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Desideri e bisogni dei bambini

Desideri e bisogni dei bambini

Desideri e bisogni dei bambini

DAL momento della nascita il neonato ha bisogno di tenere cure, che includono carezze e contatto epidermico. Alcuni medici ritengono che le prime 12 ore dopo la nascita siano determinanti. Dicono che subito dopo il parto ciò di cui la madre e il bambino hanno maggiormente bisogno e desiderio non è “né il sonno né il cibo, ma di toccarsi e coccolarsi, di guardarsi e ascoltarsi”. * — T. R. Verny e J. Kelly, op. cit., p. 94.

I genitori sollevano, abbracciano, accarezzano e coccolano il loro bambino istintivamente. Il piccolo a sua volta si affeziona ai genitori e risponde alle loro attenzioni. Questo legame è così forte che i genitori faranno di continuo sacrifici per prendersi cura del loro piccino.

D’altra parte, se manca questo legame d’amore il neonato potrebbe letteralmente deperire e morire. Perciò alcuni medici ritengono che sia importante che il bambino venga dato alla madre immediatamente dopo il parto. Secondo loro la madre e il bambino dovrebbero stare vicini per almeno 30-60 minuti.

Nonostante l’importanza che alcuni danno al legame tra madre e neonato, in certi ospedali il contatto precoce può essere difficile, se non impossibile. Spesso i neonati vengono separati dalla madre per proteggerli dal pericolo d’infezione. Alcuni studi, comunque, indicano che la percentuale di infezioni mortali potrebbe addirittura diminuire quando i neonati stanno con la madre. Così, sempre più ospedali sono favorevoli a permettere un contatto precoce più lungo fra i due.

Preoccupazioni riguardo al legame tra madre e bambino

Alcune madri non si affezionano al loro bambino nel momento stesso in cui lo vedono. Così si chiedono: ‘Mi sarà difficile sentirmi emotivamente vicina al mio bambino?’ È vero, non tutte le madri si innamorano del loro piccino a prima vista. Tuttavia non c’è motivo di essere ansiose.

Anche quando l’amore materno non è immediato, può svilupparsi appieno in seguito. Una madre esperta osserva: “Niente di ciò che accade alla nascita è tanto determinante da condizionare di per sé, in bene o in male, la vostra relazione con il bambino”. Tuttavia, se aspettate un bambino e avete dei timori, potrebbe essere saggio parlarne in anticipo con l’ostetrico. Esprimete chiaramente i vostri desideri, spiegando quando e per quanto tempo volete interagire con il neonato.

“Parlami!”

Sembra che ci siano determinati periodi di tempo in cui i bambini sono particolarmente sensibili a stimoli specifici. Dopo un po’ questi periodi finiscono. Per esempio, i bambini imparano con facilità una lingua, e anche più di una. Ma sembra che il periodo in cui la mente è più ricettiva per imparare le lingue volga al termine intorno ai cinque anni.

Dopo che il bambino ha raggiunto i 12-14 anni, imparare una lingua può essere un’impresa. Secondo Peter Huttenlocher, esperto di neurologia pediatrica, a quell’età “la densità e il numero delle sinapsi nelle aree del cervello preposte al linguaggio diminuiscono”. È chiaro che i primi anni di vita sono fondamentali per acquisire la capacità di parlare una lingua.

Come fanno i bambini a riuscire nell’impresa di imparare a parlare, che è così importante per il resto dello sviluppo cognitivo? Principalmente grazie alle interazioni verbali con i genitori. I bambini rispondono in particolare agli stimoli che provengono da altri esseri umani. “Il neonato . . . imita la voce della madre”, osserva Barry Arons, del Massachusetts Institute of Technology. È interessante, però, che i neonati non imitano tutti i suoni. Come osserva Arons, il neonato “non riproduce i cigolii della culla che sente contemporaneamente alla voce della madre”.

Genitori di culture diverse comunicano con i loro bambini piccoli usando tutti lo stesso modo di parlare ritmico che alcuni definiscono “genitorese”. Quando la madre o il padre parlano in modo affettuoso, il battito cardiaco del neonato accelera. Si ritiene che questo aiuti il bambino a mettere in relazione le parole con gli oggetti ad esse associati. Senza proferire parola il neonato dice: “Parlami!”

“Guardami!”

È stato dimostrato che all’incirca nel primo anno di vita il bambino sviluppa un attaccamento emotivo con l’adulto che si prende cura di lui, di solito la madre. Se il bambino si sente sicuro di questo legame, ha meno difficoltà nei rapporti con gli altri rispetto ai bambini che non hanno uno stretto legame col genitore. Si ritiene che questo legame con la madre si debba instaurare prima dei tre anni.

Cosa può succedere nel caso che il neonato venga trascurato durante questo periodo cruciale in cui la sua mente è altamente ricettiva alle influenze esterne? Martha Farrell Erickson, che ha seguito 267 madri e i loro figli per oltre 20 anni, esprime questa opinione: “Il bambino che è trascurato viene lentamente ma inesorabilmente fiaccato nello spirito finché non sente più il desiderio di stabilire una relazione con altri o di esplorare il mondo”.

Per spiegare cosa pensa delle serie conseguenze che derivano dal trascurare i bisogni emotivi del neonato, il dottor Bruce Perry dell’Ospedale Infantile del Texas afferma: “Se mi chiedeste di prendere un bambino di 6 mesi e di scegliere fra rompergli tutte le ossa o ignorarlo a livello emotivo per due mesi, direi che per il bambino sarebbe meglio che gli si rompessero tutte le ossa”. Perché? Secondo Perry “le ossa possono ricomporsi, ma se il cervello del bambino non viene stimolato per due mesi in un periodo così critico, rimarrà per sempre disorganizzato”. Non tutti ritengono che questo danno sia irrimediabile. Comunque, studi scientifici indicano che un ambiente che soddisfi i bisogni emotivi è essenziale per la mente del bambino.

“In breve”, dice un libro sull’argomento, i neonati “sono pronti ad amare e ad essere amati”. (Infants) Quando un bambino piange, spesso sta implorando i suoi genitori di guardarlo. È importante che i genitori reagiscano in modo affettuoso. Grazie a queste interazioni il neonato si rende conto che è in grado di far conoscere i suoi bisogni agli altri. Sta imparando a stringere relazioni sociali.

‘Non è che vizierò il bambino?’

Forse vi chiedete: ‘Se mi precipito ogni volta che il bambino piange, non è che lo vizierò?’ È possibile. Le opinioni al riguardo variano tantissimo. Poiché ogni bambino è diverso, di solito i genitori devono determinare cosa funziona meglio nel loro caso. Comunque alcune ricerche recenti indicano che quando il neonato ha fame, è inquieto o è agitato il suo organismo produce ormoni legati allo stress, e lui esprime il suo disagio piangendo. A quanto pare, quando il genitore risponde ai bisogni del bambino e li soddisfa, comincia a creare nel cervello del bambino le reti neuronali che aiutano quest’ultimo a imparare a tranquillizzarsi. Inoltre, secondo la dottoressa Megan Gunnar, il bambino che ha ricevuto cure amorevoli produce meno cortisolo, un ormone legato allo stress. E anche quando si agita, la sua reazione allo stress si esaurisce prima.

“Infatti”, dice la Erickson, “i bambini che hanno ricevuto attenzione in modo sollecito e coerente, specialmente durante i primi 6-8 mesi di vita, piangono meno dei bambini che sono stati ignorati quando piangevano”. È anche importante variare il modo in cui si risponde al pianto del bambino. Se si reagisce sempre nello stesso modo, ad esempio dandogli da mangiare o prendendolo in braccio, il bambino può davvero diventare viziato. A volte può bastare rispondere al suo pianto dicendo qualcosa. Oppure può essere efficace andargli vicino e parlargli dolcemente all’orecchio. Potrebbe anche essere sufficiente toccargli la schiena o il pancino con la mano.

“Piangere è il mestiere del bambino”, si dice in Oriente. Per il bambino piangere è il modo principale per comunicare cosa vuole. Come vi sentireste se foste ignorati ogni volta che chiedete qualcosa? Come dovrebbe quindi sentirsi il vostro bambino, così indifeso se non c’è qualcuno che si prende cura di lui, se lo trascuraste ogni volta che desidera attenzione? Ma chi dovrebbe prendersi cura di lui quando piange?

Chi si deve occupare del bambino?

Secondo un censimento fatto di recente negli Stati Uniti, dalla nascita fino alla terza elementare il 54 per cento dei bambini vengono regolarmente accuditi da persone che non sono i genitori. Forse molte famiglie hanno bisogno di due entrate per arrivare alla fine del mese. E molte madri si mettono in maternità per alcune settimane o alcuni mesi, se è possibile, per prendersi cura del loro bambino. Ma chi si occuperà del bambino in seguito?

Naturalmente non ci sono regole categoriche per prendere tali decisioni. Comunque, è bene ricordare che il bambino è ancora vulnerabile durante questo importante periodo della sua vita. I genitori faranno bene a considerare seriamente la cosa insieme. Per decidere cosa fare devono valutare attentamente le varie possibilità.

“Sta diventando sempre più chiaro che lasciare che a crescere i nostri figli siano strutture per l’infanzia, anche le migliori che ci siano, non sostituisce il tempo di cui i bambini necessitano da parte del padre e della madre”, afferma Joseph Zanga, dell’Accademia Americana di Pediatria. Alcuni esperti hanno espresso la preoccupazione che i bambini affidati agli asili e agli asili nido non abbiano la possibilità di interagire con chi si prende cura di loro nella misura in cui ne hanno bisogno.

Alcune madri che lavoravano, consapevoli dei bisogni fondamentali del loro bambino, hanno preferito rimanere a casa piuttosto che lasciare che fossero altri a prendersi cura dei loro figli a livello emotivo. Una donna ha detto: “Sono stata ricompensata con una soddisfazione che onestamente ritengo che nessun altro lavoro avrebbe potuto darmi”. Naturalmente le pressioni economiche non permettono a tutte le madri di fare questo tipo di scelta. Molti genitori non hanno altra alternativa che servirsi di strutture per l’infanzia, così fanno uno sforzo extra per dare al bambino attenzione e affetto quando sono insieme. Allo stesso modo molti genitori soli che lavorano, pur avendo poche possibilità di scelta a questo riguardo, fanno sforzi eccezionali per crescere i loro figli e hanno ottimi risultati.

Essere genitori può essere un compito gioioso ed entusiasmante. Ma è anche difficile e impegnativo. Come ci si può riuscire?

[Nota in calce]

^ par. 2 In questi articoli Svegliatevi! presenta le idee di diversi esperti di pedagogia, dal momento che i risultati di ricerche di questo tipo possono essere utili e istruttivi per i genitori. Bisogna riconoscere, comunque, che tali idee nel corso del tempo sono spesso soggette a cambiamenti e revisioni, a differenza dei princìpi biblici che Svegliatevi! sostiene senza riserve.

[Riquadro/Immagine a pagina 6]

“Bambini silenziosi”

Alcuni medici in Giappone dicono che sono in aumento i casi di bambini che non piangono e non ridono. Il pediatra Satoshi Yanagisawa li definisce “bambini silenziosi”. Perché i bambini smettono di esprimere le loro emozioni? Alcuni medici ritengono che il problema si verifichi perché vengono privati del contatto con i genitori. La chiamano apatia forzata. Secondo una teoria, se il bisogno di comunicare viene costantemente ignorato o frainteso alla fine i bambini si chiudono in se stessi.

Se al bambino non viene dato lo stimolo appropriato al momento giusto, la parte del suo cervello che lo mette in condizione di capire gli altri potrebbe non svilupparsi, afferma Bruce Perry, primario di psichiatria all’Ospedale Infantile del Texas. Se i bisogni emotivi dei bambini vengono trascurati in maniera estrema, la loro capacità di provare empatia può andare irrimediabilmente perduta. Perry ritiene che in alcuni casi l’uso di stupefacenti, l’abuso di alcool o la violenza degli adolescenti possono ricollegarsi a queste prime esperienze di vita.

[Immagine a pagina 7]

Il legame fra genitore e bambino diventa più forte man mano che i due comunicano