Giuramento
Promessa solenne di dire la verità o di fare o non fare una determinata cosa; spesso include un’invocazione a un superiore, specie a Dio.
Nelle Scritture Ebraiche due termini sono usati con il significato che viene comunemente attribuito a un giuramento. Shevuʽàh significa “giuramento o dichiarazione giurata”. (Ge 24:8; Le 5:4) Il verbo ebraico affine shavàʽ, che significa “giurare” o fare un giuramento, deriva dalla stessa radice da cui viene la parola ebraica per “sette”. Quindi “giurare” in origine significava “entrare nell’influenza delle sette cose”. (G. Kittel, Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. VIII, col. 1287) Nel concludere un patto presso il pozzo di Beer-Seba, nome che significa “pozzo del giuramento; o, pozzo di sette”, Abraamo e Abimelec giurarono su sette agnelle. (Ge 21:27-32; vedi anche Ge 26:28-33). Shevuʽàh si riferisce a una dichiarazione giurata da parte di qualcuno che si impegna a fare o a non fare una certa cosa. La parola stessa non dà l’idea che una maledizione ricadrà su chi giura se egli non mantiene il giuramento. Questo è il termine usato a proposito del giuramento, o dichiarazione giurata, fatto ad Abraamo da Geova, che non manca mai di parola e su cui non può ricadere alcuna maledizione. — Ge 26:3.
L’altro termine ebraico è ʼalàh, che significa “giuramento, maledizione”. (Ge 24:41, nt.) Si può tradurre anche “giuramento di obbligo”. (Ge 26:28) Il lessico ebraico e aramaico di Koehler e Baumgartner (p. 49) definisce questo termine “maledizione (minaccia di calamità in caso di trasgressione), imposta a qualcuno da se stesso o da altri”. Nell’antichità per gli ebrei fare un giuramento era una cosa molto seria. Chi faceva un giuramento, doveva mantenerlo anche se ciò andava a scapito suo. (Sl 15:4; Mt 5:33) Chi parlava sconsideratamente in una dichiarazione giurata era ritenuto colpevole di fronte a Geova. (Le 5:4) La violazione di un giuramento comportava la più severa punizione da parte di Dio. Presso le nazioni più antiche e specialmente presso gli ebrei il giuramento era in un certo senso un atto religioso, che implicava Dio. L’uso che facevano gli ebrei del termine ʼalàh rendeva implicitamente Dio parte in causa nel giuramento ed equivaleva a dichiararsi pronti a incorrere in qualsiasi giudizio egli decidesse di infliggere in caso di spergiuro. Questo termine non è mai usato da Dio in riferimento ai suoi giuramenti.
I corrispondenti termini greci sono hòrkos (giuramento) e omnỳo (giurare), che ricorrono entrambi in Giacomo 5:12. Il verbo horkìzo significa “porre sotto giuramento” o “ordinare solennemente”. (Mr 5:7; At 19:13) Altri termini affini a hòrkos significano “giuramento” (Eb 7:20), “imporre solenne obbligo o giuramento” (1Ts 5:27), “spergiuro” (1Tm 1:10) e “giurare senza adempiere, o giurare il falso” (Mt 5:33). In Atti 23:12, 14 e 21 il verbo greco anathematìzo è reso “legare con una maledizione”.
Espressioni usate nel fare giuramenti. Spesso il giuramento era fatto per Dio o in nome di Dio. (Ge 14:22; 31:53; De 6:13; Gdc 21:7; Ger 12:16) Geova giurava per se stesso o per la sua stessa vita. (Ge 22:16; Ez 17:16; Sof 2:9) A volte venivano usate espressioni di carattere formale come: “Geova mi [o, ti] faccia così e vi aggiunga se . . .” non farò [o, farai] come giurato. (Ru 1:17; 1Sa 3:17; 2Sa 19:13) La dichiarazione poteva essere resa più enfatica pronunciando il proprio nome. — 1Sa 20:13; 25:22; 2Sa 3:9.
I pagani invocavano in modo simile i falsi dèi. Izebel adoratrice di Baal non invocò Geova, ma “gli dèi” (ʼelohìm, col verbo al plurale), come fece Ben-Adad II re di Siria. (1Re 19:2; 20:10) Infatti, dal momento che espressioni del genere erano molto diffuse, nella Bibbia l’idolatria è definita ‘giurare per qualche dio falso’, o per ciò “che non è Dio”. — Gsè 23:7; Ger 5:7; 12:16; Am 8:14.
In alcuni casi molto gravi o quando la solenne dichiarazione era accompagnata da forte emozione, venivano specificate le maledizioni o le punizioni derivanti dal non mantenere il giuramento. Nu 5:19-23; Sl 7:4, 5; 137:5, 6) Giobbe, per sostenere la propria integrità, passò in rassegna la sua vita e affermò di essere pronto a sottoporsi alle più atroci punizioni se fosse risultato che aveva violato le leggi di Geova in quanto a lealtà, rettitudine, giustizia e moralità. — Gb 31.
(Nel processo intentato per la gelosia del marito, la moglie, rispondendo “Amen! Amen!” quando il sacerdote leggeva il giuramento e la maledizione, affermava con un giuramento la propria innocenza. — Nu 5:21, 22.
Un’affermazione fatta non solo nel nome di Geova ma anche per la vita del re o di un superiore equivaleva in pratica a un giuramento. (1Sa 25:26; 2Sa 15:21; 2Re 2:2) “Come Geova vive” era una comune affermazione che accresceva la solennità di una decisione o la veracità di una dichiarazione. (Gdc 8:19; 1Sa 14:39, 45; 19:6; 20:3, 21; 25:26, 34) Un’espressione un po’ meno vigorosa che poteva non essere intesa come un giuramento ma che rivelava un’intenzione molto seria e che veniva usata per rassicurare l’interlocutore era quella di giurare per la sua vita, come fece Anna rivolta a Eli (1Sa 1:26) e come fece Uria parlando con il re Davide. — 2Sa 11:11; anche 1Sa 17:55.
Forme di giuramento. Sembra che il gesto usato più spesso nel fare un giuramento fosse quello di alzare la mano destra al cielo. Simbolicamente Geova stesso è descritto nell’atto di giurare in questo modo. (Ge 14:22; Eso 6:8; De 32:40; Isa 62:8; Ez 20:5) L’angelo di una visione di Daniele alzò ai cieli entrambe le mani nel pronunciare un giuramento. (Da 12:7) Degli spergiuri è detto che la loro “destra è una destra di falsità”. — Sl 144:8.
Chi chiedeva a un altro di fare un giuramento poteva invitarlo a mettere la mano sotto la sua coscia o il suo fianco. Quando mandò il suo servitore a cercar moglie per Isacco, Abraamo gli disse: “Metti la tua mano, ti prego, sotto la mia coscia”, dopo di che il servitore giurò che avrebbe cercato la ragazza fra i parenti di Abraamo. (Ge 24:2-4, 9) Nello stesso modo Giacobbe fece giurare a Giuseppe che non lo avrebbe seppellito in Egitto. (Ge 47:29-31) A proposito del significato di questa consuetudine, vedi ATTEGGIAMENTI E GESTI.
Spesso un giuramento accompagnava la stipulazione di un patto. Un’espressione comune in casi del genere era: “Dio è testimone fra me e te”. (Ge 31:44, 50, 53) Un’espressione del genere serviva anche a rafforzare una verità o dichiarazione di fatto. Mosè chiama a testimone i cieli e la terra a proposito della relazione di patto, vincolata da un giuramento, che Israele aveva con Geova. (De 4:26) Spesso testimone o memoriale di un giuramento o di un patto potevano essere una o più persone, un documento scritto, una colonna o un altare. — Ge 31:45-52; De 31:26; Gsè 22:26-28; 24:22, 24-27; vedi PATTO.
Sotto la Legge. In certi casi la Legge mosaica richiedeva un giuramento: dalla moglie in un processo per gelosia (Nu 5:21, 22), da chi aveva ricevuto qualcosa in custodia quando la proprietà affidatagli veniva perduta (Eso 22:10, 11), dagli anziani di una città nei casi insoluti di omicidio (De 21:1-9). Erano consentiti giuramenti volontari di astinenza. (Nu 30:3, 4, 10, 11) A volte qualcuno investito di autorità richiedeva che i servitori di Dio giurassero, ed essi dicevano la verità. Similmente il cristiano sotto giuramento non mente ma dice tutta la verità, oppure si rifiuta di rispondere se ciò mette in pericolo i giusti interessi di Dio o di altri cristiani, nel qual caso deve essere pronto a subire le conseguenze del suo rifiuto di testimoniare. — 1Re 22:15-18; Mt 26:63, 64; 27:11-14.
I voti in Israele avevano valore di giuramento, erano sacri e si dovevano adempiere anche se ne risultava un danno per chi aveva fatto il voto. Era inteso che Dio osservava per vedere che i voti fossero adempiuti, e puniva l’inadempiente. (Nu 30:2; De 23:21-23; Gdc 11:30, 31, 35, 36, 39; Ec 5:4-6) I voti della moglie e delle figlie non sposate potevano essere confermati o annullati dal marito o dal padre, mentre i voti delle vedove e delle donne divorziate erano vincolanti. — Nu 30:3-15.
Nel Sermone del Monte Gesù Cristo rimproverò agli ebrei l’abitudine di fare giuramenti alla leggera, per qualunque cosa e indiscriminatamente. Era diventata una cosa comune fra loro giurare per il cielo, per la terra, per Gerusalemme e anche per la propria testa. Ma dal momento che il cielo era “il trono di Dio”, la terra “lo sgabello dei suoi piedi”, Gerusalemme “la città del gran Re”, e la testa (o vita) dipendeva da Dio, fare giuramenti del genere era come giurare nel nome di Dio. Non era cosa da prendere alla leggera. Perciò Gesù disse: “La vostra parola Sì significhi Sì, il vostro No, No; poiché il di più è dal malvagio”. — Mt 5:33-37.
Con ciò Gesù non proibiva ogni giuramento, poiché egli stesso era sotto la Legge di Mosè, che in certi casi richiedeva che si giurasse. Infatti, quando Gesù venne processato, il sommo sacerdote gli chiese di giurare, ed egli non fece obiezione a ciò, ma rispose. (Mt 26:63, 64) Quello che Gesù voleva indicare è che non si devono avere due misure. Mantenere la parola data deve essere considerato un sacro dovere e si deve adempiere come un giuramento; la persona deve essere sincera in ciò che dice. Gesù spiegò ulteriormente il senso delle sue parole quando smascherò l’ipocrisia degli scribi e dei farisei dicendo loro: “Guai a voi, guide cieche, che dite: ‘Se qualcuno giura per il tempio, non è nulla; ma se qualcuno giura per l’oro del tempio, è obbligato’. Stolti e ciechi! Infatti, che cosa è più grande, l’oro o il tempio che ha santificato l’oro?” Poi aggiunse: “Chi giura per il cielo giura per il trono di Dio e per colui che vi siede sopra”. — Mt 23:16-22.
Con falsi ragionamenti e cavilli, gli scribi e i farisei, come fece notare Gesù, si giustificavano perché non mantenevano certi giuramenti, ma ciò significava essere disonesti con Dio e in effetti recava biasimo al suo nome (dato che gli ebrei erano un popolo dedicato a Geova). Geova disse espressamente di odiare il giuramento falso. — Zac 8:17.
Giacomo conferma le parole di Gesù. (Gc 5:12) Ma queste dichiarazioni da parte di Gesù e di Giacomo contro tale uso indiscriminato dei giuramenti non si devono intendere come divieti che impediscano al cristiano di giurare quando è necessario assicurare ad altri la serietà delle proprie intenzioni o la veracità di ciò che si dice. Per esempio, com’è illustrato dal comportamento di Gesù davanti al sommo sacerdote ebreo, un cristiano non avrebbe difficoltà a giurare in tribunale, poiché dirà la verità sia che giuri o no. (Mt 26:63, 64) Anche la decisione del cristiano di servire Geova Dio è un giuramento fatto a Lui, che per il cristiano è sacro. Gesù infatti considera alla stessa stregua giuramenti e voti. — Mt 5:33.
Anche l’apostolo Paolo, per dare maggiore vigore alla sua testimonianza, in 2 Corinti 1:23 e Galati 1:20 fa in effetti un giuramento. Inoltre si riferisce a un giuramento come al modo giusto e consueto per porre fine a una disputa e richiama l’attenzione sul fatto che Dio, “proponendosi di dimostrare più abbondantemente agli eredi della promessa l’immutabilità del suo consiglio, intervenne con un giuramento”, giurando per se stesso, dato che non poteva giurare per qualcuno più grande. Questo aggiunse alla sua promessa una garanzia legale e diede una duplice assicurazione mediante “due cose immutabili nelle quali è impossibile che Dio menta”, cioè la sua promessa e il suo giuramento. (Eb 6:13-18) Per di più Paolo fa notare che Cristo è stato fatto Sommo Sacerdote mediante il giuramento di Geova ed è divenuto garante di un patto migliore. (Eb 7:21, 22) Nelle Scritture troviamo oltre 50 casi in cui Geova stesso giura.
La notte dell’arresto di Gesù, l’apostolo Pietro negò tre volte di conoscere Gesù, e infine cominciò a maledire e a giurare. A questo proposito leggiamo: “Allora [Pietro] cominciò a maledire e a giurare: ‘Non conosco quell’uomo [Gesù]!’” (Mt 26:74) Pietro cercava pavidamente di convincere gli astanti che diceva la verità. Giurando affermava che ciò che diceva era vero e che in caso contrario doveva colpirlo qualche calamità. — Vedi anche MALEDIRE, MALEDIZIONE.