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Cronologia

Cronologia

La parola italiana “cronologia” deriva dal greco chronologìa (da chrònos, tempo, e lògos, discorso), cioè “discorso sul tempo”. La cronologia permette di collocare gli eventi in ordinata successione e di datare correttamente certi avvenimenti.

Geova è “l’Antico di Giorni” e l’Iddio d’Eternità. (Da 7:9; Sl 90:2; 93:2) Che egli tenga accuratamente conto del tempo è evidente non solo dalla mirabile precisione manifesta nel movimento degli astri, ma anche dalla divina documentazione dei suoi atti. In adempimento delle sue promesse o profezie ha fatto accadere certi avvenimenti nell’esatto tempo predetto, sia che l’intervallo di tempo fosse di un solo giorno (Eso 9:5, 6), di un anno (Ge 17:21; 18:14; 21:1, 2; 2Re 4:16, 17), di decenni (Nu 14:34; 2Cr 36:20-23; Da 9:2), di secoli (Ge 12:4, 7; 15:13-16; Eso 12:40, 41; Gal 3:17) o di millenni. (Lu 21:24; vedi TEMPI FISSATI DELLE NAZIONI). Possiamo essere certi che i suoi propositi per il futuro saranno senz’altro attuati nel tempo prestabilito, proprio nel giorno e nell’ora designati. — Aba 2:3; Mt 24:36.

Dio si propose che l’uomo, fatto a immagine e somiglianza del Creatore (Ge 1:26), misurasse il corso del tempo. La Bibbia afferma fin dall’inizio che i “luminari nella distesa dei cieli” dovevano servire per fare “una divisione fra il giorno e la notte; . . . come segni e per le stagioni e per i giorni e gli anni”. (Ge 1:14, 15; Sl 104:19) (Come queste divisioni siano state osservate fin dall’inizio della storia umana è trattato alle voci ANNO; CALENDARIO; GIORNO; LUNA; SETTIMANA). Dall’epoca di Adamo fino ad oggi l’uomo ha sempre calcolato e registrato i periodi di tempo. — Ge 5:1, 3-5.

Ere. Una cronologia accurata richiede che sia stabilito un punto nel corso del tempo da cui contare avanti o indietro le unità di tempo (come ore, giorni, mesi, anni). Quel punto di partenza poteva essere semplicemente il levar del sole (per misurare le ore del giorno), o il novilunio (per misurare i giorni di un mese), o l’inizio della stagione primaverile (per misurare il compiersi di un anno). Per calcolare periodi più lunghi, gli uomini hanno stabilito determinate “ere”, usando qualche avvenimento notevole come punto di partenza da cui misurare periodi di molti anni. Per esempio, quando nei paesi della cristianità uno dice che ‘oggi è il 1º ottobre 1989 E.V. (era volgare)’, intende dire che ‘oggi è il primo giorno del decimo mese del millenovecentottantanovesimo anno a partire da quella che alcuni pensavano fosse la data di nascita di Gesù’.

Nella storia secolare questo uso di “era” è piuttosto tardo. Presumibilmente il primo caso secolare di tale computo cronologico sistematico fu introdotto dai greci solo verso il IV secolo a.E.V. (avanti l’era volgare). Essi dividevano il tempo in Olimpiadi, periodi di quattro anni fra un’Olimpiade e l’altra, a partire dalla prima che si calcola sia stata tenuta nel 776 a.E.V. Spesso inoltre identificavano determinati anni usando come riferimento il periodo in cui era in carica un particolare personaggio. I romani infine stabilirono un’era, contando gli anni dalla data tradizionale della fondazione di Roma (753 a.E.V.). Inoltre identificavano i singoli anni in base ai nomi dei due consoli in carica quell’anno. Solo verso il VI secolo E.V. un monaco di nome Dionigi il Piccolo introdusse la datazione ora generalmente nota come “era cristiana” o, più esattamente, “era volgare”. I popoli maomettani (islamici) contano gli anni dall’egira (fuga di Maometto dalla Mecca nel 622 E.V.). Non risulta che gli antichi egizi, assiri e babilonesi usassero regolarmente un sistema del genere per lunghi periodi di tempo.

In quanto alla Bibbia, non si fa espresso riferimento a nessuna particolare era come punto di partenza da cui datare poi tutti gli avvenimenti. Ciò di per sé non significa che non esistesse un sistema per collocare con precisione gli avvenimenti passati nel corso del tempo. Il fatto che gli scrittori biblici, nel riferire determinati avvenimenti, fossero in grado di fornire cifre precise relative a periodi di diversi secoli dimostra che presso il popolo d’Israele o i suoi antenati non mancava l’interesse per la cronologia. Infatti Mosè poté scrivere: “Avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni [a partire in questo caso da quando Abraamo attraversò l’Eufrate diretto nel paese di Canaan, tempo in cui evidentemente Dio convalidò il suo patto con lui], sì, in quel medesimo giorno avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto”. (Eso 12:41; vedi ESODO; cfr. Gal 3:16, 17). Inoltre in 1 Re 6:1 si legge che nel “quattrocentottantesimo anno dopo l’uscita dei figli d’Israele dal paese d’Egitto” il re Salomone cominciò a costruire il tempio di Gerusalemme. Nondimeno, né l’entrata in vigore del patto abraamico né l’Esodo furono comunemente usati come punto di partenza di un’era nel datare altri avvenimenti.

Non ci si deve dunque aspettare che la cronologia biblica segua i criteri moderni, in base ai quali tutti gli avvenimenti vengono datati in relazione a un unico punto fisso nel passato, come l’inizio dell’era volgare. Più spesso gli avvenimenti erano collocati nel corso del tempo un po’ come si fa spontaneamente nella vita d’ogni giorno. Proprio come oggi si potrebbe datare un avvenimento dicendo che è avvenuto “l’anno dopo la siccità”, o “cinque anni dopo la seconda guerra mondiale”, così gli scrittori biblici mettevano gli avvenimenti di cui stavano parlando in relazione con altri più o meno contemporanei.

Per alcuni dati cronologici non si può giungere a una conclusione certa, perché non sempre conosciamo l’esatto punto di partenza o di riferimento usato dallo scrittore biblico. Inoltre è possibile che nel trattare un certo periodo storico uno scrittore si sia servito di più di un punto di partenza per datare gli avvenimenti. Il ricorso a punti di partenza diversi non è una prova che lo scrittore fosse vago o confusionario; non possiamo giudicare i suoi metodi solo in base alla nostra opinione sul modo corretto di datare gli avvenimenti, cioè alla luce dei metodi attuali. E anche se in alcuni dei casi più difficili può trattarsi di errori di copisti, non è saggio presumerlo senza una valida prova, quale potrebbe essere la presenza di varianti in antiche copie manoscritte delle Scritture. Le testimonianze disponibili dimostrano in modo convincente la notevole precisione e cura che distingueva la copiatura dei libri biblici e che ha contribuito a preservarne l’intrinseca integrità. — Vedi MANOSCRITTI DELLA BIBBIA; SCRIBA.

Cronologia biblica e storia secolare. Spesso ci si preoccupa di “armonizzare” o “conciliare” la narrazione biblica con la cronologia basata su antichi documenti secolari. Poiché verità è ciò che è conforme ai fatti o alla realtà, tale coordinamento sarebbe senz’altro importante se fosse possibile dimostrare che gli antichi documenti secolari sono inequivocabilmente esatti e sempre attendibili, e che pertanto costituiscono un accurato metro di giudizio. Dato che la cronologia biblica è stata così spesso ritenuta dai critici inferiore a quella delle nazioni pagane, vale la pena di esaminare alcune antiche testimonianze di nazioni e popoli la cui vita e le cui attività ebbero relazione con personaggi e avvenimenti menzionati nella Bibbia.

La Bibbia è un libro storico, e come tale primeggia fra gli scritti antichi. La storia degli antichi egizi, assiri, babilonesi, medi, persiani e altri è in gran parte frammentaria, e i loro primordi sono oscuri o chiaramente mitici. Per esempio, l’antico documento noto come “Lista dei re sumeri” comincia così: “Quando la sovranità discese dal cielo, la sovranità risiedette (prima) a Eridu. (A) Eridu (era) re Alulim, ed egli regnò 28.800 anni. Alalgar regnò 36.000 anni. Due re regnarono (quindi) 64.800 anni. . . . (A) Badtibira, Enmenlu-Anna regnò 43.200 anni, Enmengal-Anna regnò 28.800 anni, il dio Dumuzi, il pastore, regnò 36.000 anni. Tre re regnarono (quindi) 108.000 anni”. — Ancient Near Eastern Texts, a cura di J. B. Pritchard, 1974, p. 265.

Ciò che si sa da fonti secolari di queste antiche nazioni è stato faticosamente ricostruito da informazioni frammentarie desunte da monumenti e tavolette o dagli scritti più tardi dei cosiddetti storiografi classici dell’epoca greca e romana. È vero che gli archeologi hanno scoperto decine di migliaia di tavolette d’argilla con iscrizioni cuneiformi assiro-babilonesi, e anche numerosi papiri egiziani, ma si tratta in gran parte di testi religiosi o di documenti commerciali relativi a contratti, atti di vendita, documenti legali e simili. Gli scritti storici delle nazioni pagane, di numero assai più limitato e preservati in forma di tavolette, cilindri, stele o lapidi, consistono in gran parte di materiale che glorifica i re e ne celebra in termini epici le campagne militari.

La Bibbia presenta invece un quadro insolitamente coerente e particolareggiato di circa 4.000 anni di storia umana, non solo perché descrive con notevole continuità gli avvenimenti dagli inizi dell’umanità fino al governatorato di Neemia nel V secolo a.E.V., ma anche perché, grazie alla profezia (storia scritta in anticipo) di Daniele capitolo 11, in un certo senso fornisce informazioni generali sul periodo che va da Neemia all’epoca di Gesù e degli apostoli. La Bibbia presenta in modo vivace e realistico la storia della nazione d’Israele dalla sua nascita in poi, descrivendone onestamente la forza e le debolezze, i successi e gli insuccessi, la giusta adorazione e la falsa adorazione, le benedizioni e i giudizi avversi o le calamità. Anche se questa onestà non è di per sé garanzia di accuratezza cronologica, costituisce una solida base per aver fiducia nell’integrità degli scrittori biblici e nel loro sincero desiderio di trasmettere la verità.

Documenti dettagliati erano sicuramente disponibili ai cronisti biblici, come gli scrittori di 1 e 2 Re e di 1 e 2 Cronache. Questo è evidente dalle estese genealogie che furono in grado di compilare, relative a molte centinaia di nomi, e anche dalla coerente e concreta trattazione del regno di ciascun re di Giuda e d’Israele, nonché dei rapporti che questi intrattenevano con altre nazioni e fra loro. Gli storici moderni sono ancora incerti sull’esatta collocazione di certi re assiri e babilonesi, anche delle ultime dinastie. Ma non esiste nessuna incertezza circa la successione dei re di Giuda e d’Israele.

Ci sono riferimenti al “libro delle Guerre di Geova” (Nu 21:14, 15), al “libro dei fatti dei giorni dei re d’Israele” (1Re 14:19; 2Re 15:31), al “libro dei fatti dei giorni dei re di Giuda” (1Re 15:23; 2Re 24:5), al “libro dei fatti di Salomone” (1Re 11:41), come pure numerosi riferimenti a simili annali o documenti ufficiali da parte di Esdra e Neemia. Questo indica che i dati forniti non si basavano su semplici ricordi o tradizioni orali, ma erano ben documentati, frutto di attente ricerche. Gli storici biblici citano anche documenti ufficiali di altre nazioni, dato che parti della Bibbia furono scritte in paesi diversi da Israele, fra cui Egitto, Babilonia e Persia. — Vedi LIBRO; ESDRA, LIBRO DI; ESTER, LIBRO DI.

Un fattore che senza dubbio rese più facile calcolare con accuratezza il passare degli anni, almeno finché gli israeliti si attennero alla Legge mosaica, fu l’osservanza degli anni sabatici e giubilari, cosa che richiedeva la divisione del tempo in periodi di 7 e di 50 anni. — Le 25:2-5, 8-16, 25-31.

Quello che distingue in particolare la Bibbia dagli scritti contemporanei delle nazioni pagane è che dalle sue pagine traspare il senso non solo del passato e del presente, ma anche del futuro. (Da 2:28; 7:22; 8:18, 19; Mr 1:15; Ri 22:10) L’elemento profetico rendeva l’accuratezza cronologica una questione molto più importante per gli israeliti che per qualsiasi nazione pagana, perché le profezie erano spesso associate a particolari periodi di tempo. Essendo il Libro di Dio, la Bibbia sottolinea la puntualità di Dio nell’adempiere la sua parola (Ez 12:27, 28; Gal 4:4) e mostra che l’accuratezza delle profezie è una prova della sua Divinità. — Isa 41:21-26; 48:3-7.

È vero che alcuni documenti non biblici sono di parecchi secoli più antichi delle più antiche copie manoscritte della Bibbia finora scoperte. Scolpite nella pietra o incise nell’argilla, alcune antiche iscrizioni pagane possono sembrare molto autorevoli, ma questo non ne assicura l’esattezza e non esclude che contengano falsità. Non il materiale su cui è scritto un documento, ma lo scrittore, il suo scopo, il suo rispetto per la verità, la sua devozione ai giusti princìpi sono i fattori importanti che costituiscono una solida base per avere fiducia nei dati cronologici come in altri. In paragone con la Bibbia, la grande antichità di questi documenti secolari passa in secondo piano rispetto alla qualità di gran lunga inferiore del loro contenuto. Poiché la Bibbia fu scritta su materiale deteriorabile, come papiro e pergamena, il continuo uso e l’effetto deleterio delle condizioni climatiche di gran parte d’Israele (ben diverse dal clima straordinariamente secco dell’Egitto) possono spiegare l’attuale assenza di originali. Comunque, essendo il Libro ispirato da Geova, la Bibbia è stata copiata con cura e preservata per intero fino a oggi. (1Pt 1:24, 25) L’ispirazione divina, grazie alla quale gli storici biblici furono in grado di redigere i rispettivi libri, assicura l’attendibilità della cronologia biblica. — 2Pt 1:19-21.

La seguente dichiarazione di C. W. Ceram a proposito della moderna scienza della datazione storica ben illustra perché la storia secolare non può essere il metro con cui giudicare l’accuratezza della cronologia biblica: “Quando . . . ci si accosta per la prima volta allo studio della storia antica, viene presto il giorno in cui si è colti da un senso di profondo rispetto di fronte alla sicurezza con cui lo storico moderno data avvenimenti che risalgono a millenni addietro. Questo senso di profondo rispetto cresce man mano che ci si addentra nello studio, quando ci si avvicina alle fonti storiche e si constata quanto misere, inesatte o addirittura false esse fossero già al tempo della loro origine, e quanto frammentarie esse siano giunte a noi, guastate dal tempo che tutto cancella o dalla sfacciataggine umana”. Egli prosegue descrivendo lo scheletro della cronologia storica come una struttura puramente ipotetica che minaccia continuamente di sgretolarsi. — Il libro delle rupi: alla scoperta dell’impero degli Ittiti, trad. di P. Bernardini Marzolla, Torino, 1955, pp. 153, 154.

Questa valutazione potrebbe sembrare estremistica, ma, per ciò che riguarda i documenti secolari, non è priva di fondamento. Le informazioni che seguono chiariranno perché non c’è motivo di dubitare dell’accuratezza della cronologia biblica solo perché non concorda con certe fonti secolari. Al contrario, solo quando la cronologia secolare concorda con le testimonianze bibliche si può nutrire una certa fiducia in tali antiche datazioni secolari. Nel valutare le testimonianze delle nazioni pagane che avevano rapporti con Israele, occorre tenere presente che alcune apparenti discrepanze fra i rispettivi documenti potrebbero essere semplicemente attribuibili al fatto che gli storici moderni non sono in grado di interpretare correttamente i metodi seguiti nell’antichità, così come non sono in grado di interpretare correttamente i metodi seguiti dagli storici biblici. Ci sono comunque chiare prove di vera e propria trascuratezza, di imprecisioni e persino di deliberate falsificazioni da parte degli storici e dei cronografi pagani.

Cronologia egiziana. La storia egiziana si incrocia in vari punti con quella di Israele. In questa pubblicazione indichiamo il 1728 a.E.V. come data dell’entrata di Israele in Egitto, e il 1513 a.E.V., 215 anni dopo, come data dell’Esodo. L’attacco del faraone Sisac contro Gerusalemme ebbe luogo nel 993 a.E.V., quinto anno di Roboamo; So, re d’Egitto, fu contemporaneo del re Oshea (ca. 758-740 a.E.V.); e la battaglia del faraone Neco, in cui fu mortalmente ferito Giosia, avvenne probabilmente nel 629 a.E.V. (1Re 14:25; 2Re 17:4; 2Cr 35:20-24) La differenza fra le suddette date e quelle generalmente indicate dagli storici moderni è di un secolo o più per l’Esodo, mentre si assottiglia a circa 20 anni all’epoca del faraone Neco. Le seguenti informazioni mostrano perché preferiamo seguire la cronologia biblica.

Gli storici moderni fanno per lo più affidamento sulla testimonianza di certi annali o elenchi dei re egiziani. Fra questi ci sono: la pietra di Palermo, contenente quelle che vengono considerate le prime cinque “dinastie” della storia d’Egitto; il papiro di Torino, molto frammentario e contenente una lista di re con la durata dei rispettivi regni dall’“Antico Regno” al “Nuovo Regno”; e altre iscrizioni lapidarie, anch’esse frammentarie. Queste liste separate e altre iscrizioni indipendenti sono state sistemate in ordine cronologico sulla base degli scritti di Manetone, sacerdote egiziano del III secolo a.E.V. Nelle sue opere, relative alla storia e alla religione d’Egitto, i regni dei monarchi egiziani sono divisi in 30 dinastie, divisione tuttora seguita dagli egittologi moderni. Queste fonti, insieme a calcoli astronomici, basati su testi egiziani concernenti le fasi lunari e il sorgere della stella Sirio (Sothis), sono state usate per compilare una tavola cronologica.

Problemi della cronologia egiziana. Le incertezze sono molteplici. Le opere di Manetone, usate per dare una sistemazione organica alle liste frammentarie e ad altre iscrizioni, ci sono pervenute solo attraverso gli scritti di storici successivi, come Giuseppe Flavio (I secolo E.V.), Sesto Giulio Africano (III secolo E.V., e quindi di 500 anni posteriore a Manetone), Eusebio di Cesarea (IV secolo E.V.), e Giorgio Sincello (fine VIII o IX secolo E.V.). Come dichiarò W. G. Waddell, le loro citazioni degli scritti di Manetone sono frammentarie e spesso distorte, per cui “è estremamente difficile giungere a una conclusione certa su ciò che Manetone ha veramente detto e ciò che è spurio o corrotto”. Dopo aver mostrato che le fonti cui attinse Manetone includevano leggende e tradizioni non storiche che “presentavano i re come loro eroi, senza riguardo per l’ordine cronologico”, egli dice: “Nell’opera di Manetone c’erano molti errori fin dall’inizio: non sono tutti attribuibili alle alterazioni causate da copisti e revisori. La durata di molti regni è impossibile: in certi casi i nomi e la successione dei re indicati da Manetone risultano insostenibili alla luce della testimonianza dei monumenti”. — Manetho, introduzione, pp. vii, xvii, xx, xxi, xxv.

La probabilità che molti dei periodi eccessivamente lunghi indicati da Manetone siano dovuti a regni ritenuti consecutivi ma in realtà contemporanei è menzionata da T. Nicklin: “Le Dinastie di Manetone . . . non sono liste di re che governavano su tutto l’Egitto, ma si riferiscono in parte a sovrani più o meno indipendenti, in parte . . . a dinastie di sovrani da cui in seguito sorsero governanti che regnarono su tutto l’Egitto”. (Studies in Egyptian Chronology, Blackburn, 1928, p. 39) Waddell osserva che “forse diversi re egiziani regnarono contemporaneamente; . . . non si trattava quindi di una successione di re che ascesero al trono l’uno dopo l’altro, ma di vari re che regnarono contemporaneamente in regioni diverse. Questo spiega l’elevato numero totale di anni”. — Op. cit., pp. 1-9.

Poiché la Bibbia indica il 2370 a.E.V. come anno del Diluvio universale, la storia egiziana non può che essere iniziata dopo. Le date proposte dagli storici moderni, che farebbero risalire la storia egiziana al 3000 a.E.V., si spiegano senz’altro con i problemi della cronologia egiziana menzionati sopra.

Gli egittologi ripongono maggiore fiducia nelle iscrizioni antiche. Tuttavia l’accuratezza, la veridicità e l’integrità morale degli scribi egiziani non sono affatto al di sopra di ogni sospetto. J. A. Wilson scrive: “È il caso di mettere in guardia circa il preciso valore storico delle iscrizioni egiziane. Quello era un mondo di . . . miti e miracoli divini”. Poi, dopo aver ricordato che gli scribi non erano immuni dal ricorrere ad acrobazie cronologiche per incensare il sovrano al potere, egli dice: “Lo storico accetterà tali dati per quello che sono, a meno che non ci sia una valida ragione per diffidarne; ma dovrà essere pronto a modificare il suo atteggiamento non appena nuove informazioni ponessero la precedente interpretazione sotto una nuova luce”. — The World History of the Jewish People, 1964, vol. 1, pp. 280, 281.

Assenza di informazioni riguardanti Israele. La cosa non deve sorprendere, dato che gli egiziani non solo non mettevano per iscritto cose poco lusinghiere sul proprio conto, ma non esitavano nemmeno a cancellare testimonianze di qualche monarca precedente se sgradite al faraone regnante. Per esempio, dopo la morte della regina Hatshepsut, Tutmosi III ne fece cancellare a colpi di scalpello il nome e le effigie dai monumenti. Questa abitudine senza dubbio spiega perché non vi siano testimonianze egiziane dei 215 anni di permanenza degli israeliti in Egitto né dell’Esodo.

La Bibbia non menziona il nome del faraone al potere all’epoca dell’Esodo, per cui tutti i tentativi di identificarlo sono soltanto congetturali. Questo spiega in parte perché secondo i calcoli degli storici moderni la data dell’Esodo vari dal 1441 al 1225 a.E.V., con una differenza di oltre 200 anni.

Cronologia assira. Dall’epoca di Salmaneser III (prima parte del I millennio a.E.V.), le iscrizioni assire menzionano gli israeliti, facendo il nome di certi re di Giuda e di Israele. Le iscrizioni assire includono rilievi narrativi (come i bassorilievi sulle pareti dei palazzi), annali reali, liste di re, come quella di Khorsabad, e le liste degli eponimi, o limmu.

Rilievi narrativi e annali assiri. Albert T. Olmstead dice quanto segue del rilievo narrativo assiro: “Possiamo . . . servirci del rilievo narrativo per colmare le lacune degli Annali [cronache reali che riportano gli avvenimenti anno per anno], ma esso non ha nessuna autorità quando non concorda con l’originale”. Dopo aver mostrato che lo scopo principale di questi bassorilievi non era quello di fornire una storia organica del regno, aggiunge: “Un’altra cosa importante da tener presente è che di rado essi seguono un ordine cronologico. . . . È ovvio che occorre servirsene con cautela”.

Riguardo agli annali dice: “Abbiamo qui una cronologia regolare, e se a volte contiene degli errori, intenzionali o no, almeno la cronologia relativa è generalmente esatta. . . . Sarebbe però un grave errore presumere che gli annali siano sempre degni di fiducia. Gli storici antichi ne hanno accettato indiscriminatamente le dichiarazioni, salvo quando c’erano prove sicure della loro inesattezza. Negli ultimi anni è stata scoperta una gran quantità di nuovo materiale che possiamo usare per la critica dei documenti dell’epoca sargonide. . . . Si aggiungano a ciò i riferimenti che si trovano in fonti esterne, quali quelle ebraiche o babilonesi, e non abbiamo quasi bisogno di prove intrinseche per convincerci che gli annali sono tutt’altro che attendibili”. — Assyrian Historiography, 1916, pp. 5, 6.

A ciò si aggiunga la testimonianza di D. D. Luckenbill: “Ci si accorge presto che il criterio a cui si ispiravano gli scribi reali non era quello di descrivere accuratamente gli avvenimenti che si verificavano di anno in anno durante il regno del monarca. A volte sembra che le diverse campagne siano state spostate senza apparente motivo, ma più spesso è evidente che la vanità del sovrano imponeva di rimaneggiare con grande disinvoltura la storia”. — Ancient Records of Assyria and Babylonia, 1926, vol. I, p. 7.

Di solito gli annali reali subivano una serie di riedizioni col procedere del regno del monarca. Le edizioni successive descrivevano nuovi avvenimenti, ma a quanto pare manipolavano abilmente fatti e cifre degli anni precedenti per adattarli ai gusti del re. Olmstead fa riferimento alla “calcolata e progressiva sottrazione da parte di [Assurbanipal] di informazioni relative alle ultime due campagne egiziane di suo padre finché nell’ultima edizione non c’è nulla che egli non abbia attribuito a sé”. — Op. cit., p. 7.

Tali esempi di vistosa inaffidabilità, voluta o no, sono molto numerosi. I compilatori delle liste dei tributi erano capaci di elencare fra i re tributari re che, stando ad altri documenti, all’epoca erano già morti. George Smith, dopo aver citato un caso in cui la medesima lista dei re tributari di Esar-Addon viene attribuita 13 anni dopo a suo figlio Assurbanipal, dice che questa lista successiva è “molto probabilmente una copia pedissequa del documento precedente, senza nessun tentativo di controllare se quei re erano ancora sul trono e se veramente pagavano il tributo”. — The Assyrian Eponym Canon, Londra, 1875, p. 179.

Liste degli eponimi (limmu). Nonostante quanto indicato sopra, i cronologi moderni sostengono generalmente che le liste degli eponimi, o limmu, siano in qualche modo sfuggite a questi tentativi di corruzione e siano praticamente esenti da errori. Queste liste sono semplici elenchi di nomi di funzionari col relativo rango o liste di tali nomi accompagnati da qualche breve accenno a una campagna bellica o ad altro evento degno di nota. Per esempio, un brano della lista degli eponimi dice:

Bel-harran-bel-usur

(governatore) di Guzana

contro Damasco

 

Salmaneser

si assise sul trono

Marduk-bel-usur

(governatore) di Amedi

nel paese

Mahde

(governatore) di Ninive

contro [Samaria]

Assur-ishmeani

(governatore) di [Kakzi]

contro [Samaria]

Salmaneser

re d’Assiria

contro [Samaria]

Come si può notare, la lista in effetti non contiene date, ma si ritiene che ciascun nome rappresenti un anno, consentendo così a quanto pare di effettuare un computo annuale. Gli storici moderni cercano di sincronizzare la storia assira e quella biblica mediante queste liste di eponimi, particolarmente per il periodo 911-649 a.E.V., periodo al quale attribuiscono i nomi o eponimi delle liste. Come punto di partenza, si basano sul riferimento a un’eclissi solare menzionata accanto al nome di un certo Bur-Sagale, governatore di Guzana. L’eclissi avvenne nel mese di sivan (maggio-giugno) e gli storici di solito la datano al 15 giugno del 763 a.E.V. L’attendibilità di questa data, e il sincronismo fra la storia assira e quella di Giuda e Israele, che essi basano su tale data, saranno trattati in seguito al sottotitolo “Dati astronomici”.

A motivo delle informazioni molto limitate fornite dalle liste degli eponimi (rispetto agli annali e ad altre iscrizioni), è ovvio che le possibilità di scoprire gli errori sono notevolmente ridotte. Quando si riscontrano apparenti contraddizioni fra le liste degli eponimi e gli annali, ad esempio la collocazione di una certa campagna in un anno diverso del regno di un sovrano o in un’altra eponimia, gli storici moderni di solito attribuiscono l’errore agli annali invece che alle liste degli eponimi. Eppure, nemmeno alla cosiddetta Cronaca sincronica assira, una famosa tavoletta che menziona succintamente i rapporti fra Assiria e Babilonia nell’arco di alcuni secoli, si attribuisce un’accuratezza così assoluta. Olmstead, dopo avere spiegato perché si ritiene che questo documento non sia che una copia di un’iscrizione precedente, afferma: “Perciò non possiamo nemmeno considerare il nostro documento una storia nel vero senso della parola, ma soltanto un’iscrizione che si propone di glorificare Assur [il principale dio assiro] e il suo popolo . . . Se assumiamo questo punto di vista, non ci preoccuperemo più dei numerosi errori, persino nella successione dei re, che riducono notevolmente il valore del documento là dove la sua testimonianza sarebbe più necessaria”. — Assyrian Historiography, cit., p. 32.

Dovrebbe essere chiaro che un sistema così incostante com’è evidentemente quello delle liste degli eponimi rende estremamente ardua la ricostruzione di una cronologia esatta da parte degli studiosi moderni, specialmente quando la compilazione di dati che abbracciano vari secoli fu fatta da scribi per i quali la scrupolosità e l’accuratezza storica significavano a quanto pare ben poco. È pure evidente che gli storici moderni si sentono giustificati a ritoccare o ignorare il computo delle liste assire degli eponimi quando altri fattori o evidenze lo rendono opportuno.

Le suddette informazioni portano alla conclusione che la storiografia assira o non è correttamente compresa dagli storici moderni o è assai carente sotto il profilo qualitativo. In ogni caso, non ci sentiamo in obbligo di tentare di conciliare la cronologia biblica con la storia presentata dai documenti assiri. Ci limiteremo quindi a indicare i sincronismi più sicuri fra l’Assiria e Israele e Giuda come risultano dalla narrazione biblica.

Cronologia babilonese. Babilonia fa il suo ingresso effettivo nella storia biblica al tempo di Nabucodonosor II. Il regno di Nabopolassar, padre di Nabucodonosor, contrassegna l’inizio del cosiddetto impero neobabilonese, che terminò con i regni di Nabonedo e di suo figlio Baldassarre e la caduta di Babilonia nelle mani di Ciro il Persiano. Questo periodo riveste un grande interesse per gli studiosi biblici, poiché abbraccia il tempo della distruzione di Gerusalemme per opera dei babilonesi e la maggior parte dei 70 anni d’esilio degli ebrei.

Geremia 52:28 dice che nel settimo anno di Nabucodonosor (o Nabucodorosor) il primo gruppo di esiliati ebrei fu portato in Babilonia. In armonia con ciò, un’iscrizione cuneiforme della Cronaca babilonese (British Museum 21946) afferma: “Il settimo anno: Nel mese di chislev il re di Akkad radunò il suo esercito e marciò verso Hattu. Si accampò contro la città di Giuda e il secondo giorno del mese di adar catturò la città (e ne) afferrò il re [Ioiachin]. Costituì nella città un re di sua scelta [Sedechia] (e) prendendo il grosso tributo lo portò in Babilonia”. (A. K. Grayson, Assyrian and Babylonian Chronicles, 1975, p. 102; cfr. 2Re 24:1-17; 2Cr 36:5-10). (ILLUSTRAZIONE, vol. 2, p. 326) Per gli ultimi 32 anni del regno di Nabucodonosor non ci sono testimonianze storiche a livello di cronaca salvo un’iscrizione frammentaria di una campagna contro l’Egitto nel suo 37º anno.

Per Awil-Marduk (Evil-Merodac, 2Re 25:27, 28) sono state rinvenute tavolette datate al suo secondo anno di regno. Per Neriglissar, considerato il successore di Awil-Marduk, si conoscono contratti su tavoletta recanti la data del suo quarto anno.

Una tavoletta babilonese d’argilla aiuta a stabilire un collegamento fra la cronologia babilonese e quella biblica. Questa tavoletta contiene i seguenti dati astronomici per il settimo anno di Cambise II, figlio di Ciro II: “Anno 7, Tammuz, notte del 14, 123 doppie ore [tre ore e venti minuti] dopo l’arrivo della notte, un’eclissi lunare; visibile per tutta la sua durata; arrivò fin sulla metà settentrionale del disco [lunare]. Tebet, notte del 14, due doppie ore e mezzo [cinque ore] di notte prima del mattino [nell’ultima parte della notte], il disco lunare era eclissato; [svolgimento] visibile per tutta la durata; l’eclissi è arrivata a coprire la parte meridionale e quella settentrionale”. (J. N. Strassmaier, Inschriften von Cambyses, König von Babylon, Lipsia, 1890, n. 400, righe 45-48; F. X. Kugler, Sternkunde und Sterndienst in Babel, Münster, 1907, vol. I, pp. 70, 71) Queste due eclissi sono a quanto pare identificabili con le eclissi lunari che furono visibili a Babilonia il 16 luglio del 523 a.E.V. e il 10 gennaio del 522 a.E.V. (Theodor von Oppolzer, Canon der Finsternisse, 1887, trad. inglese di O. Gingerich [Canon of Eclipses], 1962, p. 335) Questa tavoletta indica quindi la primavera del 523 a.E.V. come inizio del settimo anno di Cambise II.

Poiché il settimo anno di Cambise II iniziò nella primavera del 523 a.E.V., il suo primo anno di regno fu il 529 a.E.V. e il suo anno di accessione o ascesa al trono, coincidente con l’ultimo anno di Ciro II come re di Babilonia, fu il 530 a.E.V. L’ultima tavoletta datata al regno di Ciro II è del 5º mese, 23º giorno, del suo 9º anno. (R. A. Parker e W. H. Dubberstein, Babylonian Chronology, 626 B.C.–A.D. 75, 1971, p. 14) Dato che il nono anno di Ciro II come re di Babilonia fu il 530 a.E.V., il suo primo anno secondo questo calcolo fu il 538 a.E.V. e il suo anno di accessione il 539 a.E.V.

Beroso. Nel III secolo a.E.V. Beroso, un sacerdote babilonese, scrisse una storia di Babilonia in greco, basandosi a quanto pare su documenti in caratteri cuneiformi. Dei suoi scritti, Olmstead afferma: “A noi sono pervenuti solo semplici frammenti, compendi o accenni. E i più importanti di questi frammenti ci sono giunti attraverso una tradizione del tutto particolare. Oggi dobbiamo consultare una moderna traduzione latina di una traduzione armena dell’originale greco, andato perso, della Cronaca di Eusebio, che in parte si rifà ad Alessandro Polihistore, il quale attinse direttamente da Beroso, e in parte si rifà ad Abideno, che pare abbia copiato da Giuba, il quale attinse a sua volta da Alessandro Polihistore e quindi da Beroso. Ad aggravare la confusione, a volte Eusebio non si rende conto che Abideno non è che una debole eco di Polihistore e così cita i due autori l’uno accanto all’altro. E non è il peggio! Sebbene il testo di Polihistore usato da Eusebio sia in genere da preferire, pare che egli abbia utilizzato un manoscritto scadente di tale autore”. (Assyrian Historiography, cit., pp. 62, 63) Anche Giuseppe Flavio, storico ebreo del I secolo E.V., dice di aver attinto da Beroso. Ma è evidente che i dati cronologici attribuiti a Beroso possono difficilmente ritenersi conclusivi.

Altri fattori che spiegano le differenze. Spesso l’idea errata che le tavolette con iscrizioni cuneiformi (come quelle che può aver usato Beroso) siano sempre contemporanee, o di poco posteriori, all’avvenimento di cui parlano confonde l’inesperto che si accinge allo studio della storia antica. Ma, a parte i numerosi documenti commerciali in cuneiforme che sono effettivamente contemporanei alle transazioni di cui parlano, spesso i testi storici babilonesi e persino molti testi di astronomia risultano essere stati compilati in epoca molto più tarda. Così, secondo l’assiriologo D. J. Wiseman, una parte della cosiddetta Cronaca babilonese, relativa al periodo che va dal regno di Nabu-nasir a Shamash-shum-u-kin (periodo che gli storici secolari datano al 747-648 a.E.V.), sarebbe “una copia eseguita nel ventiduesimo anno di Dario [la nota in calce dice: Cioè 500/499 a.C. se si tratta di Dario I] da un testo più vecchio e danneggiato”. (Chronicles of Chaldaean Kings, Londra, 1956, p. 1) Pertanto, non solo questo scritto distava 150-250 anni dagli avvenimenti che descriveva, ma era pure una copia di un precedente documento danneggiato, forse un originale, forse no. Circa i testi della Cronaca neobabilonese, che abbracciano il periodo da Nabopolassar a Nabonedo, lo stesso autore dice: “I testi della Cronaca neobabilonese sono scritti in caratteri che non si prestano a una datazione precisa, il che può voler dire che potrebbero essere quasi contemporanei agli avvenimenti stessi o essere stati scritti in qualsiasi tempo successivo sino alla fine del regno degli achemenidi”. Questo consente di formulare l’ipotesi che siano stati scritti addirittura alla fine dell’impero persiano, avvenuta nel 331 a.E.V., circa 200 anni dopo la caduta di Babilonia. Abbiamo già visto che nel corso di pochi secoli i dati, incluse le cifre, possono essere stati facilmente alterati o volutamente manipolati da scribi pagani. Tenuto conto di tutti questi fattori, non è certo il caso di insistere sull’assoluta esattezza della cronologia tradizionale del periodo dei re neobabilonesi.

Sia la mancanza di documenti storici contemporanei che la facilità con cui era possibile alterare i dati rende senz’altro plausibile che uno o più dei governanti neobabilonesi abbia avuto un regno più lungo di quanto indicano i dati tradizionali. Il fatto che non sia stata scoperta nessuna tavoletta che abbracci gli ultimi anni di tale regno non può logicamente costituire un valido argomento contro questa possibilità. Ci sono re il cui regno si estese molto più a lungo e per i quali non si sono trovate tavolette che lo confermino. Ad esempio, sia per Artaserse III (Oco) (che secondo gli storici regnò per 21 anni [358-338 a.E.V.]) che per Arse (a cui vengono attribuiti due anni di regno [337-336 a.E.V.]), non si conoscono testimonianze cuneiformi contemporanee che aiutino a ricostruire la durata dei rispettivi regni.

In realtà gli storici non sanno nemmeno dove collocare certi re babilonesi dei quali esistono testimonianze. A. W. Ahl (Outline of Persian History, 1922, p. 84) afferma: “Sulle tavolette commerciali di Borsippa si leggono i nomi di re babilonesi che non compaiono da nessun’altra parte. Con tutta probabilità appartengono agli ultimi giorni di Dario I e ai primi giorni di Serse I, come ipotizza Ungnad”. Tuttavia si tratta pur sempre di una congettura.

Cronologia persiana. Diversi avvenimenti biblici importanti si verificarono durante il periodo persiano: la caduta di Babilonia, seguita dalla liberazione degli ebrei per opera di Ciro e dalla fine dei 70 anni di desolazione di Giuda; la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, completato “nel sesto anno del regno di Dario [I, il Persiano]”, e la riedificazione delle mura di Gerusalemme per opera di Neemia, secondo il decreto emanato nel 20º anno di Artaserse Longimano. — 2Cr 36:20-23; Esd 3:8-10; 4:23, 24; 6:14, 15; Ne 2:1, 7, 8.

Al 539 a.E.V., data della caduta di Babilonia, si può risalire non solo attraverso il canone di Tolomeo, ma anche tramite altre fonti. Lo storico Diodoro Siculo, nonché Africano ed Eusebio, mostrano che il primo anno di Ciro come re di Persia corrispose al I anno della 55ª Olimpiade (560/559 a.E.V.), mentre il suo ultimo anno di regno è datato al II anno della 62ª Olimpiade (531/530 a.E.V.). Tavolette in cuneiforme attribuiscono a Ciro un regno di nove anni su Babilonia, il che avvalorerebbe il 539 come data della sua conquista di Babilonia. — Jack Finegan, Handbook of Biblical Chronology, 1964, pp. 112, 168-170; Babylonian Chronology, 626 B.C.–A.D. 75, cit., p. 14; vedi sopra, “Cronologia babilonese”, e anche PERSIA, PERSIANI.

Varie iscrizioni relative a re persiani sono giunte fino a noi, ma non sono utili per ricostruire la durata dei regni dei re persiani. Ad esempio, a Persepoli sono state scoperte alcune tavolette datate, ma esse non includono i nomi dei re.

Dati astronomici. Si sostiene che “conferme basate su dati astronomici possono tramutare una cronologia relativa [cioè che si limita a indicare la successione degli avvenimenti] in una cronologia assoluta, ovvero in un sistema di date agganciate al nostro calendario”. (M. Noth, The Old Testament World, 1966, p. 272) È vero che i corpi celesti sono il mezzo che il Creatore ha provveduto all’uomo per misurare il tempo, ma la correlazione fra dati astronomici e avvenimenti umani del passato dipende da vari fattori e dall’interpretazione umana, ed è quindi soggetta ad errori.

Molti dei cosiddetti sincronismi fra dati astronomici e avvenimenti della storia antica si basano sulle eclissi solari o lunari. Tuttavia una qualsiasi “data città nell’arco di 50 anni assisterebbe in media a circa 40 eclissi lunari e 20 eclissi parziali di sole, [ma a] una sola eclissi totale di sole ogni 400 anni”. (Encyclopædia Britannica, 1971, vol. 7, p. 907) Perciò, solo nel caso di un’eclissi totale di sole espressamente dichiarata tale e visibile in una zona specifica non ci sarebbero motivi per dubitare di una data storica fissata in base ad essa. In molti casi gli antichi documenti cuneiformi (o altre fonti) che parlano di eclissi non forniscono queste informazioni specifiche.

Un esempio è dato dall’eclissi solare su cui si basano gli storici per sincronizzare la cronologia assira con quella biblica. Nelle liste assire degli eponimi si legge che questa eclissi sarebbe avvenuta nel terzo mese (contando dalla primavera) dell’eponimo Bur-Sagale. I cronologi moderni ritengono si tratti dell’eclissi verificatasi il 15 giugno del 763 a.E.V. Risalendo all’indietro di 90 anni (cioè di 90 nomi nelle liste degli eponimi) da questa data, arrivano all’853 a.E.V. come data della battaglia di Qarqar nel sesto anno di Salmaneser III. Essi affermano che Salmaneser menzioni Acab re d’Israele fra gli appartenenti alla coalizione nemica affrontata in quella battaglia, e che 12 anni dopo (nel 18º anno di Salmaneser) il re assiro si riferisca a Ieu re d’Israele come tributario. Ne deducono che l’853 a.E.V. corrisponda all’ultimo anno di Acab e l’841 a.E.V. all’inizio del regno di Ieu. Fino a che punto sono esatti questi calcoli?

Innanzi tutto, benché si presuma che l’eclissi di sole fosse totale, la lista degli eponimi non lo dice. E mentre la maggioranza degli storici odierni applica questo riferimento all’eclissi del 763 a.E.V., non tutti gli studiosi fanno altrettanto: c’è chi preferisce l’809 a.E.V., anno durante il quale si verificò un’eclissi che sarebbe stata almeno in parte visibile in Assiria (cosa già avvenuta nell’857 e nell’817 a.E.V., ecc.). (Oppolzer, op. cit., tavole 17, 19, 21) Sebbene gli storici moderni trovino da ridire su qualsiasi cambiamento rispetto all’eclissi solare del 763 a.E.V., asserendo che ‘genererebbe confusione nella storia assira’, abbiamo già visto che furono gli assiri stessi a generare una notevole confusione nella loro storia.

Per di più la presenza del re Acab nella battaglia di Qarqar è assai improbabile. Perciò, se anche i regni di Acazia e Ieoram (intercorsi fra Acab e Ieu) si potessero ridurre a soli 12 anni (cfr. 1Re 22:40, 51; 2Re 1:2, 17; 3:1), le testimonianze sono contrarie a qualsiasi preciso sincronismo fra la battaglia di Qarqar e Acab. È del tutto possibile, quindi, che la menzione di Ieu da parte di Salmaneser non si riferisca al primo anno di regno di Ieu. L’accusa rivolta agli assiri di aver alterato gli anni delle loro campagne e di aver descritto fra i re tributari persone non più in vita potrebbe sminuire ancora di più il presunto valore del sincronismo. Il prospetto “Importanti date relative al periodo dei re di Giuda e di Israele”, incluso in questa voce, indica il 920 a.E.V. circa come anno della morte di Acab e il 904 a.E.V. circa come anno da cui si inizia a contare il regno di Ieu.

Il canone di Tolomeo. Claudio Tolomeo era un astronomo greco che visse nel II secolo E.V., cioè più di 600 anni dopo la fine del periodo neobabilonese. Il suo canone, o lista di re, è messo in relazione con un’opera di astronomia da lui compilata. La maggioranza degli storici moderni accetta le informazioni di Tolomeo sui re neobabilonesi e sulla durata dei loro regni.

Evidentemente Tolomeo attinse le sue informazioni storiche da fonti che risalivano al periodo seleucide, iniziato più di 250 anni dopo la conquista di Babilonia da parte di Ciro. Non sorprende quindi che i dati di Tolomeo concordino con quelli di Beroso, sacerdote babilonese del periodo seleucide.

Eclissi lunari. Queste sono state usate nel tentativo di avvalorare le date attribuite a determinati anni dei re neobabilonesi sulla base del canone tolemaico e di dati contenuti nei documenti cuneiformi. Ma anche se Tolomeo può aver calcolato o registrato esattamente le date di certe eclissi del passato (un astronomo moderno ha riscontrato che tre quinti delle date di Tolomeo sembrano esatte), questo non dimostra che siano esatti i dati storici da lui trasmessi, cioè che la correlazione da lui stabilita fra le eclissi e i regni di certi re corrisponda invariabilmente alla realtà storica.

La data della morte di Erode il Grande dà un’idea dei problemi che si possono incontrare nella datazione basata sulle eclissi lunari. Gli scritti di Giuseppe Flavio (Antichità giudaiche, XVII, 167 [vi, 4]; XVII, 188-214 [viii, 1–ix, 3]) indicano che la morte di Erode avvenne poco dopo un’eclissi lunare e non molto prima dell’inizio del periodo pasquale. Molti studiosi datano la morte di Erode al 4 a.E.V. e citano come prova l’eclissi lunare dell’11 marzo (13 marzo, calendario giuliano) di quell’anno. Sulla base di questo calcolo, molti cronologi moderni fanno risalire la nascita di Gesù addirittura al 5 a.E.V.

Tuttavia l’eclissi del 4 a.E.V. fu solo del 36 per cento, ed essendosi verificata nelle prime ore del mattino, avrebbe attirato l’attenzione di ben poche persone. Altre due eclissi si verificarono nell’1 a.E.V., ed entrambe soddisfarebbero il requisito di un’eclissi non troppo anteriore alla Pasqua. L’eclissi parziale di luna del 27 dicembre (29 dicembre, calendario giuliano) di quell’anno forse fu osservabile a Gerusalemme, ma probabilmente non fu un avvenimento di particolare rilievo. Secondo calcoli effettuati sulla base della già citata opera di Oppolzer (p. 343), la luna stava uscendo dall’ombra della terra mentre su Gerusalemme scendeva il crepuscolo, e quando si fece buio la luna era tornata a splendere. Questa eclissi non è nemmeno inclusa nell’esauriente elenco di Kudlek e Mickler. Perciò oggi non si può dire se, o fino a che punto, quell’eclissi fu visibile a Gerusalemme. Più sensazionale di entrambe le suddette eclissi fu quella lunare notturna che si verificò nelle prime ore dell’8 gennaio (10 gennaio, calendario giuliano) dell’anno 1 a.E.V. Fu un’eclissi totale in cui la luna restò oscurata per 1 ora e 41 minuti. Sarebbe stata notata da chiunque fosse stato sveglio, anche se il cielo fosse stato coperto. Perciò negli anni di cui si sta parlando, vi fu più di un’eclissi che si verificò poco prima di Pasqua. Dal punto di vista delle informazioni attualmente disponibili, sembra che l’eclissi con le maggiori probabilità di essere notata sia stata quella dell’8 gennaio dell’1 a.E.V. — M. Kudlek ed E. H. Mickler, Solar and Lunar Eclipses of the Ancient Near East From 3000 B.C. to 0 With Maps, Neukirchen-Vluyn (Germania), 1971, vol. I, p. 156.

Non tutti i testi utilizzati dagli storici per datare gli avvenimenti e i periodi della storia antica si basano però sulle eclissi. Sono stati trovati diari astronomici che indicano qual era la posizione della luna (rispetto a certe stelle o costellazioni) all’inizio e alla fine della sua visibilità a Babilonia in un determinato giorno (per esempio: “la luna era un cubito davanti alla zampa posteriore del leone”), insieme alla posizione di certi pianeti in quel medesimo tempo. Secondo i cronologi moderni tale combinazione di posizioni degli astri non si sarebbe potuta ripetere per migliaia di anni. Questi diari astronomici contengono riferimenti ai regni di certi re e sembrano coincidere con i dati forniti dal canone di Tolomeo. Anche se a qualcuno questa potrebbe sembrare una prova inconfutabile, alcuni fattori ne riducono sensibilmente l’efficacia probatoria.

Innanzi tutto le osservazioni effettuate a Babilonia potevano contenere degli errori. Gli astronomi babilonesi si interessavano moltissimo degli eventi o fenomeni celesti che si verificavano vicino all’orizzonte, al sorgere o al tramontare della luna o del sole. Spesso però l’orizzonte osservabile da Babilonia è oscurato da tempeste di sabbia. A questo proposito O. Neugebauer fa rilevare che Tolomeo stesso si lamentava della “mancanza di osservazioni planetarie attendibili [dall’antica Babilonia]. Egli [Tolomeo] osserva che le antiche osservazioni erano effettuate con scarsa competenza, perché erano concentrate su apparizioni, sparizioni e punti stazionari, fenomeni che per loro stessa natura sono assai difficili da osservare”. — The Exact Sciences in Antiquity, 1957, p. 98.

In secondo luogo, la stragrande maggioranza dei diari astronomici fu compilata non all’epoca degli imperi neobabilonese e persiano, ma nel periodo seleucide (312-65 a.E.V.), anche se contengono dati relativi a quei precedenti periodi. Gli storici suppongono che siano stati copiati da documenti precedenti. In effetti mancano testi di astronomia contemporanei mediante i quali stabilire l’intera cronologia dei periodi neobabilonese e persiano (fine VII–fine IV secolo).

Infine, come nel caso di Tolomeo, anche se i dati astronomici (come sono ora interpretati e compresi) contenuti nei documenti rinvenuti sono fondamentalmente esatti, questo non dimostra che le informazioni storiche ad essi abbinate siano esatte. Come Tolomeo si servì dei regni di antichi sovrani (secondo le cognizioni che ne aveva) semplicemente come di un contesto in cui inserire i suoi dati astronomici, così anche gli autori (o i copisti) dei documenti astronomici del periodo seleucide potrebbero avere semplicemente inserito nei loro testi di astronomia quella che all’epoca era la cronologia accettata. Tale cronologia poteva benissimo contenere errori nei punti cruciali precedentemente trattati in questa voce. Per fare un esempio: un antico astronomo (o uno scriba) può affermare che un certo fenomeno celeste si sia verificato nell’anno corrispondente al 465 a.E.V. del nostro calendario, e la sua affermazione, dopo un’accurata verifica, potrebbe risultare esatta. Ma egli può anche dire che l’anno in cui si verificò quel fenomeno celeste (il 465 a.E.V.) era il 21º anno di Serse ed essere completamente in errore in questo. In altre parole, l’accuratezza astronomica non garantisce l’accuratezza storica.

Archeologia e datazione. I problemi connessi con lo stabilire delle date sulla base di manufatti rinvenuti nel corso di scavi archeologici sono trattati alla voce ARCHEOLOGIA. Si può dire in breve che, in assenza di iscrizioni effettivamente datate, la datazione di manufatti come i frammenti di ceramica non può che essere comparativa. L’archeologo cioè può solo dire che ‘questo particolare strato e il suo contenuto in questo tell appartengono evidentemente allo stesso periodo generale di un certo strato di quel tell (o a un periodo anteriore o posteriore)’. Si può così ricostruire una sequenza cronologica, sempre però suscettibile di correzioni e modifiche, a volte anche di centinaia d’anni. Per esempio, nel 1937 l’archeologo Barton attribuì alcune ceramiche della “prima età del bronzo” al 2500-2000 a.E.V., mentre l’anno seguente W. F. Albright datò lo stesso periodo al 3200-2200 a.E.V.

Giustamente G. Ernest Wright dice: “In questo campo possiamo di rado lavorare su certezze. Al contrario, è necessario formulare ipotesi che hanno sempre un grado maggiore o minore di probabilità. La verità che racchiudono dipende dall’abilità degli archeologi di interpretare e mettere insieme una varietà di dati disparati, ma in qualsiasi momento nuove informazioni possono rendere necessario modificare una determinata ipotesi o indurre lo studioso a formularla in maniera alquanto diversa”. — Shechem, The Biography of a Biblical City, 1965, prefazione, p. xvi.

Ciò è ulteriormente illustrato da una dichiarazione contenuta in Chronologies in Old World Archaeology, a cura di Robert Ehrich, opera stampata nel 1965 in sostituzione di un’edizione precedente (1954), e contenente un compendio di opinioni di noti archeologi sul “fluttuante sistema delle cronologie relative”. La prefazione (p. vii) dice: “Lo scopo di questo libro è quello di esporre, in successione, le cronologie di varie zone contigue secondo l’opinione espressa dai relativi specialisti nel 1964. Nonostante le nuove informazioni, la situazione generale è ancora fluida, e dati futuri renderanno superate alcune conclusioni, forse prima ancora che questo volume sia dato alle stampe”. Questo è qualcosa da tener presente quando si valutano le date fornite dagli archeologi per l’età di certe città, come Gerico, o per il periodo nel quale collocano la conquista della Palestina da parte di Israele.

Storici del periodo classico. Il periodo “classico” è quello concernente la civiltà e la cultura degli antichi greci e romani. Oltre che per avere informazioni sulla storia greca e romana, gli storici moderni si basano sugli scritti di certi storici classici per colmare lacune o confermare dati contenuti in antichi documenti provenienti da Egitto, Assiria, Babilonia, Persia, Siria e Palestina. Alcuni degli antichi storici greci sono Erodoto (ca. 484-425 a.E.V.), Tucidide (ca. 471-401 a.E.V.), Senofonte (ca. 431-352 a.E.V.), Ctesia di Cnido (V-IV secolo a.E.V.); poi Strabone, Diodoro Siculo e Alessandro Polihistore nel I secolo a.E.V., e Plutarco nel I-II secolo E.V. Fra gli storici romani abbiamo Tito Livio (59 a.E.V.-17 E.V.), Trogo Pompeo (contemporaneo di Livio), Plinio il Vecchio (23-79 E.V.) e Sesto Giulio Africano (III secolo E.V.), nato probabilmente in Libia. A parte questi, importanti fonti di informazioni sono Manetone e Beroso (di cui abbiamo già parlato), Giuseppe Flavio (storico ebreo i cui scritti, anche se a volte contraddittori nella forma in cui ci sono pervenuti, fanno luce sugli avvenimenti del I secolo E.V.), ed Eusebio, autore di una Storia ecclesiastica e vescovo di Cesarea (ca. 260-340 E.V.).

Tutti questi vissero dopo il periodo assiro e neobabilonese e solo i primi quattro vissero all’epoca dell’impero persiano. Per i periodi assiro e neobabilonese, quindi, nessuno di questi autori tratta informazioni di prima mano. Essi misero per iscritto le opinioni correnti, a volte udite e a volte forse copiate da altre fonti. L’accuratezza dei loro dati dipende ovviamente da quella delle fonti da cui attinsero.

A parte questo, ciò che oggi conosciamo dei loro scritti si basa su copie di copie, la più vecchia spesso non anteriore al Medioevo. Abbiamo già visto come le cronologie di Manetone e di Beroso furono mutilate dai copisti. In quanto alle capacità e all’attendibilità di altri storici antichi del periodo classico, vale la pena notare quanto segue:

Il metodo di indagine storica seguito da Erodoto — porre una domanda, cercare informazioni pertinenti e quindi trarre una conclusione — è ritenuto molto valido. Ma viene pure detto che a volte “i suoi dati erano insoddisfacenti” e che “egli fornisce spiegazioni razionali e irrazionali insieme”. È stato anche detto che egli, per così dire, appartiene “decisamente alla scuola romantica” e che pertanto è più un narratore che uno storico. (The New Encyclopædia Britannica, ed. 1985, vol. 5, pp. 881, 882; ed. 1910, vol. XIII, p. 383) In quanto a Senofonte, si legge che “l’obiettività, l’accuratezza e le ricerche non erano il suo forte” e che abbelliva le sue narrazioni con “discorsi inventati”. (The New Encyclopædia Britannica, ed. 1987, vol. 12, p. 796) George Rawlinson accusa Ctesia di aver allungato di proposito il periodo della monarchia dei medi “mediante l’impiego deliberato di un sistema di duplicazione”. E aggiunge: “Ciascun re, o periodo, menzionato da Erodoto ricorre due volte nell’elenco di Ctesia: un evidente stratagemma, mal dissimulato dal semplice espediente della disinvolta invenzione di nomi”. — The Seven Great Monarchies of the Ancient Eastern World, 1885, vol. II, p. 85.

Riguardo alla storia romana del periodo monarchico (anteriore all’istituzione della repubblica), leggiamo che “si estende a ritroso nei reami della pura mitologia. È poco più che una raccolta di favole narrate senza intenti critici e senza riguardo per la successione cronologica, salvo quel poco che occorreva affinché il racconto filasse liscio o per colmare lacune come quella tra la fuga di Enea da Troia e l’ipotetico anno della fondazione di Roma”. Persino nel periodo successivo all’istituzione della repubblica (ca. 509 a.E.V.) gli storici mettevano ancora per iscritto tradizioni popolari accanto ai fatti storici senza preoccuparsi troppo di distinguere fra le due cose. “Furono inventate genealogie, inseriti consolati immaginari [presso i romani l’anno era indicato col nome dei consoli in carica] e trionfi fittizi, mentre tradizioni familiari . . . erano formalmente incorporate nella storia dello stato”. Degli annalisti romani si legge: “Copiavano quello che trovavano scritto; in mancanza di dati a loro noti, colmavano le lacune con l’immaginazione”. — The Encyclopædia Britannica, ed. 1911, vol. XVI, pp. 820, 821.

Tucidide. Tucidide è generalmente considerato un’eccezione rispetto agli altri storici classici molto spesso accusati di inesattezza e di negligenza. Tucidide è noto per la meticolosità delle sue ricerche. “La sua autorità praticamente non ha uguali fra gli storici. Egli si attenne a un rigoroso schema cronologico e, dove è possibile procedere a un’accurata verifica tramite le eclissi che egli menziona, i dati risultano esatti”. — The New Encyclopædia Britannica, ed. 1987, vol. 11, p. 741.

A volte è necessario ricorrere agli storici classici per avere certe informazioni, in particolare sul periodo persiano (il periodo dei libri di Esdra, Neemia ed Ester) e su quelli successivi fino al periodo apostolico. I loro scritti sono pure utili per determinare il tempo e gli avvenimenti riguardanti l’adempimento di parte delle visioni profetiche di Daniele (capp. 7-9, 11), adempimento che si estende anche oltre il periodo apostolico. Tuttavia le informazioni già trattate mostrano che non c’è alcun motivo di mettere le loro storie e la loro cronologia sullo stesso piano della Bibbia. In caso di discordanza, possiamo fare affidamento con fiducia sul testo biblico, opera di testimoni oculari o di scrittori che, come Luca, ‘seguirono con accuratezza ogni cosa dall’inizio’. (Lu 1:1-4) Le accurate informazioni cronologiche degli scritti di Luca e di altri consentono di fissare la data dei principali avvenimenti della vita di Gesù e del periodo apostolico. — Mt 2:1, 19-22; Lu 3:1-3, 21-23, ecc.

Calcolo biblico del tempo. Tutte le antiche fonti secolari vanno ovviamente usate con la debita cautela. Si sa che sotto molti aspetti contengono delle inesattezze, ed è assai improbabile che le loro cronologie possano in qualche modo esserne esenti. Al contrario, la Bibbia si è rivelata verace sotto tutti gli aspetti, fornendoci così il quadro di gran lunga più accurato dei tempi antichi di cui parla. Anche la sua cronologia è fidata. — Vedi BIBBIA (Autenticità).

Nel misurare i periodi biblici secondo i moderni metodi di datazione si dovrebbe ricordare che i numeri ordinali differiscono dai numeri cardinali. I numeri cardinali, come 1, 2, 3, 10, 100, ecc., hanno valore intero. Coi numeri ordinali, come 3º, 5º, 22º, è invece necessario sottrarre uno per ottenere il numero intero. Per esempio, nell’espressione “diciottesimo anno di Nabucodorosor”, “diciottesimo” è un numero ordinale e rappresenta 17 anni interi più alcuni giorni, settimane o mesi (a seconda del tempo trascorso dalla fine del 17º anno). — Ger 52:29.

Quando si calcola il numero degli anni trascorsi da una data nel periodo “a.E.V.” a una data nel periodo “E.V.”, si dovrebbe tener presente che, per esempio, dal 1º ottobre dell’anno 1 a.E.V. al 1º ottobre dell’anno 1 E.V. c’è solo un anno, e non due, come si vede da questo diagramma:

Questo perché le date sono espresse in numeri ordinali. Quindi dal 1º ottobre del 2 a.E.V. (data approssimativa della nascita di Gesù) al 1º ottobre del 29 E.V. (data approssimativa del battesimo di Gesù) ci sono in tutto 30 anni, cioè un anno intero più tre mesi nel periodo a.E.V. e 28 anni più nove mesi nel periodo E.V. — Lu 3:21-23.

Dalla creazione dell’uomo ai nostri giorni. Gli storici moderni non sono in grado di stabilire una data sicura per l’inizio del “periodo storico” del genere umano. Sia che ricorrano alla storia dell’Assiria, di Babilonia o dell’Egitto, la cronologia diventa sempre più incerta e frammentaria man mano che essi risalgono il II millennio a.E.V., e nel III millennio a.E.V. si trovano nella confusione e nell’oscurità. La Bibbia invece fornisce una storia coerente che consente di risalire in maniera metodica fino all’inizio della storia umana, con un calcolo facilitato dai riferimenti biblici a certi estesi periodi di tempo, come il periodo di 479 anni interi dall’Esodo all’inizio della costruzione del tempio durante il regno di Salomone. — 1Re 6:1.

Per eseguire questo calcolo secondo il sistema del nostro calendario è necessario avere un punto fisso o data fondamentale da cui cominciare, cioè una data storica ben attestata che corrisponda a un particolare avvenimento menzionato nella Bibbia. Da questa data fondamentale possiamo contare in avanti o indietro per stabilire la data di molti avvenimenti descritti nella Bibbia.

Una data del genere, che concorda sia con la storia biblica che con quella secolare, è il 29 E.V., i cui primi mesi sono inclusi nel 15º anno di Tiberio Cesare, nominato imperatore dal Senato romano il 15 settembre del 14 E.V. (calendario gregoriano). Nel 29 E.V. Giovanni il Battezzatore cominciò a predicare e, forse sei mesi più tardi, battezzò Gesù. — Lu 3:1-3, 21, 23; 1:36.

Un’altra data che si può considerare fondamentale è quella del 539 a.E.V., che secondo varie fonti storiche fu l’anno della conquista di Babilonia da parte di Ciro il Persiano. (Tra le fonti secolari che fanno riferimento al regno di Ciro ci sono Diodoro Siculo, Sesto Giulio Africano, Eusebio e Tolomeo, oltre alle tavolette babilonesi). Il decreto che liberava gli ebrei dall’esilio fu emanato nel primo anno di Ciro. E, com’è spiegato alla voce CIRO, molto probabilmente il decreto fu emanato nell’inverno del 538 o verso la primavera del 537 a.E.V. Questo avrebbe dato agli ebrei il tempo di fare i preparativi necessari, compiere il viaggio di quattro mesi fino a Gerusalemme e arrivare lì verso il settimo mese (tishri, cioè verso il 1º ottobre) del 537 a.E.V. — Esd 1:1-11; 2:64-70; 3:1.

Sulla base di queste date fondamentali si possono datare moltissimi avvenimenti biblici. Segue lo schema di questa cronologia:

Avvenimento

Data

Tempo intercorso

Dalla creazione di Adamo

4026 a.E.V.

 

All’inizio del Diluvio

2370 a.E.V.

1.656 anni

Alla convalida del patto abraamico

1943 a.E.V.

427 anni

All’esodo dall’Egitto

1513 a.E.V.

430 anni

All’inizio della costruzione del tempio

1034 a.E.V.

479 anni

Alla divisione del regno

997 a.E.V.

37 anni

Alla desolazione di Giuda

607 a.E.V.

390 anni

Al ritorno degli ebrei dall’esilio

537 a.E.V.

70 anni

Alla riedificazione delle mura di Gerusalemme

455 a.E.V.

82 anni

Al battesimo di Gesù

29 E.V.

483 anni

Ai nostri giorni

1989 E.V.

1.960 anni

Periodo complessivo dalla creazione di Adamo al 1989 E.V.

 

6.014 anni

Qual è dunque la base biblica e, in alcuni casi, la storia secolare a sostegno di questa cronologia? Ecco altri particolari che spiegano come si determina ciascuno dei periodi di tempo elencati.

Dalla creazione di Adamo al Diluvio. I 1.656 anni di questo periodo sono indicati in Genesi 5:1-29; 7:6, e si possono riassumere come nel prospetto che segue:

Dalla creazione di Adamo alla nascita di Set

130 anni

Quindi alla nascita di Enos

105 anni

Alla nascita di Chenan

90 anni

Alla nascita di Maalalel

70 anni

Alla nascita di Iared

65 anni

Alla nascita di Enoc

162 anni

Alla nascita di Metusela

65 anni

Alla nascita di Lamec

187 anni

Alla nascita di Noè

182 anni

Al Diluvio

600 anni

Totale

1.656 anni

Le cifre relative al periodo antidiluviano sono quelle del testo masoretico, su cui si basano le traduzioni moderne delle Scritture Ebraiche. Queste cifre differiscono da quelle contenute nella Settanta greca, ma le testimonianze depongono chiaramente a favore dell’accuratezza del testo masoretico.

Il Commentary on the Holy Scriptures di Lange (Genesi, p. 272, nt.) dice: “L’evidenza interna è decisamente a favore dell’ebraico per la sua coerenza proporzionale. Nella LXX i numeri seguono evidentemente un piano al quale sono stati uniformati. Nell’ebraico questo non succede, e ciò depone notevolmente a suo favore come autentica registrazione genealogica. . . . Anche dal punto di vista della fisiologia il testo ebraico è da preferirsi: dal momento che la durata della vita non richiede affatto un’età virile così avanzata come quelle cifre [della Settanta] sembrerebbero implicare . . . i 100 anni che la Settanta aggiunge in ciascun caso rivelano l’esistenza di un disegno per uniformarli a qualche criterio proporzionale, ancorato a qualche presunta nozione fisiologica. . . . A tutto ciò si aggiunga il fatto che l’ebraico ha le migliori credenziali per essere considerato il testo originale, vista la ben nota cura scrupolosa, e addirittura superstiziosa, con cui il testo è stato preservato”. — A cura di P. Schaff, 1976.

Anche se gli storici moderni vorrebbero far risalire la presenza dell’uomo sulla terra a un’epoca molto anteriore al 4026 a.E.V., i fatti sono decisamente contrari a tale ipotesi. Le migliaia di anni della loro “preistoria” si basano su speculazioni, come si può notare dalla seguente dichiarazione di un eminente scienziato: “Ora, se volete, fate un’escursione speculativa nella preistoria. Supponete l’era in cui la specie sapiens emerse dal genere Homo . . . sorvolate sui millenni per i quali le attuali cognizioni dipendono in massima parte da congetture e interpretazioni fino all’era dei primi documenti scritti, da cui si possono desumere alcuni fatti”. (Il corsivo è nostro). — P. E. Klopsteg, in Science, 30 dicembre 1960, p. 1914.

Il periodo dell’era postdiluviana inizia nel 2369 a.E.V. Anche se alcuni vorrebbero far risalire certe iscrizioni pittografiche al periodo che va dal 3300 al 2800 a.E.V. (P. J. Wiseman, New Discoveries in Babylonia About Genesis, 1949, p. 36), questi in effetti non sono documenti datati e la loro presunta antichità si basa solo sulle congetture degli archeologi.

Anche se a volte si ricorre alla datazione basata sulla tecnica del radiocarbonio (C-14), questo metodo ha dei limiti ben precisi, come illustra la seguente dichiarazione: “Quello che rischia di diventare un classico esempio di ‘irresponsabilità del C14’ è l’estensione di 6.000 anni di 11 rilevamenti riguardanti Jarmo . . . , villaggio preistorico dell’Iraq nordorientale, che, in base a ogni evidenza archeologica, non è stato abitato per più di 500 anni consecutivi”. (Science, 11 dicembre 1959, p. 1630) Non c’è dunque alcuna evidenza valida o dimostrabile a favore di una data anteriore al 2369 a.E.V. per l’inizio della società postdiluviana.

Dal 2370 a.E.V. al patto con Abraamo. Lo schema cronologico di questo periodo può essere riassunto come segue:

Dall’inizio del Diluvio alla nascita di Arpacsad

2 anni

Quindi alla nascita di Sela

35 anni

Alla nascita di Eber

30 anni

Alla nascita di Peleg

34 anni

Alla nascita di Reu

30 anni

Alla nascita di Serug

32 anni

Alla nascita di Nahor

30 anni

Alla nascita di Tera

29 anni

Alla morte di Tera, quando Abraamo aveva 75 anni

205 anni

Totale

427 anni

Queste cifre si desumono da Genesi 11:10 a 12:4. L’espressione “dopo il diluvio” (Ge 11:10) usata in relazione alla nascita di Arpacsad si riferisce logicamente all’effettiva caduta delle piogge che segnarono l’inizio del Diluvio (2370 a.E.V.), più che al permanere delle acque sulla terra per un successivo periodo di tempo. Ciò è indicato anche dal termine ebraico tradotto “diluvio”. — Cfr. Ge 6:17; 7:4-6, 10-12, 17; 9:11.

La data del tentativo di costruzione della Torre di Babele non è indicata nella Bibbia. Genesi 10:25 accenna che la divisione provocata dalla confusione delle lingue avvenne ‘ai giorni di Peleg’. Questo non vuol dire necessariamente che l’avvenimento avesse luogo alla nascita di Peleg. L’espressione “ai suoi giorni” indicherebbe anzi che la divisione non avvenne alla nascita o immediatamente dopo, ma in qualche tempo durante la sua vita, che dal 2269 a.E.V. si protrasse fino al 2030 a.E.V. Se dopo il Diluvio ogni uomo all’età di 30 anni avesse cominciato a generare figli al ritmo di uno ogni tre anni, con una media di un figlio maschio ogni sei anni, e questo fino all’età di 90 anni, in un periodo di circa 180 anni dalla fine del Diluvio (cioè fino al 2189 a.E.V.) la popolazione avrebbe potuto raggiungere un totale di oltre 4.000 uomini adulti. Questo numero tutt’altro che esagerato potrebbe ben conciliarsi con le circostanze relative alla costruzione della torre e alla dispersione della popolazione.

Quando Abraamo attraversò l’Eufrate diretto verso il paese di Canaan, Geova evidentemente convalidò quello che fu poi chiamato il patto abraamico. Poiché la partenza di Abraamo da Haran e l’arrivo in Canaan avvennero dopo la morte di suo padre Tera, la data della convalida di questo patto è fissata al 1943 a.E.V. — Ge 11:32; 12:1-5.

Dal 1943 a.E.V. all’Esodo. In Esodo 12:40, 41 si legge che “la dimora dei figli d’Israele, che avevano dimorato in Egitto, fu di quattrocentotrent’anni. E avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni, sì, in quel medesimo giorno avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto”. Mentre quasi tutte le traduzioni rendono il versetto 40 in modo tale da attribuire i 430 anni interamente alla permanenza in Egitto, l’originale ebraico consente la succitata traduzione. Anche le parole di Paolo in Galati 3:16, 17 indicano che il periodo di 430 anni va dalla convalida del patto abraamico alla promulgazione del patto della Legge. Evidentemente il patto abraamico fu convalidato quando Abraamo agì sulla base della promessa di Dio, attraversando l’Eufrate nel 1943 a.E.V. diretto in Canaan ed entrando effettivamente nel “paese” in cui Dio gli aveva detto di andare. (Ge 12:1; 15:18-21) Esattamente 430 anni dopo questo avvenimento, nel 1513 a.E.V., i suoi discendenti furono liberati dall’Egitto e in quello stesso anno fu stipulato con loro il patto della Legge. A riprova che fin dall’antichità il periodo menzionato in Esodo 12:40, 41 si considerava iniziato con il trasferimento in Canaan degli antenati della nazione, la Settanta greca dice: “Ma la dimora dei figli d’Israele che essi dimorarono nel paese d’Egitto e nel paese di Canaan [fu] di quattrocentotrent’anni”.

Dall’arrivo di Abraamo in Canaan fino al momento in cui Giacobbe scese in Egitto passarono 215 anni. Lo si desume dal fatto che passarono 25 anni dalla partenza di Abraamo da Haran fino alla nascita di Isacco (Ge 12:4; 21:5); da allora fino alla nascita di Giacobbe passarono altri 60 anni (Ge 25:26), e Giacobbe aveva 130 anni quando giunse in Egitto (Ge 47:9): un totale quindi di 215 anni (dal 1943 al 1728 a.E.V.). Questo significa che per altri 215 anni gli israeliti rimasero in Egitto (dal 1728 al 1513 a.E.V.). Che 215 anni potessero essere sufficienti agli israeliti per moltiplicarsi fino a divenire un popolo comprendente 600.000 “uomini robusti” è dimostrato alla voce ESODO. — Eso 12:37.

Geova aveva detto ad Abramo (Abraamo): “Di sicuro sappi che il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni”. (Ge 15:13; vedi anche At 7:6, 7). Ciò era stato dichiarato prima della nascita dell’erede o “seme” promesso, Isacco. Nel 1932 a.E.V. nacque Ismaele, figlio di Abraamo e della schiava egiziana Agar, e nel 1918 a.E.V. nacque Isacco. (Ge 16:16; 21:5) Andando indietro di 400 anni dall’Esodo, che segnò la fine dell’‘afflizione’ (Ge 15:14), si arriverebbe al 1913 a.E.V., quando Isacco aveva circa cinque anni. Sembra che Isacco sia stato svezzato allora, e, già “residente forestiero” in un paese non suo, cominciò quindi a subire la predetta afflizione essendo schernito da Ismaele, che aveva circa 19 anni. (Ge 21:8, 9) Anche se oggigiorno il fatto che Ismaele “si prendeva gioco” dell’erede di Abraamo potrebbe essere considerato cosa di poco conto, all’epoca dei patriarchi non era così. Lo si nota dalla reazione di Sara e dal fatto che Dio la approvò quando questa insisté che Agar e suo figlio Ismaele fossero mandati via. (Ge 21:10-13) Il fatto stesso che l’episodio sia descritto nei particolari nella Parola di Dio è un’altra indicazione che esso segnò l’inizio dei predetti 400 anni d’afflizione che sarebbero terminati solo con l’Esodo. — Gal 4:29.

Dal 1513 a.E.V. alla divisione del regno. Nel “quattrocentottantesimo anno dopo l’uscita dei figli d’Israele dal paese d’Egitto”, nel quarto anno del regno di Salomone, ebbe inizio a Gerusalemme la costruzione del tempio. (1Re 6:1) “Quattrocentottantesimo” è un numero ordinale che equivale a 479 anni interi più un ulteriore periodo di tempo, in questo caso un mese. Contando 479 anni dall’Esodo (nisan 1513 a.E.V.) giungiamo al 1034 a.E.V., nel cui secondo mese, ziv (corrispondente ad aprile maggio) iniziò la costruzione del tempio. Poiché era il quarto anno (un altro numero ordinale) del suo regno, Salomone aveva cominciato a regnare tre anni interi prima, nel 1037 a.E.V. I 40 anni del suo regno andarono evidentemente dal nisan 1037 al nisan 997 a.E.V., quando ci fu la divisione del regno. L’ordine cronologico di questo periodo sarebbe dunque quello indicato qui sotto.

Avvenimento

Data

Tempo intercorso

Dall’Esodo

1513 a.E.V.

 

all’entrata di Israele in Canaan

1473 a.E.V.

40 anni

al termine del periodo dei Giudici e all’inizio del regno di Saul

1117 a.E.V.

356 anni

all’inizio del regno di Davide

1077 a.E.V.

40 anni

all’inizio del regno di Salomone

1037 a.E.V.

40 anni

alla divisione del regno

997 a.E.V.

40 anni

Totale degli anni dall’Esodo alla divisione del regno (dal 1513 al 997 a.E.V.)

 

516 anni

Queste cifre si basano su Deuteronomio 2:7; 29:5; Atti 13:21; 2 Samuele 5:4; 1 Re 11:42, 43; 12:1-20. Alcuni critici richiamano l’attenzione sui quattro periodi di 40 anni ciascuno inclusi in questo arco di tempo, sostenendo che gli scrittori biblici miravano più alla ‘ricerca della simmetria’ che a compilare una cronologia accurata. Al contrario, mentre il periodo in cui gli israeliti vagarono prima di entrare in Canaan fu di quasi 40 anni esatti — in adempimento del giudizio divino riportato in Numeri 14:33, 34 (cfr. Eso 12:2, 3, 6, 17; De 1:31; 8:2-4; Gsè 4:19) — tutti e tre gli altri periodi potrebbero includere frazioni di anno. Per esempio, 2 Samuele 5:5 mostra che il regno di Davide durò in effetti 40 anni e mezzo. Se, come pare fosse consuetudine, gli anni di regno di questi re andavano da nisan a nisan, la durata del regno di Saul può essere stata di soli 39 anni e mezzo, con i restanti mesi fino al nisan successivo attribuiti comunque al regno di Saul e quindi non ufficialmente inclusi nei 40 anni di regno di Davide. Così almeno si usava fare presso i governanti semitici della Mesopotamia; i mesi intercorsi fra la morte di un re e il nisan successivo venivano considerati come il “periodo di accessione” del re successivo, il cui primo anno ufficiale di regno non iniziava però a contarsi fino all’arrivo del mese di nisan.

La durata del periodo che va dall’entrata in Canaan alla fine del periodo dei Giudici non è espressamente dichiarata, e ci si arriva solo per deduzione. Sottraendo infatti i 123 anni dei periodi noti (peregrinazione nel deserto, regno di Saul e di Davide, e i primi tre anni del regno di Salomone) dai 479 anni trascorsi dall’Esodo al quarto anno di Salomone, rimangono 356 anni.

Le Scritture non dicono come vanno suddivisi questi 356 anni (dall’entrata di Israele in Canaan nel 1473 a.E.V. all’inizio del regno di Saul nel 1117 a.E.V.). Evidentemente, però, diversi periodi di tempo si accavallano. Perché? Contando in successione i vari periodi di oppressione, i periodi dei giudici e i periodi di pace menzionati nel libro di Giudici si arriverebbe a 410 anni. Affinché questi periodi possano corrispondere ai 356 anni menzionati prima, alcuni devono essere stati necessariamente contemporanei e non consecutivi, cosa su cui concorda la maggioranza dei commentatori. Le circostanze descritte nella Bibbia si prestano a questa spiegazione. Le situazioni di oppressione riguardavano varie zone del paese e tribù diverse. (CARTINA, vol. 1, p. 743) Perciò l’espressione “il paese non ebbe disturbo”, che ricorre nelle descrizioni delle vittorie degli israeliti sui loro oppressori, potrebbe non riferirsi sempre all’intero territorio occupato da tutt’e dodici le tribù, bensì alla parte principalmente soggetta a quella particolare oppressione. — Gdc 3:11, 30; 5:31; 8:28; cfr. Gsè 14:13-15.

In Atti capitolo 13 l’apostolo Paolo, dopo aver passato in rassegna i rapporti che Dio ebbe con Israele, da quando ‘scelse gli antenati’ fino a tutto il periodo trascorso da Israele in Egitto, la peregrinazione nel deserto, la conquista di Canaan e la ripartizione del paese, dice: “Tutto questo durante circa quattrocentocinquant’anni. E dopo queste cose diede loro dei giudici fino al profeta Samuele”. (At 13:20) Notevole confusione è stata provocata da certe traduzioni di questo versetto, come quella di Giovanni Diodati, che dice: “E poi appresso, per lo spazio d’intorno a quattrocencinquant’anni, diede loro de’ Giudici, fino al profeta Samuele”. Tuttavia i più antichi manoscritti (fra cui il Sinaitico, il Vaticano 1209, e l’Alessandrino), nonché quasi tutte le traduzioni moderne (CEI; Co; Con; PS e altre), sono a favore della precedente traduzione, secondo la quale il periodo dei giudici inizia dopo i 450 anni. Poiché il periodo di “circa quattrocentocinquant’anni” ebbe inizio quando Dio ‘scelse gli antenati’ d’Israele, sembra che abbia avuto inizio nel 1918 a.E.V. con la nascita di Isacco, il “seme” promesso in origine ad Abraamo. Sarebbe dunque terminato verso il 1467 a.E.V., quando fu portata a termine l’iniziale conquista di Canaan, cosa che permise di procedere alla ripartizione. Poiché è precisato che la cifra è approssimativa, la differenza di un anno o due non avrebbe importanza.

Dal 997 a.E.V. alla caduta di Gerusalemme. Un’indicazione utile per calcolare la durata complessiva di questo periodo dei re è quella di Ezechiele 4:1-7, dove è descritta la rappresentazione mimica dell’assedio di Gerusalemme fatta dal profeta Ezechiele per ordine di Dio. Ezechiele doveva giacere sul fianco sinistro per 390 giorni per “portare l’errore della casa d’Israele”, e sul fianco destro per 40 giorni per “portare l’errore della casa di Giuda”: ogni giorno, fu spiegato, corrispondeva a un anno. I due periodi (di 390 e di 40 anni) così simboleggiati corrispondevano evidentemente al tempo durante il quale Geova aveva tollerato i due regni nonostante la loro condotta idolatrica. Il pensiero ebraico su questa profezia è il seguente: “La colpa del Regno Settentrionale si protrasse per un periodo di 390 anni ([secondo il] Seder Olam [la più antica cronaca postesilica esistente in lingua ebraica], [e i rabbini] Rashi e Ibn Ezra). Abarbanel, citato da Malbim, calcola il periodo della colpa di Samaria da quando ebbe luogo lo scisma all’epoca di Roboamo . . . fino alla caduta di Gerusalemme. . . . La destra [il fianco destro su cui giaceva Ezechiele] indica il sud, cioè il Regno di Giuda che si trovava a sud o a destra. . . . La corruzione di Giuda durò quarant’anni, essendo iniziata poco dopo la caduta di Samaria. Secondo Malbim, si calcola il tempo dal tredicesimo anno del regno di Giosia . . . quando Geremia iniziò il suo ministero. (Ger. i. 2)”. — Soncino Books of the Bible (Commento a Ezechiele, pp. 20, 21), a cura di A. Cohen, Londra, 1950.

Dalla divisione del regno nel 997 a.E.V. fino alla caduta di Gerusalemme nel 607 a.E.V. passarono 390 anni. Anche se Samaria, la capitale del regno settentrionale, era già stata conquistata dall’Assiria nel 740 a.E.V., sesto anno di Ezechia (2Re 18:9, 10), è probabile che parte della popolazione, di fronte all’avanzata degli assiri, fosse fuggita nel regno meridionale. (Si noti anche la situazione di Giuda dopo la divisione del regno descritta in 2Cr 10:16, 17). Ma, cosa ancora più importante, il fatto che Geova Dio continuasse a interessarsi degli israeliti del regno settentrionale che erano in esilio — i messaggi dei suoi profeti continuarono infatti a includerli molto tempo dopo la caduta di Samaria — indica che i loro interessi erano ancora rappresentati nella capitale, Gerusalemme, e la sua caduta nel 607 a.E.V. fu un’espressione del giudizio di Geova non solo contro Giuda, ma contro la nazione d’Israele nel suo insieme. (Ger 3:11-22; 11:10-12, 17; Ez 9:9, 10) Con la caduta della città, crollarono le speranze dell’intera nazione (fatta eccezione per i pochi che avevano serbato la vera fede). — Ez 37:11-14, 21, 22.

Nella tavola cronologica che segue, questo periodo di 390 anni viene seguito come valida guida cronologica. La somma degli anni indicati per tutti i regni dei re di Giuda da Roboamo a Sedechia dà un totale di 393 anni. Mentre alcuni cronologi biblici tentano di sincronizzare i dati relativi ai re ipotizzando numerose coreggenze e interregni nel regno di Giuda, sembra sia necessario prendere atto di un’unica coreggenza. È il caso di Ieoram, che, come si legge (almeno nel testo masoretico e in alcuni dei più antichi manoscritti della Bibbia), divenne re “mentre Giosafat era re di Giuda”, il che dà motivo di supporre una coreggenza. (2Re 8:16) In questo modo l’intero periodo rientra nel limite dei 390 anni.

La tavola che segue non va intesa come una cronologia assoluta, bensì come una probabile ricostruzione cronologica del periodo dei due regni. Gli antichi scrittori ispirati parlavano di fatti e cifre ben noti a loro e agli ebrei di quel tempo, per cui i diversi punti di vista cronologici adottati in certi casi dagli scrittori non costituivano un problema. Oggi la situazione è diversa, per cui dobbiamo accontentarci di uno schema cronologico che sia ragionevolmente conforme al testo biblico.

Dal 607 a.E.V. al ritorno dall’esilio. La durata di questo periodo è stabilita dal decreto stesso di Dio relativo a Giuda, secondo il quale “tutto questo paese deve divenire un luogo devastato, un oggetto di stupore, e queste nazioni dovranno servire il re di Babilonia per settant’anni”. — Ger 25:8-11.

La profezia biblica non consente di far coincidere i 70 anni con un periodo di tempo diverso da quello intercorso fra la desolazione di Giuda, conseguente alla distruzione di Gerusalemme, e il ritorno in patria degli esiliati ebrei in seguito al decreto di Ciro. La Bibbia precisa che i 70 anni sarebbero stati anni di devastazione del paese di Giuda. Il profeta Daniele comprese la profezia in questo senso, poiché disse: “Io stesso, Daniele, compresi dai libri il numero degli anni riguardo ai quali la parola di Geova era stata rivolta a Geremia il profeta, per compiere le devastazioni di Gerusalemme, cioè settant’anni”. (Da 9:2) Dopo aver descritto la conquista di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor, 2 Cronache 36:20, 21 dice: “Per di più, portò via prigionieri a Babilonia quelli che rimanevano dalla spada, e divennero servitori suoi e dei suoi figli finché cominciarono a regnare i reali di Persia; per adempiere la parola di Geova per bocca di Geremia, finché il paese non ebbe scontato i suoi sabati. Tutti i giorni che giacque desolato osservò il sabato, per compiere settant’anni”.

L’assedio finale di Gerusalemme ebbe inizio nel 9º anno di Sedechia (609 a.E.V.) e la città cadde nell’11º anno (607 a.E.V.), corrispondente al 19º anno dell’effettivo regno di Nabucodonosor (contando dal 625, suo anno di accessione). (2Re 25:1-8) Nel quinto mese di quell’anno (il mese di ab, corrispondente a luglio-agosto) la città fu incendiata, le mura vennero abbattute e la maggioranza della popolazione fu portata in esilio. Tuttavia “alcuni della gente misera del paese” ebbero il permesso di rimanere, cosa che fecero fino all’assassinio di Ghedalia, il governatore nominato da Nabucodonosor, dopo di che fuggirono in Egitto lasciando infine Giuda nella completa desolazione. (2Re 25:9-12, 22-26) Ciò avvenne nel settimo mese, etanim (o tishri, corrispondente a settembre-ottobre). Quindi i 70 anni di desolazione dovettero iniziare verso il 1º ottobre del 607 a.E.V. e terminarono nel 537 a.E.V. Entro il settimo mese di quest’ultimo anno i primi ebrei rimpatriati giunsero in Giuda, 70 anni dopo l’inizio della completa desolazione del paese. — 2Cr 36:21-23; Esd 3:1.

Dal 537 a.E.V. alla conversione di Cornelio. Nel secondo anno dal ritorno dall’esilio (536 a.E.V.), furono poste in Gerusalemme le fondamenta del tempio, ma la ricostruzione del tempio non fu ultimata fino al sesto anno del regno di Dario I (il Persiano). (Esd 3:8-10; 6:14, 15) Poiché Dario non si stabilì a Babilonia prima del dicembre del 522, quando sconfisse, e poco dopo catturò e uccise, il ribelle Nabucodonosor III, il 522 a.E.V. può essere considerato l’anno di accessione di Dario I. Il suo primo anno di regno iniziò dunque nella primavera del 521 a.E.V. (Babylonian Chronology, 626 B.C.—A.D. 75, cit., p. 30) Il sesto anno di Dario iniziò dunque il 12 aprile del 516 a.E.V., e terminò alla fine di marzo del 515 a.E.V. In base a ciò la ricostruzione del tempio di Zorobabele fu ultimata il 6 marzo del 515 a.E.V.

La successiva data di notevole importanza è il 20º anno di Artaserse I (Longimano), anno in cui Neemia ricevette il permesso di tornare a Gerusalemme per riedificarla. (Ne 2:1, 5-8) Le ragioni per preferire il 455 a.E.V. come data di tale 20º anno invece di quella tradizionale del 445 a.E.V. sono trattate alla voce PERSIA, PERSIANI. Gli avvenimenti di quell’anno relativi alla ricostruzione di Gerusalemme e delle sue mura costituiscono il punto di partenza della profezia delle “settanta settimane” di Daniele 9:24-27. Queste settimane sono chiaramente “settimane di anni” (ATE, nt.; RS; AT; Mo), per un totale di 490 anni. Come viene dimostrato alla voce SETTANTA SETTIMANE, la profezia additava la comparsa di Gesù come Messia nel 29 E.V., la sua morte a “metà della settimana” o nel mezzo dell’ultima settimana di anni, cioè nel 33 E.V., e la fine del periodo di speciale favore di Dio verso gli ebrei nel 36 E.V. Perciò le 70 settimane di anni terminarono con la conversione di Cornelio, 490 anni dopo il 455 a.E.V. — At 10:30-33, 44-48; 11:1.

La comparsa di Gesù come Messia avvenne esattamente nell’anno predetto, forse sei mesi dopo che Giovanni il Battezzatore aveva cominciato la sua predicazione nel “quindicesimo anno del regno di Tiberio Cesare”. (Lu 1:36; 3:1, 2, 21-23) Poiché Tiberio diventò imperatore per delibera del Senato romano il 15 settembre del 14 E.V., il suo 15º anno andò dall’ultima parte del 28 E.V. al 29 E.V. inoltrato. (Vedi TIBERIO). Tutto indica perciò che il battesimo e l’unzione di Gesù avvennero nell’autunno del 29 E.V.

Poiché all’epoca del suo battesimo nel 29 E.V. Gesù aveva “circa 30 anni” (Lu 3:23), la sua nascita doveva essere avvenuta 30 anni prima, verso l’autunno del 2 a.E.V. Egli nacque sotto Cesare Augusto e mentre Quirinio era governatore della Siria. (Lu 2:1, 2) Augusto governò dal 27 a.E.V. al 14 E.V. Publio Sulpicio Quirinio, senatore romano, fu due volte governatore della Siria, la prima volta a quanto pare dopo Publio Quintilio Varo, il cui mandato come legato di Siria terminò nel 4 a.E.V. Alcuni quindi pongono il primo mandato di Quirinio nel 3-2 a.E.V. (Vedi REGISTRAZIONE). Erode il Grande era allora re di Giudea e, come abbiamo visto, ci sono motivi per considerare l’1 a.E.V. come probabile anno della sua morte. Quindi tutte le evidenze disponibili, e in particolare i riferimenti scritturali, indicano l’autunno del 2 a.E.V. quale data della nascita umana del Figlio di Dio.

Il successivo periodo apostolico. È possibile stabilire date approssimative per diversi avvenimenti accaduti in questo periodo. La profezia di una grande carestia pronunciata dal profeta cristiano Agabo, e la successiva persecuzione istigata da Erode Agrippa I, che provocò la morte dell’apostolo Giacomo e l’arresto di Pietro, ebbero evidentemente luogo nel 44 E.V. (At 11:27-30; 12:1-4) Erode Agrippa morì quell’anno e risulta che la predetta carestia si verificò nel 46 E.V. In quest’ultima data ebbe probabilmente luogo l’opera di soccorso compiuta da Paolo e Barnaba. — At 12:25.

La prima visita di Paolo a Corinto può essere datata in base al proconsolato di Gallione. (At 18:1, 11-18) Com’è spiegato alla voce GALLIONE, il suo proconsolato andò a quanto sembra dall’estate del 51 all’estate del 52 E.V., anche se alcuni preferirebbero il 52/53 E.V. Quindi i 18 mesi dell’attività di Paolo a Corinto cominciarono probabilmente nell’autunno del 50 E.V. e terminarono nella primavera del 52 E.V. Ciò è ulteriormente confermato dal fatto che due compagni di Paolo a Corinto, Aquila e Priscilla, erano giunti di recente dall’Italia in seguito all’editto dell’imperatore Claudio che ingiungeva a tutti gli ebrei di lasciare Roma. (At 18:2) Paolo Orosio, storico del V secolo, afferma che quest’ordine fu emanato nel 9º anno di Claudio, cioè nel 49 o all’inizio del 50 E.V.

I due anni che Paolo trascorse in prigione a Cesarea furono gli ultimi due anni del procuratorato di Felice; infatti Paolo fu poi inviato a Roma da Porcio Festo, successore di Felice. (At 21:33; 23:23-35; 24:27) La data dell’investitura di Festo è incerta, non essendoci testimonianze storiche pienamente concordi. Tuttavia il 58 E.V. sembrerebbe l’anno più probabile. Il successivo arrivo di Paolo a Roma si può collocare fra il 59 e il 61 E.V.

Il grande incendio che devastò Roma avvenne nel luglio del 64 E.V. e fu seguito dalla feroce persecuzione dei cristiani della quale Nerone fu l’istigatore. È probabile che il secondo imprigionamento di Paolo e la sua esecuzione siano avvenuti poco dopo. (2Tm 1:16; 4:6, 7) Si ritiene generalmente che l’esilio di Giovanni nell’isola di Patmos sia avvenuto sotto l’imperatore Domiziano. (Ri 1:9) La persecuzione dei cristiani si intensificò durante il suo dominio (81-96 E.V.), specie negli ultimi tre anni. Secondo la tradizione Giovanni fu liberato dall’esilio dopo la morte di Domiziano e morì a Efeso alla fine del I secolo E.V. Giovanni scrisse le sue epistole all’incirca in quel tempo, e con ciò il canone della Bibbia fu completato e il periodo apostolico ebbe fine.

[Prospetto alle pagine 624-626]

IMPORTANTI DATE Relative al periodo dei re di giuda e di israele

NOTA: Questa tavola cronologica ricostruisce schematicamente gli avvenimenti principali relativi ai re di Giuda e d’Israele. Nel fissare altre date ci si è basati sulle testimonianze bibliche relative al numero degli anni di regno dei re di Giuda. Le date riguardanti il regno dei re di Giuda vanno dalla primavera dell’anno indicato alla primavera dell’anno successivo. Le date relative ai regni dei re d’Israele sono state coordinate con quelle dei re di Giuda. Nella Bibbia ci sono numerosi sincronismi, dei quali si è tenuto conto nello stabilire queste date.

Sono pure elencati i sommi sacerdoti e i profeti menzionati nella Bibbia in relazione ai vari re. La lista però non è affatto completa. Il sacerdozio aaronnico officiò dapprima presso il tabernacolo e poi nel tempio — ininterrottamente, pare — fino al tempo dell’esilio in Babilonia. E la Bibbia indica che, oltre ai profeti menzionati per nome, molti altri prestarono servizio in questo sacro incarico. — 1Re 18:4; 2Cr 36:15, 16.

REGNO DELLE DODICI TRIBÙ

Date a.E.V.

SAUL comincia a regnare sulle 12 tribù (40 anni)

Profeta: Samuele

Sommi sacerdoti: Ahia, Ahimelec

1117

Nascita di Davide

1107

Samuele completa il libro di Giudici

ca. 1100

Samuele completa il libro di Rut

ca. 1090

Completato il libro di 1 Samuele

ca. 1078

DAVIDE comincia a regnare su Giuda a Ebron (40)

Profeti: Natan, Gad, Zadoc

Sommo sacerdote: Abiatar

1077

Davide diviene re su tutto Israele; fa di Gerusalemme la capitale

1070

Gad e Natan completano 2 Samuele

ca. 1040

SALOMONE comincia a regnare (40)

Profeti: Natan, Ahia, Iddo

Sommi sacerdoti: Abiatar, Zadoc

1037

Inizia la costruzione del tempio di Salomone

1034

Completato il tempio di Salomone a Gerusalemme

1027

Salomone scrive il Cantico dei Cantici

ca. 1020

Salomone scrive il libro di Ecclesiaste

a. 1000

REGNO DI GIUDA

Date a.E.V.

REGNO DI ISRAELE

ROBOAMO comincia a regnare (17 anni); la nazione si divide in due regni

Profeti: Semaia, Iddo

997

GEROBOAMO comincia a regnare sulle 10 tribù settentrionali, prima da Sichem e poi, sembra, da Tirza (22 anni)

Profeta: Ahia

Sisac re d’Egitto invade Giuda e porta via i tesori dal tempio di Gerusalemme

993

ABIA (ABIAM) comincia a regnare (3)

Profeta: Iddo

980

ASA inizia probabilmente a regnare (41), ma il suo primo anno di regno si conta dal 977

Profeti: Azaria, Oded, Hanani

978

ca. 976

NADAB comincia a regnare (2)

ca. 975

BAASA uccide Nadab e quindi inizia a regnare (24)

Profeta: Ieu (figlio di Hanani)

Zera l’etiope muove guerra contro Giuda

967

ca. 952

ELA comincia a regnare (2)

ca. 951

ZIMRI, comandante militare, uccide Ela e diviene re (7 giorni)

ca. 951

OMRI, capo dell’esercito, comincia a regnare (12)

ca. 951

Tibni diviene re su una parte del popolo, dividendo ulteriormente la nazione

ca. 947

Omri riesce a sopraffare l’opposizione di Tibni e diviene l’unico re di Israele

ca. 945

Omri acquista il monte di Samaria e vi edifica la sua capitale

ca. 940

ACAB comincia a regnare (22)

Profeti: Elia, Michea

GIOSAFAT comincia probabilmente a regnare (25), ma il suo primo anno di regno si conta dal 936

Profeti: Ieu (figlio di Hanani), Eliezer, Iahaziel

Sommo sacerdote: Amaria

937

ca. 920

ACAZIA, figlio di Acab, ‘diviene re’ (2); suo padre doveva essere ancora vivo;

Gli anni di regno di Acazia si contano forse dal 919 ca.

Profeta: Elia

Ieoram, figlio di Giosafat, si associa in qualche modo al padre nel regno

ca. 919

ca. 917

IEORAM, figlio di Acab, comincia a regnare come unico re d’Israele (12); è però possibile che, in almeno un brano, il breve regno di suo fratello Acazia, morto senza figli, sia stato attribuito a Ieoram

Profeta: Eliseo

IEORAM diviene ufficialmente coreggente di Giosafat; il regno di Ieoram va forse contato da questo momento (8)

Profeta: Elia

913

Giosafat muore e Ieoram rimane l’unico re

ca. 911

ACAZIA, figlio di Ieoram, comincia a regnare (1), anche se forse viene unto re nel 907 ca.

Sommo sacerdote: Ieoiada

ca. 906

ATALIA usurpa il trono (6)

ca. 905

IEU, comandante militare, uccide Ieoram e quindi comincia a regnare (28); sembra però che i suoi anni di regno si debbano contare dal 904 ca.

Profeta: Eliseo

IOAS, figlio di Acazia, comincia a regnare (40)

Sommo sacerdote: Ieoiada

898

876

IOACAZ comincia a regnare (17)

ca. 862

Ioas a quanto pare si associa al padre Ioacaz nel regno

ca. 859

IOAS, figlio di Ioacaz, comincia a regnare come unico re su Israele (16)

Profeta: Eliseo

AMAZIA comincia a regnare (29)

858

Ioas re d’Israele cattura Amazia, apre una breccia nelle mura di Gerusalemme e porta via i tesori del tempio

d. 858

ca. 844

GEROBOAMO II comincia a regnare (41)

Profeti: Giona, Osea, Amos

Scritto il libro di Giona

UZZIA (AZARIA) comincia a regnare (52)

Profeti: Osea, Gioele (?), Isaia

Sommo sacerdote: Azaria (II)

829

Scritto forse il libro di Gioele

ca. 820

Uzzia ‘diviene re’ in qualche senso particolare, forse sottraendosi alla dominazione di Geroboamo II

ca. 818

Scritto il libro di Amos

ca. 804

ca. 803

ZACCARIA comincia in qualche modo a ‘regnare’, ma sembra che il regno non gli sia stato pienamente confermato fino al 792 ca. (6 mesi)

ca. 791

SALLUM uccide Zaccaria e diviene re (1 mese)

ca. 791

MENAEM uccide Sallum e quindi inizia a regnare, ma sembra che i suoi anni di regno si debbano contare dal 790 ca. (10)

ca. 780

PECACHIA comincia a regnare (2)

ca. 778

PECA uccide Pecachia e quindi comincia a regnare (20)

Profeta: Oded

IOTAM comincia a regnare (16)

Profeti: Michea, Osea, Isaia

777

ACAZ comincia probabilmente a regnare (16), ma il suo primo anno di regno si conta dal 761

Profeti: Michea, Osea, Isaia

Sommo sacerdote: Urija (?)

762

Acaz diviene tributario di Tiglat-Pileser III re d’Assiria

ca. 759

ca. 758

OSHEA uccide Peca e ‘comincia a regnare’ in luogo di lui; sembra però che il suo dominio si sia pienamente consolidato, forse grazie all’appoggio del monarca assiro Tiglat-Pileser III, solo nel 748 ca. (9 anni)

EZECHIA comincia probabilmente a regnare (29), ma il suo primo anno di regno si conta dal 745

Profeti: Michea, Osea, Isaia

Sommo sacerdote: Azaria (II o III)

746

d. 745

Completato il libro di Osea

742

L’esercito assiro dà inizio all’assedio di Samaria

740

L’Assiria conquista Samaria, soggioga Israele; fine del regno settentrionale

Sennacherib invade Giuda

732

Completato il libro di Isaia

d. 732

Completato il libro di Michea

a. 717

Completata la stesura di Proverbi

ca. 717

MANASSE comincia a regnare (55)

716

AMON comincia a regnare (2)

661

GIOSIA comincia a regnare (31)

Profeti: Sofonia, Geremia, la profetessa Ulda

Sommo sacerdote: Ilchia

659

Scritto il libro di Sofonia

a. 648

Scritto il libro di Naum

a. 632

IOACAZ regna (3 mesi)

628

IOIACHIM inizia a regnare, diviene tributario dell’Egitto (11)

Profeti: Abacuc (?), Geremia

628

Scritto forse il libro di Abacuc

ca. 628

Nabucodonosor II rende Ioiachim vassallo di Babilonia

620

IOIACHIN comincia a regnare (3 mesi e 10 giorni)

618

Nabucodonosor II prende prigionieri alcuni giudei e porta i tesori del tempio a Babilonia

617

SEDECHIA comincia a regnare (11)

Profeti: Geremia, Ezechiele

Sommo sacerdote: Seraia

617

Nabucodonosor II invade nuovamente Giuda; ha inizio l’assedio di Gerusalemme

609

Aperta una breccia nelle mura di Gerusalemme il 9º giorno del 4º mese

607

Gerusalemme e il tempio vengono incendiati il 10º giorno del 5º mese

607

Gli ultimi abitanti abbandonano Giuda verso la metà del 7º mese

607

Geremia scrive il libro di Lamentazioni

607

Scritto il libro di Abdia

ca. 607

NOTA: Dopo la conquista di Samaria, le dieci tribù del regno d’Israele furono portate in esilio. Il paese però non rimase desolato, come invece accadde a Giuda dopo la distruzione di Gerusalemme nel 607 a.E.V. Il re d’Assiria trasferì alcune popolazioni da Babilonia, Cuta, Avva, Amat e Sefarvaim perché dimorassero nelle città d’Israele. I loro discendenti erano ancora lì quando gli ebrei tornarono a Gerusalemme nel 537 a.E.V. per riedificare il tempio. — 2Re 17:6, 24; Esd 4:1, 2.