Vai direttamente al contenuto

Vai direttamente all’indice

La comunicazione nel mondo che ci circonda

La comunicazione nel mondo che ci circonda

La comunicazione nel mondo che ci circonda

“Senza la comunicazione, ogni individuo sarebbe un’isola separata da tutte le altre”. — Stephen Hart, Il linguaggio degli animali. *

IN UN tratto di foresta, nella savana o anche nel vostro giardino potrebbero esserci diversi animali intenti a comunicare fra loro. Il libro Il linguaggio degli animali dice: “Questi [gli animali] usano tutti i sensi, mimando con parti e posizioni del corpo; inviano e ricevono misteriosi segnali mediante l’odore — non così misteriosi nel caso di una moffetta spaventata —; squittiscono, strillano, cantano e cinguettano; inviano e ricevono segnali elettrici; emettono luce; cambiano la pigmentazione della pelle; “ballano”; e perfino picchiettano e fanno vibrare il terreno su cui camminano”. (Cit., pp. 153-4) Ma quale significato hanno tutti questi segnali?

Per scoprire il significato dei segnali emessi dagli animali gli scienziati devono condurre attente osservazioni. Per esempio hanno notato che quando un piccolo pollo di razza bantam vede un predatore di terra, come una donnola, per lanciare l’allarme emette un kuk, kuk, kuk acuto. Se invece scorge un falco, emette un unico, lungo urlo. Ogni richiamo provoca una pronta reazione adatta al tipo di pericolo, e questo dimostra che gli uccelli comunicano informazioni con un significato preciso. Si è notato che anche altri uccelli ricorrono a segnali analoghi che trasmettono informazioni specifiche.

“Uno dei modi principali in cui si studia la comunicazione negli animali”, dice il libro Songs, Roars, and Rituals (Canti, ruggiti e rituali), “consiste nel registrare il segnale pertinente e farlo poi riascoltare agli animali per vedere se reagiscono in maniera prevedibile”. I polli bantam sottoposti a questi esperimenti hanno avuto le stesse reazioni osservate quando erano in libertà. Questo metodo funziona anche con i ragni. Per capire da cosa è attratta la femmina del ragno lupo quando viene corteggiata da un maschio che cerca di far colpo su di lei agitando le zampe anteriori munite di ciuffi di pelo, alcuni ricercatori hanno videoregistrato un maschio e hanno manipolato il filmato con tecniche digitali eliminando i ciuffi di pelo dalle zampe. Quando il video veniva fatto vedere alla femmina, questa perdeva improvvisamente interesse. La conclusione? Evidentemente le femmine del ragno lupo sono attratte solo dai maschi che agitano le zampe con i ciuffi!

Segnali olfattivi

Molti animali si scambiano segnali secernendo potenti sostanze chimiche dette feromoni, di solito attraverso ghiandole speciali oppure mediante l’urina o le feci. Proprio come un recinto con una targhetta o un numero identifica la proprietà di un essere umano, i feromoni segnano e delimitano il territorio di alcuni animali, fra cui i cani e i gatti. Pur essendo invisibile, questa forma molto efficace di marcatura permette agli animali della stessa specie di mantenersi alla distanza ottimale gli uni dagli altri.

Ma i feromoni non servono solo a marcare il territorio. Sono simili a una tabella d’informazioni chimiche che gli altri animali “leggono” con grande interesse. I segnali olfattivi usati per marcare il territorio, dice un libro sulla comunicazione fra gli animali, “probabilmente contengono informazioni aggiuntive su chi abita quel territorio, come età, sesso, forza fisica e altre capacità, [nonché] in che fase del ciclo riproduttivo si trova . . . L’odore dei segnali lasciati dall’animale è una specie di carta d’identità che lo identifica individualmente”. (How Animals Communicate) Com’è comprensibile, certi animali prendono molto seriamente i propri segnali olfattivi, cosa che sanno bene i guardiani degli zoo. I guardiani hanno osservato che quando le gabbie o i recinti vengono lavati, molti animali provvedono immediatamente a marcare di nuovo il loro territorio. Anzi, l’opera appena citata dice che “l’assenza del proprio odore risulta stressante per l’animale, può provocare un comportamento anomalo e addirittura la sterilità”.

I feromoni hanno un ruolo importante anche nel mondo degli insetti. I feromoni di allarme, per esempio, determinano la sciamatura e il comportamento di attacco. I feromoni di aggregazione attirano gli individui verso una sorgente di nutrimento o un sito adatto alla nidificazione. Tra questi feromoni ci sono quelli sessuali, verso i quali alcune creature sono molto sensibili. Il maschio del bombice del gelso, o baco da seta, ha due antenne complesse che somigliano a minuscole e delicate felci. Queste antenne sono così sensibili che possono segnalare la presenza di una singola molecola di feromone sessuale della femmina! Sono sufficienti circa 200 molecole perché il maschio si metta alla ricerca della femmina. La comunicazione attraverso segnali chimici, però, non è circoscritta al mondo animale.

Piante “parlanti”

Sapevate che le piante sono in grado di comunicare fra loro e perfino con certi animali? Come riferisce la rivista Discover, alcuni ricercatori dei Paesi Bassi hanno osservato che le piante del fagiolo di Lima, quando sono attaccate dall’acaro delle foglie (o ragno rosso), secernono una sostanza chimica che funge da SOS e attira altri acari che si avventano sull’acaro parassita. In modo simile, quando le piante di granturco, di tabacco e di cotone sono invase dai bruchi emettono sostanze chimiche volatili che attirano le vespe, nemiche mortali dei bruchi. Una ricercatrice ha detto: “La pianta non si limita a dire: ‘Mi hanno danneggiata’; dice anche specificamente chi le sta facendo del male. È un sistema meravigliosamente complesso”.

Altrettanto sorprendente è il modo in cui le piante comunicano fra loro. Secondo Discover, i ricercatori hanno “osservato salici, pioppi, ontani e betulle che ascoltavano piante della loro specie e pianticelle d’orzo che facevano la stessa cosa con altre pianticelle d’orzo. In ciascun caso le piante danneggiate, sia che fossero divorate da bruchi, attaccate da funghi o muffe, [o] infestate da acari, . . . emanavano sostanze chimiche che sembravano attivare le difese delle piante indenni che erano nelle vicinanze”. Perfino piante non imparentate fra loro reagivano ai segnali chimici d’allarme.

Quando una pianta viene attaccata o viene messa in allarme contro un possibile attacco, appronta le proprie difese. Fra queste ci sono tossine che uccidono gli insetti, oppure sostanze che ostacolano o addirittura inibiscono la capacità dell’invasore di digerire la pianta. In futuro le ricerche in questo campo affascinante potrebbero portare a ulteriori scoperte elettrizzanti, alcune delle quali forse risulteranno anche utili all’agricoltura.

“Alfabeto Morse” con le luci

In un articolo sulle lucciole l’ecologista Susan Tweit ha scritto: “Con le loro lucette volanti che brillano sotto le stelle hanno aggiunto un tocco di magia alla scialba periferia in cui vivo”. Questi coleotteri comunicano mediante un vocabolario fatto di luci che “va da una semplice luminescenza come segnale d’allarme a un complesso botta e risposta di lampeggiamenti fra potenziali partner”, dice la Tweit. Il colore della loro luce va dal verde al giallo o addirittura all’arancione. Dato che le femmine in genere non volano, la maggior parte del luccichio intermittente che vediamo è prodotto dai maschi. — Vedi il riquadro “ La luce fredda della lucciola”.

Ognuna delle 1.900 specie di lucciole emette luce secondo un modulo a sé. Potrebbe trattarsi di tre impulsi luminosi a intervalli di un secondo circa, o di una serie di impulsi di lunghezza e a intervalli diversi. Quando è alla ricerca di una compagna, il maschio ronza nei paraggi trasmettendo segnali secondo il suo codice di corteggiamento. “Una femmina riconosce la sequenza di impulsi luminosi”, dice la rivista Audubon, e “risponde con un lampeggiamento che significa ‘Ci sto’ eseguito rispettando i tempi caratteristici di quella specie”. Il maschio riconosce il silenzioso invito e vola da lei.

Maestri di canto alati

Nel suo libro La vita degli uccelli, David Attenborough dice: “Per durata, varietà e complessità non vi è vocalizzazione prodotta da altri animali che possa essere paragonabile a quella degli uccelli”. * I canti degli uccelli non sono prodotti nella gola ma in un organo detto siringe, che si trova all’estremità inferiore della trachea, dove questa si separa nei due rami che raggiungono i polmoni.

Il repertorio vocale degli uccelli è in parte innato e in parte appreso dai genitori. Perciò gli uccelli di una certa zona possono perfino sviluppare un proprio accento tipico. La vita degli uccelli dice: “I merli che discendono dagli esemplari portati nel XIX secolo in Australia per allietare con suoni famigliari i coloni europei possiedono oggi un particolare accento australiano”. (Cit., p. 178) Le vocalizzazioni del maschio dell’uccello lira, considerate tra le più complesse e melodiose del regno degli uccelli, sono apprese quasi interamente da altri uccelli. In effetti, questi uccelli sono imitatori talmente abili che riescono a riprodurre quasi tutti i suoni che sentono, inclusi strumenti musicali, cani che abbaiano, allarmi antifurto, colpi d’ascia e addirittura il motorino di avanzamento della pellicola nelle macchine fotografiche! Ovviamente, tutte queste imitazioni sono eseguite principalmente con l’obiettivo di far colpo sulla femmina.

I picchi, che di norma utilizzano il becco per estrarre il cibo, sono i percussionisti del mondo degli uccelli, e trasmettono segnali ad altri uccelli colpendo col becco un tronco cavo o un ramo capaci di produrre una certa risonanza. Inoltre, dice Attenborough, alcuni “sfruttano nuovi e interessanti strumenti . . . : un tetto di metallo ondulato o una tubatura idrica”. (Op. cit., p. 172) Gli uccelli comunicano anche attraverso linguaggi visivi, con o senza accompagnamento musicale. Per esempio possono lanciarsi messaggi dispiegando le stupende penne colorate.

Quando proclama il proprio territorio, il maschio del cacatua delle palme, una specie australiana, fa un po’ di tutto: percussione, vocalizzazione, movimenti ritmici ed esibizione delle penne. Stacca un ramoscello adatto e reggendolo con una zampa lo percuote su un tronco cavo. Allo stesso tempo dispiega le ali, apre a ventaglio il ciuffo di penne, fa dondolare la testa avanti e indietro ed emette strilli acuti: davvero una parata spettacolare!

Alcuni richiami sono riconosciuti anche da altri animali. È il caso dell’indicatore, un piccolo uccello simile al tordo diffuso prevalentemente in Africa. Come suggerisce il nome, con il suo verso caratteristico l’indicatore segnala a un ratelo, un mustelide detto anche tasso del miele, un albero in cui si trova un alveare. Quando l’uccello si posa sull’albero o nelle sue vicinanze emette un richiamo diverso che in effetti vuole dire “il miele è qui vicino”. Il tasso individua l’albero, fa uno squarcio nel tronco e soddisfa la sua passione per le cose dolci.

Comunicare sott’acqua

Dopo l’introduzione degli idrofoni, dispositivi d’ascolto subacqueo, i ricercatori sono rimasti sbalorditi scoprendo quanti suoni provengono dagli abissi. Da un leggero ronzio a uno stridore, fino ad arrivare a veri e propri strilli, questi suoni abbondano a tal punto che i sommergibilisti li hanno sfruttati per mascherare i rumori prodotti dalle loro manovre. I suoni dei pesci, però, non sono emessi senza uno schema preciso. Nel suo libro Secret Languages of the Sea (I linguaggi segreti del mare), il biologo marino Robert Burgess dice: “Laddove un pesce potrebbe grugnire, schioccare la lingua e fare un rumore che sembra un abbaio e poi ripetere il tutto con precisione, un altro potrebbe emettere un ‘clic’ e un colpo secco e la volta dopo un rumore stridulo”.

Come fanno i pesci a emettere suoni senza le corde vocali? Alcuni, dice Burgess, usano certi muscoli “attaccati alle pareti della vescica natatoria, che è simile a un palloncino, per far vibrare quelle pareti finché la vescica” suona come un tamburo. Altri pesci digrignano i denti oppure aprono e chiudono gli opercoli branchiali producendo un rumore sordo o un colpo secco. Si tratta solo di suoni privi di significato? A quanto pare no. Come gli animali terrestri, i pesci emettono suoni per “attirare il sesso opposto, per orientarsi, per difendersi dai nemici e per comunicare e intimidire”, dice Burgess.

I pesci sono anche dotati di un buon udito. Molte specie hanno un orecchio interno e possiedono lungo ciascun lato del corpo una fila di recettori che reagiscono agli stimoli di pressione. Questi recettori, che costituiscono la cosiddetta “linea laterale”, sono in grado di percepire le onde di pressione emesse dal suono che viaggia attraverso l’acqua.

I comunicatori della terra per antonomasia

“Studiando il linguaggio umano”, ha scritto il linguista Noam Chomsky, “ci avviciniamo a quella che alcuni definirebbero ‘l’essenza umana’, le qualità caratteristiche della mente che sono, per quanto ne sappiamo, esclusivo appannaggio dell’uomo”. Barbara Lust, docente di linguistica e psicologia dello sviluppo, ha detto: “I bambini di appena tre anni possiedono già una conoscenza della struttura linguistica e della sintassi così complessa e accurata da sfidare qualunque teoria nota sull’apprendimento per riuscire a spiegare come sia stata acquisita”.

La Bibbia, però, provvede una spiegazione ragionevole di quel miracolo che è il linguaggio umano. Ascrive questo dono a Geova Dio, il Creatore, che ha fatto l’umanità a sua “immagine”. (Genesi 1:27) Ma in che modo le nostre capacità linguistiche riflettono le caratteristiche divine?

Prendiamo, ad esempio, la capacità di attribuire nomi. Frank Dance, docente di comunicazione verbale, ha scritto che gli esseri umani “sono le uniche creature in grado di dare nomi”. Nelle Scritture è evidente che questa è una caratteristica divina. Proprio all’inizio del racconto della creazione, la Bibbia ci dice che Dio chiamò “la luce Giorno, ma chiamò le tenebre Notte”. (Genesi 1:5) Stando a Isaia 40:26, Dio evidentemente diede un nome a ciascuna stella: un’impresa colossale!

Dopo che Dio ebbe creato Adamo, uno dei primi compiti che gli affidò fu quello di dare un nome agli animali. Quel compito deve aver messo alla prova lo spirito d’osservazione e la fantasia di Adamo! In seguito Adamo chiamò sua moglie Eva, e lei a sua volta chiamò il loro primo figlio Caino. (Genesi 2:19, 20; Genesi 3:20; 4:1, nota in calce) Da allora gli esseri umani si sono prodigati per dare un nome a qualunque cosa possibile e immaginabile, e tutto a vantaggio della comunicazione. In effetti, pensate come sarebbe difficile comunicare in modo intelligente se non esistessero i nomi.

Oltre ad avere la capacità e la volontà di dare un nome alle cose, l’uomo ha tante altre capacità legate alla comunicazione, e non tutte sono verbali. Non c’è praticamente limite a ciò che possiamo trasmetterci gli uni gli altri, dai concetti complicati ai sentimenti più teneri. Eppure, come vedremo, c’è una particolare forma di comunicazione che le supera tutte.

[Note in calce]

^ par. 2 Trad. di P. Conversano, Mondadori, Milano, 1998, p. 9.

^ par. 18 Trad. di S. Bertoncini, De Agostini, Novara, 1999, p. 155.

[Riquadro/Immagine a pagina 6]

 LA LUCE FREDDA DELLA LUCCIOLA

Una lampadina a incandescenza disperde oltre il 90 per cento della sua energia sotto forma di calore. La lucciola produce la sua luce sfruttando reazioni chimiche complesse con un meccanismo che ha un’efficienza del 90-98 per cento e una dispersione di calore quasi nulla. Per questo si può dire che produce luce fredda. Le reazioni chimiche da cui si genera la luce avvengono in cellule specializzate dette fotociti, che vengono “accese” e “spente” da appositi nervi.

[Fonte]

John M. Burnley/Bruce Coleman Inc.

[Riquadro/Immagine alle pagine 8 e 9]

COME MIGLIORARE LA CAPACITÀ DI COMUNICARE

1. Quando gli altri parlano ascoltate con interesse, e non monopolizzate la conversazione. Una parola pronunciata male o un errore di grammatica si tollerano, mentre non si è altrettanto indulgenti con chi vuole parlare ma non è disposto ad ascoltare. La Bibbia dice che bisogna essere ‘pronti a udire, lenti a parlare’. — Giacomo 1:19.

2. Interessatevi del mondo che vi circonda. Ampliate le vostre letture, ma con giudizio. Quando parlate di ciò che avete imparato, fatelo con modestia e umiltà. — Salmo 5:5; Proverbi 11:2.

3. Arricchite il vostro vocabolario ma con parole utilizzabili nella vita pratica, non con termini ampollosi che attirano l’attenzione. Di Gesù la gente diceva: “Nessun altro uomo ha mai parlato così”. (Giovanni 7:46) Eppure, perfino “uomini illetterati e comuni” riuscivano a capire senza difficoltà ciò che diceva. — Atti 4:13.

4. Parlate con chiarezza e pronunciate le parole correttamente. Evitate, però, di avere una dizione troppo precisa o ricercata. Quando parliamo in modo chiaro, non farfugliando e non mangiandoci le parole, conferiamo dignità al discorso e mostriamo considerazione per chi ci ascolta. — 1 Corinti 14:7-9.

5. Riconoscete che la capacità di comunicare è un dono divino. Così sarete motivati a usarla con il dovuto rispetto. — Giacomo 1:17.

[Immagine a pagina 5]

I bombici del gelso possiedono antenne estremamente sensibili

[Fonte]

Cortesia di Phil Pellitteri

[Immagine alle pagine 6 e 7]

Picchio

[Immagine a pagina 7]

Uccello del paradiso

[Fonte]

© Michael S. Yamashita/CORBIS

[Immagine a pagina 7]

Cacatua delle palme australiano

[Fonte]

Roland Seitre