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Isole Salomone

Isole Salomone

Isole Salomone

SULLE acque screziate di turchese del Pacifico si estende come due fili di perle preziose lo stato melanesiano delle isole Salomone, chiamate affettuosamente dagli abitanti “le isole felici”. Questi due festoni di isole vulcaniche e atolli iniziano con l’atollo di Ontong Java, proprio a sud dell’equatore, confinano a ovest con Papua Nuova Guinea, e si allungano per circa 1.500 chilometri verso sudest fino alle isole Santa Cruz, che includono le isole Reef, non lontane dalle isole Vanuatu più a sud. Fitte foreste lussureggianti coprono gran parte delle isole dell’arcipelago delle Salomone, e creste aguzze ed erti contrafforti formano catene montuose fra le quali si incuneano strette e profonde vallate. Con un’area complessiva di circa 27.500 chilometri quadrati, questo paese isolato è, dopo Papua Nuova Guinea, il secondo stato insulare del Pacifico meridionale in ordine di grandezza.

Il primo esploratore europeo a mettere piede su queste spiagge candide fu il navigatore spagnolo Álvaro de Mendaña, nel 1568. Egli era alla ricerca delle leggendarie miniere del re Salomone; invece scoprì quelle che chiamò le isole di Salomone, ma niente oro, tranne quello contenuto nelle sabbie aurifere di alcuni fiumi di Guadalcanal.

Un popolo eterogeneo con un interesse comune

Le isole ospitano una popolazione molto varia di circa 300.000 abitanti. Il colore della loro pelle va dal bruno scuro al marrone chiaro, e i folti capelli crespi, con sfumature dal biondo al rosso vivo dei numerosi melanesiani, costituiscono un attraente contrasto con quelli neri, lisci dei polinesiani. Nelle Salomone, per comunicare bisogna essere poliglotti, poiché vi si parlano più di 90 lingue e dialetti locali. Tuttavia quasi tutti parlano inglese o pidgin-english melanesiano nei rapporti con i vicini provenienti da isole o gruppi tribali diversi.

Nelle remote isole di Ontong Java, Rennell, Bellona, di Sikaiana nelle isole Stewart e di Tikopia e Anuta nelle Santa Cruz, vive la popolazione di origine polinesiana. Gruppi numerosi di micronesiani originari del Kiribati si sono stanziati nelle isole Wagina e Gizo nelle Salomone occidentali, e anche a Honiara, la capitale, nell’isola di Guadalcanal.

Oltre alla cittadinanza, ciò che accomuna la popolazione variegata delle Salomone è un vivo interesse per la Bibbia. Gli abitanti, profondamente religiosi, amano cantare con vigore inni nella loro chiesa, dove vanno diverse volte alla settimana, alcuni persino tutti i giorni. Le profezie bibliche li affascinano, specie i libri di Daniele e Rivelazione. Sono fermamente convinti che viviamo davvero negli ultimi giorni di questo vecchio sistema. Questa convinzione in genere rende molto facile parlare con loro delle promesse di Geova Dio di recare pace duratura e felicità mediante il suo Regno celeste.

Le “isole felici” sentono parlare del “felice Dio”

Dal 1953 la “buona notizia del felice Dio” è stata predicata estesamente in sei delle isole principali e in decine di isole minori. (1 Tim. 1:11) Della sorveglianza dell’opera di evangelizzazione nelle Salomone in quei primi anni si occuparono prima la filiale australiana della Watch Tower Society e poi quella di Papua Nuova Guinea. * Intrepidi Testimoni provenienti da Papua Nuova Guinea, come John Cutforth, R. L. (Dick) Stevens, Les Carnie e Ray e Dorothy Paterson, visitavano il crescente numero di fratelli e sorelle nella foresta. Spesso vivevano insieme a loro in abitazioni che avevano il tetto e le pareti laterali fatti di lunghe foglie piatte di palma. L’associazione dei testimoni di Geova nelle Salomone (Jehovah’s Witnesses of the Solomon Islands Trust Board) fu eretta in ente giuridico il 18 aprile 1977; questo aprì la via a ulteriore espansione e rese più facile organizzare l’opera di predicazione.

Nel luglio 1978 le isole Salomone ottennero l’indipendenza politica. I fratelli si rallegrarono che il loro ente giuridico locale (Jehovah’s Witnesses of the Solomon Islands Trust Board, Inc.) fosse stato riconosciuto prima del cambiamento di governo, poiché in seguito furono poste restrizioni all’introduzione di religioni nuove nella zona. In vista dell’espansione dell’opera di predicazione in altre “isole felici”, si decise che le Salomone avessero la propria filiale. Poco dopo che era stata presa la decisione, dalla filiale di Papua Nuova Guinea arrivò Glenn Finlay con la moglie, Marlene, per coordinare l’opera.

Non era la prima volta che il fratello Finlay metteva piede nelle Salomone. Vi aveva prestato servizio diverse volte come sorvegliante di circoscrizione e di distretto, e nel 1965 aveva trascorso tre mesi nel nord di Malaita, dove era stato mandato come pioniere speciale dalla filiale di Papua Nuova Guinea.

La prima filiale

“La nostra prima filiale fu installata nell’interrato della casa di Bob Seccombe in Lengakiki Ridge, a Honiara”, scrive il fratello Finlay a proposito del 1978. Quel piccolo scantinato aveva già una storia teocratica. Era servito come prima Sala del Regno nell’isola di Guadalcanal e poi come primo deposito di letteratura per le isole Salomone. E poiché il fratello Seccombe mise a disposizione un appartamentino di una stanza nel retro dell’edificio, la sua casa divenne anche la prima Betel.

Il fratello Finlay continua: “Avevamo solo una macchina da scrivere manuale e un ciclostile azionato a mano, ma godevamo di una veduta favolosa sulle acque azzurro intenso dello stretto”. Quasi 50 anni fa, il 13 novembre 1942, quello stretto fu teatro di una delle più violente battaglie navali della storia. Gli americani finirono per chiamarlo Stretto Fondo-di-ferro, per il numero di navi che vi erano state affondate.

Dopo 30 anni di servizio, il fratello Seccombe e sua moglie Joan sono tornati in Australia per ragioni di salute. Benché non abbiano avuto figli, i loro innumerevoli figli e nipoti spirituali ricordano con molto affetto le loro amorevoli fatiche.

Ma torniamo al rapporto del fratello Finlay: “Nel 1978 giunsero dalle Filippine Denton Hopkinson e sua moglie. Egli fu il primo sorvegliante di zona che la maggioranza dei fratelli avesse mai visto. Poi negli anni successivi ci fu la costruzione di una filiale e casa Betel di due piani”. Che impresa fu quella! I fratelli e le sorelle di Honiara cavarono enormi blocchi di tagliente corallina servendosi unicamente di attrezzi manuali. La costruzione della filiale fu un’operazione lunga e difficile che richiese quasi tre anni, ma fu anche una grande manifestazione di amore cristiano. E per di più, alcuni dei lavoratori giunti sul posto in seguito avrebbero lavorato per Geova in altri modi speciali.

Dieci fratelli giovani vennero a lavorare alla costruzione sotto la direttiva di un membro del Comitato di Filiale, Rodney Fraser, un australiano che si intendeva anche di costruzioni. Quasi tutti i volontari venivano da congregazioni nella foresta, perciò non avevano mai preso in mano un arnese da muratore. Tuttavia, dopo tre anni di lavoro con il fratello Fraser e altri fratelli venuti dall’Australia, non solo erano diventati abili costruttori ma avevano anche imparato ad apprezzare le attività dell’organizzazione terrena di Geova e a presentare meglio la buona notizia ad altri.

Sette di quei giovani continuarono in un modo o nell’altro ad accrescere il proprio servizio alla lode di Geova. Omega Nunu tornò a casa nel villaggio di Taba’a nell’isola di Malaita, in alto sui monti abitati dai kwara’ae, e diventò l’unico anziano della congregazione. Lilio Liofasi rimase alla Betel per otto anni e fu uno dei primi componenti della famiglia. Egli presta tuttora servizio a tempo pieno insieme alla moglie, Priscilla, nativa delle Filippine. Anche i due fratelli carnali Joe Kwasui e David Kirite’e, che erano diventati carpentieri, iniziarono il servizio a tempo pieno e furono fra coloro che portarono la verità nelle isole Santa Cruz, nelle Salomone orientali. Billy Kwalobili, che diventò un abile piastrellista, ha prestato servizio come pioniere speciale a Ndeni, la maggiore delle isole Santa Cruz, e ora è pioniere nelle remote isole Reef. Pedro Kanafiolo, fratello forte ed energico di Malu’u nel nord di Malaita, oggi è pioniere speciale nel territorio relativamente nuovo dell’isola di San Cristobal. Simon Maedalea, che quando lasciò la costruzione della Betel era carpentiere, in seguito prestò servizio come pioniere nella parte orientale di Malaita. Questi fratelli diligenti ed energici sono stati in prima linea nell’opera di predicazione nelle sparpagliate “isole felici”.

Le assemblee: pietre miliari e occasioni gioiose

Le assemblee oltre a essere occasioni gioiose furono vere e proprie pietre miliari. Ogni assemblea richiedeva notevoli preparativi. Tutti i discorsi e i drammi dovevano essere tradotti in pidgin delle Salomone. Poi i drammi dovevano essere registrati e si doveva eseguire il missaggio unendo le voci di Testimoni di Honiara alla musica e agli effetti sonori della registrazione inglese. Dopo ore di lavoro erano pronte le cassette per le prove. Servendosi di piccoli registratori a pila, i fratelli e le sorelle facevano le prove alla luce tremolante delle lucerne in piccole Sale del Regno dal tetto di paglia. Alcune assemblee erano così piccole che non c’erano abbastanza attori per mettere in scena i drammi. Perciò in alcuni casi, la registrazione del dramma era accompagnata dalla proiezione di diapositive inviate dall’Europa. I fratelli di quegli avamposti lontani erano elettrizzati vedendo rappresentare questi episodi biblici!

Verso la fine del 1979 si utilizzarono due isole per tenere una piccola assemblea nelle Santa Cruz. Affinché i delegati potessero vedere la rappresentazione del dramma con diapositive, tutti i presenti dovettero trasferirsi dall’isolotto in cui si era svolta gran parte delle sessioni a un’isola più grande in cui c’era energia elettrica sufficiente per il proiettore. Immaginate quella folla allegra ed entusiasta che dopo aver fatto la traversata in canoa gremiva la sala, mentre i curiosi si accalcavano alle finestre! Poi tutti tornarono indietro felici, abbandonandosi ai ricordi in quella bella notte di luna su un mare scintillante, limpido come cristallo. Queste sono cose indimenticabili.

La buona notizia si diffonde

Per anni l’attività di predicazione si svolse solo su due isole, Malaita e Guadalcanal, che avevano una sola congregazione. Negli anni ’60 e ’70 si formarono gruppetti di interessati a Munda e a Gizo nelle Salomone occidentali. Ma il progresso era lento. Finalmente l’interesse si estese in altre zone man mano che i pionieri si spingevano fino a Choiseul a occidente e alle isole Santa Cruz nella parte più orientale dell’arcipelago.

L’isola di Malaita è nota per due cose: primo, qui ebbe origine l’uso delle conchiglie come denaro impiegato un tempo per pagare il prezzo della sposa; e, secondo, qui vive gente robusta, che ama viaggiare. I suoi abitanti sono strenui lavoratori, e molti di loro coltivano in montagna orti di vaste proporzioni. A motivo della loro passione per i viaggi, si possono trovare in ogni provincia delle Salomone, e alcuni vivono fuori della loro zona tribale per più di 50 anni. Non fu dunque per caso che quando nel 1962 Norman Sharein, della filiale di Papua Nuova Guinea, si recò nel nord di Malaita, ne trovò centinaia, molti dei quali ben disposti e ansiosi di accettare la verità della Bibbia.

Molti abitanti di Malaita erano stati coinvolti in un fallito movimento politico, chiamato Ma’asina Ru’u (La fratellanza), che lottava per l’indipendenza dalla dominazione britannica. Sentendosi estranei dalle chiese ufficiali, essi formarono la propria religione, Boboa (Fondamento). Quel nome comunque si rivelò profetico. Molti di loro accettarono la verità della Bibbia e divennero Testimoni battezzati che perseverarono fino a diventare vigorosi predicatori e pionieri. Essi hanno prestato servizio non solo nelle decine di sperduti villaggi montani nella zona della loro tribù a Malaita, ma in tutte le Salomone, senza curarsi di quanto fosse remoto e isolato il territorio.

La buona notizia giunge nella Provincia Occidentale

Uno dei primi Testimoni impegnati nell’opera missionaria locale nella Provincia Occidentale fu Fanidua Kirite’e, originario della parte orientale di Malaita. Nel 1967 era un giovane tutto casa e famiglia. Lui e un altro fratello si offrirono spontaneamente di andare nella Provincia Occidentale come pionieri speciali e concentrarono i loro sforzi prima nell’isola di Gizo.

Durante le due settimane che trascorse a Gizo, il fratello Fanidua fu incoraggiato a continuare la sua opera di predicazione dal commissario distrettuale di polizia, il quale fra l’altro disse a lui e al suo compagno di contattarlo nel caso avessero avuto problemi nella zona sotto la sua giurisdizione, che includeva il gruppo insulare della Nuova Georgia. Dopo non molto i pionieri giunsero a Munda, insediamento sulla laguna di Roviana nell’isola di Nuova Georgia.

Munda consiste in realtà in una serie di piccoli villaggi sparsi intorno a una pista di atterraggio costruita all’inizio degli anni ’40 dall’esercito giapponese. In seguito l’aviazione americana si impadronì della pista di atterraggio, la ingrandì e la usò durante tutto il resto della seconda guerra mondiale. Le tribù della zona sono società matriarcali. Il fratello Fanidua ricorda: “Arrivati a Munda col battello postale del governo, cominciammo a chiederci dove avremmo potuto trovare alloggio e che genere di accoglienza avrebbe ricevuto la verità in quella nuova zona. Ci avviammo lungo la strada che costeggia la laguna e arrivammo presto davanti alla casa di Taude Kenaz, originario di Malaita. Sapevo che Taude ci avrebbe accolti bene, poiché anche lui era kwara’ae, ma se avremmo potuto stare in casa sua mentre eravamo a Munda dipendeva in gran parte dall’accoglienza che avremmo ricevuto da sua suocera, la proprietaria del terreno, una vedova di nome Miriam”.

Miriam era una ben nota e rispettata componente della sua tribù. Essa non solo era autorevole in quanto proprietaria del terreno, ma era molto influente nella Chiesa Unita. Il suo defunto marito si era prodigato per introdurre quella religione nella zona. Poiché poco prima Miriam aveva sognato che sarebbero venuti da lei dei visitatori insoliti, non poteva credere ai suoi occhi quando vide alla sua porta i due pionieri con la borsa e la Bibbia in mano. Immediatamente li invitò a restare in casa sua, con grande sorpresa dei pionieri. La sua ospitalità si dimostrò una benedizione per l’intera famiglia. I pionieri si impegnarono a studiare ogni sera con tutti quelli che erano disponibili, tre dei quali erano Miriam, sua figlia Esther e Taude, marito di Esther.

Fu in quel periodo, nel 1970, che i sorveglianti viaggianti John Cutforth e Jim Smith si fermarono a Munda durante il viaggio di ritorno in Papua Nuova Guinea. Resosi subito conto del potenziale interesse presente a Munda, il fratello Smith consigliò ai pionieri di rimanere finché fosse stabilita una congregazione. I due sorveglianti aiutarono con premura i pionieri a organizzare adunanze. Per la prima volta si potevano udire cantici di lode a Geova sull’isola di Nuova Georgia! Lasciati i pionieri a Munda a occuparsi delle pecore, i sorveglianti viaggianti partirono per altri territori.

All’improvviso, una sera, i pionieri furono svegliati bruscamente da una folla adirata. La turba era guidata da un poliziotto fuori servizio, che ordinò ai fratelli di andarsene all’istante dalla zona. Il fratello Fanidua si rivolse alla folla e riferì quello che aveva detto il commissario di polizia a Gizo: “Se doveste avere problemi in qualsiasi zona sotto la mia giurisdizione, non esitate a contattarmi”. Sentendo questo, il poliziotto si spaventò e la folla si disperse. Ma la sconcertante notizia si diffuse in fretta e giunse all’orecchio del commissario stesso a Gizo.

Il commissario prese immediatamente un aereo per Munda. Poco dopo il suo arrivo, invitò il fratello Fanidua a presentarsi al locale posto di polizia. Appena entrato, il fratello Fanidua notò che erano presenti due ufficiali della polizia locale. Allora capì: il colloquio con il commissario riguardava i due ufficiali della polizia locale. Dopo che il fratello Fanidua ebbe spiegato perché lui e il suo compagno erano venuti a Munda, il commissario concluse l’udienza dicendo: “Io ho la mia religione; tu, Albert, [indicando uno degli ufficiali] hai la tua religione. Tu, Alex, [indicando l’altro] hai la tua religione. La legge delle isole Salomone garantisce a tutti la libertà di culto. I Testimoni stanno a casa di Miriam dietro suo invito. Lei di fatto è la proprietaria del terreno, e ha il diritto legale e tribale di invitare persone di qualsiasi religione a farle visita in casa sua, e voi come tutori della legge, in servizio o no, non avete nessun diritto di cercare di impedirle di mostrare interesse per i testimoni di Geova”. Egli terminò affidando i due pionieri alla speciale cura e protezione degli ufficiali della polizia locale.

Il fratello Taude è morto qualche anno fa, ma la piccola congregazione di Munda continua a prosperare e loda regolarmente Geova con i cantici e con l’opera di predicazione. E in quanto al fratello Fanidua, egli è sempre un fedele proclamatore della buona notizia.

I missionari hanno il permesso di restare

Nel 1980 i missionari di Galaad ricevettero il visto per le isole Salomone. I primi ad arrivare furono Roger e Shona Allan della 67a classe, nativi della Nuova Zelanda. In precedenza missionari e sorveglianti di circoscrizione e di distretto mandati dalla filiale di Papua Nuova Guinea avevano avuto un permesso di entrata solo temporaneo. Nell’aprile 1982 arrivarono altri missionari: Arturo Villasin e Pepito Pagal delle Filippine. Altro aiuto si rese necessario quando nel 1985 il fratello e la sorella Finlay dovettero partire per l’Australia a motivo di impegni familiari. Quell’anno giunsero due missionari esperti, Josef Neuhardt della 45a classe e sua moglie Herawati, che avevano prestato servizio dieci anni in Indonesia e otto anni in Papua Nuova Guinea. Egli fu nominato coordinatore del Comitato di Filiale. Poi arrivò Loreto Dimasaka dalle Filippine, e in seguito Douglas Lovini della 70a classe di Galaad e sua moglie, Luana, ebbero il permesso di venire nel paese, dopo essere stati per qualche anno in Papua Nuova Guinea. Egli fa parte del Comitato di Filiale.

Abbattuta la croce nella provincia di Temotu

Circa 900 chilometri a sudest di Honiara si trova la provincia di Temotu, che comprende le isole più orientali delle Salomone, fra cui le isole Santa Cruz. La provincia di Temotu era singolare. Vi era rappresentata una sola religione, quella anglicana. Per anni nessun’altra religione era riuscita a smuovere la seria popolazione di queste isole. Ma nel 1976 John Mealue, un predicatore laico anglicano, venne inviato dalla sua chiesa in Papua Nuova Guinea per fare pratica come traduttore delle lingue locali. Il tessuto religioso della provincia stava per cambiare.

Mentre si trovava in Papua Nuova Guinea, una mattina John aprì la porta a un testimone di Geova. Quello fu il suo primo contatto con la buona notizia del Regno. Dopo diverse conversazioni, John riconobbe che ciò che stava imparando era la verità della Bibbia. Benché fosse stato scelto per diventare il prossimo vescovo anglicano delle isole Santa Cruz, abbandonò gli studi linguistici e tornò nelle Salomone. Durante il viaggio di ritorno nelle Santa Cruz, si fermò alla filiale a Honiara e chiese se qualcuno poteva recarsi nella sua isola per aprirvi una congregazione. La filiale cominciò immediatamente a prendere disposizioni.

Tornato nel suo villaggio, John iniziò a dare testimonianza ai suoi fratelli carnali, James Sopi e Drawman Alilvo, entrambi insegnanti, ma essi si opposero al suo messaggio. I suoi fratelli e anche altri volevano sapere perché era tornato. Egli rispondeva francamente e diceva che il clero l’aveva deluso. “Ci hanno sempre mentito”, diceva, e faceva degli esempi. Bisogna ricordare che, fino a quel momento, a John non era stato insegnato a dare testimonianza con tatto. Una volta, con un’accetta in mano, marciò fino al centro di Malo e abbatté l’enorme croce del villaggio, la trascinò per terra e la scagliò in mare. Nessuno osò mettergli le mani addosso. Tuttavia, non solo la sua azione gli costò un giorno in tribunale ma, poiché aveva abbattuto il loro simbolo sacro, i capi religiosi predissero che entro otto giorni John sarebbe morto fulminato.

Otto giorni dopo John era ancora vivo. Quella fu la svolta decisiva per le persone simili a pecore. La notizia si diffuse in un batter d’occhio, e quando John comparve in tribunale non solo l’aula era gremita, ma anche i dintorni della stazione di Lata, capoluogo della provincia di Temotu, brulicavano di gente.

Quando John si alzò per difendersi, nell’aula si sarebbe sentito volare una mosca. Egli fece appello alla coscienza della folla mentre spiegava per filo e per segno l’origine della croce, l’ipocrisia della cristianità e come il clero aveva tenuto nelle tenebre spirituali lui e il popolo. Nell’emanare il verdetto, il giudice disse: “Le accuse sono respinte. Comunque dovrai pagare una multa di 20 dollari per aver distrutto della proprietà privata”.

Il clero era stato sconfitto; avrebbe voluto che John venisse condannato ai lavori forzati in prigione. Diverse persone, inclusi i suoi fratelli James e Drawman, rimasero colpite da quello che udirono in tribunale e in seguito accettarono la verità.

Predicare pacificamente

Nel 1981 arrivarono in aereo a Lata, nella provincia di Temotu, Billy Kwalobili e Joe Kwasui, reduci da due anni di lavoro di costruzione alla filiale. Erano impazienti di veder crescere la verità in questo nuovo territorio. I proclamatori nuovi avevano bisogno di imparare che ‘lo schiavo del Signore non ha bisogno di contendere, ma di essere gentile verso tutti, mantenendosi a freno nel male’. (2 Tim. 2:24) Per esempio, un giorno mentre un gruppo di proclamatori stava dando testimonianza, una folla di anglicani adirati, incitata dal clero, aggredì un proclamatore e ordinò agli altri di non predicare nel villaggio. I nuovi proclamatori pensarono che l’unico modo per poter compiere l’opera di testimonianza era quello di eliminare l’ostacolo con la forza. Perciò si misero a darle di santa ragione a tutti, rompendo una gamba a uno degli oppositori! Ma poi, grazie alle istruzioni della Società e all’esempio dei pionieri, nonostante qualche momento di ansia, i nuovi proclamatori alla fine impararono a predicare pacificamente.

Billy e Joe affrontarono anche altre difficoltà. Mancavano tre settimane all’arrivo dei sorveglianti di circoscrizione e di distretto che dovevano tenere la prima assemblea di circoscrizione nelle isole Santa Cruz. Tuttavia c’era un grosso problema: non avevano un locale dove tenere l’assemblea. Senza indugio si fece il possibile per ottenere un pezzo di terra su cui costruire una Sala del Regno. Ma dove? Per quanto a Nemba ci fossero molti interessati, l’opposizione da parte della Chiesa Anglicana era forte. Purtroppo i tradizionali proprietari terrieri facevano tutti parte della chiesa ed erano molto contrari alla costruzione di una Sala del Regno nelle vicinanze. Perciò fu presa la decisione di costruire nel villaggio nativo di John Mealue, nell’isola di Malo, a tre ore di canoa da Nemba.

Quando i pionieri fecero la proposta a John, egli rispose: “È esattamente quello che volevo da tanto tempo”. Quindi quel giorno stesso si iniziò a costruire a ritmo vertiginoso. Durante la costruzione arrivò il sorvegliante di circoscrizione per la regolare visita alla congregazione, e anch’egli prese parte ai lavori. Proprio in tempo, una bella sala ben costruita, con il tetto di foglie, un podio e aperta su tre lati, era pronta per accogliere la folla attesa per il programma dell’assemblea.

In seguito John, James e Drawman, con le rispettive mogli, furono battezzati. Questi tre fratelli carnali erano molto stimati nella Chiesa Anglicana, ma quando accettarono la verità il clero insistette presso le autorità scolastiche e fece licenziare James e Drawman. Questo non scoraggiò i due fratelli, che decisero di vivere dei prodotti della terra e del mare e di usare il tempo per predicare di casa in casa intorno ai veri tesori, le meravigliose verità del Regno. Presto molti altri si unirono a loro. Finalmente fu costruita una Sala del Regno a Nemba. Più tardi la congregazione si trasferì nel villaggio di Belamna.

Nel 1988 i pionieri speciali Festus Funusui e sua moglie Ovature furono inviati a Belamna per organizzare ulteriormente l’opera di predicazione. A Lata si diede inizio alla testimonianza per le strade e nei mercati. Recentemente a un’assemblea di circoscrizione tenuta a Belamna ci sono stati quasi 200 presenti. Il futuro sembra promettente. Si stanno facendo i piani per costruire una Sala delle Assemblee con 500 posti a sedere proprio nel cuore di Lata. Certo Geova ha benedetto la crescita.

Qualcosa di “diverso” nelle isole Reef

Qualche tempo dopo che John Mealue aveva accettato la verità, Michael Polesi di Gawa nelle isole Reef, nella parte più orientale dell’arcipelago, frequentava un corso universitario a Honiara. Michael era anglicano. Una mattina passando dal mercato dove, sotto gli alberi, i Testimoni svolgevano la testimonianza stradale, notò dei ragazzini che si prendevano gioco dei proclamatori più anziani. Le loro parole pungenti erano spesso rivolte a Benjamin Ru’u, un Testimone che aveva parte di una gamba amputata. Quando Michael vide Benjamin camminare con l’aiuto di una gamba di legno fissata al ginocchio con una cinghia, ne ebbe pietà e prese da lui il libro La Verità che conduce alla Vita Eterna, che portò con sé a Malo nelle isole Santa Cruz, dove insegnava alle elementari.

Là fu contattato dal fratello di John Mealue, Drawman, che all’epoca era ancora un insegnante delle elementari. Michael fu felice che qualcuno potesse aiutarlo a capire la Bibbia. Purtroppo l’anno scolastico stava per terminare, e Michael presto sarebbe tornato dalla sua famiglia nelle isole Reef. Fino a quel momento aveva letto solo tre capitoli del libro Verità. Eppure, nonostante l’intendimento così limitato delle Scritture, tornato a casa cominciò a predicare.

Poiché Michael non voleva smettere di parlare della verità in pubblico, il clero insistette presso le autorità scolastiche di Lata per farlo licenziare, come in seguito fece licenziare James e Drawman. Michael decise di vivere dei prodotti della terra. Lui e la moglie Naomi, insieme ai figli, infine furono costretti ad abbandonare il loro villaggio. Lontani dal villaggio, essi si costruirono una nuova casa e in seguito una Sala del Regno. Quando avevano lasciato il villaggio avevano portato con sé un cucciolo che chiamavano “Diverso” perché, come spiegò Michael, “è un segno che siamo certamente diversi dal mondo”. Tuttora, secondo Michael, anche Diverso sembra conoscere la differenza perché “morde solo chi non è testimone di Geova o interessato”.

Ma torniamo alla nostra storia. In seguito James Sopi, Billy Kwalobili e Joe Kwasui giunsero via mare dalle isole Santa Cruz e si fermarono una settimana per incoraggiare spiritualmente Michael e aiutarlo a prendersi cura degli interessati. Michael diventò uno zelante proclamatore e fu poi battezzato a un’assemblea di distretto tenuta a Honiara. Poiché il numero di coloro che si univano a Michael divenendo proclamatori nelle isole Reef continuava ad aumentare, nel 1984 arrivarono i pionieri speciali David Kirite’e e Ben Ramo. Ma le cose per loro non andarono lisce.

Le foglie gridano

Uno dei problemi incontrati da David e Ben era dovuto in parte all’inimicizia esistente fra gli abitanti delle isole Reef e quelli di Malaita. Questa ostilità si era manifestata più o meno all’epoca dell’arrivo dei pionieri dopo che a Honiara era avvenuto uno scontro tra fazioni anglicane rivali. Ciò rendeva difficile a questi pionieri speciali di Malaita andare a predicare ovunque da soli. Ad aggravare il problema, la gente viveva nel timore del vescovo e dei preti. Questi spesso facevano visita nelle case per vedere se c’erano pubblicazioni della Società. Se ne trovavano, il padrone di casa riceveva immancabilmente una ramanzina ed era costretto a consegnare la letteratura perché il prete la potesse distruggere. Perciò divenne assai difficile predicare a chiunque; la gente scappava via appena si accorgeva che arrivava un Testimone.

I pionieri si resero conto che dovevano usare un altro metodo per predicare. “Decidemmo di usare foglie”, spiegano. “Andavamo in un luogo dove i sentieri della boscaglia si incrociavano, staccavamo una foglia grande da un albero e ci scrivevamo su in grande un passo biblico e, più in piccolo, una spiegazione del passo. Poi, piccolo piccolo, scrivevamo: ‘Se volete saperne di più, scrivete ai testimoni di Geova delle isole Salomone o rivolgetevi a qualsiasi Testimone locale’”.

David e Ben ci fanno un altro esempio della loro testimonianza mediante foglie: “Scrivevamo un tema in pidgin-english, ‘Kingdom belong God’ [Il Regno di Dio] e, sotto, il primo versetto, Matteo 24:14, con le parole ‘Me-fella must preach about this-fella something’ [Questo è ciò che dobbiamo predicare]. E poi, sotto, una domanda: ‘Wanem now Kingdom belong God by-by doim?’ [Cosa farà questo Regno di Dio?] Quindi il versetto finale, Rivelazione 21:4”.

Se davano testimonianza in una zona in cui la popolazione era molto contraria alla verità, i pionieri usavano Salmo 37:9 come versetto finale sulla foglia: “I malfattori stessi saranno stroncati, ma quelli che sperano in Geova sono coloro che possederanno la terra”. Quindi sistemavano la foglia al centro dei sentieri più trafficati e si allontanavano. Questo metodo di predicazione ha avuto buoni risultati?

Un giorno un pioniere scrisse con una penna a sfera un sermone su una foglia e la pose con cura in mezzo a una strada molto trafficata. Si allontanò di qualche passo e si nascose fra gli alberi. Attese, curioso di vedere chi avrebbe raccolto la foglia. Con sua sorpresa vide venire lungo la strada un cane randagio che si fermò ad annusare la foglia. “Penso che il cane sapesse leggere”, dice divertito il pioniere, “perché cominciò ad abbaiare alla foglia. Il cane era eccitato e faceva tanto rumore che un cacciatore nella vicina boscaglia pensò che avesse intrappolato su un albero un opossum o una lucertola. Il cacciatore corse sul posto solo per scoprire che il cane abbaiava e dava zampate alla foglia. Mandò via il cane e raccolse la foglia. Si soffermò un momento a leggere il sermone e poi rimise con cura il messaggio in mezzo alla strada.

Il pioniere conclude la storia: “Più tardi mentre passavo vicino alla casa di quel cacciatore, egli mi gridò: ‘Hai messo tu qualche cosa sulla strada?’ Iniziammo una conversazione scritturale che presto diventò un regolare studio biblico. Ora quell’uomo e tutta la sua famiglia sono proclamatori della buona notizia”.

Un cieco vede

Billy Kwalobili si sposò nel 1986, e lui e la moglie Lina furono inviati come pionieri speciali nelle isole Reef. Uno dei loro studenti biblici preferiti era Eriki, un giovane cieco. Eriki era affascinato dal canto degli uccelli e dal ronzio degli insetti e sapeva imitarli alla perfezione. Grazie allo studio biblico con i Kwalobili imparò a conoscere Colui che aveva creato tutte quelle creature. Apprese anche perché la gente si ammala e perché era cieco. Billy leggeva ogni paragrafo ad alta voce; Eriki ascoltava attentamente e poi rispondeva con parole proprie alle relative domande. Imparò a memoria più di 30 passi biblici.

Quando visitò Eriki, un sorvegliante viaggiante raccomandò: “Non trattenetelo. Lasciatelo predicare”. Quello stesso fine settimana Eriki si unì agli otto proclamatori che attraversavano faticosamente la fitta boscaglia per raggiungere il territorio. Il sorvegliante viaggiante teneva un’estremità dell’ombrello ed Eriki lo seguiva svelto tenendo l’altra estremità. Ogni tanto si sentiva gridare: “C’è un tronco!”, oppure: “Attenzione a quella pietra alla tua sinistra!”, e allora Eriki alzava la gamba e scavalcava il tronco o si faceva da parte per evitare la pietra. Molti ascoltavano quando Eriki parlava della sua speranza, e quando citava i versetti a memoria scuotevano la testa stupiti mentre seguivano con la loro Bibbia.

Alla fine della visita, Eriki disse al sorvegliante viaggiante: “Ci sono tre cose che vorrei tanto avere se solo potessi”. Quando gli fu chiesto cosa fossero, rispose: “Una Bibbia, un libro dei cantici e una borsa per il servizio!”

“Ma a che cosa ti servirebbero, Eriki?”, chiese il sorvegliante. Eriki rispose: “Così quando vado alla Sala del Regno o nel servizio di campo, posso fare come i miei fratelli e le mie sorelle. Quando do testimonianza, la gente potrebbe non credere a quello che dico, ma se mostro loro quelle parole nella mia Bibbia, possono seguire. E per portare la Bibbia e il libro dei cantici ho bisogno di una borsa”. Poco dopo Eriki ricevette due doni: una Bibbia nuova e un libro dei cantici. Poiché non hanno borse di pelle, i fratelli tagliano a metà i sacchi del riso e ci attaccano delle strisce per portarli a tracolla. Anche Eriki ebbe la sua borsa per il servizio. Per lui era come se si fosse avverato un sogno. Tutta la congregazione si rallegrò con lui!

Poco dopo, Michael Polesi trovò nuovamente impiego come insegnante. In questa veste poteva contattare più persone nelle isole Reef. Un’ulteriore occasione di gioia si è avuta quando le prime due donne delle isole Reef si sono battezzate nel 1990 all’assemblea di circoscrizione nelle isole Santa Cruz. Certamente, molte altre cose buone sono in serbo per la provincia di Temotu.

La buona notizia giunge nella provincia di Makira

Nel 1984 si aprì un territorio che fino a quel momento non era mai stato esplorato da nessun Testimone. Era l’isola di San Cristobal, dove nella maggior parte dei villaggi vigevano ancora le usanze tribali. Era difficile mandare pionieri a predicare nell’isola perché nella vita tribale non c’era posto per i visitatori. Ma la situazione cominciò ad apparire più rosea quando un fratello che era operatore di macchine pesanti venne mandato a San Cristobal dalla sua ditta. La filiale ne approfittò immediatamente e inviò a San Cristobal James Ronomaelana, pioniere speciale e ora membro del Comitato di Filiale, per valutare le possibilità di iniziarvi l’opera.

Nel dare testimonianza sull’isola, all’inizio James incontrò molta opposizione, e un giorno fu sorpreso di incontrare un cartello che avvertiva: “Vietato l’ingresso a quelli di Geova!” Molti momenti simili di scoraggiamento, però, non soffocarono il suo zelo, per cui ebbe un’esperienza entusiasmante. Egli racconta: “In un villaggio giunsi a una casa grande. Il padrone possedeva una piantagione di palme da cocco e bestiame e ovviamente era molto più ricco dei suoi vicini. Perciò mi allontanai dalla casa, pensando che quell’uomo non avrebbe avuto tempo per la verità. Mentre me ne andavo, cominciai a riflettere sul mio comportamento timoroso. Mi chiesi seriamente: ‘Perché me ne sto andando?’ Poi mi diedi con coraggio la risposta: ‘Geova mi ha mandato qui, e forse questa sarà l’ultima volta che ci vengo. Devo andare a parlare con quell’uomo!’”

Giunto alla casa, James fece conoscenza con i proprietari, Oswald e Rachel Oli. Con entusiasmo iniziò la conversazione spiegando che Dio ha un nome, e che ha un proposito per la terra. La coppia fu felice di sapere che Dio trasformerà la terra in un paradiso. Alla seconda visita fu iniziato uno studio biblico. Oswald e Rachel cominciarono subito a conformare la propria vita ai giusti princìpi di Geova. Poiché Oswald faceva generose offerte alla chiesa, non ci fu da sorprendersi quando divenne oggetto di feroce opposizione da parte della Chiesa Anglicana. In quel tempo, inoltre, pionieri speciali furono incaricati di estendere la testimonianza nel territorio, cosa che accrebbe l’ira dei pastori locali, al punto che ordinarono ai loro fedeli di usare anche la violenza per mettere a tacere i pionieri.

Né i pionieri né Oswald e la sua famiglia si lasciarono scoraggiare. Per esempio, mentre il pioniere speciale Hankton Salatalau dava testimonianza a un interessato, un aderente alla Chiesa Anglicana cominciò a inveire contro il pioniere. Quando questi si allontanò rispettosamente, l’uomo lo aggredì con rabbia alle spalle, lo gettò a terra su taglienti sassi di corallina e lo prese a calci senza pietà per più di un quarto d’ora. La gente del villaggio osservava con orrore sbigottita. Tuttavia il grande timore che avevano dei pastori impedì loro di venire in suo aiuto. Hankton giaceva indifeso per terra e cercava di proteggersi la testa e il corpo con le braccia. La sua schiena era tutta scorticata e coperta di sangue per i tagli provocati dai sassi. Alla fine alcuni abitanti del villaggio ebbero il coraggio di intervenire. Afferrarono e trattennero l’aggressore mentre Hankton, malconcio, si diresse verso casa.

Purtroppo molti isolani sono ancora prigionieri del timore della chiesa. Ciò nonostante, qualcuno comincia a capire la differenza tra il vero cristianesimo e la cristianità. Intanto la perseveranza dei quattro pionieri speciali è stata ricompensata. A San Cristobal ci sono due congregazioni fiorenti, operose e felici. Oswald, Rachel e i loro figli, nonché la famiglia di Rachel, ora sono anch’essi intrepidi proclamatori della buona notizia.

Usanze singolari

In molte zone inaccessibili di Malaita, specie sui monti, e anche in altre isole, ci sono tribù che hanno avuto pochi contatti sia con la cristianità che con il vero cristianesimo. Costoro praticano prevalentemente il culto degli antenati, ma alcuni sono animisti.

Elson Site, ex sorvegliante di circoscrizione e ora pioniere speciale con otto figli, spiega qual è la situazione in alcune di queste zone: “Fra le tribù vige l’usanza di vestirsi poco o niente, e chiunque si rechi vestito in uno di questi villaggi è guardato con sospetto e spesso gli viene impedito di entrare nel villaggio”.

Come si sarebbero comportati in questa situazione imbarazzante? Elson continua: “Una volta un gruppo di proclamatori di una piccola congregazione giunse in un villaggio per predicare, e il capo sentenziò che né i fratelli né le sorelle potevano indossare abiti mentre erano nel villaggio. I fratelli spiegarono che non era un’usanza cristiana andare in giro nudi. Poiché avevano fatto tanta strada per portare alcune informazioni importanti tratte dalla Parola di Dio, desideravano moltissimo risolvere quel piccolo problema che impediva alla sua gente di udire alcune buone notizie. Il capo conferì a lungo con gli anziani del villaggio e infine decise che i fratelli non potevano predicare agli abitanti del villaggio quel giorno. Ma si presero accordi perché future visite avessero più successo. Gli abitanti promisero che avrebbero costruito una capanna appena fuori dei confini del villaggio in modo che i fratelli e le sorelle, vestiti normalmente, potessero usarla per incontrarsi con chiunque del villaggio volesse venire ad ascoltare quello che insegna la Bibbia. Il sistema funzionò, dato che agli abitanti piace parlare di argomenti spirituali”.

In alcuni villaggi oltre a dover rispettare le restrizioni relative all’abbigliamento, i fratelli devono osservare altri divieti in vigore fra questa gente a motivo delle loro credenze. Arturo Villasin, ora sorvegliante di circoscrizione, riferisce: “I fratelli che guidano un gruppo nella testimonianza stanno molto attenti a rispettare il fatto che per gli abitanti dei villaggi è molto importante non fare nulla che possa offendere gli spiriti. In alcuni villaggi è assolutamente vietato pronunciare certe parole o certi nomi, come il nome di un antenato morto che si crede abbia potere sul villaggio. Alcuni alberi sono pure considerati sacri, e solo i maschi possono sedersi alla loro ombra. In un particolare villaggio lungo il mare certi colori sono offensivi: non si possono portare indumenti rossi o neri. Perciò, prudentemente, nel dare testimonianza si eviterà di usare un libro o una Bibbia con la copertina rossa o nera.

“Alle donne è tassativamente vietato entrare in alcune zone del villaggio. Un uomo non può sedersi sullo stesso sedile insieme a una donna che non sia sua moglie. Se si viola una qualsiasi di queste usanze, si deve pagare immediatamente un’indennità. Per riuscire a dare testimonianza è quindi indispensabile che i fratelli e le sorelle conoscano bene le regole, le leggi e i divieti vigenti in ciascun villaggio. Perciò, prima di entrare in un villaggio, il fratello che guida il gruppo tratterà nei particolari quello che ciascuno, specie le sorelle, le quali hanno più probabilità di infrangere senza rendersene conto certe usanze maschiliste, dovrebbe o non dovrebbe fare mentre si trova nel villaggio. Si fanno volentieri gli aggiustamenti che non vanno contro i giusti princìpi di Geova, affinché gli abitanti dei villaggi abbiano l’opportunità di udire la buona notizia. Molti hanno reagito in maniera positiva e sono stati disposti ad abbandonare le pratiche che dispiacciono al vero Dio”.

Circondati dai demoni

Nella regione montuosa di Kwaio nell’isola di Malaita c’è il villaggio di Aiolo. Questo villaggio è abitato in gran parte da famiglie di testimoni di Geova.

Per il popolo di Geova Aiolo è un rifugio, circondato com’è dall’adorazione dei demoni. Se guardate fuori del villaggio, vedrete molti luoghi considerati sacri, fitti boschetti in cima ai colli, i cui pendii sono stati rasati per distinguere il terreno sacro da quello profano. Là i sacerdoti immolano maiali agli dèi. Parte dei sacrifici viene consumata dal sacerdote e, a volte, da altri uomini. A nessuna donna invece è permesso mangiare alcuna parte del sacrificio o partecipare all’effettiva offerta del sacrificio pena la morte, anche se è stata lei ad allevare i maiali. Dopo il sacrificio, il sacerdote o gli offerenti devono rimanere in una casa sacra entro i confini del villaggio per un dato numero di giorni prima di tornare in famiglia.

Ad Aiolo fu eretta ‘in tempi brevi’ una casa fatta di bambù e altro materiale reperito nella boscaglia. Un Testimone l’ha messa a disposizione dei cosiddetti fuggiaschi. Questi sono interessati, singoli o anche famiglie, fuggiti dall’adorazione dei demoni che abbandonano il proprio villaggio dove si adorano i demoni per trovare rifugio ad Aiolo. Una volta arrivò una famiglia di fuggiaschi — un uomo con la moglie e alcuni fratelli e sorelle di lui — che i compaesani cercavano di uccidere perché avevano offeso il loro demonio rifiutandosi di sacrificargli un maiale. La pena era la morte!

Diversi giorni dopo un sorvegliante viaggiante visitò Aiolo. Sentite ciò che ha da dire: “Mia moglie ed io fummo invitati a mangiare in casa di un fratello. In mezzo a loro sedeva questa famiglia di fuggiaschi. Ce ne innamorammo immediatamente, ma erano spaventati e ci voltavano le spalle. Tuttavia, prima che terminasse il pranzo erano sorridenti e ci guardavano in faccia. Avevano capito che eravamo proprio come tutti gli altri fratelli e sorelle che amano Geova e che a loro volta sono amati da lui!”

Niente pantaloni lunghi

Ma torniamo al fratello Villasin e chiediamogli perché ora porta i calzoncini invece dei pantaloni lunghi. Egli dice: “In un villaggio il nostro gruppo di proclamatori aveva dato testimonianza a tutti. Un fratello però si era fermato a lungo a parlare con il capo del villaggio. Quando infine uscì dalla casa del capo, il fratello sembrava preoccupato. Il capo gli aveva detto che voleva i miei pantaloni lunghi! Adesso ero preoccupato io! Non avevo un altro paio di pantaloni, e non era decoroso per un sorvegliante di circoscrizione andare in giro senza pantaloni. Pregai il fratello di tornare indietro subito e convincere il capo che, mentre lui e la sua gente potevano sentirsi perfettamente a loro agio senza niente addosso, io ero di un altro paese con usanze completamente diverse, una delle quali era che in nessuna circostanza ci saremmo presentati nudi in pubblico. Il capo però voleva i miei pantaloni. Comunque, dopo una lunga discussione, il fratello lo convinse a lasciarmeli. Ero sollevato! Da quella volta in poi, non ho più portato pantaloni lunghi in nessun villaggio. Porto i calzoncini come fanno gli altri fratelli!”

Un altro sorvegliante viaggiante straniero ebbe un’esperienza da far rizzare i capelli. In un villaggio non si possono usare le parole “malvagio” e “guerra” poiché sono i nomi di due demoni. Pronunciare questi nomi è un’offesa e l’offensore deve pagare una forte indennità. Quando i Testimoni locali andarono a predicare in quel villaggio, il nuovo sorvegliante viaggiante disse che alle porte preferiva ascoltare. I fratelli non erano d’accordo: insisterono che il sorvegliante viaggiante parlasse a una porta, dato che conosceva a fondo le usanze locali. Alla fine il fratello in visita acconsentì. Mentre percorreva il sentiero nella boscaglia su e giù per i monti, continuava a mormorare fra sé: “Non dire GUERRA, non dire MALVAGIO”.

Quando finalmente raggiunsero il territorio, un uomo invitò il sorvegliante viaggiante e altri due fratelli a entrare in casa sua. I due fratelli iniziarono la conversazione e poi presentarono il sorvegliante viaggiante, che era molto nervoso. Egli espose un breve argomento scritturale, e tutto andò bene. Il padrone di casa sembrava soddisfatto di ciò che udiva. Anche il sorvegliante viaggiante si sentiva soddisfatto e aprì il libro Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca per far vedere alcune figure del Paradiso. Ma poi, con suo orrore, aggiunse: “E Dio eliminerà la guerra”.

L’uomo sbarrò gli occhi, e il sorvegliante viaggiante fece altrettanto. Guardò immediatamente i fratelli per chiedere aiuto e fece un profondo respiro, ma loro guardavano il padrone di casa come per dire: “Non ha mica detto ‘guerra’, vero?” Il padrone di casa ricambiò il loro sguardo come per dire: “No, penso di no”. E così terminò la conversazione senza dover pagare nessuna indennità. Ma in quanto al sorvegliante viaggiante, non vedeva l’ora di tornare ad Aiolo.

Non solo le usanze e il modo di vestire delle Salomone differiscono da quelli occidentali, ma anche i metodi di costruzione sono diversi. Due importanti costruzioni hanno comunque aiutato molti abitanti del luogo a rendersi conto che lo spirito di Geova Dio è sui suoi adoratori. Nel 1989 la popolazione di Auki nell’isola di Malaita rimase stupefatta vedendo una congregazione di 60 proclamatori costruire una Sala delle Assemblee con più di mille posti a sedere. Poi, nel giugno 1991, la popolazione di Honiara è rimasta a bocca aperta mentre una Sala delle Assemblee con 1.200 posti a sedere sorgeva dalle fondamenta in sole due settimane: la prima sala di queste dimensioni costruita in tempi brevi nell’area del Pacifico. La prima tappa della nostra visita ai cantieri è Malaita.

“La sala costruita da Geova”

Cominciate con due martelli e due scalpelli. Aggiungete a questi arnesi decine e decine di operai volenterosi e tutto il legname che riuscite a tagliare in una circostante foresta paludosa. Ora avete tutto il materiale per costruire una Sala delle Assemblee con 1.500 posti a sedere, stile isole Salomone. Una simile costruzione miracolosa ha fatto risuonare più alto il grande coro di lode al nome di Geova a Malaita. Per costruire quel locale di 930 metri quadrati si sono dovuti superare così tanti problemi apparentemente insormontabili che è diventato noto come “la sala costruita da Geova”.

Nel giugno 1982 i missionari inviati a Malaita tennero un’adunanza nella principale città della provincia, Auki, e giunsero a questa conclusione: c’era urgente bisogno di una nuova Sala del Regno per la congregazione locale di 65 proclamatori. All’adunanza c’erano Roger Allan e due missionari filippini, Pepito Pagal e Arturo Villasin.

La vecchia Sala del Regno era infestata dalle termiti. Era così malridotta che minacciava di crollare alla minima raffica di vento. Costruita in origine per provvedere un temporaneo riparo dal sole e dalla pioggia alle 400 persone che avevano assistito a un’assemblea tenuta ad Auki 15 anni prima, ormai non ce la faceva più.

Nella congregazione di Auki solo due fratelli avevano un lavoro stabile, e guadagnavano ciascuno l’equivalente di circa 60.000 lire al mese. Perciò tutti i componenti della congregazione convennero di concentrarsi prima sulla raccolta di denaro per iniziare la costruzione. I fratelli Pagal e Villasin ebbero l’incarico di organizzare un gruppo di volontari della congregazione che avrebbero lavorato per procurarsi i fondi necessari.

La congregazione si mise a coltivare patate dolci e cavoli. Il prodotto veniva confezionato in cesti fatti di foglie di cocco e inviato via mare a Honiara. Là un’anziana pioniera, Cleopass Laubina, vendeva la verdura al miglior prezzo possibile e inviava il denaro alla congregazione di Auki. Inoltre, ogni lunedì, da 40 a 50 fratelli e sorelle sgobbarono col sudore della loro fronte per guadagnare qualcosa scavando fossati, ripulendo il terreno di piantagioni di palme da cocco e impastando a mano cemento. Così, nel 1985, dopo tre anni e mezzo di lavoro, la congregazione aveva raggranellato l’equivalente di 2.500.000 lire.

Ampliato il progetto

Nel frattempo si decise di ampliare notevolmente il progetto di costruzione a vantaggio di tutte le 23 congregazioni di Malaita. I Testimoni locali pensarono: “Invece di costruire una Sala del Regno per una settantina di proclamatori, perché non costruire una Sala delle Assemblee per 1.500 persone?” Perciò venne progettata una grande costruzione con 1.500 posti a sedere, in grado di provvedere riparo non solo dal cocente sole equatoriale ma anche dai frequenti acquazzoni tipici delle isole Salomone.

Fu abbozzato il progetto di una sala lunga 30 metri e larga 32, con un tetto a capanna per facilitare la fuoriuscita dell’aria calda dal soffitto. Secondo il progetto la sala non avrebbe avuto colonne centrali per non impedire la visuale al pubblico. Sarebbe sorta sull’appezzamento di 2 ettari di proprietà della congregazione.

Nel 1985 il comitato di costruzione della congregazione ottenne un prestito a un basso tasso di interesse. Poco tempo dopo alcuni Testimoni della Svezia inviarono un dono sostanzioso, portando così il fondo per la Sala delle Assemblee a un totale pari a quasi 17.000.000 di lire, sufficiente per iniziare il lavoro di costruzione.

Il direttore di una segheria di Honiara promise inoltre di fornire tutti i 300 tronchi squadrati necessari per le colonne principali di sostegno, per i pali della veranda e del portico e anche per le capriate del tetto, le travi e i travicelli. Le capriate sarebbero state costruite a Honiara e poi smontate e inviate su chiatte ad Auki, dove sarebbero state rimontate e collocate sulle colonne di sostegno.

La squadra degli addetti alla costruzione era pronta e ansiosa di cominciare. Ma gli unici attrezzi che avevano erano due martelli da carpentiere e due scalpelli. Naturalmente c’erano molti aiutanti volenterosi pronti a mettersi all’opera. Però nessun Testimone di Malaita si intendeva di edilizia. “I fratelli e le sorelle contavano su di me perché dirigessi i lavori di costruzione, ma io non avevo mai costruito neanche un pollaio!”, disse il fratello Allan.

Come avrebbero fatto i Testimoni a sollevare da terra le capriate del tetto — ciascuna delle quali consisteva di otto grosse travi bullonate insieme e pesava da due a cinque tonnellate — e a collocarle sulle colonne di sostegno alte 6 metri? E poi, come avrebbero fatto a sollevare la sommità del tetto di circa 12 metri senza l’aiuto di pesanti gru?

“Non lo so”, confessò all’epoca il fratello Allan. “Dovremo solo confidare nell’aiuto di Geova”.

Assistenza gradita

Assistenza qualificata giunse di là dal mare nell’ottobre 1986. Jon e Margaret Clarke, che avevano preso parte alla costruzione della filiale della Nuova Zelanda, seppero della difficile situazione in cui si trovava la congregazione di Auki e riuscirono ad avere un visto di tre mesi per recarsi a Malaita.

Con una betoniera ricevuta in dono, la congregazione procedette alla costruzione di un grande podio e, dietro il podio, di una parete di blocchi di cemento con ali laterali. Usando come badile le mani, scavarono buche profonde che riempirono di cemento, nelle quali conficcarono le 18 colonne di sostegno per la parete, il tetto e la veranda.

Seguendo le istruzioni del fratello Clarke, i fratelli del luogo rimontarono le capriate del tetto dell’auditorio e le tre capriate del tetto del portico. Ma c’era ancora il problema della messa in opera delle capriate pesanti. Era un’impresa, poiché le capriate consistevano di otto travi bullonate insieme che formavano un enorme triangolo. La determinazione e l’ingegnosità dei fratelli sono indescrivibili.

Le travi fanno un balletto

L’unica attrezzatura disponibile per un’impresa così colossale era un paranco fissato a una gru di fortuna. La gru stessa era fatta di otto travi. La prima capriata, del peso di due tonnellate, doveva essere sollevata al di sopra della parete di blocchi di cemento appena costruita e montata su due colonne di sostegno dietro di essa. Quando la gru sollevò dal vertice la capriata in posizione verticale, i fratelli si resero conto con costernazione che la gru non era in grado di sollevare la capriata abbastanza in alto da passare sopra la parete. Ci mancava un metro! Per due giorni la capriata rimase appesa alla gru — con dei tronchi sotto che la sostenevano — mentre i fratelli costernati cercavano di risolvere il problema.

La gente passava e scherniva, dicendo: “Geova non può alzarvela lui la capriata?”

“Ben detto!”, esclamavano i fratelli. “Geova ci aiuterà sicuramente!”

I lavoratori ebbero un improvviso lampo di genio. Il cric di un camioncino venne infilato sotto un’estremità della capriata, che fu così sollevata di alcuni centimetri. Quindi sotto quella estremità fu aumentato il sostegno. Poi il cric venne spostato dall’altra parte della capriata per sollevare quella estremità, che venne anch’essa alzata di più e sostenuta. L’operazione fu ripetuta finché, dopo quattro giorni di questo gioco di destrezza, la prima capriata era stata sollevata al di sopra della parete di cemento e collocata sulle sue colonne di sostegno. Al termine di questa straordinaria impresa i fratelli si misero a danzare intorno in un grande cerchio, battendo le mani e cantando felici.

Solo a lavori ultimati e dopo che il cric era stato usato felicemente per alzare tre capriate — una del peso di ben cinque tonnellate — i fratelli si resero conto che le parole mezzo cancellate impresse su un lato del cric indicavano che la capacità di sollevamento non era di “15 tonnellate”, come avevano creduto, ma in realtà solo di “1,5 tonnellate”!

“Riflettendoci, quello che i fratelli e le sorelle hanno fatto è contrario alla logica”, dice il fratello Allan. “Osservare quelle enormi capriate sollevarsi nell’aria era uno spettacolo: sembrava che le travi facessero un balletto!”

“Geova non è capace di costruire una sala?”

Nel gennaio 1987 due fratelli locali che lavoravano nell’edilizia a Honiara vennero ad Auki e dopo aver ispezionato le capriate dissero che la segheria senza saperlo aveva inviato travi scadenti di legno di alberi da frutta e che queste travi sembravano buone ma tendevano a marcire dall’interno. Essi ritenevano che il processo fosse già iniziato nel durame e che tutte le travi dovessero essere sostituite. Quattro mesi dopo la terribile diagnosi fu confermata: quasi tutte le travi stavano marcendo, e la maggior parte del pesante lavoro di costruzione già fatto era da rifare.

Il fratello e la sorella Clarke tornarono ad Auki in luglio, insieme a Steven e Allan Brown di Auckland. Essi portarono con sé attrezzatura che era servita per la costruzione della filiale della Nuova Zelanda, ormai ultimata. I neozelandesi avevano programmato la loro visita con l’intenzione di terminare la copertura della sala, invece il loro lavoro consisté principalmente nel demolire gran parte della struttura eretta l’anno prima.

Tuttavia, per i fratelli la cosa più difficile da sopportare furono i continui scherni di coloro che passavano di lì sui camion, e anche le umilianti osservazioni della gente al mercato o per le vie di Auki.

“Geova non è capace di costruire una sala?”, dicevano con sarcasmo. “Questo dimostra che seguite una religione falsa”, dileggiavano. “Solo i matti costruiscono una sala e poi la demoliscono”. Quando passavano dal cantiere, gli appartenenti ad altre religioni ballavano e cantavano davanti ai lavoratori avviliti, rallegrandosi della loro sventura. I fratelli locali erano così scoraggiati che dicevano ai quattro missionari: “Ce ne andremmo via da questa sala seduta stante se non ci fosse di mezzo il nome di Geova”.

Ride bene chi ride ultimo

A volte è stato proprio così. Per esempio, un gruppo di cantori, diretti a una speciale funzione della chiesa a una quindicina di chilometri di distanza, aveva lanciato insulti e aveva riso dei costruttori mentre passava di lì su un camion. Un chilometro e mezzo dopo il cantiere il camion ebbe un guasto e loro, bloccati, non poterono arrivare a destinazione.

Quando la notizia del guasto giunse al cantiere, fu consigliato di ‘non rendere male per male’. (Rom. 12:17) Ma alcuni fratelli che viaggiavano sul cassone del camion del cantiere, passando poco dopo davanti ai cantori immobilizzati, non poterono fare a meno di esprimere la propria gioia con una vivace danza!

Il villaggio di Kona viene in aiuto

Solo 38 travi inviate dalla segheria non erano marce, perciò bisognava trovare da qualche altra parte le restanti travi per raggiungere il numero di 300. Ma dove trovarle? I Testimoni di Kona, un villaggio situato a 5 chilometri dal cantiere, si offrirono di donare degli alberi che crescevano nella loro terra e fornivano uno speciale legno duro. Il legname avrebbe sostituito le colonne principali di sostegno, i pali della veranda e del portico e le capriate dell’auditorio. Questo era un grosso sacrificio per i Testimoni di Kona, dato che Malaita era stata devastata dal ciclone Namu e quegli alberi dovevano servire per ricostruire le loro case danneggiate.

Per andare a prendere le travi, le sorelle della congregazione di Auki aprirono nella fitta boscaglia un varco largo 6 metri e lungo 800, dal luogo in cui si dovevano abbattere gli alberi fino alla strada principale. Impiegarono tutta la loro forza per tagliare alberi, costruire ponti sui fossati e rimuovere ostacoli dalla nuova strada. Quindi gli alberi scelti poterono essere abbattuti, sfrondati e squadrati con le motoseghe.

“Siamo come formiche”

Il nuovo legname squadrato doveva misurare 36 centimetri per lato ed essere lungo 6,4 metri. Ma come potevano tronchi così grossi raggiungere la strada principale distante quasi un chilometro?

La risposta della congregazione fu: “Noi siamo come formiche! Se ci sono abbastanza mani, possiamo spostare qualsiasi cosa!” (Confronta Proverbi 6:6). Quando ci volevano altri fratelli e sorelle per trasportare i tronchi, risuonava il grido: “Formiche! Formiche!” Fratelli e sorelle accorrevano da ogni parte per dare una mano. Quaranta di loro sollevavano a braccia un tronco di mezza tonnellata e lo portavano fino alla strada principale, da dove veniva trasportato al cantiere con il camion.

La messa in opera delle colonne e dei pali era un’operazione rischiosa. Ancora una volta, il modo di fare locale si dimostrò il migliore. Giunta sul luogo, ogni colonna veniva deposta a tre metri circa dalla profonda buca in cui doveva essere calata e poi cementata.

Trenta fratelli e sorelle alzavano la parte superiore di una colonna su un cavalletto. Poi la spingevano rapidamente sul terreno, facendone scivolare la parte inferiore verso la buca a cui era destinata. Due dei fratelli più coraggiosi con delle grosse assi stavano dall’altra parte della buca, così che quando il tronco slittando andava a sbattere contro quelle assi, si fermava di colpo, e lo slancio in avanti lo spingeva in posizione verticale facendolo cadere nella buca di fondazione.

Un errore si trasforma in una benedizione

Poi si doveva mettere su il tetto della sala. Ma ormai i fondi per la costruzione erano completamente esauriti, e la congregazione non poteva permettersi la copertura di acciaio per l’edificio. Tuttavia, quando il Corpo Direttivo dei testimoni di Geova venne informato della situazione dei fratelli, fu messo a disposizione un dono equivalente a 12.500.000 lire, abbastanza non solo per acquistare il materiale per il tetto ma anche per completare l’auditorio della Sala delle Assemblee.

Fu versato un deposito pari a 7.500.000 lire a una ditta di laminati metallici per l’acquisto di materiale di acciaio per il tetto, verniciato grigio chiaro. Anche se il colore era poco simpatico e lo spessore e la qualità del materiale non erano quelli voluti dal comitato di costruzione, era tutto quello che ci si poteva permettere. Però, con costernazione dei costruttori, l’acciaio necessario per il tetto era già stato venduto a un altro gruppo religioso di Honiara per la costruzione di una nuova chiesa. La ditta fornitrice si scusò del disguido, ma non aveva più materiale di quel tipo in magazzino.

Una settimana dopo la ditta informò i Testimoni che era arrivato un quantitativo di materiale più pesante, di migliore qualità. Ma a motivo dell’errore fatto, la ditta avrebbe consentito alla congregazione di acquistarlo a prezzo molto ridotto, che rientrava benissimo nel bilancio del fondo per la costruzione. Cosa ancora più straordinaria, il nuovo materiale d’acciaio era di un colore verde scuro più piacevole che i fratelli in origine avrebbero voluto ma non potevano permettersi.

Nel dicembre 1987 arrivò il fratello Henry Donaldson, impresario edile neozelandese specializzato nella copertura di edifici. L’opera fu così coronata con un bel tetto di 1.100 metri quadrati. Ora, quando i camion su cui viaggiavano i loro tormentatori passavano dal cantiere, i fratelli e le sorelle finalmente potevano cantare e ballare, additando con grande eccitazione la costruzione quasi ultimata!

Immaginate la loro gioia quando, qualche giorno dopo, la sala fu usata per la prima volta. Il sorvegliante di zona, il fratello Viv Mouritz della filiale australiana, pronunciò un discorso al quale assisterono 593 persone. Egli lodò tutti i volontari, che avevano lavorato così duramente all’imponente costruzione, per la loro abnegazione e la loro perseveranza.

Sapersi arrangiare

Questa Sala delle Assemblee di Malaita è un esempio di come si possano fare grandi cose senza materiali industriali e attrezzatura moderna. È una prova che Geova benedice gli sforzi di coloro che ripongono piena fiducia in lui. Spesso il lavoro procedeva anche senza gli arnesi più essenziali, come vanghe o badili, che sarebbero stati considerati un’assoluta necessità in paesi più ricchi.

Quando era necessario cavare il pietrisco e metterlo in sacchi per trasportarlo al cantiere, le sorelle con bastoni aguzzi scavavano dalla cava la ghiaia corallina, quindi raccoglievano a mani nude quella ghiaia tagliente e acuminata e la mettevano nei sacchi. In un solo giorno le sorelle cavarono tanto pietrisco che caricarono 13 volte un camion della portata di tre tonnellate!

Un altro esempio di sapersi arrangiare con quello che si ha a portata di mano si ebbe quando la ruota dell’unica carriola disponibile rimase danneggiata in modo irreparabile e nelle isole Salomone era impossibile trovare un pezzo di ricambio. Questo non scoraggiò minimamente i Testimoni. Dopo aver riempito la carriola di cemento, semplicemente la sollevavano e la portavano dove occorreva: fecero questo finché cinque settimane più tardi arrivò dalla Nuova Zelanda una ruota di ricambio.

Finalmente, terminati molti altri lavori, la Sala delle Assemblee venne usata nell’ottobre 1988 per l’assemblea di distretto “Giustizia divina”.

La prossima tappa della nostra visita ai cantieri è Honiara, nell’isola di Guadalcanal.

“In sole due settimane”

“In sole due settimane!” Ben presto la notizia si diffuse in tutta la città di Honiara e suscitò curiosità, sorpresa e scetticismo. Come si poteva erigere in due settimane una grande costruzione con 1.200 posti a sedere? Come poteva avvenire questo in un’isola così lontana dai mezzi tecnologici del mondo moderno?

La riuscita di questa impresa non dipendeva dalla tecnologia moderna e dall’abilità individuale. Tuttavia una Sala delle Assemblee a prova di ciclone eppure confortevole, con tanto di podio e impianto acustico, era estremamente necessaria in questo paese in cui i trasporti e l’edilizia civile sono pianificati in termini di mesi e anni, non di giorni e settimane.

Man mano che le fondamenta prendevano forma, l’interesse locale cresceva. Molti però stavano a guardare con crescente scetticismo quando, osservandone la base, cominciarono a rendersi conto delle dimensioni del futuro edificio. Essi chiedevano: “Come farete a costruire questo grande edificio in sole due settimane?”

Presto arrivarono e furono scaricati dalle navi container carichi di profilati di acciaio. I funzionari governativi di Honiara furono molto ragionevoli e servizievoli, e si fecero in quattro per spiegare le procedure di importazione. Le autorità delle isole Salomone inoltre diedero a una squadra di circa 60 volontari, tutti Testimoni australiani, il permesso di venire a Honiara per lavorare insieme ai Testimoni locali per l’effettiva durata dei lavori, cioè due settimane. Come apprezzarono i fratelli il benevolo interessamento e l’aiuto dei funzionari!

Il 7 giugno 1991 la squadra di operai edili è stata accolta all’aeroporto di Honiara da fratelli sorridenti i cui denti candidi spiccavano come gemme sul loro volto bruno, nonché da ghirlande di frangipani e dall’amore che rendono unica questa fratellanza internazionale. La timidezza iniziale è presto svanita quando l’indomani tutti i lavoratori hanno iniziato la costruzione della grande casa per l’adorazione di Geova. Ogni operaio specializzato era lieto di insegnare il mestiere a quelli che dovevano lavorare con lui. Un fornitore locale ha alzato gli occhi verso la struttura in acciaio e ha detto con stupore: “Una volta per montare 25 tonnellate di acciaio mi ci vollero tre mesi. Qui voi ne avete messo su 30 tonnellate in due soli giorni e mezzo!”

La prima adunanza nella Sala delle Assemblee costruita in tempi brevi si è tenuta esattamente 15 giorni dopo l’inizio dei lavori. Purtroppo i fratelli e le sorelle venuti di fuori hanno dovuto ripartire. La scena all’aeroporto è stata sotto molti aspetti simile a quella del loro arrivo: ghirlande di frangipani e tutti stanchi a furia di stringere mani e abbracciarsi, solo questa volta pochi non avevano gli occhi umidi.

“Le isole felici” oggi

Anche se sono passati più di 35 anni da che la buona notizia del felice Dio giunse per la prima volta nelle isole Salomone, rimangono ancora intere isole, come Santa Isabel, Shortland, Rennell, Bellona, Tikopia, Sikaiana e Ulawa, nelle quali la buona notizia del Regno non è stata predicata in modo organizzato. I tempi sono certamente maturi perché sia data una testimonianza più estesa. Benché gli stessi abitanti delle Salomone le chiamino “le isole felici”, esistono ancora problemi pressanti. Per molti isolani questi sono certamente “tempi difficili”. (2 Tim. 3:1) Le difficoltà economiche non mancano. La transizione dalla vita dei villaggi a uno stile di vita più cittadino causa tensioni sociali. La gente cerca una risposta ai suoi problemi, e le persone sincere riscontrano che i testimoni di Geova sono in grado di indicare risposte esatte, consolanti, nell’unica fonte di saggezza e conforto, la Parola di Dio.

Molte persone del luogo vedono l’operato dello spirito di Geova in mezzo al suo popolo. Ad Auki, nell’isola di Malaita, sono rimaste stupite osservando una congregazione di 60 proclamatori dotata di pochissimi mezzi materiali costruire una bella Sala delle Assemblee, che ha 1.500 posti a sedere, con l’amorevole aiuto dei loro fratelli spirituali della Nuova Zelanda e dell’Australia e con l’aiuto finanziario giunto dagli Stati Uniti e dalla Svezia. Perciò molti interessati qui si uniscono al popolo di Geova.

Spesso coloro che hanno sentito parlare o hanno visto foto delle isole del Pacifico meridionale se ne fanno un’idea sbagliata. Credono che siano isole paradisiache, dove la vita non è faticosa e il servizio di pioniere è solo piacevole. Nelle fotografie, purtroppo, non si vedono le zanzare, i pappataci, i cicloni o i terremoti. Esse non rivelano il 100 per cento di umidità che fa ammuffire abiti, libri e altri oggetti, né segnalano la presenza di malattie tropicali, serpenti e coccodrilli. Quindi i tesori delle isole Salomone non sono tesori materiali, ma sono le persone che hanno deciso di adorare Geova — queste sono le ‘cose desiderabili delle nazioni’ — persone che amano Geova e hanno modificato la propria vita per fare la sua volontà. (Agg. 2:7) La cortesia, il desiderio di imparare le leggi di Dio e di metterle in pratica e la lealtà al Regno di Dio rendono gli abitanti delle Salomone desiderabili agli occhi di Geova.

Voglia Geova continuare a benedire riccamente il lavoro dei suoi umili, felici servitori nelle lontane “isole felici”, mentre ricercano la sola vera e durevole felicità mettendo al primo posto nella loro vita le cose spirituali. — Matt. 5:3; 6:33.

[Nota in calce]

^ par. 9 Per altre informazioni vedi l’Annuario dei testimoni di Geova del 1979.

[Prospetti a pagina 252]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Isole Salomone

1.200

1954 1

1960 135

1970 553

1980 497

1991 851

Massimo di proclamatori

100

1954

1960 3

1970 57

1980 69

1991 70

Media di pionieri

[Riquadro/Cartine a pagina 208]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

ISOLE SALOMONE

ONTONG JAVA

Oceano Pacifico meridionale

CHOISEUL

SHORTLAND

GIZO

NUOVA GEORGIA

Munda

SANTA ISABEL

MALAITA

Malu’u

Auki

GUADALCANAL

Honiara

BELLONA

RENNELL

Provincia di Makira

ULAWA

SAN CRISTOBAL (MAKIRA)

Provincia di Temotu

ISOLE REEF

ISOLE SANTA CRUZ

Lata

[Cartina]

EQUATORE

PAPUA NUOVA GUINEA

AUSTRALIA

[Riquadro]

ISOLE SALOMONE

Capitale: Honiara (Guadalcanal)

Lingue ufficiali: pidgin delle Salomone e inglese

Religione principale: anglicana

Popolazione: 328.723

Filiale: Honiara

[Immagini a pagina 210]

Il porto di Honiara sulla costa settentrionale di Guadalcanal

Bambini delle isole Salomone

[Immagine a pagina 212]

La filiale di Honiara nell’isola di Guadalcanal

[Immagine a pagina 213]

Joan e Bob Seccombe davanti alla prima filiale

[Immagine a pagina 217]

La buona notizia è stata estesamente predicata in sei delle isole principali e in decine di isole minori

[Immagine a pagina 218]

Sala del Regno a Gizo, nella Provincia Occidentale. Alcune sale vengono costruite con legname e foglie di palma intrecciate o cucite

[Immagine a pagina 227]

Foglie di taro sono usate come ombrelli. Su queste foglie si possono anche scrivere messaggi

[Immagine a pagina 233]

Il pioniere speciale Elson Site con la sua famiglia

[Immagini a pagina 243]

Tronchi portati da una zona paludosa e squadrati con le motoseghe vengono caricati su un camion. Un tronco squadrato (una colonna di una parete) viene collocato nella buca di fondazione della Sala delle Assemblee di Auki

[Immagini a pagina 244]

Le enormi capriate del tetto, che pesano fino a cinque tonnellate, consistono di otto travi bullonate. Le capriate vengono collocate sulle colonne di sostegno alte 6 metri senza l’aiuto di attrezzatura edile pesante

[Immagine a pagina 245]

La Sala delle Assemblee di Auki, a Malaita, con 1.500 posti a sedere, a lavori ultimati

[Immagini a pagina 249]

La struttura antisismica, in grado di resistere anche ai cicloni, prende forma

La Sala delle Assemblee di Honiara, a Guadalcanal, con 1.200 posti a sedere

[Immagine a pagina 251]

Il Comitato di Filiale. Da sinistra a destra: James Ronomaelana, Josef Neuhardt e Rodney Fraser