Vai direttamente al contenuto

Vai direttamente all’indice

Come è nata la vita?

Come è nata la vita?

Capitolo tre

Come è nata la vita?

LA TERRA pullula di vita. Dai ghiacci dell’Artide alla foresta pluviale amazzonica, dal deserto del Sahara alle paludi delle Everglades, dal buio degli abissi oceanici alle assolate cime dei monti, la vita abbonda. E non finisce mai di stupirci.

La sua varietà di forme e dimensioni e la sua abbondanza sfidano l’immaginazione. Sul nostro pianeta brulicano e ronzano un milione di specie di insetti. Nelle acque intorno a noi nuotano più di 20.000 specie di pesci: alcuni non più grandi di un chicco di riso, altri lunghi come camion. Ad abbellire la terraferma ci sono almeno 350.000 specie di piante: alcune dall’aspetto bizzarro, quasi tutte bellissime. E sopra di noi volano oltre 9.000 specie di uccelli. Queste creature, compreso l’uomo, formano quell’intricato mosaico, quella sinfonia che chiamiamo vita.

Ma ancor più stupefacente della piacevole varietà che ci circonda è la profonda unità che lega tutte le forme di vita. I biochimici, che studiano le creature viventi sotto il profilo chimico, spiegano che tutti gli esseri viventi — che si tratti di amebe o di esseri umani — dipendono da uno straordinario “lavoro di squadra”: l’interazione tra acidi nucleici (DNA e RNA) e molecole proteiche. Le complesse reazioni che coinvolgono questi componenti si verificano praticamente in tutte le cellule del nostro organismo, come pure nelle cellule dei colibrì, dei leoni e delle balene. Quest’unica interazione dà luogo a un fantastico caleidoscopio di forme viventi. Da dove proviene questa armoniosa organizzazione della vita? Anzi, come è nata la vita?

Probabilmente accettate l’idea che un tempo non c’era vita sulla terra. Questo è quanto sostengono anche gli scienziati, come pure molti testi religiosi. D’altra parte, vi renderete conto che queste due fonti — la scienza e la religione — spiegano in modo diverso come ha avuto origine la vita sulla terra.

Milioni di persone di ogni grado di istruzione credono che sia stato un Creatore intelligente, l’originale Progettista, a creare la vita sulla terra. Molti scienziati, invece, affermano che la vita sia sorta gradualmente dalla materia inanimata grazie a una serie di reazioni chimiche, in maniera del tutto casuale. Chi ha ragione?

Non dovremmo pensare che la questione non ci riguardi e che non abbia nulla a che vedere con la nostra ricerca di una vita più significativa. Abbiamo già visto che una delle domande fondamentali a cui gli uomini hanno cercato di dare una risposta è: Da dove veniamo noi esseri umani?

In genere nei corsi di scienze si dà molto risalto all’adattamento e alla sopravvivenza degli esseri viventi anziché alla questione più fondamentale dell’origine stessa della vita. Avrete notato che nel tentativo di spiegare da dove è venuta la vita di solito vengono usati termini molto vaghi, del tipo: ‘Nel corso di milioni di anni, le collisioni tra molecole hanno dato luogo in qualche modo alla vita’. Ma è una spiegazione soddisfacente? In altre parole, grazie all’energia proveniente dal sole, da fulmini o da vulcani, della materia inanimata si sarebbe mossa, si sarebbe organizzata e alla fine avrebbe cominciato a vivere: e tutto questo senza nessun aiuto esterno. Che salto enorme sarebbe stato! Dalla materia inanimata a un essere vivente! È possibile che le cose siano andate così?

Nel Medioevo una spiegazione del genere non avrebbe destato perplessità perché la gente credeva nella generazione spontanea, ovvero che la vita potesse sorgere spontaneamente dalla materia inanimata. Poi, nel XVII secolo, il medico italiano Francesco Redi dimostrò che nella carne in putrefazione comparivano i vermi solo dopo che le mosche vi avevano deposto le uova. Se la carne era fuori della portata delle mosche, i vermi non si sviluppavano. Se animali delle dimensioni delle mosche non comparivano dal nulla, che dire dei microbi che si sviluppavano in continuazione nel cibo, che questo fosse coperto o no? Anche se esperimenti successivi indicarono che i microbi non apparivano per generazione spontanea, la questione rimaneva aperta. Poi ci fu l’opera di Louis Pasteur.

Molti ricordano il contributo dato da Pasteur alla soluzione di problemi legati alla fermentazione e alle malattie infettive. Egli condusse anche esperimenti per determinare se era possibile che forme di vita microscopiche comparissero spontaneamente. Come forse avrete letto, Pasteur dimostrò che se l’acqua era sterilizzata e protetta da contaminazioni non vi si formavano nemmeno minuscoli batteri. Nel 1864 annunciò: “La dottrina della generazione spontanea non si riprenderà mai dal colpo mortale infertole da questo semplice esperimento”. Questa affermazione continua ad essere valida. Nessun esperimento ha mai prodotto la vita dalla materia inanimata.

Come poté quindi nascere la vita sulla terra? I tentativi moderni di dare una risposta a questa domanda si possono far risalire agli anni ’20, all’opera del biochimico russo Aleksandr I. Oparin. Da allora lui e altri scienziati hanno proposto quello che assomiglia al copione di un dramma in tre atti che descrive ciò che sarebbe avvenuto sulla scena del pianeta Terra. Nel primo atto si assiste alla trasformazione degli elementi chimici presenti sulla terra — le materie prime — in gruppi di molecole. Poi si salta alle molecole più grandi. E nell’ultimo atto avviene il salto che porta alla prima cellula vivente. Ma le cose sono andate davvero così?

Una premessa essenziale in questo dramma è che anticamente l’atmosfera terrestre fosse molto diversa da com’è oggi. Secondo una teoria l’ossigeno libero era praticamente assente, mentre azoto, idrogeno e carbonio formavano ammoniaca e metano. In un’atmosfera fatta di questi gas e di vapore acqueo, sotto l’effetto di fulmini e della luce ultravioletta si sarebbero formati zuccheri e amminoacidi. Non dimenticate, però, che questa è solo una teoria.

Secondo questo dramma ipotetico, queste molecole più complesse furono trasportate dalla pioggia negli oceani o in altri specchi d’acqua. Col tempo zuccheri, acidi e altri composti si concentrarono dando luogo a un “brodo prebiotico” in cui gli amminoacidi, per esempio, si unirono a formare proteine. Proseguendo in questa ipotetica sequenza di avvenimenti, altri composti chiamati nucleotidi formarono delle catene e diventarono acidi nucleici, come il DNA. Tutto questo avrebbe preparato la scena per l’ultimo atto del dramma molecolare.

Quest’ultimo atto, che non è documentato, è un po’ come una storia d’amore. Le molecole proteiche e quelle di DNA si incontrano per caso, si riconoscono e si abbracciano. Infine, quando sta già per calare il sipario, nasce la prima cellula vivente. Se foste tra il pubblico che assiste a questo dramma, potreste chiedervi: ‘È una storia vera o inventata? È davvero possibile che la vita sulla terra sia nata in questo modo?’

Creata la vita in laboratorio?

Nei primi anni ’50 gli scienziati si diedero da fare per verificare sperimentalmente la teoria di Aleksandr Oparin. Era un fatto assodato che la vita proviene solo dalla vita, tuttavia gli scienziati ipotizzavano che se in passato le condizioni fossero state diverse, la vita sarebbe potuta sorgere lentamente dalla materia inanimata. Si poteva dimostrare una cosa del genere? Lo scienziato Stanley L. Miller, lavorando nel laboratorio di Harold Urey, prese idrogeno, ammoniaca, metano e vapore acqueo (partendo dal presupposto che fossero stati questi i componenti dell’atmosfera primitiva), li chiuse ermeticamente in un’ampolla sul cui fondo ribolliva dell’acqua (a rappresentare il mare), e fece passare attraverso quei vapori delle scariche elettriche (che simulavano i fulmini). Nel giro di una settimana c’erano tracce di una sostanza appiccicosa e rossastra: Miller l’analizzò e scoprì che era ricca di amminoacidi, i “mattoni” fondamentali delle proteine. È molto probabile che abbiate sentito parlare di questo esperimento, perché per anni è stato citato nei libri di testo e nelle lezioni di scienze come se spiegasse in che modo ebbe inizio la vita sulla terra. Ma lo spiega veramente?

In effetti, oggi il valore dell’esperimento di Miller viene messo seriamente in discussione. (Vedi “Classico ma discutibile”, alle pagine 36-7). Nondimeno, il suo apparente successo portò ad altri esperimenti in cui furono prodotti persino componenti degli acidi nucleici (DNA e RNA). Gli specialisti in questo campo erano ottimisti, poiché in apparenza avevano replicato il primo atto del dramma molecolare. E sembrava che sarebbero seguite le versioni in laboratorio degli altri due atti. Un professore di chimica affermò: “Siamo ormai vicini a spiegare l’origine di un organismo vivente primitivo in virtù di meccanismi evoluzionistici”. E un divulgatore scientifico ha scritto: “I luminari del momento ipotizzarono che entro breve tempo scienziati come il dottor Frankenstein di Mary Shelley avrebbero potuto ottenere nei loro laboratori organismi viventi e descrivere così nei particolari le tappe attraverso cui ha avuto origine la vita”. * Molti pensavano che il mistero dell’origine spontanea della vita fosse risolto. — Vedi “Molecole destrogire e levogire”, a pagina 38.

Le opinioni cambiano, gli interrogativi restano

Negli anni successivi, però, quell’ottimismo è svanito. Sono passati decenni, e i segreti della vita continuano a sfuggire ai ricercatori. Una quarantina d’anni dopo il suo esperimento, il prof. Miller ha detto a Scientific American: “Il problema dell’origine della vita . . . si è rivelato ben più complesso di quanto io e molti altri potessimo immaginare”. * Anche altri scienziati hanno cambiato opinione. Il biologo Dean H. Kenyon, ad esempio, nel 1969 fu coautore del libro Biochemical Predestination (Predestinazione biochimica). Più di recente, però, è giunto alla conclusione che è “fondamentalmente non plausibile che materia ed energia si siano organizzate spontaneamente in sistemi viventi”.

In effetti, le esperienze di laboratorio confermano l’osservazione di Kenyon secondo cui c’è “un difetto fondamentale in tutte le attuali teorie sull’origine chimica della vita”. Dopo che Miller e altri ebbero sintetizzato gli amminoacidi, gli scienziati si misero al lavoro per costruire proteine e DNA, che sono entrambi essenziali per la vita sulla terra. Dopo migliaia di esperimenti condotti in condizioni cosiddette prebiotiche, qual è stato il risultato? Un libro che fa il punto sulle conoscenze attuali in proposito dice: “Vi è un sorprendente contrasto fra il notevole successo nel sintetizzare amminoacidi e il costante fallimento dei tentativi di sintetizzare proteine e DNA”. Questi ultimi tentativi sono caratterizzati da “continui fallimenti”. — The Mystery of Life’s Origin: Reassessing Current Theories.

Se vogliamo essere realisti, il mistero non è solo come si siano formate le prime molecole proteiche e i primi acidi nucleici (DNA o RNA). È anche come le due cose collaborino. “È solo la collaborazione delle due molecole che rende possibile l’attuale vita sulla Terra”, afferma la New Encyclopædia Britannica. Tuttavia questa stessa enciclopedia osserva che il modo in cui possa essere nata questa collaborazione continua ad essere “un problema cruciale e irrisolto per quanto riguarda l’origine della vita”. Proprio così.

L’Appendice A, “La vita: Un lavoro di squadra” (pagine 45-7), passa in rassegna alcuni aspetti fondamentali dell’affascinante collaborazione che esiste tra proteine e acidi nucleici nelle nostre cellule. Anche uno sguardo così rapido a ciò che accade all’interno delle cellule suscita ammirazione per il lavoro compiuto dagli scienziati in questo campo. Essi hanno fatto luce su processi straordinariamente complessi a cui ben pochi di noi pensano, ma che sono all’opera in ogni momento della nostra vita. D’altra parte, questo alto grado di complessità e di precisione ci porta nuovamente a chiederci: Come ha avuto origine tutto questo?

Probabilmente sapete che gli scienziati che studiano l’origine della vita non hanno smesso di cercare di formulare una sceneggiatura plausibile per il dramma relativo alla prima comparsa della vita. I loro nuovi copioni, però, non sembrano convincenti. (Vedi l’Appendice B, “Dal ‘mondo a RNA’? O forse da un altro mondo?”, a pagina 48). Ad esempio, Klaus Dose, dell’Istituto di Biochimica di Magonza, in Germania, ha detto: “Attualmente tutti i dibattiti sulle principali teorie e sui più importanti esperimenti in questo campo conducono a un punto morto o a un’ammissione di ignoranza”.

Nemmeno alla Conferenza Internazionale sull’Origine della Vita tenuta nel 1996 furono presentate soluzioni. Al contrario, la rivista Science riferì che i quasi 300 scienziati convenuti si erano “arrabattati con l’interrogativo di come comparvero le prime molecole [di DNA e RNA] e come si evolsero in cellule capaci di autoriprodursi”.

Per studiare ciò che accade a livello molecolare nelle nostre cellule, e anche solo per cominciare a spiegarlo, ci sono volute intelligenza e grande istruzione. È ragionevole credere che dei processi complicati si siano verificati per la prima volta in un “brodo prebiotico” senza nessuna guida, in maniera del tutto spontanea e casuale? O ci volle dell’altro?

Perché tanti interrogativi?

Oggi si può riflettere su quasi mezzo secolo di ipotesi e su migliaia di tentativi fatti per dimostrare che la vita iniziò spontaneamente. Chi lo fa sarà senz’altro d’accordo con ciò che ha detto il premio Nobel Francis Crick a proposito delle teorie sull’origine della vita, ovvero che “ci sono tante speculazioni che corrono dietro a pochi fatti”. * È comprensibile, quindi, che alcuni scienziati che esaminano i fatti arrivino alla conclusione che la vita è di gran lunga troppo complessa per saltar fuori anche in un laboratorio attrezzato: tanto meno in un ambiente non controllato.

Se la ricerca scientifica più avanzata non è in grado di dimostrare che la vita può essere nata spontaneamente, perché alcuni scienziati continuano a difendere queste teorie? Qualche decennio fa il prof. John D. Bernal fece un’osservazione molto significativa nel suo libro L’origine della vita: “Applicando in questo caso [alla generazione spontanea della vita] i rigidi canoni del metodo scientifico, è possibile dimostrare in certi punti della trattazione come la vita non si sia potuta originare. Le improbabilità perché nascesse sono troppe, le possibilità troppo piccole”. E aggiunse: “Purtroppo per questo punto di vista si deve constatare che la vita invece esiste qui sulla Terra in tutta la sua molteplicità di forme e di attività, e che le discussioni devono essere condotte sul come spiegarne l’esistenza”. * Da allora la situazione non è migliorata.

Riflettete su cosa significa in realtà un ragionamento del genere. È come dire: ‘Da un punto di vista scientifico è corretto affermare che la vita non può essere nata spontaneamente. Tuttavia la generazione spontanea è l’unica possibilità che prenderemo in considerazione. Pertanto è necessario che le discussioni siano condotte in modo da sostenere l’ipotesi dell’origine spontanea della vita’. È un modo di ragionare che vi convince? Non vi sembra che richieda notevoli forzature?

Ad ogni modo, ci sono scienziati competenti e rispettati che non vedono la necessità di forzare i fatti per adattarli a una filosofia in voga circa l’origine della vita. Al contrario, lasciano che siano i fatti a indicare una conclusione ragionevole. Quali fatti, e quale conclusione?

Informazione e intelligenza

Intervistato nel corso di un documentario, il prof. Maciej Giertych, famoso genetista dell’istituto di dendrologia dell’Accademia Polacca delle Scienze, ha dichiarato:

“Ci siamo resi conto dell’enorme quantità di informazione contenuta nei geni. La scienza non sa spiegare in nessun modo come tale informazione possa svilupparsi spontaneamente. Ci vuole un’intelligenza; non può nascere da eventi casuali. Non basta mischiare lettere per produrre parole”. E ha aggiunto: “Ad esempio, il complicatissimo sistema di replicazione di DNA, RNA e proteine all’interno della cellula dev’essere stato perfetto sin dall’inizio. Altrimenti non sarebbero potuti esistere esseri viventi. L’unica spiegazione logica è attribuire questa enorme mole di informazioni a un’intelligenza”.

Più cose si imparano sulle meraviglie della vita, più è logico accettare questa conclusione: la vita deve avere avuto origine da una fonte intelligente. Quale fonte?

Come abbiamo visto, milioni di persone istruite sono giunte alla conclusione che la vita sulla terra dev’essere il prodotto di un’intelligenza superiore, di un progettista. Sì, dopo aver esaminato l’argomento in maniera imparziale hanno riconosciuto che anche in quest’era scientifica è ragionevole essere d’accordo con il poeta biblico che tanto tempo fa disse a proposito di Dio: “Presso di te è la fonte della vita”. — Salmo 36:9.

Che siate già giunti a una chiara conclusione al riguardo o no, consideriamo alcune meraviglie che vi chiamano in causa personalmente. Sarà molto utile, e potrà fare molta luce su questo argomento che ci riguarda da vicino.

[Note in calce]

^ par. 18 Le Scienze, aprile 1991, p. 79.

^ par. 20 Trad. in Le Scienze, cit., p. 79.

^ par. 28 L’origine della vita, trad. di B. Vitale, Garzanti, Milano, 1983, p. 140.

^ par. 29 Trad. di G. Bosisio e R. Valvassori, Garzanti, Milano, 1982, p. 198.

[Riquadro a pagina 30]

È tutto frutto del caso?

“Il caso, e il caso soltanto, ha fatto tutto, dal brodo primordiale all’uomo”, ha detto il premio Nobel Christian de Duve parlando dell’origine della vita. Ma invocare il caso è un modo razionale per spiegare la causa della vita?

Cos’è il caso? Alcuni lo concepiscono in termini di probabilità matematica, pensando a eventi quali il lancio di una moneta. Ma non è così che molti scienziati usano il termine “caso” quando parlano dell’origine della vita. Dicono “caso” per non usare un termine più preciso come “causa”, specie quando quest’ultima è sconosciuta.

“Personificare il ‘caso’ come se si trattasse di un agente causale”, osserva il biofisico Donald M. MacKay, “significa compiere un passaggio illecito da un concetto scientifico a un concetto mitologico e quasi religioso”. In maniera analoga, Robert C. Sproul afferma: “Chiamando per tanto tempo ‘caso’ la causa sconosciuta, la gente comincia a dimenticare che è stata operata una sostituzione. . . . Per molti, l’assunto secondo cui ‘il caso equivale a una causa sconosciuta’ ha finito per significare che ‘il caso equivale a una causa’”.

Il premio Nobel Jacques L. Monod, ad esempio, ha usato questo modo di ragionare in cui “caso” equivale a “causa”. “Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, [è] alla radice stessa del prodigioso edificio dell’evoluzione”, ha scritto. “L’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso”. * Notate: “Per caso”. Monod fa quello che fanno molti altri: eleva il caso a principio creativo. Il caso viene presentato come il mezzo mediante cui ha avuto origine la vita sulla terra.

In effetti, una definizione di “caso” è “l’agente causale di avvenimenti inspiegabili, pensato come impersonale e privo di finalità”. Pertanto, chi dice che la vita ha avuto origine per caso dice che ha avuto origine grazie ad un agente causale sconosciuto. Potrebbe darsi che alcuni in effetti parlino di “Caso” con la “C” maiuscola, intendendo in effetti un Creatore?

[Nota in calce]

^ par. 48 Il caso e la necessità, trad. di A. Busi, Mondadori, Milano, 1974, pp. 113, 172.

[Riquadro a pagina 35]

“[Il più piccolo batterio] è molto più simile agli esseri umani che ai miscugli di sostanze chimiche di Stanley Miller, in quanto possiede già queste proprietà [biochimiche]. Perciò è più facile passare da un batterio a un essere umano che passare da un miscuglio di amminoacidi a quel batterio”. — Lynn Margulis, docente di biologia.

[Riquadro/Immagine alle pagine 36 e 37]

Classico ma discutibile

L’esperimento compiuto da Stanley Miller nel 1953 viene spesso citato per dimostrare che in passato potrebbe essersi verificata la generazione spontanea. Questa spiegazione, tuttavia, presuppone che l’atmosfera primordiale della terra fosse “riducente”, ovvero che contenesse solo una minima quantità di ossigeno libero (cioè non legato chimicamente). Perché?

Un libro che prende in esame le teorie sull’origine della vita fa notare che se ci fosse stato molto ossigeno libero ‘gli amminoacidi non si sarebbero potuti nemmeno formare, e se per caso si fossero formati, si sarebbero decomposti rapidamente’. * (The Mystery of Life’s Origin: Reassessing Current Theories) Quanto era fondata l’ipotesi di Miller sulla cosiddetta atmosfera primitiva?

In uno storico articolo pubblicato due anni dopo il suo esperimento Miller scrisse: “Queste, naturalmente, sono congetture, in quanto non sappiamo se la Terra aveva un’atmosfera riducente al tempo della sua formazione. . . . Non è stata ancora scoperta nessuna prova diretta”. — Journal of the American Chemical Society, 12 maggio 1955.

Si è mai scoperta questa prova? Circa 25 anni dopo, il divulgatore scientifico Robert C. Cowen riferiva: “Gli scienziati si trovano a dover rivedere alcune delle loro ipotesi. . . . Sono emerse ben poche prove a sostegno dell’idea di un’atmosfera ricca di idrogeno e altamente riducente, mentre ci sono prove che indicano il contrario”. — Technology Review, aprile 1981.

E da allora? Nel 1991 John Horgan scrisse su Scientific American: “Durante gli ultimi 10 anni sono però sorti alcuni dubbi circa le ipotesi sull’atmosfera di Urey e Miller. In base agli esperimenti di laboratorio e alle ricostruzioni al calcolatore dell’atmosfera . . . le radiazioni solari ultraviolette, che oggi sono bloccate dallo strato di ozono, avrebbero distrutto le molecole contenenti idrogeno presenti nell’atmosfera. . . . Questo tipo di atmosfera [ricca soprattutto di anidride carbonica e azoto] non sarebbe stato favorevole alla sintesi di amminoacidi e di altri precursori delle molecole caratteristiche della materia vivente”. — Trad. in Le Scienze, cit., p. 83.

E allora perché molti continuano a sostenere che l’atmosfera terrestre primitiva fosse riducente, molto povera di ossigeno? In un loro libro sull’evoluzione molecolare, Sidney W. Fox e Klaus Dose rispondono: L’atmosfera doveva essere povera di ossigeno perché, fra l’altro, “gli esperimenti di laboratorio indicano che l’evoluzione chimica . . . verrebbe fortemente inibita dall’ossigeno” e perché i composti come gli amminoacidi “non sono stabili su tempi geologici in presenza di ossigeno”. — Molecular Evolution and the Origin of Life.

Non è forse un circolo vizioso? L’atmosfera primitiva era riducente, ci viene detto, perché altrimenti la generazione spontanea della vita non avrebbe potuto aver luogo. Ma in effetti non c’è nulla che garantisca che fosse riducente.

Vi è un altro dettaglio significativo: Se la miscela di gas rappresenta l’atmosfera, la scarica elettrica simula i fulmini e l’acqua bollente sta per il mare, che cosa o chi rappresenta lo scienziato che prepara e conduce l’esperimento?

[Nota in calce]

^ par. 57 L’ossigeno è molto reattivo. Ad esempio, si combina con il ferro formando la ruggine e con l’idrogeno formando l’acqua. Se ci fosse stato molto ossigeno libero in un’atmosfera in cui si stavano formando amminoacidi, si sarebbe combinato rapidamente con le molecole organiche, demolendole man mano che si formavano.

[Riquadro a pagina 38]

Molecole destrogire e levogire

Come esistono guanti destri e guanti sinistri, così le molecole degli amminoacidi possono essere destrogire o levogire. Su un centinaio circa di amminoacidi noti, solo 20 entrano nella costituzione delle proteine, e sono tutti levogiri. Quando gli scienziati sintetizzano amminoacidi in laboratorio, imitando quello che ritengono potrebbe essere successo in un brodo prebiotico, trovano un uguale numero di molecole destrogire e levogire. “Questo tipo di distribuzione in parti uguali”, riferisce il New York Times, “non [è] caratteristico della vita, la quale dipende solamente da amminoacidi levogiri”. Perché gli organismi viventi siano formati solo da amminoacidi levogiri è “un grande mistero”. Persino gli amminoacidi trovati nelle meteoriti “presentavano un eccesso di forme levogire”. Il dott. Jeffrey L. Bada, che studia il problema dell’origine della vita, ha detto che “qualche influenza esterna alla terra potrebbe aver avuto un qualche ruolo nel determinare la configurazione degli amminoacidi biologici”.

[Riquadro a pagina 40]

“Questi esperimenti . . . invocano una sintesi abiotica per ciò che in realtà è stato prodotto e progettato da un essere umano molto intelligente e del tutto biotico nel tentativo di avallare idee che gli stavano molto a cuore”. — Origin and Development of Living Systems.

[Riquadro/Immagine a pagina 41]

“Un deliberato atto intellettuale”

L’astronomo inglese Fred Hoyle ha passato decenni a studiare l’universo e la vita in esso, arrivando a sostenere l’idea che la vita sulla terra sia arrivata dallo spazio. In una conferenza tenuta al California Institute of Technology, Hoyle ha parlato dell’ordinamento degli amminoacidi nelle proteine.

“Il grosso problema della biologia”, ha detto, “non è tanto il fatto alquanto evidente che una proteina consiste di una catena di amminoacidi legati fra loro in un certo modo, ma il fatto che l’esatta sequenza in cui sono disposti gli amminoacidi dota tale catena di proprietà degne di nota . . . Se gli amminoacidi fossero legati a caso, esisterebbe un numero enorme di combinazioni che sarebbero inutili ai fini di una cellula vivente. Se si pensa che un tipico enzima ha una catena di circa 200 elementi e che per ciascun elemento vi sono 20 possibilità, è facile capire che il numero delle combinazioni inutili è enorme, superiore al numero di atomi presenti in tutte le galassie visibili con i più potenti telescopi. Questo per un solo enzima, e ce ne sono più di 2.000, i quali in genere servono a scopi molto diversi fra loro. Perciò come si è giunti alla situazione attuale?”

Hoyle ha aggiunto: “Anziché accettare la probabilità inconcepibilmente piccola che la vita sia sorta grazie alle cieche forze della natura, sembrava meglio supporre che all’origine della vita ci fosse stato un deliberato atto intellettuale”.

[Riquadro a pagina 44]

Il prof. Michael J. Behe ha affermato: “Per chi non si sente obbligato a limitare la propria ricerca a cause non intelligenti, la schietta conclusione è che molti sistemi biochimici sono stati progettati. E non sono stati progettati dalle leggi della natura né dal caso e dalla necessità; al contrario, sono stati pensati. . . . La vita sulla terra al suo livello più fondamentale, e nei suoi componenti più delicati, è il prodotto di un’attività intelligente”.

[Diagramma/Immagine a pagina 42]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Basta dare un rapido sguardo alla complessità e alle intricate funzioni presenti in ogni cellula per chiedersi: Da dove è venuto tutto questo?

Membrana cellulare

Controlla ciò che entra e ciò che esce dalla cellula

Nucleo

Dirige le attività della cellula

Cromosomi

Contengono il DNA, il codice genetico

Ribosomi

Luogo in cui si formano le proteine

Nucleolo

Vi vengono prodotti i ribosomi

Mitocondrio

Centro di produzione delle molecole che forniscono energia alla cellula

[Immagine a pagina 33]

Molti scienziati ora riconoscono che le molecole complesse fondamentali per la vita non si sarebbero potute formare spontaneamente in un “brodo prebiotico”