Quasi tutte avevano a che fare con l’attività di predicazione, che costituiva per i giudici una manifestazione pubblica di credenze religiose non cattoliche, da essi considerata una violazione della legge vigente.

Il 10 giugno 1964, due giovani sorelle, Santiaga Sánchez ed Encarnita García, furono arrestate mentre si trovavano su una corriera in attesa di tornare a casa a Torralba de Calatrava. Furono accompagnate al commissariato di Ciudad Real dove vennero interrogate dalle 20 alle 4,30 dell’indomani mattina. Furono entrambe condannate a pagare una multa di 2.500 pesetas perché “appartenevano alla setta ‘Testimoni di Geova’” e perché “si recavano nel capoluogo per svolgere attività di proselitismo a favore della summenzionata setta”. La stessa notte dell’interrogatorio delle sorelle, altri tre “sospetti” furono arrestati e interrogati, e alla fine furono condannati a pagare il minimo stabilito di 2.500 pesetas di multa. Il ministero degli interni confermò in appello queste sanzioni. L’ultimo passo era di ricorrere alla Corte Suprema.

La questione sottoposta alla Corte era se l’ammissione fatta durante l’interrogatorio di essere un testimone di Geova era in se stessa motivo d’incriminazione. La Corte osservò che “a parte gli interrogatori individuali”, il verbale della polizia “era stato redatto senza alcun’altra azione o tentativo di suffragare i capi d’accusa, mediante testimonianze dirette o circostanziali che potessero contribuire a verificare i fatti”. I giudici riscontrarono “non solo imprecisione” nell’investigazione della polizia, ma una completa assenza di prove, che sono un’evidenza necessaria “in tutte le cause per poter considerare veri i fatti su cui si basa l’assunto”. La Corte concluse dunque che dagli “interrogatori si deduce solo una convinzione personale”. In quanto all’accusa di proselitismo pubblico, la Corte sostenne che “non era stata in alcun modo comprovata e il verbale non cercava neanche di farlo”. Per queste ragioni i quattro imputati furono prosciolti, ma non ricuperarono mai l’intera somma depositata per le multe.

In confronto alle condanne confermate, le vittorie legali furono rare. Eppure, nonostante arresti, multe ed espulsioni, i pionieri continuarono la loro intensa attività di predicazione e seguirono fedelmente l’esempio degli apostoli. (Atti 5:27-29) Anche i proclamatori furono spesso oggetto di persecuzione, ma i pionieri sostennero il grosso dell’attacco, spesso essendo isolati dove non avevano neanche l’incentivo dell’associazione e delle adunanze in una congregazione.

LA VERITÀ IN UN GUSCIO DI NOCE

A questo punto vogliamo soffermarci per raccontarvi il modo insolito in cui alcuni fratelli ebbero cura delle necessità fisiche e spirituali dei loro compagni di fede in carcere. Tutto ebbe inizio il 7 dicembre 1961, mentre Félix Llop conduceva uno studio con un piccolo gruppo a Oviedo. Senza preavviso due auto cariche di poliziotti fecero un’irruzione, la casa venne perquisita, e le Bibbie e la letteratura biblica furono confiscate. Félix e Sergio Cruz, un fratello cubano, furono portati in prigione. L’indomani anche le loro mogli dovettero presentarsi al commissariato. Dopo essere state interrogate per due giorni anch’esse furono incarcerate. Vennero fotografati tutti e quattro e si presero le loro impronte digitali, quindi furono trattenuti in carcere per dieci giorni prima che fosse emessa la sentenza. Vennero condannati complessivamente a 17.000 pesetas di multa per “atti di proselitismo clandestino compiuti a Oviedo per la setta dei testimoni di Geova”. Non fu concessa loro neanche la libertà provvisoria.

Ebbene, mentre i quattro Testimoni erano in prigione, i fratelli di fuori si rendevano conto delle loro necessità fisiche e spirituali. Perciò un giorno un detenuto fidato consegnò a Félix un pacco di viveri. Tra l’altro c’era un sacchetto di noci. Félix ne diede una manciata al detenuto e mandò metà del sacchetto a Sergio. Poco dopo il detenuto tornò dicendo: “Guarda cosa ho trovato nelle noci!” Erano pagine del libro “Accertatevi di ogni cosa”. Félix aprì prontamente tutte le noci e in ciascuna trovò una pagina di quella pubblicazione. Uno dei fratelli aveva aperto con cura tutte le noci, tolto il gheriglio, e, dopo averla ripiegata, vi aveva messo dentro una pagina, sigillando il guscio con la colla. Félix e Sergio nascosero le pagine all’interno di libri presi dalla biblioteca del carcere per poter leggere indisturbati.

Nello stesso mese Félix e sua moglie María furono rimandati alla loro provincia d’origine, Barcellona, lontana circa 1.130 chilometri. Il viaggio si protrasse per undici giorni con soste in sei squallide e luride prigioni. In tutto questo tempo Félix era sempre ammanettato insieme a criminali comuni. Giunti a Barcellona, le prove non erano finite, infatti vi furono altri interrogatori, e fu finalmente concessa loro la libertà provvisoria solo dopo che ebbero trascorso trentasette giorni in diverse prigioni.

SOFFRONO ANCHE I BAMBINI

Durante i lunghi anni di persecuzione, anche i figli dei testimoni di Geova subirono in Spagna opposizione e altre difficoltà. Per esempio, il 20 ottobre 1961 tutti i bambini della scuola elementare di Torralba de Calatrava (Ciudad Real) dovevano mettersi in fila per andare a messa. Juan García, il figlio di nove anni di un Testimone locale, uscì dai ranghi e spiegò all’insegnante, come aveva già fatto altre volte, che apparteneva a un’altra religione e perciò non poteva andare a messa. L’insegnante gli ordinò di prendere i suoi libri e andarsene da scuola per non tornarci più.

Il padre di Juan andò a scuola e cercò di ragionare con l’insegnante. Ma l’insegnante sostenne che non poteva tollerare allievi non cattolici in una scuola cattolica. Il padre gli fece osservare che nella cittadina non c’erano scuole non cattoliche, e poiché la legge garantiva l’istruzione per tutti, non era giusto espellere suo figlio per motivi religiosi. Ma l’insegnante non sentì ragioni e rifiutò di riammettere il ragazzo.

Il sindaco locale sottopose il caso ai suoi superiori, e nel febbraio 1962 l’insegnante fu costretto a riammettere a scuola Juan García. Intanto egli aveva perso più di tre mesi di scuola a causa di questo atteggiamento intollerante.

Un caso simile avvenne in un’altra località distante pochi chilometri, Carrión de Calatrava, dove l’insegnante a suon di botte costrinse Félix Angulo ad andare a messa. Il ragazzo fu poi espulso dalla scuola insieme a suo fratello e sua sorella. Questo ebbe luogo tre mesi dopo che era stato risolto il caso di Torralba.

Un altro caso, accaduto a Manresa (Barcellona), fu quello di Juanito Belmonte, figlio undicenne di José Belmonte. L’insegnante aveva ordinato a tutti i ragazzi di alzarsi e fare il saluto alla bandiera nazionale. Juanito si era alzato ma non aveva fatto il saluto. L’insegnante cominciò a picchiarlo e cercò di costringerlo ad alzare la mano nel saluto, ma invano. Allora fu ordinato al ragazzo di andarsene da scuola e non tornarci più. — Eso. 20:4-6; Sal. 3:8; 1 Giov. 5:21.

José, padre di Juanito, cercò di ragionare con l’insegnante, facendogli notare che non era richiesto il saluto alla bandiera per ricevere l’istruzione scolastica. José inoltre osservò che suo figlio aveva mostrato più rispetto per ciò che la bandiera rappresentava dell’insegnante stesso, che era passato a vie di fatto picchiando Juanito ed espellendolo da scuola. Ma l’insegnante non volle intendere ragione e gli sbatté la porta in faccia.

La cosa non finì qui. L’insegnante denunciò padre e figlio alla polizia per aver mancato di rispetto alla bandiera e aver tenuto in casa propria adunanze bibliche non autorizzate. La polizia intervenne e andò ad arrestare il fratello sul posto di lavoro, col pretesto di raccogliere la sua deposizione. Il risultato fu che il governatore civile di Barcellona condannò José Belmonte a pagare 5.000 pesetas di multa per aver incitato il figlio a mancare di rispetto alla bandiera.

ADOLESCENTI PERSEGUITATI

Nell’ottobre 1962, Jesús Laporta, un pioniere regolare di sedici anni, si trasferì a Castellón de la Plana sulla costa orientale mediterranea della Spagna. Il suo compagno pioniere era Florentino Castro. Il loro arrivo portò il gruppo locale a cinque proclamatori del Regno e diede incentivo all’attività di predicazione. Naturalmente questo attirò l’attenzione del clero e della polizia locale.

Nel luglio 1963 l’opera di predicazione aveva già prodotto in quella zona un gruppetto di credenti, non solo a Castellón, ma anche nelle cittadine vicine sparse in questa ricca regione di aranceti. Il 5 luglio Florentino venne arrestato, e tre giorni dopo la polizia trovò Jesús Laporta nella pensione. Entrambi furono accusati di propaganda illegale e proselitismo e rimasero in carcere per trenta giorni.

Nel dicembre 1963 Jesús divenne pioniere speciale; nel frattempo, la sua sorella di quattordici anni era venuta a stare con lui a Castellón. Il 2 aprile 1964 la polizia irruppe nella casa in sua assenza e, senza un mandato di perquisizione, rovistarono dappertutto e confiscarono Bibbie e letteratura biblica, e anche le chiavi di casa. Durante la battuta, trovarono il pioniere regolare Florentino Castro e lo arrestarono. Mentre si svolgeva la perquisizione, un altro pioniere regolare di diciassette anni, Juan Pedro Ruiz, arrivò all’improvviso e fu arrestato. Siccome non c’era tempo di fare ricorso contro le multe inflitte a questi due fratelli, essi dovettero trascorrere venti giorni in carcere.

Circa una settimana dopo l’irruzione in casa sua, Jesús fu arrestato dalla polizia, che era sulle sue tracce. Fu condannato a pagare 5.000 pesetas di multa, ma fece immediatamente ricorso. Dovette comunque stare otto giorni in carcere, durante i quali la sua sorellina rimase sola e senza nessuno che la proteggesse.

Le autorità furono spietate nel perseguitare questo gruppo di giovani, e tornarono all’attacco nel settembre 1964, arrestando di nuovo Florentino Castro e Juan Pedro Ruiz. Per aver “propagandato idee e svolto attività di proselitismo” della “setta protestante Testimoni di Geova”, furono condannati a pagare 5.000 pesetas di multa a testa. Così nel giro di quindici mesi Florentino era stato multato tre volte per la stessa infrazione.

Il ricorso di Jesús fu dibattuto alla Corte Suprema il 4 febbraio 1966, e la difesa si basò sul fatto che nessuna evidenza o prova era stata presentata contro l’accusato, né vi era stata una denuncia contro di lui. L’accusa basò i propri argomenti sulla precedente reputazione di Jesús e sulla dichiarazione della polizia che era noto per aver partecipato al proselitismo. La Corte Suprema confermò la condanna e stabilì un precedente pericoloso in base al quale si poteva condannare chiunque fosse noto come testimone di Geova. Fortunatamente però questa decisione fu controbilanciata dalla sentenza favorevole emessa nel novembre dello stesso anno nel caso di Ciudad Real e di cui abbiamo già parlato.

Nel 1966 Florentino lavorava ancora a Castellón, ma non come pioniere. Il 22 marzo, alle 12,15, due poliziotti vennero dove lavorava e lo arrestarono. Durante l’interrogatorio al comando di polizia venne colpito due volte mentre cercavano di avere da lui informazioni sugli altri fratelli del gruppo. Florentino venne accusato in base alla legge contro l’accattonaggio, benché fosse stato prelevato dal posto di lavoro, a indicare ovviamente che non era un accattone. Comunque, dopo sei giorni di prigione, giunse da Madrid l’ordine di scarcerazione, essendo evidente che non esisteva alcun motivo per accusarlo.

Durante quegli anni di aspra persecuzione, il progresso fu lento a Castellón. Infatti, nel marzo 1966, dopo quattro anni di attività dei pionieri, nella zona vi erano solo tredici proclamatori del Regno.

Nonostante l’approvazione della legge per la libertà religiosa nel 1967, la polizia di Castellón cercava ancora di molestare i testimoni di Geova, tanto che nell’aprile 1970 fece irruzione in una casa privata dove sedici adulti e cinque bambini si erano radunati per studiare la Bibbia. Gli agenti produssero un mandato di perquisizione, ma, quando videro che avevano interrotto uno studio biblico, se ne andarono con l’intesa che i fratelli si sarebbero presentati al commissariato. Qui furono accusati di tenere riunioni illecite, e l’accusa fu presentata al giudice locale. La cosa fu portata all’attenzione della commissione per la libertà religiosa da poco istituita. Questo bastò perché la polizia non ne facesse più nulla, e fu una prova che sotto certi aspetti la commissione era in grado di garantire la libertà religiosa.

Nel 1970 la congregazione di Castellón ebbe uno straordinario aumento: in aprile avevano fatto rapporto 79 proclamatori, e in giugno il numero era salito a 108. Poco dopo si formarono gruppi separati nelle cittadine vicine di Burriana e Vall d’Uxó. Poi, quando fu riconosciuta l’Associazione dei Testimoni di Geova, quella di Castellón fu la prima congregazione che costruì la propria Sala del Regno. Questa sala, con oltre 200 posti a sedere, venne inaugurata dal sorvegliante di filiale nella primavera del 1971. Che cambiamento dopo nove anni di angherie da parte della polizia! Questo era un altro esempio di come la campagna del ministero degli interni per eliminare i testimoni di Geova, durata otto anni, era completamente fallita, nonostante lo zelo della polizia locale nell’ubbidire alle ordinanze e alle circolari.

ARRESTI AD ALMERIA

In quell’epoca, la polizia interveniva in un luogo dopo l’altro, inclusa la città di Almería, sulla costa meridionale della Spagna. Le giovani pioniere speciali Ester Sillas Evangelio e Ana María Torregrosa vi erano state mandate nel marzo 1962. In aprile ebbero la visita del sorvegliante di circoscrizione, Enrique Roca, e sua moglie, che stettero con loro nell’appartamento che avevano affittato.

Una mattina bussarono alla porta ed Ester chiese chi era. La risposta? “Polizia!” “La polizia?” ripeté Ester ad alta voce. Era un avvertimento per il sorvegliante di circoscrizione e sua moglie, benché la polizia non se ne rendesse conto. Ester agì con prontezza e chiese subito agli agenti se avevano un mandato di perquisizione. Non l’avevano, ma lei doveva accompagnarli al commissariato. Naturalmente nel frattempo Enrique e sua moglie se ne andarono. Anzi il fratello di Roca se ne andò tanto in fretta che dimenticò di mettere a posto la sua camera da letto, quindi quando gli agenti vi entrarono c’era un letto singolo e, per terra, il materasso su cui aveva dormito, col pigiama ancora in vista.

Il poliziotto chiese a Ester chi vi dormiva. “Io”, fu la risposta. “Come mai su due letti?” chiese il poliziotto. Cercando di scherzare essa replicò: “Questo materasso è così comodo che quando sono stanca del mio letto dormo sul materasso”. Il poliziotto si mise a ridere e non fece altre domande.

Le sorelle furono trattenute nelle celle del commissariato per quattro giorni e tre notti. Erano interrogate di continuo e in genere separatamente. L’interrogatorio non fu uno scherzo. Posta sotto una luce abbagliante Ester fu bombardata di domande dagli agenti. Fingendosi un po’ tonta rispose senza alcun nesso logico. Ma quando trionfanti la sorpresero a contraddirsi, essa chiese incredula: “Mi sono contraddetta? Fatemi vedere cosa ho firmato ieri”. Le mostrarono la sua deposizione che rilesse con molta attenzione per non ricadere un’altra volta nello stesso errore. Non era tonta come dava a intendere. Quando le facevano domande difficili, Ester chiedeva di potersi concentrare un momento, tempo che le consentiva di chiedere aiuto a Geova in preghiera. — Vedi I Samuele 21:12-15.

UN GIUDICE BENEVOLO

Le pioniere furono poi condotte in tribunale, dove furono interrogate dal giudice e dovettero firmare un’altra deposizione. Secondo l’ordinamento giudiziario spagnolo, dopo le deposizioni o dichiarazioni raccolte dalla polizia, l’accusato è condotto in tribunale per essere interrogato dal giudice, che decide se vi è luogo a procedere. In tal caso determina la sanzione. Secondo un’altra procedura amministrativa, tali casi possono essere risolti dal governatore civile, che basa la sua decisione sull’evidenza presentata nel verbale della polizia e sulle dichiarazioni dell’accusato. Quest’ultima procedura fu applicata a quasi tutti i casi relativi ai testimoni di Geova.

Quando le sorelle ebbero firmato la deposizione dinanzi al giudice, questi cominciò a far loro altre domande, ma in tono benevolo. Disse loro che non avevano nulla da temere; avevano firmato la deposizione e non sarebbero state mosse contro di loro altre imputazioni. Ester approfittò di quest’opportunità per dare testimonianza in presenza di una quindicina di persone, tra cui funzionari e poliziotti. Quando finì di parlare, quale fu la loro sorpresa sentendo dire dal giudice che erano libere e che potevano ritirare quello che la polizia aveva confiscato durante la perquisizione!

Ma quando le sorelle uscirono nel corridoio, la situazione cambiò. Due agenti in uniforme si fecero avanti e dissero alle ragazze di accompagnarli al commissariato per sistemare la faccenda. Giuntevi, Ester e Ana María furono informate che il governatore civile le aveva condannate a pagare una multa di 2.000 pesetas a testa, e che, se non la pagavano, dovevano andare in prigione. Fu così che finirono in prigione.

Una volta in prigione s’aprì loro un nuovo territorio, poiché poterono predicare alle altre detenute, ai funzionari e alle monache. Ma era difficile riuscire a dare testimonianza alle altre carcerate, perché le monache facevano di tutto per impedire tali contatti. Nell’ora d’aria, tutte le carcerate potevano passeggiare liberamente tranne Ester e Ana María, che dovevano restare in cella. Questo però non era un ostacolo, perché le altre carcerate che desideravano parlare con le sorelle si arrampicavano su un albero di fico fuori della loro cella e parlavano dalla finestra. Le sorelle, a loro volta, appoggiavano il letto alla parete della cella e vi si arrampicavano per continuare la testimonianza. Quando si avvicinavano le monache e non potevano parlare, le sorelle cantavano cantici del Regno, con stupore delle altre detenute. Come facevano a essere così felici quando tutte le altre erano così tristi?

Quel mese di prigione fu inaspettatamente utile per Ester: le diede il tempo e l’opportunità di leggere tutta la Bibbia da cima a fondo.

Miguel Gil, che era pioniere speciale a Granada, fu mandato ad Almería per cercare un avvocato disposto ad aiutare le sorelle. L’avvocato parlò al giudice che si era occupato del caso, e il giudice fu talmente indignato del trattamento riservato alle ragazze che andò a trovarle in prigione. Tuttavia non gli fu permesso d’entrare col pretesto che erano in isolamento, il che era una menzogna. Egli insisté per vederle e alla fine ci riuscì. Il giudice si offrì di aiutarle in ogni modo possibile, anche scrivendo alle loro famiglie per rassicurarle. Inoltre le incoraggiò a proseguire il loro buon lavoro una volta uscite di prigione, aggiungendo che sarebbe stato lieto di ricevere una loro visita. Questo generoso intervento fu molto incoraggiante per Ester e Ana María.

Quando uscirono finalmente di prigione ebbero la gioia di trovare Miguel Gil ad aspettarle. Fra l’altro, ogni evidenza indicava che dovevano quel mese di prigione all’attività del curato di Pescadería, un quartiere della città. Egli aveva spaventato la gente e senza dubbio era stato lui a denunciare le sorelle alla polizia.

Ad Almería, questo non fu il solo incontro con la polizia. Ma meritava di essere citato per la benevolenza mostrata da un giudice di quella città. Col passar degli anni la congregazione di Almería è cresciuta. Nel 1972, dopo qualche difficoltà col municipio, i fratelli inaugurarono la Sala del Regno. Oggi la congregazione di quella città conta 124 proclamatori, otto pionieri regolari e due pionieri speciali.

CONTINUA LA LOTTA A MAIORCA

Dopo aver parlato delle prove subite dal popolo di Geova in Spagna, consideriamo la loro attività nell’isola di Maiorca. Nel 1961 la situazione dei fratelli di Maiorca peggiorò. Tutti quelli che ricevevano pacchi di letteratura erano sorvegliati, e quando camminavano per strada con la letteratura nella borsa i Testimoni correvano il rischio di finire “dentro” per una settimana, se venivano fermati dalla polizia. Nel giugno di quell’anno, anche in casa i fratelli furono importunati dalle costanti visite della polizia.

Non si sapeva mai quando potevano sorgere difficoltà. Per esempio, una volta Antonio Molina e Gabriel Vaquer stavano predicando a Palma di Maiorca quando un signore li invitò ad entrare per considerare con lui l’opuscolo “Questa buona notizia del regno”. Prima di tutto dovette andare a cercare gli occhiali. Poi sua moglie uscì per andare a comprare il latte. Qualche minuto dopo tornò col “latte”: due poliziotti in borghese che cominciarono a interrogare i fratelli. Antonio e Gabriel chiesero che i due si identificassero. Ebbene, uno era tenente colonnello della Guardia Civil e l’altro brigadiere. Quel “latte” era davvero acido! Anche il padrone di casa faceva parte della Guardia Civil. I fratelli furono interrogati e quindi condotti in prigione, dove rimasero quindici giorni.

Per il popolo di Geova la situazione a Palma era orribile. Sembrava che ovunque ci fossero spie e nemici pronti a cogliere in flagrante i testimoni di Geova quando parlavano della Parola di Dio. Per esempio, il 27 maggio 1962, Félix Lumbreras, padre di tre figli, e Catalina Forteza de Mula, moglie del Manuel Mula più volte arrestato, stavano conversando con una signora interessata. Un poliziotto che abitava nell’appartamento di fronte uscì di casa e scese le scale. Quando i Testimoni uscirono dal caseggiato, egli li aspettava per arrestarli. Ricevettero una multa di 1.000 pesetas a testa.

Il 14 novembre 1963, Jaime Sastre e Antonia Galindo furono arrestati mentre predicavano di casa in casa. Senza saperlo avevano pronunciato un sermone biblico a un agente della guardia civile. Quando la moglie di Jaime andò al commissariato per avere notizie del marito, gli agenti negarono di averlo arrestato. Ma quando si recò nell’ufficio del governatore civile, seppe per mezzo del suo segretario che il marito era trattenuto al comando della Guardia Civil. Essa andò a cercarlo e le dissero che la prossima volta che prendevano suo marito gli avrebbero dato tre mesi di prigione. Poi, se lo rinchiudevano un’altra volta, avrebbero buttato via la chiave. Non le fu permesso di vedere il marito, ma il risultato fu che entrambi furono condannati a pagare una multa, e il governatore civile respinse il loro ricorso.

Il 25 dicembre 1963, cinque fratelli della congregazione di Inca avevano dato testimonianza nel territorio non assegnato di Petra. Mentre aspettavano il treno per tornare a Inca, i fratelli notarono che un fanatico incontrato quella mattina aveva fatto una breve apparizione in stazione e se n’era andato. Poco dopo comparve un agente della guardia civile che chiese ai fratelli di accompagnarlo al commissariato. Furono perquisiti e tutte le pubblicazioni che avevano, incluse le Bibbie, furono confiscate. Dovettero tutti firmare una deposizione, e quindi furono rilasciati. In seguito, quattro di loro furono multati.

SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA

Il 10 dicembre 1965, la Corte Suprema decise di raggruppare i diversi casi di Maiorca. Fu pronunciata dunque una sentenza sui ricorsi di Félix Lumbreras e Catalina Forteza de Mula, Jaime Sastre e Antonia Galindo, e anche dei quattro fratelli di Inca arrestati a Petra.

La sentenza uguale per tutti fu che i Testimoni non si erano limitati all’esercizio privato della loro religione. Al contrario, si affermò che “preferivano manifestarsi apertamente quali attivi e consapevoli agenti del proselitismo, esercitato pubblicamente mediante diffusione di propaganda e numerose visite a domicilio, per cui erano evidentemente in trasgressione”. I ricorsi furono respinti e si persero tutte le cause.

Non c’era dubbio sull’atteggiamento delle autorità nei confronti del popolo di Geova. Erano decisi a eliminare i servitori di Dio con l’intimidazione e gettandoli in prigione. Un fratello di Inca parlò con un tenente della Guardia Civil che conosceva personalmente. Durante la conversazione il tenente disse: “Finora non abbiamo cercato di farvi alcun male, ma ora gli ordini sono di ‘sterminarvi’. Piuttosto che perdere la mia uniforme, vi farò ballare. . . . Abbiamo ricevuto ordine dal governatore di andare di casa in casa per avvertire tutti gli abitanti di Inca di avvisarci delle vostre visite. Ovunque vi troviamo, abbiamo ordine di ammanettarvi e portarvi dritti in prigione”.

RESPONSABILITÀ DEL CLERO

Naturalmente la Chiesa Cattolica era all’origine di tutta questa persecuzione e il clero si rallegrava dei maltrattamenti subiti dai Testimoni. Per esempio, il 18 settembre 1962, il vescovo di Maiorca disse in una trasmissione radio: “Rendiamo grazie a Dio per averci aiutati a vedere chi in realtà agisce bene. Rendiamo grazie a Dio per averci aiutati a vedere chi in realtà falsifica la Parola del buon Dio. Guardateli! Sono in prigione, processati e puniti. . . . Ora consideriamo la religione cattolica. Ancora una volta rendiamo grazie a Dio che essa continua a essere la vera religione”. Invece di ringraziare Dio, dovevano essere grati al governatore civile e alla Guardia Civil che cercavano di salvaguardare il primato cattolico.

Un fanatico avversario dei testimoni di Geova era il curato della parrocchia di Cristo Rey a Inca. Fu responsabile di alcune trasmissioni radio contro i Testimoni, e pubblicò articoli diffamatori contro il popolo di Dio. Inoltre andava di casa in casa a raccogliere la letteratura lasciata dai testimoni di Geova per bruciarla. Dieci anni più tardi questa storia ebbe uno strano seguito. Nel 1971 Luis Salazar era in vacanza a Inca e per caso capitò in casa di questo parroco. Fu invitato ad entrare e, dopo una breve conversazione biblica, il sacerdote disse che voleva chiedere perdono per le sue passate azioni contro i testimoni di Geova. Ora si rendeva conto del suo errore ed era cosciente d’aver agito in modo poco cristiano. Fece vedere al fratello Salazar che aveva i libri della Società nella libreria e quindi osservò: “Se esistono uomini buoni o santi in questo mondo, si trovano tra i testimoni di Geova”.

RAFFORZATI DALLA PERSECUZIONE

Quegli anni difficili servirono solo a rafforzare il popolo di Geova. Nel dicembre 1972 c’erano 500 proclamatori a Maiorca, 26 nell’isola di Ibiza e 40 nell’isola di Minorca. Attualmente a Maiorca ci sono 950 proclamatori, 61 a Ibiza e 91 a Minorca. Cosa interessante, a Palma c’è un Testimone ogni 385 abitanti, mentre la media nazionale è di uno ogni 908.

Mediante la sua organizzazione visibile Geova ha aiutato il suo popolo in tutta la Spagna negli anni particolarmente difficili dal 1958 al 1967. In quel periodo ci fu qualche forma di persecuzione in quasi tutte le maggiori città. Questo racconto include solo pochi esempi significativi dei maltrattamenti subiti dai pionieri e dai testimoni di Geova in generale.

Tra gli altri ci furono casi di persecuzione a Huelva e Alicante. A Manresa (Barcellona) quattordici persone furono arrestate nel 1962 per aver studiato insieme la Bibbia, ma le accuse furono poi ritirate. A Saragozza, dove nel 1960 il pioniere speciale Máximo Murcia e sua moglie furono incarcerati per quindici giorni, una famiglia americana subì le angherie del prete e della polizia per aver permesso di tenere adunanze bibliche in casa propria. Potremmo continuare l’elenco menzionando l’espulsione del missionario Carl Warner nel 1961. Sì, durante quel decennio ci furono innumerevoli casi di persecuzione e continue angherie in tutta la Spagna. Ma queste difficoltà rafforzarono la fede dei fratelli e Geova li aiutò a continuare a fare la sua volontà, e il risultato fu uno straordinario aumento.

L’opposizione del clero, sia cattolico che protestante, non è mai cessata. Naturalmente ebbero per anni l’attiva collaborazione del ministero degli interni. A chiara prova che non c’era stato alcun vero cambiamento, sebbene il governo stesse preparando la legge per la libertà religiosa, citiamo la Circolare N. 5 del 1966, della direzione generale del ministero degli interni. In data 24 febbraio 1966, come direttiva a tutti i governatori civili, diceva in parte:

“È necessario prendere misure più esemplari nella repressione delle illecite attività di proselitismo che i membri della setta nota come ‘Testimoni di Geova’ svolgono in tutto il territorio nazionale . . . La ragione sta nel fatto che le attuali sanzioni pecuniarie non sono abbastanza efficaci per fermare tali attività. . . . Di conseguenza, esorto Vostra Eccellenza, per ordine di Sua Eccellenza il ministro degli interni”, di denunciare ai tribunali competenti per casi di accattonaggio “tutti i membri di detta setta sorpresi a svolgere tali attività”. Diciotto mesi più tardi la legge per la libertà religiosa entrò in vigore e l’atteggiamento generale nei confronti dei testimoni di Geova diventò più favorevole. Anche le autorità divennero più tolleranti in seguito alla nuova legge.

UN EMINENTE GIURISTA ESAMINA LA LOTTA LEGALE

La lotta sostenuta dai testimoni di Geova in quegli anni di aspra persecuzione diede una rimarchevole testimonianza nei circoli giuridici della nazione. Molti avvocati e giudici ebbero il primo contatto col popolo di Dio grazie alla nostra tenacia nel ricorrere alla Corte Suprema in ogni caso possibile, per ottenere giustizia e libertà religiosa. Questo fatto fu notato dall’eminente giurista spagnolo, Lorenzo Martín-Retortillo, professore di giurisprudenza prima all’Università di Salamanca e ora all’Università di Saragozza. Nel 1970 egli pubblicò uno studio sulla libertà religiosa e l’ordine pubblico.

Quest’opera di 78 pagine fa un’analisi di numerosi casi sottoposti alla Corte Suprema che costrinsero la Corte a definire l’esercizio privato dell’espressione religiosa in Spagna, e a interpretare la frase “l’unità spirituale della Spagna”.

In seguito allo studio dei capi d’accusa considerati, questo giurista scrisse: “Non è difficile giungere a una conclusione: i seguenti tipi di condotta sono penalizzati e perseguiti come contrari all’ordine pubblico: tenere adunanze per commentare la Bibbia o altri testi religiosi; possedere pubblicazioni di propaganda religiosa; fare visite in casa di amici o di estranei al fine di diffondere la religione; viaggiare e prendere contatti allo stesso scopo, ecc. Si tratta, pertanto, di atti di culto, come avviene in molte delle adunanze . . . o atti di apostolato religioso”.

Sebbene quasi in ogni pagina siano citati casi di testimoni di Geova, il terzo capitolo di questo studio è intitolato “Particolare incidenza delle sanzioni contro i ‘Testimoni di Geova’”. In parte, dichiara: “Se si studiano dieci anni di giurisprudenza, e si osservano le sanzioni governative per ragioni di ordine pubblico che riguardano la condotta religiosa, c’è un fatto che decisamente richiama l’attenzione: In quasi tutti i casi considerati, gli imputati appartengono a un unico gruppo religioso. Coloro che hanno fatto ricorso contro le sanzioni amministrative sono praticamente tutti ‘Testimoni di Geova’”.

Essendo giunto a questa conclusione, Lorenzo Martín-Retortillo pone le seguenti domande: “I ‘Testimoni di Geova’ sono l’unico gruppo tra i non cattolici a svolgere le loro attività, andando oltre i limiti tollerati? L’amministrazione ritiene che questo gruppo debba essere oggetto di speciale attenzione a causa di speciale pericolosità, significato, attivismo, o qualunque altra circostanza? . . . Come si può comprendere, si tratta di interrogativi che non posso risolvere ora, né pretendo di farlo. . . . Comunque non vi è alcun ostacolo ad esprimere la perplessità che deriva dal riscontrare che, nel periodo studiato, in relazione al tema della religione, le sanzioni sono state unanimemente dirette contro i membri di una determinata confessione”.

Una delle fondamentali conclusioni cui pervenne Lorenzo Martín-Retortillo nella sua analisi fu che la persecuzione ufficiale dei testimoni di Geova era il risultato del loro proselitismo attivo, della loro posizione come obiettori di coscienza e del fatto che alcune delle loro pubblicazioni erano state critiche nei confronti del regime spagnolo. Naturalmente i testimoni di Geova sono in effetti neutrali nei confronti della politica. (Giov. 17:16) Nondimeno da ciò possiamo trarre la conclusione che se le sette protestanti non furono ufficialmente soggette a persecuzione, era perché non s’impegnavano in alcuna attività di predicazione pubblica e non rispettavano la neutralità cristiana, due requisiti fondamentali per i veri seguaci di Gesù Cristo.

BENEFICI DELLA SCUOLA DI MINISTERO DEL REGNO

Durante gli anni di intensa persecuzione, si fece di tutto per provvedere aiuto e direttiva spirituale. Perciò, nel dicembre 1961, la filiale della Società in Spagna organizzò le prime classi della Scuola di Ministero del Regno. Naturalmente, non si poteva tenere la scuola come negli altri paesi, per un mese o, in seguito, per due settimane; ma durava due mesi e veniva tenuta la sera. Le prime due classi si tennero a Barcellona. Per non attirare l’attenzione vi partecipavano solo da 12 a 15 studenti.

Dal 1962 all’aprile 1968, ben 347 servitori e pionieri ricevettero l’addestramento e l’istruzione della Scuola di Ministero del Regno. Quando si teneva a Barcellona, i fratelli della filiale potevano fare personalmente la conoscenza dei sorveglianti e ascoltare i loro problemi. Le conferenze erano inoltre pronunciate da cinque componenti della famiglia Betel. Finora in Spagna 1.342 fratelli hanno frequentato la Scuola di Ministero del Regno.

RAFFORZATI DALLE ASSEMBLEE

Durante tutti gli anni della nostra attività clandestina, continuavamo a ricevere cibo spirituale mediante speciali disposizioni prese per tenere le assemblee di circoscrizione. Poiché era pericoloso radunare tutti i fratelli in una volta, fu adottato un procedimento speciale per cui il programma dell’assemblea poteva essere trasmesso a tutte le congregazioni di ogni circoscrizione. I sorveglianti ricevevano copie del programma e quindi assistevano all’assemblea. In questo modo il numero dei presenti variava dai 100 ai 200. Inoltre, il luogo di ogni assemblea veniva scelto con cura, di solito all’aperto, per esempio nel bosco, in montagna o su una spiaggia. Potevano riunirsi anche in una casa privata, se era abbastanza isolata. Ad ogni modo, i sorveglianti presenti seguivano attentamente il programma, prendendo appunti. In seguito il programma dell’assemblea veniva ripetuto nelle rispettive congregazioni.

Si dovevano prendere molte precauzioni per accertarsi che il luogo dell’assemblea non venisse scoperto dalla polizia. Ci furono dei problemi durante un’assemblea di circoscrizione nel 1969, quando la polizia di Siviglia venne a conoscenza di un grosso raduno che aveva luogo nel cortile di una casa privata e ci fu un’irruzione di macchine e furgoni della polizia. Vi erano circa 250 presenti tra fratelli e interessati. Tutti gli uomini e le sorelle nubili furono scortati al comando di polizia per essere interrogati, inoltre tutti i libri furono confiscati per non essere più restituiti. Dieci fratelli furono trattenuti in carcere per quattro giorni. Uno degli arrestati era il marito contrario di una sorella, venuto per curiosità. Egli fu così colpito dalla condotta dei fratelli in prigione che, quando fu liberato, cominciò a studiare e alla fine fu battezzato. Molta pubblicità venne data in tutto il mondo a quest’azione della polizia, e forse per questo non fu presa alcuna misura contro i fratelli.

LE ASSEMBLEE DI DISTRETTO ALL’ESTERO

Ma che dire delle assemblee di distretto durante questo periodo di persecuzione? Come poterono i fratelli beneficiare di quei programmi? Ebbene, treni speciali e autobus venivano prenotati ogni anno, e i fratelli si recavano in Francia, Italia o Svizzera per assistere a questi congressi.

Per esempio, i fratelli spagnoli furono entusiasti di assistere nel 1969 a un’assemblea a Roma. Poiché quasi tutti erano ex cattolici, si rallegravano al pensiero di poter tenere un congresso nel “cortile” del papa. Naturalmente il paradosso della situazione era che non potevano tenere un’assemblea nella Spagna “più papista del papa”! Tra l’altro, mentre erano a Roma, alcuni Testimoni spagnoli visitarono le catacombe, un tempo associate al cristianesimo primitivo. Queste attirarono molta curiosità, poiché i fratelli spagnoli dovevano ancora tenere le adunanze in segreto a causa dei persecutori, come al tempo delle “catacombe”.

Nel luglio 1970 fu concesso ai testimoni di Geova il riconoscimento ufficiale in Spagna e vi si poterono quindi tenere le assemblee. Comunque era già stato fatto il contratto per tenere nel 1971 l’assemblea di distretto a Tolosa, in Francia. Ma essendoci in Spagna un’epidemia di colera, le autorità francesi rifiutarono all’ultimo momento il permesso per tenere l’assemblea spagnola. Perciò si cercò immediatamente un locale adatto per l’assemblea a Barcellona. Dopo aver superato grandi difficoltà, fu possibile affittare Las Arenas, la più vecchia e sudicia delle due arene per corride di Barcellona. C’era poco tempo e i fratelli lavorarono sodo per pulire l’arena. Il custode disse infatti che non l’aveva mai vista così pulita da trent’anni a questa parte, e fu sorpreso dallo spirito dei fratelli.

Ma allora scoppiò la “bomba”. Il governatore civile di Barcellona era assente e il suo sostituto rifiutò di concedere il permesso di tenere l’assemblea perché l’autorizzazione non era stata richiesta dieci giorni prima dell’avvenimento. I fratelli che lavoravano nell’arena ricevettero la notizia proprio alla vigilia dell’inizio dell’assemblea. Molti Testimoni provenienti da regioni lontane erano già in viaggio per venire al congresso. Quando giunsero a Barcellona appresero la cattiva notizia. Ma con adattabilità tutta spagnola, ne fecero una gita turistica e visitarono le Sale del Regno locali, oltre alla Betel e ad altri luoghi interessanti. Perciò trassero ugualmente qualche beneficio spirituale dal loro viaggio. In seguito, assemblee sostitutive furono tenute in vari luoghi, e vi furono complessivamente 20.176 presenti. In occasione di queste assemblee ci furono 483 battezzati.

Negli ultimi anni si sono incontrate varie difficoltà per organizzare le assemblee cristiane. Comunque, con l’aiuto di Geova siamo riusciti, in un modo o nell’altro, a superare questi problemi. Finora, negli anni settanta abbiamo avuto molte splendide assemblee che ci hanno rafforzati spiritualmente.

L’ultima volta che i fratelli spagnoli dovettero andare all’estero per un’assemblea fu nel 1973, quando fu impossibile affittare in Spagna un luogo adeguato per un’assemblea internazionale. Così una volta ancora partirono con voli speciali, treni e autobus, oltre alle macchine private, col risultato che oltre 19.000 affollarono l’immenso palazzo dei congressi alla Fiera Mondiale di Bruxelles, in Belgio. Questa Assemblea Internazionale “Vittoria Divina” fu motivo di gioia per i Testimoni spagnoli che poterono stare piacevolmente insieme a 31.000 fratelli di lingua francese, fiamminga e portoghese, provenienti da molti paesi. Che emozione fu vedere 1.273 nuovi cristiani spagnoli battezzati in simbolo della loro dedicazione!

Da allora in poi le assemblee di distretto sono state tenute in Spagna in molte città e locali diversi, fra cui gli stadi di Salamanca, Gijón, Sabadell, Almería ed Estepona, e le arene di Barcellona, Madrid e Marbella. Ogni assemblea ha permesso ai fratelli spagnoli di acquistare preziosa esperienza ed essi hanno atteso con ansia l’assemblea internazionale del 1978, tenuta a Barcellona; è stata per loro una gioia servire i compagni di fede di molti paesi, specialmente quelli che in passato sono stati così ospitali verso di loro in Francia, Svizzera, Italia e Belgio.

I TESTIMONI DI GEOVA RICONOSCIUTI NEL 1970!

Per molti anni prima che venisse approvata la legge per la libertà religiosa, i testimoni di Geova avevano cercato di ottenere il riconoscimento ufficiale in Spagna. Il primo tentativo fu fatto nel 1956, quando furono presentate al governatore civile di Barcellona una petizione e una copia dello statuto proposto. Questo tentativo non ebbe successo. Un altro passo fu tentato nel 1965, quando il fratello Knorr inviò un appello scritto al governo spagnolo, chiedendo quale procedura si doveva seguire per ottenere il riconoscimento della Società e dei Testimoni di Geova. Di nuovo non si ottenne alcun risultato pratico.

Il 28 giugno 1967, dopo un prolungato dibattito a Las Cortes (il parlamento spagnolo) e un ancor più lungo studio preliminare da parte di esperti legali ed ecclesiastici, la legge per la libertà religiosa fu accettata e approvata. Questa legge accordava la libertà religiosa, ma introduceva anche un controllo religioso, poiché la legge prevedeva che ogni religione, tranne la cattolica, si doveva sottoporre allo scrutinio del ministero della giustizia. La legge prevedeva un rigido controllo dei membri e anche una verifica finanziaria annuale, con una chiara giustificazione degli introiti e delle spese.

Le sette protestanti non erano d’accordo con questa legge e tardarono a chiedere il riconoscimento, tanto che il governo concesse una proroga per la registrazione fino al maggio 1968. Comunque, la Watch Tower Society fu probabilmente la prima a chiedere la registrazione e a presentarne domanda il 12 dicembre 1967. Il bollettino del ministero della giustizia del 31 maggio 1969 rivelò che la prima religione registrata era la Chiesa Riformata Presbiteriana, che aveva un solo luogo di culto e un ministro riconosciuto, approvati nel maggio 1968. Quel numero del bollettino elencava 105 gruppi religiosi — tra cui Chiesa Evangelica dei Fratelli, Scienza Cristiana, mormoni, ebrei, pentecostali, anglicani, battisti, avventisti, Assemblea di Dio, evangelici, musulmani — infatti, praticamente ogni religione tranne quella di cui si notava l’assenza: i Testimoni di Geova. Per il loro riconoscimento si dovette attendere fino al 10 luglio 1970. Quando fu pubblicato il successivo elenco delle religioni riconosciute, i testimoni di Geova avevano il numero 131. Ma finalmente avevano ottenuto in Spagna il riconoscimento ufficiale!

L’ultimo elenco pubblicato il 15 dicembre 1975 includeva 238 gruppi religiosi. In quest’ultimo opuscolo di 83 pagine ciascun gruppo religioso è elencato per città e villaggi, e anche secondo i luoghi di culto. I testimoni di Geova occupano il 37 per cento di tutte le pagine del bollettino, essendo indiscutibilmente la seconda religione della Spagna dopo la Chiesa Cattolica.

Ottenuto il riconoscimento, si fecero subito i piani per aprire Sale del Regno e cercare un terreno adatto per costruire una casa Betel. La prima Sala del Regno fu inaugurata il 19 dicembre 1970, nel Barrio del Pilar, un nuovo quartiere residenziale in una zona popolare di Madrid.

Nel febbraio 1971, il fratello Knorr venne in Spagna e parlò in pubblico a Madrid e Barcellona, con un totale di oltre 14.000 presenti. Gli sembrava incredibile parlare effettivamente a un così gran numero di fratelli spagnoli, e in Spagna!

Il fratello Knorr approfittò di quella visita per esaminare possibili edifici per la filiale, e optò per una costruzione di sei piani in Calle Pardo 65, a Barcellona, dove si trovano tuttora la filiale e la casa Betel. Una volta effettuato l’acquisto, si organizzarono i lavori di trasformazione. Furono invitati volontari dalle congregazioni di Barcellona, e furono chiamati pionieri esperti come carpentieri, muratori, stuccatori, imbianchini, ecc. Si trattava di un edificio nuovo che non era stato mai usato, e infatti, era destinato a uso industriale. Perciò non c’erano pareti divisorie né comodità di alcun genere. Quindi, partendo da zero, l’architetto della Società poté progettare ogni piano secondo i suggerimenti del fratello Knorr. I fratelli lavorarono tredici mesi per completare le installazioni del nuovo ufficio e della casa, che poteva ospitare sedici lavoratori.

Il 2 giugno 1972, il fratello Knorr inaugurò la nuova filiale spagnola, e l’indomani pronunciò un discorso speciale nella principale arena di Barcellona, La Monumental, a cui assisterono 13.350 fratelli. Questa visita e il discorso nell’arena ebbero molta pubblicità sulla stampa, ma servirono anche ad acuire l’opposizione contro il popolo di Geova. Certi elementi nelle “alte sfere” erano indignati che i testimoni di Geova avessero ottenuto questo permesso, e fecero maggiore pressione sulla commissione per la libertà religiosa al fine di “tarpare le ali” di questa nuova religione. In seguito abbiamo avuto qualche difficoltà nell’ottenere il permesso per l’uso dei locali per le assemblee di circoscrizione e di distretto.

Come si è menzionato, il riconoscimento ufficiale significava aprire Sale del Regno. Dal dicembre 1970 al maggio 1977, ben 482 Sale del Regno sono state approvate dal ministero della giustizia. Nelle principali città come Madrid, Barcellona e Valencia gli affitti sono alti, perciò quasi tutte le sale vengono usate da più di una congregazione, per poter dividere le spese. Attualmente nella città di Barcellona ci sono 16 Sale del Regno, che vengono usate da 50 congregazioni. Inoltre le 92 congregazioni della provincia di Barcellona tengono le adunanze in altre 75 Sale del Regno. A Madrid, 25 sale sono usate da 46 congregazioni. Siamo grati a Geova per la libertà di cui godiamo attualmente e per questi eccellenti luoghi di adunanza.

IL REGNO MESSIANICO PROCLAMATO AD ANDORRA

Ora parliamo un po’ di Andorra, minuscolo principato sui monti, al confine tra Spagna e Francia. Dalla parte spagnola c’è la città di Seo de Urgel. Il suo vescovo è coreggente di Andorra insieme al presidente francese. Questa sovranità congiunta fu istituita nel 1278 E.V. per porre fine alle sanguinose battaglie tra le forze del vescovo cattolico di Seo de Urgel e l’esercito dei conti francesi di Foix.

Attualmente Andorra ha circa 32.500 abitanti, che lavorano in gran parte nei negozi e negli alberghi e vivono del turismo. I prezzi qui sono molto inferiori che in Spagna o in Francia, perciò il commercio è fiorente. Alcuni si dedicano ancora alla pastorizia, all’agricoltura e alla coltivazione del tabacco, ma queste sono occupazioni sempre meno frequenti e l’atmosfera generale è materialista.

Benché si fosse già data testimonianza in modo sporadico, solo nel 1962 una famiglia spagnola decise di trasferirsi da Barcellona ad Andorra per iniziarvi la predicazione sistematica. La famiglia in questione è quella di Manuel Escamilla. Nonostante i problemi economici e di salute, rimasero sette anni ad Andorra, e poco a poco il piccolo gruppo di cristiani cominciò a prosperare.

La prima persona che mostrò interesse fu Rosé Boronat, che aveva ricevuto testimonianza da sua zia a Barcellona ed era pure stata incoraggiata da una sorella francese che veniva spesso ad Andorra. La famiglia Escamilla cominciò a tenere le adunanze e, con Rosé, c’erano quattro presenti. Sorsero presto problemi, infatti Rosé perse il lavoro e l’alloggio in una pensione. Quindi dovette affrontare una decisione nei confronti del fidanzato, che non era favorevole alla verità. Essa scelse la verità e ruppe il fidanzamento. Tuttavia, poco tempo dopo dei fratelli gli diedero testimonianza a Barcellona, egli accettò la verità, e nel 1964 sia lui che Rosé furono battezzati. Quando nel 1969 Manuel Escamilla dovette partire con la sua famiglia, questo fratello, Miguel Barbé, divenne il responsabile del gruppo. Nel novembre 1971 egli e sua moglie furono nominati pionieri speciali per aver cura del territorio di Andorra e Seo de Urgel.

È curioso notare che, sebbene in Francia e in Spagna esista la libertà religiosa, i testimoni di Geova non hanno potuto ottenere il permesso di aprire una Sala del Regno ad Andorra, dove attualmente c’è una fiorente congregazione di 84 proclamatori. Perché no? Per l’influenza feudale del vescovo di Seo de Urgel che mette i bastoni fra le ruote. Nel frattempo i fratelli continuano a tenere le adunanze nelle case private, e questo naturalmente rende più gravoso il lavoro dei due anziani che vi prestano servizio.

ENCLAVI SPAGNOLE IN MAROCCO

Sulla costa mediterranea del Marocco, ci sono due enclavi spagnole: Ceuta, non lontano da Tangeri, e Melilla, più a est. Qui l’esercito spagnolo ha delle guarnigioni. Riccardo e Consuelo Gutiérrez, di Barcellona, da proclamatori divennero direttamente pionieri speciali a causa della necessità di proclamatori del Regno a Ceuta. Riccardo era un ex militare e parlava già francese e un po’ di arabo. Queste, insieme allo spagnolo, sono le lingue parlate a Ceuta.

Il fratello e la sorella Gutiérrez accettarono quest’assegnazione nonostante avessero un figlio di sette anni, e nel gennaio 1969 iniziarono il servizio a Ceuta. Dopo sei anni di prezioso servizio ed esempio fedele, Consuelo morì di cancro. Essi contribuirono a porre il fondamento dell’attuale congregazione di Ceuta che conta ora 31 proclamatori e tre pionieri speciali. La congregazione ha la sua Sala del Regno, l’unico luogo di adunanza riconosciuto che i testimoni di Geova hanno in tutta l’Africa settentrionale.

A Melilla, oltre a quella spagnola, ci sono comunità ebraiche e musulmane, perciò i pionieri che vi furono assegnati nel 1970 avevano un territorio interessante. Dapprima ebbero problemi con la polizia che cercò di impedire la predicazione di casa in casa. Ma dopo che la filiale della Società in Spagna ebbe fatto dei passi per via legale, non ebbero altre noie e tutta la letteratura confiscata venne restituita.

Finora i 53.000 abitanti di Melilla hanno prodotto venti proclamatori del Regno, nonostante i problemi dovuti alla mentalità prevalente in questa città militare.

La popolazione è mista di spagnoli e arabi, di cui i primi in diminuzione e gli ultimi in aumento. I pionieri vi svolgono un buon lavoro, e al momento in cui si scrive questo racconto tengono diversi studi biblici con donne musulmane.

LA CENSURA RALLENTA

Una delle conseguenze del riconoscimento ufficiale dell’Associazione dei Testimoni di Geova nel 1970 fu che tutte le nostre pubblicazioni dovevano essere verificate dalla censura. Per la maggioranza ne fu autorizzata la divulgazione, ma alcune, come Impariamo a leggere e a scrivere e per qualche tempo anche “Accertatevi di ogni cosa”, furono proibite. Un anno fu vietata la distribuzione al pubblico di oltre metà di tutti i numeri della Torre di Guardia e di Svegliatevi! Ma la Società fece ricorso per vie legali e ora da più di un anno non ci sono stati nuovi divieti. Senza dubbio la tendenza generale alla tolleranza in molti campi ha favorito anche la nostra situazione.

Il servizio del Regno, mensile che qui è chiamato Nuestro Servicio Teocrático, ha una tiratura di oltre 60.000 copie.

VISITE DI FRATELLI DEL CORPO DIRETTIVO

Negli ultimi anni abbiamo avuto incoraggianti visite di vari membri del Corpo Direttivo, che sono state molto apprezzate dai fratelli spagnoli. Nel 1974 il fratello N. H. Knorr e il fratello F. W. Franz vennero insieme in Spagna, e avrebbero dovuto fare un discorso a una numerosa folla di fratelli in un’arena di Barcellona. Ma le autorità non concessero il permesso perché la data coincideva con la festività religiosa del 25 dicembre. Senza perdere tempo si cambiarono i piani, e tutti i pionieri e gli anziani furono invitati a un’adunanza speciale tenuta a una ventina di chilometri da Barcellona, in un edificio industriale in disuso che si pensava di acquistare per farne una sala dei congressi. Oltre 5.000 persone lo gremirono per ascoltare il discorso del fratello Knorr sull’espansione mondiale dell’opera, e quindi seguire con grande attenzione la spiegazione del Salmo 91 da parte del fratello Franz. Solo un anno più tardi il fratello Raymond Franz fu invitato a inaugurare quello stesso edificio, che era stato trasformato in una magnifica sala dei congressi, con 1.300 posti a sedere, e ampio spazio per la mensa oltre a una vasca per il battesimo.

Già nel novembre 1975 era stata inaugurata da F. W. Franz una sala dei congressi a Madrid, nel locale di un cinema. Vi furono pure le visite di M. G. Henschel nel maggio 1974, e di L. K. Greenlees nel 1976. Il fratello Henschel parlò a 22.417 fratelli in un’arena di Barcellona. Il pubblico più numeroso mai avuto per una sola adunanza fu quello che si radunò il 1° maggio 1977 a Las Arenas di Barcellona in occasione del discorso di L. A. Swingle, a cui assisterono 27.215 persone. Il fratello Swingle pronunciò discorsi anche a Madrid e nelle Canarie, così che il numero dei presenti ai suoi quattro discorsi fu di 45.617.

PUBBLICITÀ PER RADIO E SUI GIORNALI

In molti casi la stampa ha fatto un resoconto giusto e imparziale sulle assemblee dei testimoni di Geova. Il quotidiano madrileno El País dedicò un’intera pagina agli insegnamenti e alla storia dei Testimoni, in base a un’intervista con un avvocato, il fratello Julio Ricote. Vari scrittori hanno preso la difesa dei Testimoni, come quel cattolico che, nel Sur del 12 novembre 1976, scrisse: “Può darsi che i Testimoni si sbaglino nella loro interpretazione, ma non vi può esser dubbio sull’immensa fede che li sostiene. In questa religione, non setta, non c’è posto per menzogna, fornicazione o furto, i tre peccati più abominevoli agli occhi di Dio. Quanto il mondo deve imparare sotto questo aspetto dai Testimoni!” Un altro articolo di Hoja del Lunes de Gijon (21 giugno 1976), dal titolo “Il vescovo di Santander e i testimoni di Geova”, diceva: “Si dà il caso che i testimoni di Geova . . . abbiano una conoscenza molto più profonda e molto più accurata della Bibbia che non la maggioranza dei cattolici”.

A causa della loro obiezione di coscienza al servizio militare e del rifiuto di accettare trasfusioni di sangue, i Testimoni hanno fatto spesso parlare di sé nei giornali. Un eminente chirurgo spagnolo, genero del defunto generale Franco, invitò i Testimoni a partecipare al suo programma radio sui problemi della medicina, insieme a un altro medico e a un sacerdote, per considerare il problema della trasfusione di sangue. Tra i fratelli che vi presero parte c’era un avvocato che poté fare un’ottima difesa della nostra posizione al riguardo. Un’altra volta una stazione radio di Barcellona invitò rappresentanti dei Testimoni a partecipare a un’intervista e a rispondere alle domande degli ascoltatori. Queste due trasmissioni servirono realmente a suscitare l’interesse del pubblico.

In quanto alla televisione, la Chiesa Cattolica ha tuttora il monopolio quasi esclusivo dei canali TV controllati dal governo. Alcuni preti hanno approfittato di questo vantaggio per attaccare i Testimoni.

LA REGINA DI SPAGNA RICEVE UNA FAVOREVOLE IMPRESSIONE

Nel 1976 un’ottima testimonianza venne data nei circoli universitari. Questo avvenne quando un testimone di Geova che studia medicina all’Università di Madrid, diede testimonianza ad alcuni compagni. Alcuni di questi partecipavano ai corsi di Umanesimo Contemporaneo dell’Interfacoltà, a cui potevano iscriversi studenti e laureati. I testimoni di Geova furono dunque invitati a preparare una conferenza sul tema: “L’uomo nuovo e il suo avvenire”. Due Testimoni svilupparono il soggetto, esponendo gli aspetti della nuova personalità e del proposito di Geova per la terra. Il risultato di questo discorso fu l’invito a tenere una serie di nove conferenze sugli insegnamenti dei testimoni di Geova. Fra gli studenti c’era la regina Sofia di Spagna, che prestava molta attenzione agli argomenti, prendeva appunti e partecipava alla discussione dopo ogni discorso. Dopo la conferenza sull’anima e sull’inferno di fuoco, la regina dichiarò che non aveva mai conosciuto nessuno che usasse la Bibbia con tanta conoscenza e disinvoltura nel rispondere a qualsiasi domanda. “Per ogni soggetto sembra che abbiate una risposta della Bibbia”, osservò.

Queste conferenze fecero scalpore, e l’ultima su “Sangue, Medicina e la Legge di Dio”, fu tenuta a motivo dello speciale interesse della regina per l’argomento, sebbene il corso fosse terminato. A quest’ultimo discorso, pronunciato da un fratello laureato in patologia, assisterono diversi ecclesiastici e medici, e venne data un’ottima e chiara testimonianza.

AMPLIAMENTO DELLA BETEL

Fin dall’inizio si sapeva che l’edificio della filiale in Calle Pardo 65 non sarebbe stato abbastanza grande per l’espansione futura. Ma nel 1970 eravamo incerti su come sarebbe stata applicata la libertà religiosa, e sembrò meglio cominciare modestamente. Da allora la Società ha acquistato altri tre appartamenti all’angolo dello stesso isolato, che servono per alloggiare quindici componenti della famiglia Betel. Nel 1975 la Società acquistò anche un grande magazzino distante solo due isolati, provvidenziale per il reparto spedizioni che aveva già gravi problemi per il deposito della letteratura. Ora possiamo avere in deposito letteratura sufficiente per circa due anni di predicazione, ovviando così alle difficoltà che potrebbero sorgere in caso di scioperi o conflitti.

Per meglio soddisfare i bisogni delle congregazioni delle Canarie, al largo della costa occidentale dell’Africa, la Società ha acquistato un magazzino e un piccolo appartamento a Santa Cruz de Tenerife. Così le venticinque congregazioni che si trovano sulle sei isole maggiori ricevono la letteratura e le riviste da questo deposito.

UNA GRANDE OPERA CI ATTENDE

Sta di fatto che in Spagna c’è ancora un enorme lavoro da compiere. Si calcola che circa un milione di Spagnoli non sono ancora raggiunti dalla buona notizia in modo regolare. Il numero dei pionieri speciali è aumentato, e attualmente oltre 600 predicano principalmente nei territori dove c’è maggior bisogno in Estremadura, Andalusia, Galizia e nelle Asturie.

In certi casi ci vuole grande perseveranza e coraggio per resistere in luoghi del genere. Nel giugno 1976, nella cittadina di Yecla, una sorella fu uccisa dal marito, che aveva minacciato lei e i fratelli ed era persino ricorso alla violenza contro i pionieri speciali. Questo omicidio ebbe luogo solo nove giorni dopo l’inaugurazione della Sala del Regno. Più tardi una turba fracassò tutte le finestre della Sala del Regno, imbrattando di vernice rossa la facciata, e lasciando sulla porta una scritta che accusava falsamente i fratelli di essere “Figli della Pasionaria” (famosa attivista comunista).

Poco dopo, cominciò ad assistere alle adunanze un giovanotto che faceva parte di una banda di delinquenti della cittadina. Egli accettò la verità, cambiò modo di vivere, e fu battezzato. Questo profondo cambiamento sorprese molti suoi amici e parenti, e servì a dare una grande testimonianza. Per esempio, un giorno venne all’adunanza un altro giovane dicendo che voleva sapere cosa avevano fatto i Testimoni a uno dei suoi amici (l’ex delinquente ora battezzato), che da violento era diventato più mite di un agnello. Questo secondo giovane, che ora studia e assiste alle adunanze, aveva fatto parte della banda che aveva imbrattato di vernice rossa la Sala del Regno.

Sono passati 1.923 anni da che Paolo scrisse ai Romani: “Allorché sarò diretto in Spagna, spero, soprattutto, . . . di vedervi”. (Rom. 15:24) Dalla sua attuale posizione celeste, Paolo indubbiamente si rallegra del paradiso spirituale così evidente tra i fratelli cristiani del ventesimo secolo in questo paese così bello e ospitale. Non sappiamo quanto tempo rimane a questo sistema di cose, ma, se è volontà di Geova, in Spagna ci attendiamo ulteriore aumento, e facciamo i piani per un’espansione ancora maggiore. Il Corpo Direttivo ha approvato la costruzione di una nuova casa Betel e di una tipografia nei pressi di Barcellona. Questo ci permetterà di stampare le riviste in Spagna, e ci preparerà per la crescita futura.

A Geova Dio va la lode e la gratitudine, per mezzo di Cristo Gesù, per i meravigliosi risultati che si sono ottenuti grazie agli atti dei testimoni di Geova cristiani nella Spagna moderna.

[Cartina a pagina 136]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

SPAGNA

La Coruña

Oviedo

Bilbao

San Sebastián

León

Burgos

Logroño

Pamplona

Huesca

Seo de Urgel

Palencia

Valladolid

Saragozza

Barcellona

Tarragona

Salamanca

Segovia

Madrid

Castellón de la Plana

Toledo

Valencia

Torralba de Calatrava

Ciudad Real

Alicante

Córdoba

Jaén

Murcia

Huelva

Siviglia

Granada

Almería

Cadice

Málaga

La Línea

Palma

OCEANO ATLANTICO

MAR MEDITERRANEO

FRANCIA

ANDORRA

ISOLE BALEARI

PORTOGALLO