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Un paradiso spirituale su una terra inquinata

Un paradiso spirituale su una terra inquinata

Capitolo VIII

Un paradiso spirituale su una terra inquinata

1, 2. Fino a che punto hanno avuto successo gli sforzi umani di ridurre l’inquinamento della terra?

SU QUESTA terra vi sono ancora zone simili a un paradiso terrestre in piccole proporzioni. Tuttavia la loro esistenza è minacciata. Negli ultimi vent’anni la scienza si è seriamente occupata dell’inquinamento di tutto l’ambiente naturale del genere umano. Si sono compiuti sforzi per ridurre l’inquinamento della terra, delle acque e dell’aria, ma il processo di inquinamento continua e aumenta.

2 Si è riscontrato che certi piani ecologici non sono pratici né economicamente realizzabili. Vari progetti per la preservazione della bellezza e della salubrità della natura in zone scelte hanno dovuto cedere il passo alle necessità create dalla crisi energetica. L’intera terra è sempre più insalubre come dimora di pesci, uccelli, animali terrestri e dell’uomo. A causa della maniera di vivere dell’uomo e della sua cattiva amministrazione della terra, la sopravvivenza di ogni creatura vivente sul nostro pianeta è minacciata anche dal solo inquinamento ambientale.

3. Nonostante l’inquinamento dell’ambiente naturale, quale paradiso si espande, e da che anno?

3 Senza risentire il danno di tale inquinamento in tutta la terra, un paradiso spirituale fiorisce e si estende sempre più. Mentre si espande, sempre più persone dalla mente spirituale se ne rallegrano conducendo una vita più felice. Nutrono anche la speranza di vivere per sempre in un paradiso terrestre non inquinato. È ovvio che il naturale paradiso terrestre è ancora futuro; altrimenti non si permetterebbe l’ulteriore inquinamento dell’ambiente naturale dell’uomo. È oltre la capacità e la sapienza dell’uomo stesso restaurare l’originale dimora paradisiaca dell’uomo su questa terra. Ma dal primo anno di pace dopo la prima guerra mondiale, è stato piantato qui sulla terra un paradiso spirituale. Senza dubbio è il paradiso di cui scrive il cristiano apostolo Paolo nella sua seconda lettera alla congregazione che si trovava nel primo secolo a Corinto, in Grecia.

4. Cosa disse l’apostolo Paolo di questo paradiso nella sua seconda lettera ai cristiani di Corinto?

4 Scrivendo verso la metà del primo secolo, circa nel 55 E.V., disse a questa congregazione di compagni di fede: “Mi devo vantare. Non è utile; ma passerò alle visioni soprannaturali e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo unito a Cristo che, quattordici anni fa — se nel corpo non lo so, o fuori del corpo non lo so; Dio lo sa — fu rapito come tale al terzo cielo. Sì, conosco tale uomo — se nel corpo o separato dal corpo, non lo so, Dio lo sa — che fu rapito in paradiso e udì parole inesprimibili che all’uomo non è lecito dire. Di tale uomo mi vanterò, ma non mi vanterò di me stesso”. — 2 Corinti 12:1-5.

5. (a) Chi è l’“uomo unito a Cristo” di cui parla Paolo? (b) In considerazione di ciò, cosa intese quando disse: “Di tale uomo mi vanterò, ma non mi vanterò di me stesso”? (c) In quanto alla sua condizione quando ebbe quell’esperienza, perché disse: “Se nel corpo non lo so, o fuori del corpo non lo so”?

5 L’apostolo Paolo non parlava qui di qualche altro uomo, ma di se stesso. Comunque, parla di sé, quando ebbe la summenzionata incomparabile esperienza, quale uomo specialmente favorito da Dio; e dell’uomo che fu in quella posizione altamente favorita egli può giustamente vantarsi. Ma di sé come uomo comune senza tali rari privilegi concessi da Dio, non può appropriatamente vantarsi. La sua esperienza fu così realistica come se fosse stato proprio lì col suo corpo fisico, ma ragionevolmente il suo corpo fisico rimase sulla terra e ciò che provò fu uno stato di trance e quello che udì, lo udì allorché si trovò in tale trance. Se questa esperienza avvenne quattordici anni prima di scrivere la sua seconda lettera alla congregazione di Corinto, allora avvenne verso il 41 E.V., prima del suo iniziale viaggio missionario con Barnaba, che fu compiuto verso il 47/48 E.V. Se ciò che udì fosse ebraico o greco, lingue a lui note, o qualche lingua straniera che non si può tradurre nelle lingue umane conosciute, l’apostolo Paolo non lo specifica.

6. Cosa indica il suo riferimento al “terzo cielo”?

6 Essendo rapito al terzo cielo, Paolo non fu preso e trasportato nel corso del tempo fino al terzo di una serie di cieli che si succedessero l’uno all’altro. Fu preso e innalzato verticalmente e, siccome il numero tre o terzo è usato nella Bibbia come segno di intensità o enfasi, il “terzo cielo” indicherebbe l’altezza della sua elevazione, la sua qualità eccelsa. Non gli fece conoscere le cose dei cieli relativi alle persone spirituali nel senso in cui Gesù Cristo, che scese dal cielo e tornò ai cieli spirituali, conosce le invisibili cose celesti. In maniera figurativa, Paolo insieme ai conservi cristiani sulla terra era già seduto “nei luoghi celesti unitamente a Cristo Gesù”. (Efesini 2:6) Quindi che fosse rapito al “terzo cielo” significherebbe l’esaltazione di Paolo a un’elevazione spirituale al di sopra della posizione spirituale dei conservi cristiani. Senza dubbio ciò gli diede una tale perspicacia quale non aveva avuta prima, e questo si sarebbe manifestato nel suo modo di parlare e di scrivere.

7, 8. (a) Perché il “paradiso” di cui parla Paolo non è lo stesso menzionato in Rivelazione 2:7? (b) Perché il “paradiso” in cui Paolo fu rapito non era il “giardino di Eden”?

7 In quanto all’essere rapito in “paradiso”, questo è qui posto in relazione con il “terzo cielo”. Ciò farebbe pensare a qualche cosa di spirituale. Ma non indicherebbe che il paradiso a cui Paolo fu rapito fosse quello a cui si fa riferimento nel messaggio mandato dal glorificato Gesù Cristo alla congregazione di Efeso, in Asia Minore: “Chi ha orecchio oda ciò che lo spirito dice alle congregazioni: A chi vince concederò di mangiare dell’albero della vita, che è nel paradiso di Dio”. (Rivelazione 2:7) Questo “paradiso di Dio” è un paradiso simbolico negli invisibili cieli spirituali in cui carne e sangue non possono entrare e che gli occhi carnali non possono vedere. (1 Corinti 15:50) Né c’è alcuna indicazione che l’apostolo Paolo vedesse simboli di cose che sono negli invisibili cieli spirituali come li vide l’apostolo Giovanni, e di cui Giovanni ci fa la descrizione nel capitolo quattro di Rivelazione. Quindi è del tutto inverosimile che l’apostolo Paolo fosse rapito al “paradiso di Dio” per vederne l’“albero della vita”.

8 In quanto al paradiso terrestre originale, il “giardino di Eden”, in tale paradiso non c’è nulla di misterioso per le creature umane. Non è nulla che vada oltre l’esperienza umana, e la sua restaurazione sulla terra sotto il messianico regno di Dio è stata da tempo compresa secondo le profezie della Bibbia. (Genesi 3:8-24) Perciò l’apostolo Paolo non aveva bisogno di ricevere “visioni soprannaturali e . . . rivelazioni del Signore” per apprenderlo e conoscerlo. — 2 Corinti 12:1.

9, 10. (a) La visione data all’apostolo Paolo fu relativa a quale paradiso, esistente in quale tempo? (b) A cosa si riferivano le “parole inesprimibili”, e che cosa avrebbe significato esprimere quelle parole?

9 Vi è però un altro paradiso che le Sacre Scritture raffigurano profeticamente, dandocene perfino un prototipo storico nel paese di Giuda dopo l’esilio babilonese degli Ebrei. Questo paradiso è quello spirituale del nostro giorno, diciannove secoli dopo che l’apostolo Paolo fu rapito al “terzo cielo” e in “paradiso” in una visione soprannaturale. Ciò che Paolo udì durante quell’esperienza realistica, le “parole inesprimibili che all’uomo non è lecito dire”, si riferiva a questo paradiso spirituale allora futuro. Questa benedetta condizione dei veri discepoli di Cristo sarebbe venuta all’esistenza durante la sua “presenza” o parusia al “termine del sistema di cose”. — Matteo 24:3.

10 Paolo fu ispirato a predire l’“apostasia” religiosa che si sarebbe abbattuta sulla congregazione cristiana prima della “presenza del nostro Signore Gesù Cristo”, ma non gli fu lecito, come uomo, parlare di questo paradiso spirituale, di cui aveva udito “parole inesprimibili”. Far questo avrebbe voluto dire interpretare le profezie della Bibbia che hanno relazione con questo paradiso spirituale. — 2 Tessalonicesi 2:1-3; 2 Corinti 12:1-4.

LA “VIA DELLA SANTITÀ” CHE CONDUCE AL PARADISO SPIRITUALE

11. (a) Quando cominciò la “presenza” di Gesù Cristo? (b) A quel tempo Gesù Cristo divenne simile a quale antico regnante, e in che senso?

11 In precedenti pubblicazioni della Watch Tower Bible and Tract Society è stato scritturalmente provato che la “presenza del nostro Signore Gesù Cristo” cominciò alla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914, quando il messianico regno di Dio fu generato nei cieli invisibili. (Rivelazione 12:1-10) In quel tempo Gesù Cristo, appena intronizzato, fu simile al “servitore” che Dio unse anticamente, Ciro il Grande, conquistatore della Babilonia imperiale e liberatore dei prigionieri ebrei e dei loro leali compagni non ebrei. Assumendo tale ruolo in chiave moderna, Gesù Cristo liberò l’unto rimanente dei suoi fedeli seguaci che erano stati presi prigionieri da Babilonia la Grande e dai suoi amanti mondani durante la prima guerra mondiale del 1914-1918 E.V. Infrangendo la potenza di quell’impero mondiale della falsa religione, egli effettuò la restaurazione del rimanente degli Israeliti spirituali nel 1919 E.V. Ciò stupì e addolorò l’intero mondo religioso di quel tempo. — Rivelazione 11:7-13.

12. Quali domande si fanno qui circa il paradiso spirituale?

12 Molti nostri lettori possono ben chiedere: Perché e come l’unto rimanente dell’Israele spirituale di Geova entrò per la prima volta nel paradiso spirituale dal 1919 in poi? Non erano in un paradiso spirituale sulla terra prima che scoppiasse la prima guerra mondiale nel 1914 E.V.? Non erano in tale benedetta condizione spirituale nel favore di Dio, diciamo, dal luglio 1879 E.V. in poi, quando si cominciò a pubblicare la Torre di Guardia di Sion e Araldo della presenza di Cristo (inglese)? Noi più anziani che eravamo in vita prima della prima guerra mondiale e facevamo parte del rimanente dell’Israele spirituale possiamo rispondere No! a tali domande. In base a che cosa?

13. Prima del 1919, qual era l’unico paradiso a cui pensavano i servitori di Dio sulla terra?

13 Ebbene, un paradiso spirituale per il rimanente dell’Israele spirituale sulla terra era qualcosa di sconosciuto. L’unico paradiso futuro a cui si pensava era il paradiso letterale, materiale che doveva essere ripristinato sul nostro pianeta terrestre durante il regno millenario di Gesù Cristo e in cui doveva esserci la risurrezione del malfattore amichevole messo al palo, a cui Gesù disse: “Veramente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso”. (Luca 23:39-43) Anche il paradiso a cui si riferì l’apostolo Paolo in II Corinti 12:4 si riteneva che fosse quel paradiso, ‘la terra restaurata’. — Si veda il paragrafo 2 a pag. 648 del libro (inglese) La battaglia di Armaghedon, pubblicato nel 1897.

14. (a) Come si comprendevano in quegli anni le profezie di un paradiso che ebbero un’applicazione sull’antica nazione d’Israele? (b) Quindi quale applicazione di tali profezie non si comprendeva allora?

14 Inoltre si attendeva che le profezie adempiute anticamente in piccole proporzioni sulla nazione d’Israele nel sesto secolo avanti la nostra Èra Volgare, avessero un finale adempimento moderno sui circoncisi Ebrei naturali col loro ritorno in Palestina. (Per esempio, si veda nei numeri della Torre di Guardia del 1892, la pagina 63, su Ezechiele 36:22-36). O si pensava che le profezie adempiute sull’antico Israele in piccole proporzioni avrebbero avuto il loro adempimento maggiore e completo durante il regno millenario di Cristo, una volta che Satana il Diavolo fosse stato legato e imprigionato nell’abisso. (Per esempio, Isaia capitolo 35). Così l’adempimento moderno di tali profezie sul rimanente dell’Israele spirituale era completamente sconosciuto, oscurato, incompreso, proprio come lo è per le chiese della cristianità fino a questo giorno. Infatti fino all’anno 1932 gli stessi cristiani testimoni di Geova avevano l’impressione che il ritorno degli Ebrei carnali in Palestina e l’istituzione di uno stato ebraico fossero un adempimento della profezia divina.

15. Cosa attendeva il rimanente riguardo all’anno 1914, e poi, per l’anno 1918?

15 Inoltre, il rimanente dell’Israele spirituale aveva atteso da decenni, sì, dal 1876, la fine dei Tempi dei Gentili nell’autunno del 1914. Aspettavano che il messianico regno di Dio fosse allora pienamente stabilito nei cieli e anche che il rimanente dell’Israele spirituale fosse a quel tempo glorificato con Gesù Cristo nel regno celeste. Tutto l’intendimento delle Sacre Scritture era diretto in tal senso o modificato secondo tale idea. E quando il 1914 finì fra le fiamme della prima guerra mondiale e il rimanente dell’Israele spirituale si trovò ancora qui sulla terra, furono inclini a pensare che sarebbero stati glorificati nel 1918, tre anni e mezzo dopo la fine dei Tempi dei Gentili. (Luca 21:24; Daniele 4:16, 23, 25, 32) Le loro penose esperienze con i bandi e le persecuzioni della prima guerra mondiale non furono considerate come un esilio babilonico da cui dovessero esser liberati dopo la prima guerra mondiale. Non attendevano la restaurazione nel pieno favore di Geova sulla terra per un’opera di testimonianza in tutto il mondo.

16. Quali sviluppi avuti dal 1919 il rimanente prima di quell’anno non prevedeva?

16 Così prima della sua liberazione nel 1919 il rimanente dell’Israele spirituale non era affatto consapevole di un paradiso spirituale. L’opera che è stata compiuta da quell’anno fino alle più lontane estremità della terra era ben lungi dai loro pensieri! Dal loro studio della Bibbia non avevano ancora compreso che era venuto il tempo in cui Geova si sarebbe fatto un nome. (Isaia 63:14; Geremia 32:20; 2 Samuele 7:23) Non si rendevano conto che sarebbero stati loro a far conoscere il nome personale di Dio fino ai più lontani angoli della terra e ad annunciare l’istituito regno messianico di Dio a tutte le nazioni entro e fuori della cristianità. (Matteo 24:14) Non prevedevano i meravigliosi adempimenti delle profezie bibliche di cui sarebbero stati testimoni e la sempre crescente comprensione delle Sacre Scritture che avrebbero avuta. Non prevedevano che sarebbero stati impiegati per radunare da tutte le nazioni una “grande folla” di credenti simili a pecore nel benedetto stato del favore di Dio. — Rivelazione 7:9-17.

17. (a) Ebbe dunque il rimanente alcuna consapevolezza d’essere in un paradiso spirituale prima del 1919 E.V.? (b) Tuttavia, quale adempimento del capitolo 35 di Isaia comprendono ora?

17 La consapevolezza di essere in un paradiso spirituale non attraversò neanche la mente del rimanente dell’Israele spirituale in quell’anno di liberazione e restaurazione, il 1919 E.V. Ma oggi, in questa tarda data del “tempo della fine” di questo sistema di cose, capiscono la grandiosità dell’adempimento della profezia di Isaia capitolo trentacinque, avvenuto su di loro in senso spirituale dal 1919. Com’è raffigurato in quella fulgida profezia, essi hanno percorso la “Via della Santità” e sono pervenuti in un paradiso spirituale nonostante l’inquinamento della terra ad opera dell’uomo.

LA PROFEZIA DEL PARADISO SI AVVERA

18. Quale contrasto accresce notevolmente la bellezza della profezia del capitolo 35 di Isaia?

18 La profezia del capitolo trentacinque di Isaia, bella in se stessa, acquista una bellezza ancora maggiore per la ragione che viene immediatamente dopo la solenne profezia di una desolazione e di un deserto estremi e senza fine. Tale luttuoso stato doveva essere l’espressione della vendetta divina su una biasimevole nazione, nazione sorella degli Israeliti. Quella nazione era discesa da Esaù, gemello maggiore del patriarca Giacobbe o Israele. Avendo venduto il diritto di primogenitura a Giacobbe per una porzione di stufato rosso, a Esaù venne dato il nomignolo di Edom (che significa “rosso”), e questo nome rimase alla nazione dei suoi discendenti. (Genesi 25:30) L’antico paese di Edom si trovava fra il mar Morto e il golfo di ‘Aqaba, a cavallo dell’Araba. — Isaia 34:5-17.

19, 20. (a) La trasformazione del paese di chi è predetta in Isaia 35:1, 2, e cosa mostra questo? (b) Su chi la profezia ebbe il suo primo adempimento?

19 Un “deserto” assai diverso è quello di cui si parla nel capitolo trentacinque di Isaia che inizia con bellezza poetica dicendo: “Il deserto e la regione senz’acqua esulteranno, e la pianura del deserto gioirà e fiorirà come lo zafferano. Senza fallo fiorirà, e realmente gioirà con gioia e con grido di letizia. Gli si deve dare la gloria dello stesso Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Lì saranno quelli che vedranno la gloria di Geova, lo splendore del nostro Dio”. — Isaia 35:1, 2.

20 Qui è predetta la trasformazione di un paese, la restaurazione di una terra alla bellezza paradisiaca. Quale paese? Il paese di coloro di cui nell’ultimo versetto del capitolo viene detto: “E i medesimi redenti da Geova torneranno e per certo verranno a Sion con grido di gioia; e allegrezza a tempo indefinito sarà sulla loro testa. Essi otterranno esultanza e allegrezza, e mestizia e sospiri dovranno fuggire”. (Isaia 35:10) Nell’antico o primo adempimento della profezia i redenti che tornarono a Sion o Gerusalemme appartenevano al popolo del profeta Isaia, al popolo dell’antico paese di Giuda. Al tempo di Isaia un re unto sedeva ancora su quello che era chiamato il “trono di Geova” a Gerusalemme. Infatti Isaia profetizzò durante i successivi regni di quattro re giudei, Uzzia, Iotam, Acaz ed Ezechia. — Isaia 1:1.

21, 22. (a) Ai giorni di Isaia fu il paese di Giuda una distesa desolata? (b) Quando il paese fu desolato, e per quanto tempo?

21 Ai giorni di Isaia il paese di Giuda non era ancora ridotto allo stato indicato nel capitolo trentacinque della sua profezia. È vero che l’imperatore assiro, il re Sennacherib, aveva invaso il paese e aveva assoggettato alcune città e aveva causato notevole devastazione. Quando questo invasore pagano minacciò boriosamente di conquistare Gerusalemme, mediante un miracolo Geova lo costrinse a tornare in patria con disonore. Benché molto danneggiato, il paese di Giuda non fu lasciato spopolato dagli Assiri, nel senso che, a suo tempo, i precedenti abitanti dovessero tornare da un esilio per riedificare Sion.

22 Inoltre, l’“allegrezza” che gli Ebrei provarono alla meravigliosa cacciata degli Assiri dal paese di Giuda non durò “a tempo indefinito”. Perché no? Perché il secolo seguente Gerusalemme e il suo tempio furono distrutti, il “trono di Geova” occupato dai re giudei fu rovesciato, e l’intero paese di Giuda rimase desolato senza abitante umano né animale domestico. I superstiti deportati fecero molto cordoglio nel paese straniero di Babilonia mentre la diletta patria era così desolata per settant’anni. Ciò che Isaia aveva predetto era dunque il loro ritorno dall’esilio in Babilonia.

23. (a) Quando la profezia riguardante l’abbellimento del paese ebbe adempimento in piccole proporzioni? (b) Quando cominciò ad aver luogo l’adempimento maggiore della profezia, e quale parallelo è evidente se si confronta il paese dell’antico Israele con la condizione spirituale del rimanente dell’Israele spirituale?

23 Dopo che gli Ebrei esiliati erano tornati da Babilonia nel 537 a.E.V. ebbe un adempimento in piccole proporzioni la profezia che sarebbero stati abbelliti il “deserto”, “la regione senz’acqua” e “la pianura del deserto” di Giuda. Il più grande e finale adempimento, l’adempimento spirituale, cominciò ad aver luogo sul rimanente degli Israeliti spirituali nel 1919 E.V., dopo il loro ritorno dall’esilio lungi dal favore di Dio in Babilonia la Grande. Oltre a subire i cattivi effetti dell’influenza religiosa e politica di Babilonia la Grande prima della prima guerra mondiale, la condizione spirituale degli Israeliti spirituali fu ridotta a una distesa desolata e a una pianura desertica al tempo della prima guerra mondiale, di cui Babilonia la Grande fu la principale responsabile, guerra di cui essa si servì contro il rimanente degli Israeliti spirituali. Ma quando l’Onnipotente Dio Geova cominciò a liberare il rimanente dei suoi adoratori dalla schiavitù babilonica nel 1919, quale trasformazione della loro condizione spirituale ci fu sulla terra!

24. Perché durante la prima guerra mondiale il “paese” dell’Israele spirituale era divenuto arido e improduttivo?

24 Durante la prima guerra mondiale la mancanza della pioggia di benedizioni e dell’espressa benedizione di Dio aveva dato luogo a un’arida zona improduttiva per quanto riguardava i loro privilegi e l’osservanza dei loro obblighi scritturali verso Geova Dio. Egli non poteva benedire il timore degli uomini che essi mostravano in certa misura e le restrizioni religiose che questo imponeva loro. Non poteva benedire la contaminazione col mondo guerrafondaio da cui si erano lasciati infettare, specialmente non seguendo la condotta di assoluta neutralità verso le lotte internazionali di questo mondo. Non poteva benedirli per il fatto che si preoccupavano più della glorificazione promessa loro nel regno celeste che dell’opera di testimonianza mondiale che egli aveva in mente per loro sulla terra a sostegno del neonato regno messianico. In tali condizioni inadeguate non potevano produrre i “frutti” del Regno al tempo in cui si dovevano produrre tali frutti. — Matteo 21:43.

25. Tuttavia, come era indicato nelle Scritture, quale cambiamento poteva fare il rimanente?

25 Ma il riprensibile rimanente degli Israeliti spirituali poteva pentirsi della sua condotta biasimevole, una volta che ciò fosse stato portato alla sua attenzione. Potevano rendersi conto delle loro mancanze e trasgressioni riguardo al compimento della volontà divina e potevano quindi correggersi appena compresa la giusta condotta da tenere. Ciò facendo avrebbero eliminato i motivi della disapprovazione di Dio e del suo rifiuto di benedirli. L’antica profezia della restaurazione dell’eletto popolo di Geova aveva detto: “E per certo farò d’esse e dei dintorni del mio colle una benedizione, e farò scendere a suo tempo il rovescio di pioggia. Vi saranno rovesci di pioggia di benedizione”. — Ezechiele 34:26.

26. (a) Cosa doveva dunque accadere prima che potesse esserci un paradiso spirituale? (b) Come la promessa che “gli si deve dare la gloria dello stesso Libano” ci aiuta a capire la condizione spirituale del ristabilito rimanente di Geova?

26 Questa pioggia di benedizioni sarebbe dovuta avvenire prima che potesse esserci qualsiasi trasformazione della condizione del ristabilito rimanente, la cui condizione era divenuta simile a quella di un “deserto”, di una “regione senz’acqua”, di una “pianura del deserto”. Lo splendore della condizione spirituale del ristabilito rimanente di Geova può oggi comprendersi dai paragoni profetici che si fanno. Per esempio: “Gli si deve dare la gloria dello stesso Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron”. (Isaia 35:1, 2) Basti pensare ai monti del Libano che in quei tempi antichi erano coperti di magnifici alberi sempreverdi, circa i quali Geova aveva ispirato il suo profeta a dire: “A te [Sion] verrà la medesima gloria del Libano, il ginepro, il frassino e il cipresso nello stesso tempo, per abbellire il luogo del mio santuario; e io glorificherò il medesimo luogo dei miei piedi”. (Isaia 60:13) L’antico Libano era così bello che Geova lo paragonò al Giardino di Eden, dicendo al re di Tiro, città che si trova nel Libano: “Mostrasti d’essere in Eden, il giardino di Dio”. — Ezechiele 28:11-13.

27. Cosa aggiunge al quadro l’espressione “lo splendore del Carmelo”?

27 Altre belle scene con cui Isaia poté fare confronti furono “lo splendore del Carmelo e di Saron”. La catena montuosa del Carmelo si protende verso ovest per terminare in un imponente promontorio quasi a picco sul mar Mediterraneo, presso Haifa. Molto appropriatamente l’innamorato del Cantico di Salomone poté dire alla sua diletta Sulammita: “La tua testa su di te è come il Carmelo”. (Cantico di Salomone 7:5; confronta Geremia 46:18). Il nome Carmelo significa “frutteto” o “paese fruttifero”. Il monte ben rispondeva al suo nome quando era adorno di vigne e frutteti, come ai giorni del re Uzzia di Gerusalemme. — 2 Cronache 26:10.

28. Quando udiamo che la condizione spirituale del rimanente ristabilito è simile allo “splendore . . . di Saron”, che cosa ci viene alla mente?

28 In realtà, anticamente, lo “splendore del Carmelo” era famoso. Ma che dire dello “splendore . . . di Saron”? La menzione del nome fa venire alla mente la pianura costiera che si estendeva a nord della città portuale di Ioppe (che significa “bella”) e che era coperta di fiori variopinti. (Atti 9:35) Vengono alla mente anche le parole della diletta Sulammita: “Io sono un semplice zafferano della pianura costiera [o di Saron]”. (Cantico di Salomone 2:1, NW, margine). O, come dice La Bibbia di Gerusalemme (ediz. inglese), citando le sue parole: “Sono la rosa di Saron”. E The New English Bible: “Sono un asfodelo in Saron”. (Anche NW, margine) Veramente l’antica Saron ebbe un suo proprio “splendore”.

29. Così, per mezzo del profeta Isaia, quale quadro ci è dipinto della restaurata condizione del rimanente?

29 Se a tutti questi piacevoli aspetti aggiungiamo le parole iniziali del profeta Isaia: “Il deserto e la regione senz’acqua esulteranno, e la pianura del deserto gioirà e fiorirà come lo zafferano”, ci viene raffigurato un quadro di assoluta bellezza, con ben scelte parole ispirate. (Isaia 35:1) Tale è l’aspetto trasformato che la condizione spirituale un tempo desolata del rimanente dell’Israele spirituale deve assumere dopo la restaurazione nel favore di Geova.

30. (a) A chi va il merito di questa meravigliosa trasformazione? (b) Chi sono quelli che vedono l’adempimento della profezia e ne danno gloria a Dio?

30 Questo aspetto trasformato di una condizione rifletterà le meravigliose opere di chi? L’ispirato Isaia risponde con le parole: “Lì saranno quelli che vedranno la gloria di Geova, lo splendore del nostro Dio”. (Isaia 35:2) Solo l’Iddio che ha il più alto senso della bellezza, il Creatore, poteva fare una tal cosa, cambiare la luttuosa vista di settant’anni di desolazione in una scena attraente per mezzo di una nazione ristabilita. I rimpatriati Israeliti dei tempi antichi videro adempiersi in piccole proporzioni questa profezia. Quelli che oggi hanno visto adempiere la profezia in proporzioni maggiori, che abbracciano tutto il globo, sono stati i cristiani adoratori di Geova che, dalla schiavitù religiosa a Babilonia la Grande, sono stati ristabiliti nella giusta condizione sulla terra. Agli occhi degli antichi Babilonesi frustrati la bellezza del paese di Giuda che avevano desolato non fu una vista piacevole. Agli occhi della moderna Babilonia la Grande la bellezza della condizione spirituale dell’unto rimanente degli Israeliti spirituali non è una vista rallegrante.

31. In quale altro modo si potrebbe intendere l’espressione “Lì saranno quelli”?

31 Può darsi però che con l’espressione “Lì saranno quelli” si debbano intendere “il deserto e la regione senz’acqua . . . e la pianura del deserto” della desolata condizione del popolo di Dio. Questi luoghi erano stati nella loro triste condizione per così tanto tempo, per sette decenni, che non si attendevano di vedere più cose migliori. Ma essendo mutata la loro condizione e avendo ora gloria e splendore come quelli del Libano e del Carmelo e di Saron, questi luoghi videro nella loro stessa trasformazione “la gloria di Geova, lo splendore del nostro Dio”.

32. Da quando il rimanente ha visto nella trasformazione della propria condizione spirituale “lo splendore del nostro Dio”?

32 Quali parole di speranza dunque la profezia di Isaia aveva per il popolo di Dio che era in una condizione temporaneamente desolata! Al tempo del loro stato devastato durante la prima guerra mondiale del 1914-1918 E.V., il prigioniero rimanente degli Israeliti spirituali non comprese la corretta applicazione della profezia e non ne trasse perciò il conforto che poteva dar loro. Ma ora, specialmente da che la profezia fu spiegata nel libro Rivendicazione, Volume II, pubblicato nel 1932 E.V., vedono nella trasformazione della loro condizione spirituale “la gloria di Geova, lo splendore del nostro Dio”.

RAFFORZATI PER L’OPERA DEL REGNO DOPO L’ESILIO

33. Che cosa rese specialmente appropriata l’esortazione riportata in Isaia 35:3, 4?

33 Per l’afflitto popolo di Dio sarebbe naturalmente stato difficile credere alle parole del profeta Isaia che ravvivavano la speranza, in particolar modo mentre si avvicinava il tempo stabilito per l’adempimento di quelle parole, e bisognava prepararsi ad agire. Pertanto, è molto appropriata l’esortazione che ora interrompe la descrizione profetica del bel quadro della restaurazione: “Rafforzate le mani deboli, e rendete ferme le ginocchia che vacillano. Dite a quelli che sono di cuore ansioso: ‘Siate forti. Non temete. Ecco, il vostro proprio Dio verrà con la vendetta stessa, Dio pure con una ricompensa. Egli stesso verrà e vi salverà’”. — Isaia 35:3, 4.

34, 35. (a) Quando l’apostolo Paolo citò questa profezia, chi aveva bisogno di rafforzarsi? (b) Quali esperienze avevano avuto quegli Ebrei divenuti cristiani?

34 Nel lontano primo secolo della nostra Èra Volgare, l’apostolo Paolo citò questa esortazione profetica scrivendo agli Ebrei divenuti cristiani a Gerusalemme. Egli disse: “Quindi raddrizzate le mani cadenti e le ginocchia indebolite, e continuate a fare sentieri diritti per i vostri piedi, affinché ciò che è zoppo non si sloghi, ma anzi sia sanato”. (Ebrei 12:12, 13) Quegli Ebrei divenuti cristiani avevano bisogno di rafforzarsi. Avevano subìto come cristiani esperienze che li avevano notevolmente disciplinati. Paolo ne parla quando dice:

35 “Continuate a ricordare i giorni precedenti nei quali, dopo essere stati illuminati, sosteneste una grande gara nelle sofferenze, a volte mentre eravate esposti come in un teatro sia a biasimi che a tribolazioni, e a volte mentre eravate partecipi con quelli che avevano tale esperienza. Poiché esprimeste simpatia per quelli in prigione e accettaste con gioia la rapina dei vostri averi, sapendo d’avere voi stessi un possedimento migliore e durevole”. — Ebrei 10:32-34.

36. In che modo tale trattamento per mano dei persecutori è come una disciplina dal Padre celeste, e in vista di quale obiettivo?

36 L’apostolo Paolo paragona tale duro trattamento per mano dei persecutori alla disciplina che il Padre celeste, permettendo tale persecuzione, impartisce ai suoi figli devoti sulla terra. Anche Gesù Cristo, nostro Esempio, ricevette tale disciplina dal Padre celeste. (Ebrei 12:1-6) Dando un’ulteriore spiegazione l’apostolo Paolo prosegue: “È per la disciplina che perseverate. Dio tratta con voi come con figli. Poiché qual è il figlio che il padre non disciplina? Ma se voi siete senza la disciplina della quale tutti son divenuti partecipi, siete realmente figli illegittimi e non figli. Inoltre, avevamo i padri che erano della nostra carne per disciplinarci, e rendevamo loro rispetto. Non ci sottoporremo molto di più al Padre della nostra vita spirituale e vivremo? Poiché essi ci disciplinavano per pochi giorni secondo ciò che sembrava loro bene, ma egli lo fa per il nostro profitto acciocché partecipiamo alla sua santità. Veramente, nessuna disciplina sembra al presente esser gioiosa, ma dolorosa; ma a quelli che ne sono stati addestrati produce poi un pacifico frutto, cioè giustizia”. — Ebrei 12:7-11.

37. Perché furono dunque incoraggiati a rafforzarsi gli uni gli altri?

37 A causa della severa disciplina che quegli Ebrei divenuti cristiani avevano ricevuta, l’apostolo Paolo cita poi Isaia 35:3 e lo applica a loro. Rafforzandosi così gli uni gli altri, non sarebbero venuti meno nel sopportare la disciplina, ma nel tempo stabilito da Dio avrebbero ricevuto la ricompensa. — Ebrei 12:12.

38. Dopo la prima guerra mondiale, perché c’era speciale bisogno che il rimanente rafforzasse le mani deboli e rinsaldasse le ginocchia vacillanti?

38 Similmente, in tempi moderni, sopportando persecuzioni e avversità per mano di Babilonia la Grande e dei suoi complici mondani, l’unto rimanente degli Israeliti spirituali ebbe dure esperienze disciplinari. Naturalmente, quando finì la prima guerra mondiale l’11 novembre 1918 e si trovarono nel periodo del dopoguerra, di cui non conoscevano allora la durata, avevano bisogno di rafforzare le mani indebolite e di rinsaldare le ginocchia vacillanti. Ora si doveva intraprendere la più grande opera della storia della congregazione cristiana dalla Pentecoste del 33 E.V. Dovevano iniziare l’opera del dopoguerra con passo deciso, non zoppicando su due opinioni, ma convinti che Dio li guidava nella giusta direzione. I Tempi dei Gentili erano finiti nel 1914 E.V. Il regno messianico era nato nei cieli, e tutti i segni predetti che si accumulavano ne davano prova. Ora era tempo di andare avanti, uniti, come testimoni del regno messianico di Geova.

39, 40. (a) Come nel 1919 fu detto all’unto rimanente: “Siate forti. Non temete”? (b) Quale prova di intrepidezza diede il discorso pubblico dell’assemblea di Cedar Point?

39 Come noi più anziani sappiamo bene, a questo rimanente dei coeredi del regno di Cristo accadeva qualcosa di sorprendente, qualcosa del tutto inatteso secondo l’intendimento che allora avevamo delle profezie bibliche. Eravamo inclini ad essere “di cuore ansioso”. Ma veramente ci fu detto: “Siate forti. Non temete”. (Isaia 35:4) Questa esortazione fu vigorosamente espressa nell’articolo in due parti intitolato “Benedetti gli intrepidi”, pubblicato nei numeri della Torre di Guardia del 1° e del 15 agosto 1919. Oltre a ciò l’assemblea generale di otto giorni che si tenne a Cedar Point, nell’Ohio, dal 1° all’8 settembre 1919, fu una stimolante esperienza, e lì si diede risalto alla coraggiosa affermazione “Benedetti gli intrepidi”.

40 A differenza di ciò che era avvenuto nelle assemblee regionali di quattro giorni tenute dall’unto rimanente nel 1918 E.V. mentre infuriava ancora la prima guerra mondiale, alle quali non si annunciò e non si tenne nessun discorso pubblico, l’aspetto culminante del Congresso di Cedar Point del 1919 fu il discorso pubblico tenuto all’aperto dal presidente della Watch Tower Society, J. F. Rutherford, sul soggetto “Speranza per l’afflitta umanità”. In quella conferenza l’oratore dichiarò intrepidamente che la Lega delle Nazioni che allora veniva proposta per promuovere la pace e l’abbondanza mondiale non avrebbe avuto il favore di Dio. Non era “l’espressione politica del Regno di Dio sulla terra”, come asseriva il clero della cristianità. Quelli fra i 7.000 presenti a Cedar Point (Ohio) che sopravvissero all’inizio della seconda guerra mondiale nel settembre 1939 videro che l’oratore aveva detto loro la verità. La Lega delle Nazioni promossa dal clero era venuta meno come protettrice della pace mondiale. La seconda guerra mondiale le inferse un colpo mortale e la gettò in un abisso. Ma il vero regno messianico nato nei cieli nel 1914 continua a regnare e a essere annunciato sulla terra dai cristiani testimoni di Geova.

41. Quindi, nel 1919, cosa indicavano le prove che era avvenuto nel caso del rimanente dell’Israele spirituale di Geova?

41 Così nel 1919 era venuto il tempo perché il rimanente dell’Israele spirituale di Geova dimostrasse al mondo che era stato liberato da Babilonia la Grande. Cominciarono ad accumularsi le prove che erano stati ristabiliti nel Suo favore e che Egli li aveva costituiti suoi testimoni cristiani. D’altra parte, le prove del disfavore di Dio su Babilonia la Grande si andavano moltiplicando, ammassandosi fino al cielo. Essa non sarebbe più stata in grado, nemmeno in tempo di guerra, di mandare in esilio i cristiani testimoni di Geova e di mettere a tacere la testimonianza del Regno.

42. (a) Contro chi era tempo che Dio venisse con “vendetta”, e perché? (b) Quale parte avrebbe avuto in ciò il rimanente dell’Israele spirituale?

42 La fortificante esortazione della profezia di Isaia dava la certezza: “Ecco, il vostro proprio Dio verrà con la vendetta stessa, Dio pure con una ricompensa. Egli stesso verrà e vi salverà”. (Isaia 35:4) Il primo congresso generale del dopoguerra a Cedar Point (Ohio) nel 1919, e la ripresa dell’opera di testimonianza pubblica quello stesso anno, costituirono un segno chiaramente visibile che Geova Dio aveva salvato il rimanente degli Israeliti spirituali dalla terribile schiavitù a Babilonia la Grande. Ora Egli aveva l’occasione di venire con vendetta contro quell’impero mondiale della falsa religione che ha origine da Satana il Diavolo attraverso l’antica Babilonia sul fiume Eufrate. Ora era tempo che Geova ricompensasse Babilonia la Grande per ciò che aveva fatto alla sua nazione dell’Israele spirituale durante i secoli della nostra Èra Volgare. Ora avrebbe impiegato il rimanente dell’Israele spirituale per dichiarare il giorno della Sua vendetta e come avrebbe ricompensato Babilonia la Grande e i suoi complici politici e militari. — Isaia 61:1, 2; 2 Tessalonicesi 1:6.

TRASFORMAZIONE DI QUELLI IMPEDITI IN SENSO RELIGIOSO

43. Quale effetto dell’azione di Dio a favore del suo popolo previde il profeta Isaia?

43 Quale reazione previde il profeta Isaia alla stimolante esortazione che fu incaricato di comunicare agli adoratori di Geova la cui condizione religiosa era stata per un tempo come un “deserto”, una “regione senz’acqua” e una “pianura del deserto”? Quale sarebbe stato su di loro l’effetto della venuta di Dio per salvarli, mentre allo stesso tempo recava vendetta e ricompensa sui loro oppressori e desolatori? “In quel tempo”, risponde il profeta, “gli occhi dei ciechi saranno aperti, e i medesimi orecchi dei sordi saranno sturati. In quel tempo lo zoppo salterà proprio come fa il cervo, e la lingua di chi è senza parola griderà di gioia. Poiché nel deserto saranno sgorgate le acque, e torrenti nella pianura del deserto. E la terra riarsa sarà divenuta come uno stagno folto di canne, e la terra assetata come fonti d’acqua. Nel luogo di dimora degli sciacalli, luogo di dimora per loro, vi sarà erba verde con canne e piante di papiri”. — Isaia 35:5-7.

44. Cosa s’intende con l’apertura degli “occhi dei ciechi”, e come avvenne questo nel 537 a.E.V.?

44 Liberazione dalla tenebrosa prigione! Ecco cosa significava aprire gli occhi dei ciechi. Gli occhi si illuminarono per l’opera di liberazione che Geova aveva riservata al suo Servitore messianico per il tempo giusto, dicendogli: “Ti salvaguardavo per darti come patto [o pegno] per il popolo, per riabilitare il paese, per far riprendere possesso dei possedimenti ereditari desolati, per dire ai prigionieri: ‘Uscite!’ a quelli che sono nelle tenebre: ‘Rivelatevi!’” (Isaia 49:8, 9) Quindi nel 537 a.E.V., dopo che l’antica Babilonia era caduta nelle mani del conquistatore persiano Ciro il Grande, Dio fece uscire il popolo esiliato dalla lunga prigionia in Babilonia, perché vedesse la luce della libertà nei propri “possedimenti ereditari”, nella propria diletta patria.

45. Quale apertura degli “occhi dei ciechi” si ebbe nel 1919?

45 Similmente nel 1919 E.V. Geova fece uscire l’unto rimanente, i cui occhi erano stati accecati dalla prigionia in Babilonia la Grande, affinché vedessero la luce del suo favore nella loro ristabilita condizione spirituale. Con l’andar del tempo i loro occhi videro sempre meglio la crescente bellezza della loro condizione spirituale.

46. In che modo i loro orecchi erano “sordi”, ma a che cosa ha dato luogo l’aprirsi dei loro orecchi?

46 In quanto ai loro orecchi dell’intendimento spirituale, erano divenuti sordi alle profezie bibliche della loro restaurazione e dell’opera di testimonianza mondiale che avrebbero dovuto compiere dopo essere stati liberati da Babilonia la Grande. Non avevano udito spiegare il corretto significato di quelle profezie. Ora, dopo il ritorno nella ravvivata condizione spirituale, cominciarono a udire tali profezie spiegate dall’organizzazione di Dio e ad afferrare il senso di tali profezie che ora si adempivano. Si è avverata fedelmente la promessa divina: “In quel giorno i sordi per certo udranno le parole del libro, e dalla caligine e dalle tenebre perfino gli occhi dei ciechi vedranno. E i mansueti per certo accresceranno la loro allegrezza in Geova stesso, e pure i poveri del genere umano gioiranno nello stesso Santo d’Israele”. (Isaia 29:18, 19) Fino a questo giorno gli orecchi dei cristiani adoratori di Geova rimangono aperti ai messaggi che vengono dalle profezie svelate. Essi mantengono i propri orecchi sensibili ai comandi divini che vengono dalla sua Parola scritta rispetto all’opera del Regno da compiere ora in tutta la terra.

47. (a) In che senso il rimanente era stato zoppo? (b) Come fu predetto, in che modo “salterà proprio come fa il cervo”?

47 Un miracolo spirituale è anche avvenuto riguardo allo “zoppo”. Il rimanente dell’Israele spirituale era stato azzoppato da Babilonia la Grande per mezzo delle autorità politiche, giudiziarie e militari del paese. La loro opera pubblica con la più ampia libertà di religione era stata gravemente ostacolata. Ma quando si udì l’esortazione che Dio diede per mezzo di Isaia e furono rafforzate le mani deboli e furono rese ferme le ginocchia vacillanti, gli Israeliti spirituali ripresero a camminare con passo costante, deciso e sicuro. Com’era stato predetto: “In quel tempo lo zoppo salterà proprio come fa il cervo”. Furono vigorosamente intraprese ardue attività nel servizio del regno di Geova. Ci fu un salto, un balzo, nell’opera da compiere per predicare “questa buona notizia del regno . . . in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”. (Matteo 24:14) Figurativamente parlando, c’era un salto da fare per organizzare tutti i ristabiliti Israeliti spirituali per la predicazione del messaggio del Regno di casa in casa.

48. Quando “la lingua di chi è senza parola” cominciò a ‘gridare’, e quale ne fu la causa?

48 “E la lingua di chi è senza parola griderà di gioia”. (Isaia 35:6) Anche questo si adempì quando il rimanente dell’Israele spirituale fu ristabilito nella giusta condizione spirituale nell’èra del dopoguerra. Avevano molto per cui lodare l’Iddio della loro salvezza mentre osservavano la trasformazione della loro condizione sulla terra. Invece di continuare a struggersi per la loro dimora celeste, trovarono la vita più piacevole nella loro condizione spirituale sulla terra. “Poiché nel deserto saranno sgorgate le acque, e torrenti nella pianura del deserto”. La vita nel servizio del regno di Dio qui sulla terra divenne per loro spiritualmente ristoratrice. Acqua di vita cominciò a fluire dalla Sacra Bibbia che lo spirito di Dio rendeva più comprensibile e il significato delle profezie divenne più pieno e veramente incoraggiante. Non era questa una stimolante ragione perché i ristabiliti adoratori di Geova, la lingua dei quali era stata “senza parola” a causa della desolazione spirituale precedente, ‘gridassero di gioia’? Sì, veramente!

49. Come predisse Isaia 35:7, cos’altro risultò dalla benedizione di Geova sul suo popolo?

49 Il risultato delle copiose benedizioni che Dio riversò sul ristabilito rimanente dell’Israele spirituale fu che gli altri rallegranti aspetti della profezia di Isaia si avverarono in senso figurato dinanzi ai loro occhi: “E la terra riarsa sarà divenuta come uno stagno folto di canne, e la terra assetata come fonti d’acqua. Nel luogo di dimora degli sciacalli, luogo di dimora per loro, vi sarà erba verde con canne e piante di papiri”. — Isaia 35:7.

50. (a) A che cosa fa pensare la menzione degli “sciacalli”? (b) Quale cambiamento indica la comparsa di “erba verde con canne e piante di papiri”?

50 La menzione degli sciacalli fa pensare a scene di desolazione. Lo sciacallo è una specie di cane selvatico che si nutre di carogne e frequenta zone solitarie e selvagge e perfino zone quasi desertiche. La loro presenza suggerisce l’idea di regioni aride e desolate. Se fosse lasciata in tale stato di aridità, la dimora e il luogo di riposo degli sciacalli non sarebbe una desiderabile abitazione per gli uomini. Essi griderebbero e pregherebbero per avere acqua, sorgenti, pioggia. Con tale irrigazione si formerebbero nelle depressioni stagni folti di canne. Vi crescerebbero anche piante di papiro. E verdi tappeti erbosi coprirebbero la pianura un tempo deserta. Gli uomini vi prenderebbero dimora e gli ululati e i guaiti degli sciacalli non renderebbero più sinistra la caligine della notte. Un simile cambiamento straordinario cominciò nel 537 a.E.V.

51, 52. (a) Come questa parte della profezia si adempì per quanto riguardava la patria degli Ebrei esiliati? (b) In modo simile, che cosa è avvenuto dal 1919 E.V.?

51 Prima della desolazione del paese del regno di Giuda per opera dei Babilonesi, che scesero dal settentrione, il profeta Geremia aveva predetto cosa avrebbe portato la loro venuta, dicendo: “Ascoltate! Una notizia! Ecco, è venuta, anche un gran pestare dal paese del nord, per fare delle città di Giuda una distesa desolata, il covo degli sciacalli”. Inoltre, quale portavoce di Geova, egli dice: “Farò di Gerusalemme mucchi di pietre, il covo degli sciacalli; e farò delle città di Giuda una distesa desolata, senza abitante”. — Geremia 10:22; 9:11.

52 Di conseguenza, quando gli Ebrei esiliati partirono da Babilonia e tornarono in patria dopo che era stata una distesa disabitata per settant’anni, c’erano tane, luoghi di dimora, luoghi di riposo degli sciacalli che dovevano essere trasformati in zone erbose, con placidi specchi d’acqua sulle cui rive potevano crescere canne e piante di papiro. Quindi gli Ebrei rimpatriati conquistarono la distesa desolata, e gli sciacalli se ne andarono. In modo simile, simbolicamente parlando, dal 1919 E.V. in poi cominciò un cambiamento negli aspetti esteriori della condizione spirituale del liberato rimanente dell’Israele spirituale. Da allora in poi, furono scoperti ed eliminati quelli che inquinavano la loro condizione spirituale. Ma riguardo alle nazioni mondane, esse continuarono a inquinare il globo terrestre come non mai. Nonostante questo inquinamento mondiale, ecco, i cristiani testimoni di Geova hanno coltivato un paradiso spirituale, con la Sua benedizione e a onore del Suo nome!

[Domande per lo studio]

[Immagine a pagina 145]

J. F. Rutherford parla al congresso di Cedar Point (Ohio) nel 1919