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Cosa si può imparare sul Creatore da un libro?

Cosa si può imparare sul Creatore da un libro?

Capitolo sette

Cosa si può imparare sul Creatore da un libro?

SARETE d’accordo anche voi che un libro istruttivo e interessante ha valore. La Bibbia è un libro del genere. Narra avvincenti esperienze di vita che illustrano elevati valori morali. Inoltre, espone vividamente importanti verità. Uno dei suoi scrittori che era famoso per la sua sapienza disse di essersi sforzato di “trovare le parole dilettevoli e la scrittura di corrette parole di verità”. — Ecclesiaste 12:10.

Il libro che chiamiamo “Bibbia” è in realtà una raccolta di 66 libri più piccoli che furono scritti nell’arco di oltre 1.500 anni. Ad esempio, tra il 1513 e il 1473 a.E.V. Mosè scrisse i primi cinque libri, cominciando da Genesi. Giovanni, un apostolo di Gesù, fu l’ultimo degli scrittori della Bibbia. Scrisse una storia della vita di Gesù (il Vangelo di Giovanni) nonché brevi lettere e il libro di Rivelazione o Apocalisse, che in quasi tutte le Bibbie figura per ultimo.

Nei 1.500 anni che passarono da Mosè a Giovanni, una quarantina di persone diverse presero parte alla stesura della Bibbia. Erano uomini sinceri e devoti che desideravano aiutare altri a conoscere il Creatore. Grazie ai loro scritti possiamo comprendere meglio la personalità di Dio e impariamo cosa fare per piacergli. La Bibbia ci permette anche di capire perché la malvagità abbonda e come verrà eliminata. Gli scrittori della Bibbia additarono il tempo in cui Dio eserciterà in maniera più diretta il suo dominio sull’umanità, e descrissero alcuni aspetti delle entusiasmanti condizioni di cui allora potremo godere. — Salmo 37:10, 11; Isaia 2:2-4; 65:17-25; Rivelazione 21:3-5.

Avrete notato che molti accantonano la Bibbia considerandola un antico libro di sapienza umana. Milioni di persone, invece, sono convinte che il suo vero Autore è Dio, che fu lui a guidare i pensieri degli scrittori. (2 Pietro 1:20, 21) Come si fa a stabilire se ciò che gli scrittori biblici hanno scritto proviene veramente da Dio?

Ebbene, esistono diverse categorie di prove che potreste esaminare, e portano tutte alla stessa conclusione. Molti hanno fatto un esame del genere prima di concludere che la Bibbia è qualcosa di più di un semplice libro umano, che proviene da una fonte sovrumana. Illustriamo questo punto esaminando un solo tipo di prove. Così facendo potremo imparare qualcos’altro circa il Creatore dell’universo, la Fonte della nostra vita.

Predizioni che si sono avverate

Diversi scrittori della Bibbia misero per iscritto profezie. Lungi dal pretendere di essere personalmente in grado di predire il futuro, attribuirono il merito al Creatore. Isaia, ad esempio, disse che Dio è “Colui che annuncia dal principio il termine”. (Isaia 1:1; 42:8, 9; 46:8-11) La capacità di predire avvenimenti che si sarebbero verificati a distanza di decenni o persino di secoli rende unico l’Iddio di Isaia; non è un semplice idolo, come quelli che la gente ha adorato nel passato e adora tuttora. Le profezie ci forniscono una prova convincente che la Bibbia non è opera dell’uomo. Notate come lo conferma il libro di Isaia.

Da un confronto tra il suo contenuto e i dati storici risulta che il libro di Isaia fu scritto verso il 732 a.E.V. Isaia preannunciò che sugli abitanti di Gerusalemme e di Giuda si sarebbe abbattuta la calamità perché erano colpevoli di spargimento di sangue e idolatria. Predisse che il paese sarebbe stato devastato, Gerusalemme e il suo tempio sarebbero stati distrutti e i sopravvissuti deportati a Babilonia. Ma profetizzò anche che Dio non avrebbe dimenticato la nazione prigioniera. Il libro prediceva che un re straniero di nome Ciro avrebbe conquistato Babilonia e liberato gli ebrei facendoli tornare nella loro patria. Anzi, Isaia descrive Dio come “Colui che dice di Ciro: ‘È il mio pastore, e tutto ciò di cui mi diletto adempirà completamente’; perfino nel mio dire di Gerusalemme: ‘Sarà riedificata’, e del tempio: ‘Saranno gettate le tue fondamenta’”. — Isaia 2:8; 24:1; 39:5-7; 43:14; 44:24-28; 45:1.

Al tempo di Isaia, nell’VIII secolo a.E.V., queste predizioni saranno sembrate inverosimili. Babilonia non era nemmeno una grossa potenza militare. Era soggetta alla vera potenza mondiale dell’epoca, l’impero assiro. Ugualmente strana sarà sembrata l’idea che un popolo vinto e portato in esilio in un paese lontano potesse essere liberato e riprendere possesso del proprio paese. “Chi ha udito una cosa come questa?”, scrisse Isaia. — Isaia 66:8.

Eppure, cosa scopriamo se analizziamo ciò che avvenne due secoli dopo? La storia successiva degli antichi ebrei dimostra che la profezia di Isaia si adempì in tutti i particolari. Babilonia divenne potente, e distrusse Gerusalemme. Il nome del re persiano (Ciro), la sua successiva conquista di Babilonia e il ritorno degli ebrei sono tutti fatti storici riconosciuti. I dettagli di questa profezia si avverarono con tale precisione che nel XIX secolo certi critici sostenevano che il libro di Isaia fosse un falso; in pratica dicevano: ‘Isaia avrà scritto i primi capitoli, ma uno scrittore posteriore contemporaneo al re Ciro ha inventato il resto del libro facendolo sembrare una profezia’. Alcuni potrebbero sminuire il libro facendo affermazioni del genere, ma quali sono i fatti?

Predizioni autentiche?

Le predizioni del libro di Isaia non si limitano ad avvenimenti relativi a Ciro e agli ebrei in esilio. Isaia predisse anche la condizione finale di Babilonia, e il suo libro forniva molti particolari circa la venuta di un Messia, o Liberatore, che avrebbe sofferto e poi sarebbe stato glorificato. Possiamo sapere se tali predizioni furono scritte davvero molto tempo in anticipo, e quindi erano profezie che si dovevano avverare?

Riflettete. A proposito della condizione finale di Babilonia, Isaia scrisse: “Babilonia, l’adornamento dei regni, la bellezza dell’orgoglio dei caldei, deve divenire come quando Dio rovesciò Sodoma e Gomorra. Non sarà mai abitata, né risiederà di generazione in generazione”. (Isaia 13:19, 20; capitolo 47) Come andarono effettivamente le cose?

Il fatto è che Babilonia dipendeva da tempo da un complesso sistema di irrigazione fatto di dighe e canali tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Sembra che verso il 140 a.E.V., durante la vittoriosa e distruttiva campagna militare dei parti, questo sistema idrico sia stato danneggiato al punto di andare praticamente in rovina. Con quali conseguenze? Un’enciclopedia spiega: “Il suolo si impregnò di sali minerali, e sulla superficie si formò una crosta alcalina che rese impossibile qualsiasi attività agricola”. (The Encyclopedia Americana) Circa 200 anni dopo, Babilonia era ancora una città popolosa, ma non rimase tale per molto. (Confronta 1 Pietro 5:13). Nel III secolo E.V. lo storico Dione Cassio Cocceiano (ca. 150-235 E.V.) scrisse che un personaggio che era andato a Babilonia non vi aveva trovato che “collinette e pietre e rovine”. (Storia romana, LXVIII, 30) Fatto significativo, a quel tempo Isaia era morto e il suo libro completo circolava da secoli. E se visitaste Babilonia oggi, vedreste che di quella città un tempo gloriosa non rimangono che delle rovine. Mentre città antiche come Roma, Gerusalemme e Atene sono sopravvissute fino ai nostri giorni, Babilonia è desolata, disabitata, in rovina: proprio come Isaia aveva predetto. La profezia si è avverata.

Ora consideriamo come Isaia descrisse il Messia che doveva venire. Secondo Isaia 52:13, questo speciale servitore di Dio avrebbe finito per essere ‘in alta posizione ed esaltato moltissimo’. Tuttavia il capitolo seguente (Isaia 53) profetizzava che prima di essere esaltato il Messia avrebbe subìto un’esperienza sorprendentemente diversa. I particolari menzionati in quel capitolo, che è comunemente riconosciuto come una profezia messianica, forse vi stupiranno.

Lì si legge che il Messia sarebbe stato disprezzato dai suoi connazionali. Certo che questo sarebbe avvenuto, Isaia scrisse come se si trattasse di un fatto già accaduto: “Fu disprezzato e fu evitato dagli uomini”. (Versetto 3) Questo maltrattamento sarebbe stato del tutto ingiustificato perché il Messia avrebbe fatto del bene al popolo. “Portò lui stesso le nostre infermità”, scrisse Isaia descrivendo le guarigioni che avrebbe compiuto il Messia. (Versetto 4) Ciò nonostante il Messia sarebbe stato processato e condannato ingiustamente, rimanendo in silenzio davanti ai suoi accusatori. (Versetti 7, 8) Si sarebbe lasciato consegnare per essere ucciso insieme a dei criminali; durante l’esecuzione capitale il suo corpo sarebbe stato trafitto. (Versetti 512) Pur morendo come un criminale, sarebbe stato seppellito come un ricco. (Versetto 9) E Isaia affermò ripetutamente che la morte ingiusta del Messia avrebbe avuto un potere espiatorio, coprendo i peccati di altri esseri umani. — Versetti 5, 8, 11, 12.

Tutto questo si avverò. Le narrazioni fatte da contemporanei di Gesù — Matteo, Marco, Luca e Giovanni — confermano che ciò che Isaia aveva predetto accadde davvero. Alcuni avvenimenti ebbero luogo dopo la morte di Gesù, per cui non si trattava di situazioni che egli avrebbe potuto manipolare. (Matteo 8:16, 17; 26:67; 27:14, 39-44, 57-60; Giovanni 19:1, 34) Nel corso dei secoli, il completo adempimento della profezia messianica di Isaia ha avuto un potente effetto sui sinceri lettori della Bibbia, compresi alcuni che in precedenza non accettavano Gesù. L’erudito William Urwick osservò: “Molti ebrei, nel mettere per iscritto il motivo della loro conversione al cristianesimo, hanno riconosciuto che era stata l’attenta lettura di questo capitolo [Isaia 53] a scuotere la loro fede nel credo e nei maestri di un tempo”. — The Servant of Jehovah. *

Urwick fece quel commento verso la fine del XIX secolo, quando qualcuno poteva ancora dubitare che il capitolo 53 di Isaia fosse stato davvero scritto secoli prima della nascita di Gesù. Tuttavia, le scoperte fatte da allora hanno sostanzialmente eliminato qualsiasi motivo di dubbio. Nel 1947, vicino al Mar Morto, un pastore beduino scoprì un antico rotolo dell’intero libro di Isaia. Gli esperti, analizzando la scrittura, stabilirono che il rotolo risaliva al periodo tra il 125 e il 100 a.E.V. Poi, nel 1990, il rotolo fu datato con il metodo del carbonio 14 al periodo compreso tra il 202 e il 107 a.E.V. Sì, questo famoso rotolo di Isaia era già alquanto vecchio quando nacque Gesù. Cosa si scopre confrontandolo con le Bibbie moderne?

Se visitate Gerusalemme potete vedere frammenti dei Rotoli del Mar Morto. In una registrazione, l’archeologo Yigael Yadin spiega: “Trascorsero non più di cinque o seicento anni fra il tempo in cui vennero effettivamente pronunciate le parole di Isaia e quello in cui venne copiato questo rotolo nel II secolo a.C. Sebbene il rotolo originale conservato nel museo abbia più di 2.000 anni, sorprende constatare quanto esso sia vicino alla Bibbia che leggiamo oggi in ebraico o nelle traduzioni che sono state fatte”.

È chiaro che questo dovrebbe influire sul nostro modo di pensare. A che proposito? Ebbene, dovrebbe fugare qualsiasi dubbio che il libro di Isaia sia solo una “profezia” scritta a posteriori. Ora esistono prove scientifiche che una copia degli scritti di Isaia fu fatta ben più di cento anni prima che Gesù nascesse e molto tempo prima della desolazione di Babilonia. Di conseguenza, chi può dubitare che gli scritti di Isaia abbiano predetto tanto il destino finale di Babilonia quanto le sofferenze, il tipo di morte e il trattamento inflitti ingiustamente al Messia? E i fatti storici eliminano ogni motivo per mettere in dubbio che Isaia abbia predetto con accuratezza la cattività degli ebrei e la loro liberazione da Babilonia. Queste predizioni adempiute sono solo una delle tante prove a conferma del fatto che il vero Autore della Bibbia è il Creatore e che la Bibbia è “ispirata da Dio”. — 2 Timoteo 3:16.

Ci sono molte altre indicazioni dell’origine divina della Bibbia. Potremmo menzionare la sua accuratezza in campo astronomico, geologico e medico; l’armonia interna dei suoi libri, scritti da decine di uomini nel corso di molti secoli; il fatto che concorda con molti dati storici e archeologici; il suo codice morale, che era molto superiore a quelli dei popoli vicini di quel tempo e che tuttora è considerato senza pari. Queste e altre prove hanno convinto innumerevoli persone riflessive e oneste che la Bibbia è davvero un libro che proviene dal nostro Creatore. *

Questo ci permette anche di trarre alcune valide conclusioni sul Creatore, aiutandoci a capire le sue qualità. La sua capacità di guardare avanti nel tempo non attesta forse che ha facoltà superiori a noi esseri umani? Gli uomini non sanno cosa accadrà nel lontano futuro, né possono esercitare alcun controllo su queste cose. Il Creatore sì. Egli è in grado sia di prevedere il futuro che di dirigere gli avvenimenti in modo che si compia il suo volere. Appropriatamente Isaia descrive il Creatore come “Colui che annuncia dal principio il termine, e da molto tempo fa le cose che non sono state fatte; Colui che dice: ‘Il mio proprio consiglio avrà effetto, e farò tutto ciò che è il mio diletto’”. — Isaia 46:10; 55:11.

Conosciamo meglio l’Autore

Per fare conoscenza con un’altra persona conversiamo con lei e vediamo come si comporta in diverse circostanze. Entrambe le cose sono possibili quando si tratta di conoscere meglio altri esseri umani, ma che dire di conoscere meglio il Creatore? Non è possibile intavolare una conversazione direttamente con lui. Tuttavia, come abbiamo assodato, egli rivela molte cose di sé nella Bibbia, sia attraverso ciò che ha detto che attraverso il modo in cui ha agito. Inoltre, questo libro straordinario in effetti ci invita a stringere una relazione con il Creatore. Ci esorta: “Accostatevi a Dio, ed egli si accosterà a voi”. — Giacomo 2:23; 4:8.

Considerate un aspetto fondamentale: Se voleste fare amicizia con qualcuno, sicuramente imparereste come si chiama. Ebbene, come si chiama il Creatore, e cosa rivela il suo nome?

La parte ebraica della Bibbia (spesso chiamata Antico Testamento) ci fa conoscere l’incomparabile nome del Creatore. Negli antichi manoscritti questo nome è rappresentato da quattro consonanti ebraiche che si possono traslitterare YHWH o JHVH. Il nome del Creatore ricorre circa 7.000 volte, molto più spesso di titoli come Dio o Signore. Per molti secoli coloro che leggevano la Bibbia in ebraico usarono questo nome personale. Con il tempo, però, molti ebrei svilupparono un timore superstizioso di pronunciare il nome divino, per cui non ne preservarono la pronuncia.

“La pronuncia originale è andata perduta; i moderni tentativi di ricostruirla si basano su congetture”, osserva un commentario ebraico a Esodo. È vero che non possiamo sapere con certezza come Mosè pronunciasse il nome divino, che troviamo in Esodo 3:16 e 6:3. Ma, francamente, chi è che oggi si sentirebbe in dovere di cercar di pronunciare il nome di Mosè o quello di Gesù usando gli stessi suoni e la stessa intonazione che si usavano al tempo in cui questi personaggi erano in vita? Eppure non ci tratteniamo dal chiamare Mosè e Gesù per nome quando parliamo di loro. Il punto è questo: anziché preoccuparci troppo di come un popolo antico che parlava un’altra lingua pronunciasse il nome di Dio, perché non usare la pronuncia comune nella nostra lingua? Ad esempio, in italiano la forma “Geova” è usata da secoli ed è estesamente accettata come nome del Creatore.

Ma c’è qualcosa di più importante dei dettagli relativi alla pronuncia di questo nome: il suo significato. In ebraico questo nome è una forma causativa del verbo hawàh, che significa “divenire” o “mostrare d’essere”. (Genesi 27:29) Un manuale biblico lo traduce “‘egli causa’ o ‘farà essere’”. (The Oxford Companion to the Bible) Possiamo perciò dire che il nome proprio del Creatore significa letteralmente “Egli fa divenire”. Si noti che non si dà risalto a ciò che il Creatore ha fatto nel remoto passato, come forse fa chi usa l’espressione “Causa Prima”. Perché no?

Perché il nome divino è legato a ciò che il Creatore si propone di fare. In ebraico esistono fondamentalmente due soli aspetti verbali, e quello usato nel nome del Creatore “denota azioni . . . in corso di svolgimento. Non esprime semplicemente la continuazione di un’azione . . . bensì il suo sviluppo, dal suo inizio verso il suo completamento”. (A Short Account of the Hebrew Tenses) Sì, attraverso il suo nome Geova rivela di essere attivo e di avere un proposito. Ci fa capire che, agendo in maniera progressiva, adempie le promesse. Per molti è bello e rassicurante sapere che il Creatore realizza sempre i suoi propositi.

Il proposito del Creatore e lo scopo della vostra vita

Mentre il nome di Dio riflette un proposito, molti trovano difficile credere che la propria esistenza abbia uno scopo. Osservano l’umanità passare da una crisi all’altra: guerre, calamità naturali, epidemie, povertà e criminalità. Persino quella minoranza privilegiata che in qualche modo sfugge a questi problemi spesso ammette di nutrire dubbi tormentosi sul proprio futuro e sul significato della propria vita.

La Bibbia fa questo commento: “Il mondo fisico fu reso soggetto alla frustrazione, non per suo proprio desiderio, ma per volontà del Creatore, che nel far questo gli diede la speranza che un giorno potrà essere liberato . . . e reso partecipe della gloriosa libertà dei figli di Dio”. (Romani 8:20, 21, The New Testament Letters, di J. W. C. Wand) Il racconto di Genesi indica che un tempo gli esseri umani erano in pace con il loro Creatore. Poi, in seguito alla loro condotta errata, Dio giustamente li assoggettò a una condizione che, in un certo senso, era fonte di frustrazione. Vediamo come questo accadde, cosa ci insegna circa il Creatore e cosa possiamo aspettarci per il futuro.

Secondo quel resoconto storico, la cui attendibilità è stata dimostrata in molti modi, i primi esseri umani ad essere creati si chiamavano Adamo ed Eva. La narrazione indica che i due non furono lasciati nell’incertezza, senza uno scopo o senza sapere quale fosse la volontà di Dio. Come anche qualsiasi padre umano amorevole e comprensivo farebbe con i propri figli, il Creatore diede loro utili direttive. Disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e soggiogatela, e tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra”. — Genesi 1:28.

Pertanto, i primi esseri umani avevano un vero scopo nella vita. Tra le altre cose, dovevano prendersi cura dell’ambiente e popolare il pianeta di persone responsabili. (Confronta Isaia 11:9). Nessuno può prendersela con il Creatore per le condizioni in cui versa oggi il nostro pianeta inquinato, come se egli avesse concesso agli uomini di sfruttare avidamente la terra e rovinarla. Il comando di “soggiogare” la terra non autorizzava gli esseri umani a sfruttarla avidamente. Significava che dovevano coltivarla e prendersi cura del pianeta affidato loro. (Genesi 2:15) Inoltre, gli uomini avevano davanti a sé un futuro senza fine in cui portare a termine quel compito significativo. Questa prospettiva di non morire è in armonia con il fatto che l’uomo ha una capacità cerebrale molto superiore a quella che può sfruttare in una vita di 70, 80 o anche 100 anni. Il cervello doveva essere usato a tempo indefinito.

Geova Dio, in qualità di creatore e arbitro della sua creazione, concesse agli esseri umani un certo margine discrezionale circa il modo in cui portare a termine il suo proposito per la terra e per l’uomo. Non fu né troppo esigente né indebitamente restrittivo. Ad esempio, diede ad Adamo un compito che avrebbe fatto la gioia di qualsiasi zoologo: studiare gli animali e dare loro un nome. Dopo averne osservato le caratteristiche, Adamo diede loro dei nomi, molti dei quali erano descrittivi. (Genesi 2:19) Questo non è che un esempio di come gli uomini avrebbero potuto usare i propri talenti e le proprie capacità in armonia con il proposito divino.

È chiaro che il saggio Creatore dell’intero universo non avrebbe avuto difficoltà a mantenere il controllo di qualsiasi situazione si fosse creata sulla terra, anche se gli esseri umani avessero scelto una condotta stolta o dannosa. La narrazione storica indica che Dio impose ad Adamo un unico divieto: “Di ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai positivamente morirai”. — Genesi 2:16, 17.

Quel comando richiedeva che gli uomini riconoscessero il diritto di Dio di ricevere ubbidienza. Sin dal tempo di Adamo, gli esseri umani hanno sempre dovuto accettare la legge di gravità e vivere in armonia con essa; non farlo sarebbe stolto e dannoso. E allora perché avrebbero dovuto rifiutare di vivere in armonia con un’altra legge, o comando, proveniente dal benevolo Creatore? Il Creatore spiegò quali sarebbero state le conseguenze del violare la sua legge, ma diede ad Adamo ed Eva la possibilità di ubbidirgli volontariamente. Dal racconto relativo ai primi avvenimenti della storia dell’uomo non è difficile capire che il Creatore lascia agli esseri umani libertà di scelta. Tuttavia desidera che le sue creature provino la massima felicità, il che è un risultato naturale del vivere in armonia con le sue buone leggi.

In un precedente capitolo abbiamo visto che il Creatore generò creature intelligenti e invisibili: creature spirituali. La storia degli inizi dell’uomo rivela che uno di questi spiriti finì per essere ossessionato dall’idea di usurpare la posizione di Dio. (Confronta Ezechiele 28:13-15). Abusò della libertà di scelta concessa da Dio e istigò i primi esseri umani a quella che non si può che definire un’aperta ribellione. Con un provocatorio atto di disubbidienza — mangiando il frutto dell’“albero della conoscenza del bene e del male” — la prima coppia si proclamò indipendente dal dominio divino. Non solo: con il loro gesto i due dimostrarono di schierarsi con chi sosteneva che il Creatore stesse trattenendo dall’uomo qualcosa di buono. Era come se Adamo ed Eva pretendessero di decidere da sé cosa è bene e cosa è male, senza tener conto di ciò che pensava il loro Creatore.

Come sarebbe irragionevole se qualche uomo o donna cominciasse a pensare che la legge di gravità non gli va a genio e decidesse di non tenerne conto! Per Adamo ed Eva era altrettanto irrazionale rigettare le norme morali del Creatore. Infrangendo la fondamentale legge divina che richiedeva ubbidienza gli uomini non potevano che aspettarsi conseguenze negative, proprio come chi sfida la legge di gravità finisce per farsi del male.

La storia ci dice che a quel punto Geova intervenne. Nel “giorno” in cui Adamo ed Eva si ribellarono alla volontà del Creatore cominciò il declino che avrebbe portato alla loro morte, proprio come Dio aveva avvertito. (Confronta 2 Pietro 3:8). Questo rivela un altro aspetto della personalità del Creatore. È un Dio di giustizia, che non ignora debolmente l’aperta disubbidienza. Ha norme sagge e giuste e le difende.

Agendo in conformità con le proprie meravigliose qualità, Dio nella sua misericordia non pose immediatamente fine alla vita umana. Perché? Per amore dei discendenti di Adamo ed Eva, che non erano stati nemmeno concepiti e non erano direttamente responsabili della condotta peccaminosa dei loro progenitori. Il fatto che Dio si sia preoccupato di esseri umani che dovevano ancora essere concepiti ci dice molto circa le sue qualità. Non è un giudice spietato e insensibile. Al contrario, è equo, desidera dare a tutti un’opportunità, e rispetta la santità della vita umana.

Questo non significava che le successive generazioni umane avrebbero goduto delle stesse condizioni meravigliose godute dalla prima coppia. Quando il Creatore permise alla progenie di Adamo di venire all’esistenza, “il mondo fisico fu reso soggetto alla frustrazione”. Ma non era una frustrazione assoluta, senza nessuna speranza. Ricorderete che Romani 8:20, 21 diceva anche che il Creatore “diede [al mondo] la speranza che un giorno potrà essere liberato”. Questo è un argomento che dovremmo voler approfondire.

Si può trovare il Creatore?

Nella Bibbia il nemico che indusse alla ribellione la prima coppia umana è chiamato Satana il Diavolo, che significa “oppositore” e “calunniatore”. Nel condannare quel principale istigatore della ribellione, Dio lo bollò come nemico ma pose le basi perché gli esseri umani che sarebbero nati avessero speranza. Disse: “Porrò inimicizia fra te [Satana] e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei. Egli ti schiaccerà la testa e tu gli schiaccerai il calcagno”. (Genesi 3:15) È ovvio che questo è un linguaggio simbolico, figurato. Cosa significava il fatto che doveva arrivare un “seme”?

Altre parti della Bibbia fanno luce su questo versetto interessantissimo. Indicano che è legato al fatto che Geova si dimostra all’altezza del suo nome e ‘diviene’ ciò che è necessario per adempiere il suo proposito per l’uomo sulla terra. Nel far questo Geova ha impiegato una nazione particolare, e la storia dei suoi rapporti con questa antica nazione costituisce una parte significativa della Bibbia. Analizziamo brevemente questa storia importante: comprenderemo meglio le qualità del Creatore. Sì, possiamo imparare molte cose inestimabili sul suo conto se esaminiamo più da vicino il libro che ha provveduto per l’umanità, la Bibbia.

[Note in calce]

^ par. 19 Confronta Atti 8:26-38, dove è citato Isaia 53:7, 8.

^ par. 23 Per ulteriori particolari sull’origine della Bibbia, vedi l’opuscolo Un libro per tutti e il libro La Bibbia: Parola di Dio o dell’uomo?, editi in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.

[Immagine a pagina 107]

Secoli dopo che la Bibbia l’aveva predetto, la potente Babilonia divenne una rovina desolata, e tale è rimasta

[Immagini a pagina 110]

Questo rotolo di Isaia, copiato nel II secolo a.E.V., fu ritrovato in una grotta vicino al Mar Morto. Prediceva nei particolari avvenimenti che si verificarono dopo secoli

[Immagine a pagina 115]

Questa lettera scritta in ebraico antico su coccio fu rinvenuta a Lachis. Il nome di Dio (vedi le frecce) vi ricorre due volte, il che dimostra che era noto e di uso comune

[Immagine a pagina 117]

Isaac Newton formulò la legge di gravità. Le leggi del Creatore sono ragionevoli, e cooperare con esse è per il nostro bene