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Perché le più alte speranze furono deluse

Perché le più alte speranze furono deluse

Capitolo II

Perché le più alte speranze furono deluse

1. Di quali risorse tutti viviamo, ma quale deludente situazione potrebbe crearsi riguardo a ciò?

TUTTI viviamo delle risorse della terra. Tutti dipendiamo da ciò che il suolo produce. Supponete, ora, di essere tutti contadini o agricoltori. Che dire se aveste seminato molto seme, e aveste atteso di raccogliere tanto, ma ne aveste ricavato pochissimo? Potaste le vostre viti e le coltivaste, ma ricavaste poco frutto. Piantaste il vostro lino e ne aveste buona cura, ma riportaste poco per farci lino da tessere indumenti. I vostri ulivi ebbero tutta l’attenzione dovuta, ma ci furono poche olive da mandare al frantoio per fare l’olio. Veniste al vostro deposito e voleste prendere venti misure di grano, ma, ecco, in realtà ce n’erano solo dieci. Veniste al vostro strettoio dopo aver pigiato tutta l’uva disponibile, e per i ricevimenti o per la vendita aveste bisogno di portar via cinquanta misure, ed ecco, tutto ciò che potevate prendere eran venti misure. Supponete che questo continuasse un anno dopo l’altro! Che pensereste?

2. Quali altre cattive condizioni agricole potrebbero esserci, e quali condizioni sociali, ma a che cosa dovremmo attribuirne la colpa?

2 Oh, potreste darne la colpa alle stagioni continuamente aride, alla siccità. Nella stagione senza pioggia non cadeva nemmeno la rugiada per inumidire i germogli della terra. La terra si riarse. Inoltre, il grano fu danneggiato dalla ruggine delle graminacee. Non solo, ma ci fu la grandine che fece cadere i frutti dagli alberi e buttò la vegetazione a terra. E poi, se cercaste di ottenere un lavoro al di fuori di quello agricolo per guadagnare un po’ di denaro in più da far quadrare il bilancio, non c’era lavoro disponibile o il compenso per i servizi resi era piccolissimo. Per giunta, le condizioni sociali erano assai turbate, e non c’era pace né per chi usciva né per chi entrava. Sì, sembrerebbe ragionevole guardare le cose da un punto di vista naturale, materialistico e darne la colpa al tempo e alla mancanza di sicurezza. Il tempo, sì! Ma che cosa si nasconde dietro il tempo? Chi è responsabile del tempo? Potrebbe la vera ragione della mancanza di raccolto esser questa? In tal caso, perché?

3. È il caso appena presentato immaginario, e perché oggi possiamo imparare una lezione dal lontano passato?

3 Pare che qui stiamo solo immaginando un disastroso caso di una comunità agricola. Ma in realtà presentiamo gli aspetti di un effettivo caso storico. Fu specialmente narrato nella storia sacra perché oggi servisse di utile lezione pratica a noi che siamo pervenuti a uno stato di cose assai peggiore di quello che esisté in quel tempo nel caso illustrativo. (Aggeo 1:6, 9-11; 2:15-17; Zaccaria 8:9, 10, 13) La lezione non è antiquata per noi che viviamo in questi “tempi avanzati”, solo perché il caso storico si presentò circa duemilacinquecento anni fa. I princìpi, cioè le norme operative rispetto agli avvenimenti delle nazioni e rispetto alle cause e agli effetti, non cambiano.

4. Benché le persone di quel caso siano da tempo scomparse, chi rimane, e che cosa dovremmo dunque sforzarci di apprendere e applicare?

4 Per giunta, sebbene quelle persone implicatevi in quel tempo siano da molto scomparse dalla scena del mondo, l’Immortale Teocrata, il Creatore che causa il tempo atmosferico, è ancora presente onde sia considerato come il Restauratore del Paradiso per il genere umano. Egli non muta in quanto alla sua maniera di trattare le sue creature umane. Non possiamo permetterci d’ignorarlo senza andare incontro a spiacevoli conseguenze. Con saggezza, dunque, avendo un’ammaestrabile attitudine mentale, esaminiamo questo effettivo caso della storia e applichiamone a noi stessi l’utile lezione.

RISALIAMO ALL’ANNO 520/519 AVANTI LA NOSTRA ÈRA VOLGARE

5. Quando e mediante chi era stata abbattuta l’antica Babilonia, e come Gerusalemme venne ad essere rioccupata?

5 Il tempo del nostro ambiente storico risale al sesto secolo avanti la nostra Èra Volgare. Da più di ottant’anni la città di Gerusalemme, nota in tutte le nazioni, è stata distrutta dai potenti eserciti di Babilonia. Come una ben meritata retribuzione Babilonia stessa ha subìto l’umiliazione di chinarsi a un vincitore, Ciro, e ha cessato d’essere la Terza Potenza Mondiale della storia biblica. Questo accadeva nel memorabile anno del 539 a.E.V. L’Impero Persiano è ora la potenza mondiale dominante, la quarta nella successione della storia biblica. Comunque, la Grecia comincia ad affermarsi vigorosamente e minaccerà a suo tempo di prendere il posto del dominio mondiale. Alcuni anni prima di ciò fu perfino predetto che sarebbe divenuta la successiva potenza mondiale. (Daniele, capitoli 7, 8, 11; Zaccaria 9:13) La città di Gerusalemme non divenne mai una potenza mondiale, ma fu la città dove ebbero luogo i più importanti eventi di tutta la storia umana. Cominciò a essere ricostruita e rioccupata dagli esiliati che il conquistatore persiano, Ciro il Grande, aveva rilasciati dalla cattività di Babilonia nell’anno 537 a.E.V. — Esdra da 1:1 a 3:2.

6. Come furono deluse le più alte speranze degli esiliati tornati da Babilonia, e quando si decise che se n’era avuto abbastanza, e da parte di chi?

6 Così la città sacra di Gerusalemme fu ristabilita e la provincia di Giuda divenne uno dei molti distretti giurisdizionali dell’Impero Persiano in espansione. Un antenato di Gesù Cristo, cioè Zorobabele figlio di Sealtiel, fu il governatore della provincia, e Giosuè figlio di Iozadac figlio di Seraia fu il sommo sacerdote della religione nazionale. Poco dopo che i ritornati dall’esilio si erano stabiliti nel paese e avevan cercato di adempiere il vero scopo del loro ritorno, incontrarono difficoltà da parte dei vicini pagani che erano ai loro confini. Il loro principale progetto fu interrotto e alla fine ne fu proibita l’attuazione dal governo centrale persiano. La prosperità della provincia di Giuda cessò. Le più alte speranze degli abitanti di Giuda e Gerusalemme, con cui avevano lasciato Babilonia, furono deluse. Trascorsero così circa diciassette anni. Quindi il Principale implicato in questa situazione, che pareva un maledetto, decise che se n’era avuto abbastanza. Questi era il Grande Teocrata, l’invisibile Dio Governante degli abitanti di Giuda e Gerusalemme.

7, 8. Quale fu l’anno di questo intervento teocratico, e venne contrassegnato dal fatto che fu suscitato quale portavoce di Geova?

7 L’anno dell’intervento teocratico nelle attività di Giuda e Gerusalemme è definitamente datato. È l’anno in cui il Grande Teocrata suscitò il suo visibile portavoce umano, il profeta chiamato Aggeo. Egli era uno degli esiliati che eran tornati da Babilonia, se non nell’anno 537 a.E.V., in un anno successivo. Il suo nome significa “Festivo, o Festoso”; oppure, se in ebraico la “i” finale del suo nome è un’abbreviazione di “Iah”, il suo nome significa “Festa [Hhag] di Iah”, essendo questo “Iah” l’abbreviazione di Geova. Secondo la tradizione si ritiene che in questo tempo egli fosse vecchio. Per avere accuratezza storica, egli data le sue profezie. Il suo libro di profezie che porta il suo nome Aggeo è il terzultimo libro dei Dodici Profeti Minori, o il terzultimo libro delle ispirate Scritture Ebraiche come sono elencate nella Versione della Bibbia di Fulvio Nardoni. Nel primo versetto del suo datato libro egli scrive:

8 “Nel secondo anno di Dario il re, nel sesto mese, il primo giorno del mese, la parola di Geova per mezzo di Aggeo il profeta fu rivolta a Zorobabele figlio di Sealtiel, governatore di Giuda, e a Giosuè figlio di Iozadac il sommo sacerdote, dicendo”. — Aggeo 1:1.

9. (a) Come differenziamo questo Dario re di Persia da “Dario il Medo”? (b) Quando Aggeo cominciò dunque a profetizzare?

9 Questo Dario il re è diverso da “Dario il Medo”, che fu associato al re Ciro il Persiano allorché fu rovesciata Babilonia nell’anno 539 a.E.V., avendo allora sessantadue anni. (Daniele 5:30, 31; 6:1-28) Dopo Dario il Medo il trono dell’abbattuta Babilonia fu assunto unicamente dal re Ciro il Persiano. Gli successe il figlio Cambise. Dopo di lui s’impadronì del trono dell’Impero Persiano un supposto usurpatore, il mago Gaumata. Egli fu detronizzato da Dario il Persiano, che divenne così il persiano Dario I. In genere gli si dà il soprannome di Istaspe. Poiché l’iniziale anno di regno dei re persiani cominciava nella primavera dell’anno, il secondo anno di questo persiano re Dario sarebbe continuato fino alla primavera successiva corrispondendo così al 520/519 a.E.V., secondo la nostra datazione. Il sesto mese di quell’anno si calcolerebbe dalla primavera del 520 a.E.V., e sarebbe il mese lunare di Aggeo noto come Elul. (Neemia 6:15) Quel mese lunare corrisponderebbe al nostro agosto-settembre. Poiché il giorno in cui la parola di Geova fu rivolta al profeta Aggeo era il primo giorno di quel mese lunare, esso fu il giorno della luna nuova.

10. Perché quel giorno del 1°  Elul 520 a.E.V. fu un tempo in cui Aggeo avrebbe potuto rivolgere il suo messaggio a una folla di Giudei più grande del solito?

10 Secondo la legge teocratica data per mezzo del profeta Mosè, quel giorno della luna nuova era un giorno per suonare le sacre trombe sui sacrifici offerti quel giorno a Geova Dio. (Numeri 10:10) Inoltre, si facevano a Geova speciali offerte mediante il fuoco. (Numeri 28:11-15) Sorse anche l’usanza di fare quel giorno visite religiose al luogo dove era situato l’altare di Geova. (2 Re 4:23) Questo richiamava molte persone devote a Gerusalemme. Pertanto il profeta Aggeo avrebbe avuto una folla più grande del solito a cui rivolgere quel giorno del 1° Elul 520 a.E.V. la “parola di Geova”. Aggeo fu senza dubbio a Gerusalemme in quel giorno, poiché la sua parola profetica fu rivolta al governatore Zorobabele e al sommo sacerdote Giosuè che officiavano in Gerusalemme. Il messaggio di Aggeo interessava l’intera nazione e meritava d’essere udito.

COINVOLTA LA CASA DI ADORAZIONE NAZIONALE

11. Quella parola che Geova disse per mezzo di Aggeo cominciò con quale espressione?

11 Che cosa diceva, ora, la parola che fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo? Aggeo 1:2 ci narra: “Geova degli eserciti ha detto questo: ‘Riguardo a questo popolo, hanno detto: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”’”. Il popolo a cui Aggeo si rivolse dovette ammettere questo fatto.

12. Con quale designazione Dio si riferì a se stesso, e di quale valore avrebbe dovuto esser questo per quei Giudei?

12 Chi aveva detto però a “Geova degli eserciti” ciò che “questo popolo” era andato dicendo? Certo, Geova degli eserciti stesso l’aveva udito dal cielo con le sue meravigliose facoltà uditive. Fu sorprendente il modo in cui si riferì a se stesso, cioè come “Geova degli eserciti” (Yeh·owahʹ Tseba·othʹ, in ebraico). In tutte le ispirate Scritture Ebraiche, da Genesi a Malachia, questa designazione “Geova degli eserciti” ricorre 281 volte, e il profeta Samuele è il primo a usarla per iscritto. (1 Samuele 1:3) La usarono anche gli ispirati scrittori cristiani Paolo e Giacomo. (Romani 9:29; Giacomo 5:4) Allora, fu questo ricordare che Geova era il Comandante in Capo degli eserciti celesti una consolazione per gli abitanti di Gerusalemme e della provincia di Giuda?

13. Perché questo avrebbe dovuto essere un incoraggiamento per i Giudei in quelle circostanze?

13 Avrebbe dovuto esserlo. In quel tempo non avevano nessun esercito in servizio effettivo, come l’hanno oggi le potentemente armate nazioni del mondo. Quando partirono dal paese dell’esilio babilonese per tornare nella loro patria, non avevano nessun esercito che li scortasse come protezione contro i predoni lungo la via. Anche nell’anno 468 a.E.V., lo scriba e sacerdote Esdra si era rifiutato d’avere forze militari e cavalieri dal re Artaserse di Persia perché lo accompagnassero a Gerusalemme. — Esdra 8:22, 23.

14. Quale espressa opinione personale di quegli inermi Giudei eccitò così grandemente Geova, e che c’era di riprovevole in questo?

14 Ora, che cos’era che questo inerme “popolo”, gli abitanti di Gerusalemme e di Giuda, aveva detto in modo da eccitare tanto grandemente Geova degli eserciti? Questa loro personale opinione: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”. Tale “casa” sarebbe stata un edificio per l’adorazione di Geova degli eserciti in Gerusalemme, dove il sommo sacerdote Giosuè figlio di Iozadac avrebbe potuto officiare insieme a tutti gli altri sacerdoti dell’antica famiglia di Aaronne. Sarebbe stato un tempio. Appropriatamente, tale casa di adorazione o tempio avrebbe interessato Geova degli eserciti. “Questo popolo” di Gerusalemme e di Giuda adorava Geova. Perché, dunque, dicevano: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”? Che c’era di riprovevole in questo? Come minimo, ciò mostrava mancanza d’interesse nella più piena adorazione del loro Dio. Tradiva inoltre la mancanza di fede nell’invincibile “Geova degli eserciti”. Di conseguenza “questo popolo” veniva meno al primario scopo per cui era tornato lì a Gerusalemme e in Giuda. Qual era questo scopo?

TRASCURATEZZA VERSO LA CASA DI DIVINA ADORAZIONE

15. (a) Quando gli esiliati Giudei furono rilasciati da Babilonia, e come? (b) Quale fu in realtà lo scopo di rilasciarli perché tornassero nella loro patria?

15 Diciassette anni prima di ciò, nella primavera dell’anno 537 a.E.V., questi che ora risiedevano in Gerusalemme e in Giuda erano stati rilasciati dall’esilio di Babilonia. In realtà era stato Geova degli eserciti a ricomprarli e a riscattarli affinché venissero nella Via della Santità e tornassero a Sion, come Gerusalemme è anche chiamata. (Isaia 35:8-10) Era stata fatta la ricompra di “questo popolo” solo per dare a questi esiliati un luogo in cui vivere lontano dall’idolatra Babilonia, preferibilmente il diletto paese dei loro antenati? O qual era stato realmente lo scopo principale di tornare in questo paese che era stato desolato senza uomo o animale domestico per settant’anni, dalla distruzione di Gerusalemme del 607 a.E.V. in poi? (2 Cronache 36:17-21) Questo è chiaramente dichiarato nel decreto imperiale emanato nel 537 a.E.V. da Ciro il Grande, il conquistatore persiano di Babilonia sul fiume Eufrate. (2 Cronache 36:22, 23) Questo decreto è riportato per intero dallo scriba e sacerdote Esdra, in queste parole:

“E nel primo anno di Ciro re di Persia, affinché si compisse la parola di Geova dalla bocca di Geremia, Geova destò lo spirito di Ciro re di Persia così che fece passare un bando per tutto il suo reame, e anche per iscritto, dicendo: ‘Ciro re di Persia ha detto questo: “Geova l’Iddio dei cieli mi ha dato tutti i regni della terra ed egli stesso mi ha incaricato di edificargli una casa in Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque fra voi è di tutto il suo popolo, il suo Dio sia con lui. Salga dunque a Gerusalemme, che è in Giuda, e riedifichi la casa di Geova l’Iddio d’Israele — egli è il vero Dio — che era in Gerusalemme”’. . . .

“Inoltre, il re Ciro stesso portò gli utensili della casa di Geova, che Nabucodonosor aveva asportati da Gerusalemme e messi quindi nella casa del suo dio. E Ciro re di Persia li portava per mezzo di Mitredat il tesoriere e li contava a Sesbazzar capotribù di Giuda. . . . Tutti gli utensili d’oro e d’argento furono cinquemilaquattrocento. Sesbazzar portò ogni cosa, oltre a condurre il popolo esiliato da Babilonia a Gerusalemme”. — Esdra 1:1-11.

16. (a) Chi fu “Sesbazzar capotribù di Giuda”? (b) Che i ristabiliti esiliati comprendessero qual era la vera missione del loro ritorno in patria è mostrato da quale fatto storico?

16 Questo “Sesbazzar capotribù di Giuda” è evidentemente lo stesso Zorobabele figlio di Sealtiel che era il governatore di Giuda. (Esdra 2:1, 2; 5:1, 2, 14-16; Aggeo 1:1, 14; 2:2, 21) Zorobabele governatore di Giuda e il resto dei tornati esiliati compresero che tornando nella loro patria la loro principale missione era quella di riedificare il tempio in Gerusalemme per l’adorazione di Geova. Questo è mostrato da un fatto storico: Alla fine dei settant’anni di desolazione di Gerusalemme e di Giuda questi ricomprati esiliati edificarono un altare a Geova nello stesso luogo in cui era l’altare del tempio precedente, e in seguito posero la fondazione per edificare un nuovo tempio. Leggiamo:

“Quando arrivò il settimo mese [Tishri] i figli d’Israele erano nelle loro città. E il popolo si raccoglieva come un sol uomo a Gerusalemme. E Iesua figlio di Ieozadac e i suoi fratelli i sacerdoti e Zorobabele figlio di Sealtiel e i suoi fratelli si levavano ed edificavano l’altare dell’Iddio d’Israele, per offrirvi sacrifici bruciati, secondo ciò che è scritto nella legge di Mosè l’uomo del vero Dio. Stabilirono dunque fermamente l’altare nel suo proprio posto, poiché su di loro venne lo spavento a causa dei popoli dei paesi, e offrivano su di esso sacrifici bruciati a Geova, i sacrifici bruciati della mattina e della sera. Quindi tennero la festa delle capanne [15-22 Tishri] secondo ciò che è scritto, con i sacrifici bruciati di giorno in giorno in numero secondo la regola di ciò che era dovuto per ciascun giorno. . . . Dal primo giorno del settimo mese [Tishri] cominciarono a offrire sacrifici bruciati a Geova, quando non si erano ancora gettate le fondamenta dello stesso tempio di Geova. . . .

“E nel secondo anno [536 a.E.V.] della loro venuta alla casa del vero Dio a Gerusalemme, nel secondo mese [Ziv, o Iyyar; aprile/maggio], Zorobabele figlio di Sealtiel e Iesua figlio di Ieozadac e il resto dei loro fratelli, i sacerdoti e i Leviti, e tutti quelli che eran venuti dalla cattività a Gerusalemme cominciarono; e ora incaricarono i Leviti dai vent’anni in su di fare i soprintendenti sull’opera della casa di Geova. . . . Quando gli edificatori ebbero gettato le fondamenta del tempio di Geova, i sacerdoti in veste ufficiale, con le trombe, e i Leviti figli di Asaf, coi cembali, stettero in piedi per lodare Geova secondo l’ordine di Davide re d’Israele. E rispondevano lodando e rendendo grazie a Geova, ‘poiché egli è buono, poiché la sua amorevole benignità verso Israele è a tempo indefinito’. In quanto a tutto il popolo, urlò con alte urla alla lode di Geova per la posa delle fondamenta della casa di Geova.

“E molti dei sacerdoti e dei Leviti e dei capi delle case paterne, gli anziani che avevano visto la casa precedente, piangevano ad alta voce alla posa del fondamento di questa casa dinanzi ai loro occhi, mentre molti altri levavano la voce in urla di gioia. Per cui il popolo non distingueva il suono delle urla d’allegrezza dal suono del pianto del popolo, poiché il popolo urlava con alte urla, e il suono stesso si udì perfino a grande distanza”. — Esdra 3:1-13.

17, 18. Quando e perché furono interrotte le attività di edificazione del tempio?

17 In quel tempo quei rimpatriati Israeliti non dicevano: “Il tempo non è venuto, il tempo della casa di Geova, perché sia edificata”. (Aggeo 1:2) Ma subito ci fu opposizione dal di fuori contro quei “figli dell’Esilio”. Questo avvenne perché gli Israeliti religiosamente purificati non permettevano a quelli di fuori che asserivano d’adorare Geova di unirsi a loro nella costruzione del tempio all’Iddio d’Israele. Quindi questi risentiti vicini che erano stati respinti divennero avversari e interferirono con l’edificazione del tempio per tutto il resto del regno del re Ciro e dei regni dei successivi re dell’Impero Persiano fino al regno del re Dario Istaspe il Persiano. Prima del regno di questo persiano Dario I, quegli avversari palestinesi riuscirono a far proibire dal governante imperiale l’opera di edificazione del tempio di Geova, accusando i rimpatriati “figli dell’Esilio” d’esser sediziosi. — Esdra 4:1-22.

18 La Bibbia chiama l’imperatore persiano che emanò la proibizione con il nome di Artaserse, e dice: “Or dopo che la copia del documento ufficiale di Artaserse il re era stata letta dinanzi a Reum e a Simsai lo scriba e ai loro colleghi, andarono in fretta a Gerusalemme dai Giudei e li fermarono con la forza e le armi. Fu allora che il lavoro della casa di Dio, che era a Gerusalemme, cessò; e restò fermo fino al secondo anno del regno di Dario re di Persia”. — Esdra 4:23, 24.

19. (a) Quanti anni durò all’incirca l’interruzione dell’opera del tempio? (b) Perché la proibizione pose agli edificatori del tempio un dilemma, ma chi spinse la questione nella direzione giusta?

19 Il secondo anno di regno del re Dario I coincise con il 520/519 a.E.V., e questo significò che l’interruzione dell’opera di edificazione del nuovo tempio di Geova in Gerusalemme durò circa sedici anni, dal tempo che il fondamento di questo tempio era stato posto dal governatore Zorobabele e dal sommo sacerdote Giosuè (o, Jeshua; Gesù, nella versione greca dei Settanta). Tale proibizione imposta dall’imperatore persiano, Artaserse, dovette far restare i Giudei in Gerusalemme e in Giuda del tutto confusi, in un dilemma. Poterono chiedersi come mai la proibizione di quest’ultimo imperatore contrastasse il decreto del re Ciro il Grande ch’era stato emanato nel 537 a.E.V. come parte della “legge dei Medi e dei Persiani, che non si annulla”. (Daniele 6:8, 12) Essi non pensarono di mettere la questione alla prova nelle corti dell’Impero Persiano, portando la causa fino alla Corte Suprema dell’impero, alla corte di ultima istanza, che era presieduta dall’imperatore stesso. La venuta di un nuovo imperatore, di un successore di Artaserse, l’avrebbe consentito. Ma chi, ora, avrebbe promosso la causa? Nessun altro che “Geova degli eserciti” stesso.

20. A causa di quale precedente profezia di Isaia non fu volontà di Geova che fosse annullato il decreto di edificazione del re Ciro?

20 Due secoli prima, per mezzo del suo profeta Isaia, il Grande Teocrata Geova aveva parlato di sé come di “Colui che dico di Ciro: ‘Egli è il mio pastore, e tutto ciò in cui io mi diletto adempirà completamente’; perfino nel mio dire di Gerusalemme: ‘Sarà riedificata’, e del tempio: ‘Saranno gettate le tue fondamenta’. Questo è ciò che Geova ha detto al suo unto, a Ciro, di cui ho preso la destra, per soggiogare dinanzi a lui le nazioni”. (Isaia 44:28-45:1) Di conseguenza, non era volontà di Geova degli eserciti che il decreto di Ciro relativo alla casa di Geova in Gerusalemme fosse annullato. Geova non è la specie di Dio che fa gettare le fondamenta di un edificio e poi si trovi nell’incapacità di completare l’edificio, così che tutti gli osservatori comincino “a schernirlo, dicendo: ‘Questo [Dio] ha cominciato a edificare ma non ha potuto finire’”. (Luca 14:29, 30) No, Geova completa ciò che comincia; la sua parola non torna mai a lui inadempiuta, “senza risultati”. — Isaia 55:11.

SFIDANO L’OPINIONE POPOLARE E LA PROIBIZIONE IMPERIALE

21. Come e in quale anno Geova cominciò a correggere l’errata impressione a lungo espressa dai Giudei circa l’edificazione del tempio?

21 Or dunque era venuto il tempo che Geova degli eserciti correggesse l’errata impressione a lungo espressa dai Giudei in Gerusalemme e in Giuda che non fosse ancora venuto il tempo di riedificare la casa di Geova. Quindi, che fece egli? Suscitò profeti che non ebbero timore di parlare contrariamente all’opinione popolare. Esdra 5:1 ci narra chi fossero questi profeti, dicendo: “E Aggeo il profeta e Zaccaria nipote di Iddo, il profeta, profetizzarono ai Giudei che erano in Giuda e in Gerusalemme, nel nome dell’Iddio d’Israele che era su di loro”. I versetti iniziali delle riportate profezie di Aggeo e Zaccaria ci danno l’anno che cominciarono a profetizzare, cioè “nel secondo anno di Dario il re” di Persia. Ma Aggeo cominciò prima di Zaccaria, poiché la parola di Geova si ebbe per mezzo di lui il primo giorno del mese lunare di Elul, il giorno della luna nuova quando Gerusalemme poteva avere molti pellegrini venuti dalle esterne città di Giuda.

22. Quale avvertimento Aggeo dovette prima dare al popolo, e come sfida all’opinione popolare, che cosa si dovette mostrar loro?

22 Prima di tutto, il profeta Aggeo avvertì il popolo lì a Gerusalemme che Geova degli eserciti sapeva ciò che dicevano del tempo per edificare la Sua casa di adorazione, la cui edificazione era stata autorizzata dall’imperatore persiano, Ciro il Grande. La pazienza divina era stata esercitata abbastanza a lungo verso i Giudei che avevano tale attitudine mentale. Ora, quando la situazione sembrava esser la peggiore, quando la costante opposizione degli avversari religiosi pagani era stata rafforzata con una proibizione imperiale, proprio ora era il tempo di sfidare l’opinione popolare di questo popolo ricomprato. Si doveva mostrar loro che erano colpevoli e si doveva dire loro la ragione per cui le cose erano andate loro così male.

23. Come la sfida presentata mostrò una relazione fra la condizione della casa di Geova in quel tempo e la loro condizione economica?

23 Ora viene la sfida! “E la parola di Geova continuò a essere indirizzata per mezzo di Aggeo il profeta, dicendo: ‘È il tempo per voi stessi di dimorare nelle vostre case rivestite, mentre questa casa è devastata? E ora Geova degli eserciti ha detto questo: “Ponete il cuore alle vostre vie. Avete seminato molto seme, ma si porta poco. Si mangia, ma non a sazietà. Si beve, ma non fino al punto d’essere inebriati. Si indossano vesti, ma nessuno si riscalda; e chi lavora con un salario lavora con un salario per una borsa che ha buchi [l’operaio ha avuto il suo salario, ma per metterlo in un sacchetto forato]”’”. — Aggeo 1:3-6, NM; Na.

24. Quale stato di cose privo di equilibrio esisteva tra le loro case personali e la casa di Geova, e quali domande questo poneva?

24 C’era una ragione essenziale per cui se la passavano così male in senso materiale. Quei Giudei rimpatriati dicevano che non era per loro il tempo di edificare il tempio di Geova, e così “questa casa” di adorazione divina era “desolata”, essendone state gettate solo le fondamenta nel 536 a.E.V., ma senza sovrastrutture su di esse. Nello stesso tempo essi abitavano nelle loro case ben coperte con un soffitto e con le pareti piacevolmente rivestite di legni eccellenti. Quale netto contrasto c’era fra le loro case private per le comodità carnali e la sacra casa di Geova per gli interessi spirituali dell’intera nazione! Non era questo uno stato di cose privo di equilibrio? Non tradiva il fatto che davano più importanza alle cose materiali, alle comodità della propria carne, anziché alle loro necessità spirituali e ai loro obblighi verso il Grande Teocrata, Geova? Fu questo per loro senza conseguenze, non solo in senso spirituale ma anche in senso materiale? Si procuravano danno non solo religiosamente, ma anche economicamente? Sì!

25. Qual era l’essenziale ragione per cui si procuravano danno non solo religiosamente, ma economicamente, in senso materiale?

25 Perché anche economicamente, in senso materiale? Perché il loro paese era stato dato loro da Dio. Geova li aveva inoltre ricomprati da Babilonia e li aveva ricondotti in quel paese come suo popolo riscattato. Quindi, come Egli aveva molto tempo fa detto ai loro antenati, “la terra non si dovrebbe . . . vendere in perpetuo, perché la terra è mia. Poiché secondo il mio punto di vista voi siete residenti forestieri e avventizi”. (Levitico 25:23) Giacché la terra era Sua, avrebbe potuto rendere la terra prospera e avrebbe potuto trattenere dalla terra la sua benedizione. Divenne così responsabile della sua produttività. Se non avesse provato piacere del suo popolo riscattato, non avrebbe forse logicamente trattenuto le sue benedizioni? E per mezzo del suo profeta Aggeo non indicò Egli il dispiacere divino perché la sua casa, la casa più importante dell’intero paese di Giuda, era desolata ed era stata in tali condizioni per tanti anni?

26. La relazione fra lo stato di desolazione della casa di Geova e la loro cattiva condizione economica a che cosa doveva attribuirsi?

26 Date le circostanze, doveva esserci stata qualche relazione fra lo stato di “desolazione” della casa di adorazione di Geova e il fatto che questi riscattati Giudei seminavano nella terra data loro da Dio molto seme eppure raccoglievano poco in quanto alle messi. Raccoglievano qualche cosa da mangiare, in realtà, ma non era sufficiente per soddisfare il loro desiderio o il loro bisogno. Bevevano vino fatto con il succo delle loro vigne, ma non ne avevano in grande quantità alla vendemmia da farci vino sufficiente da potervisi ubriacare. Potevano fare qualche cosa da mettersi addosso, ma non bastava, o non era di tale qualità, da mantenerli caldi quando faceva freddo. E se dei bisognosi lavoravano per guadagnarsi da vivere o per pagare le spese, sembrava che il denaro guadagnato fosse messo in una borsa per il denaro piena di buchi da far cadere le monete e da farle perdere senza alcun profitto per i salariati. In vista della relazione che questi occupanti del paese avevano con il celeste Proprietario della terra e dei loro obblighi religiosi verso di Lui, doveva esserci stata qualche essenziale relazione fra la sua casa “desolata” e la loro depressione economica.

27. Come la precedente profezia di Geova in Ezechiele 36:33-36 indicò che ci sarebbe stata una tale relazione?

27 Questa relazione doveva essere stata reale in vista di ciò che Geova loro Dio aveva promesso per mezzo del suo profeta Ezechiele poco dopo la distruzione di Gerusalemme e la desolazione del paese di Giuda più di settant’anni prima: “Il Sovrano Signore Geova ha detto questo: ‘Nel giorno che vi purificherò da tutti i vostri errori per certo farò anche abitare le città, e dovranno essere riedificati i luoghi devastati. E lo stesso paese desolato sarà coltivato, mentre era divenuto una distesa desolata dinanzi agli occhi di ogni passante. E la gente per certo dirà: “Quel paese laggiù che era desolato è divenuto simile al giardino d’Eden, e le città che erano devastate e che giacevan desolate e che erano demolite sono fortificate; sono divenute abitate”. E le nazioni che vi saranno lasciate rimanere all’intorno dovranno conoscere che io stesso, Geova, ho edificato le cose demolite, ho piantato ciò che era stato desolato. Io stesso, Geova, ho parlato e ho fatto’”. — Ezechiele 36:33-36NW.

28. Perché quell’anno 520 a.E.V. tale profezia comunicata per mezzo di Ezechiele non si era adempiuta sui Giudei, e perché oggi dovremmo applicare questo a noi stessi?

28 Quando il riscattato rimanente dei Giudei timorati di Dio fu tornato nel paese desolato nel 537 a.E.V., ebbe le più alte speranze che tale splendida profezia si adempisse. Ma ora, nell’anno 520 a.E.V., le loro più alte speranze erano state deluse. Perché? Sì, perché i popoli pagani all’intorno non dicevano: “Quel paese laggiù che era desolato è divenuto simile al giardino d’Eden”? La ragione è ovvia. Il riscattato rimanente dei Giudei trascurava l’adorazione di Colui che aveva fatto tale grande promessa per mezzo del profeta Ezechiele. Non c’è in questo un punto che oggi, noi che speriamo nella trasformazione dell’intera terra in un Paradiso, dovremmo prendere a cuore? Sì. Ma quale fu il rimedio che in quel tempo bisognava applicare? Dovrebbe ora essere per noi un esempio indicativo.

[Domande per lo studio]