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Uno sguardo al mondo

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Il fenomeno degli ingorghi

Vi siete mai chiesti perché dopo essere andati per un po’ a rilento nel traffico, tutto a un tratto ricominciate a procedere a velocità normale senza capire cosa avesse provocato il rallentamento? “Esistono ragioni empiriche per uno strazio quale il traffico a passo d’uomo anche in assenza di incidenti o di pavimentazione dissestata”, osserva il Wall Street Journal. “Le auto si comportano un po’ come le molecole di un gas”. Basta un lieve rallentamento a produrre “un’onda di compressione” i cui effetti si ripercuotono sulle auto molto più indietro, costringendole ad andare a passo d’uomo. “Secondo una stima, il 75% degli ingorghi non hanno nessuna ragione apparente”, dice il giornale. “La causa c’è stata ed è stata risolta ore prima, ma gli effetti permangono”. Adottare percorsi alternativi per evitare ingorghi può essere utile se le strade sono relativamente libere. Ma via via che le strade si riempiono di macchine e altri autisti fanno la stessa cosa, “le probabilità di azzeccare la strada più libera non superano quelle di scegliere la fila più rapida alla cassa del supermercato”, dice l’articolo. “Gli autisti rilassati in effetti se la cavano meglio di quelli che si affannano a cercare il percorso più rapido”.

Giovanissimi assuefatti alla nicotina

“Per assuefarsi alla nicotina a un ragazzino potrebbe bastare la prima boccata di fumo”, riferisce il giornale canadese National Post. “La straordinaria scoperta smentisce l’idea prevalente secondo cui la dipendenza dalla nicotina sarebbe un processo lento che si verifica solo dopo aver fumato molto per diversi anni”. In uno studio effettuato nel corso di circa sei anni su 1.200 adolescenti, i ricercatori hanno riscontrato che “l’assuefazione fisica è molto più forte della pressione dei coetanei, anche fra quelli che fumavano solo di rado”, diceva il giornale. Da questa ricerca risulta che “molti ragazzi, tra il momento in cui fumano la prima sigaretta e quello in cui iniziano a fumare ogni giorno, manifestano i sintomi di dipendenza dalla nicotina”. I ricercatori dicono che le campagne contro il fumo dovrebbero essere mirate non solo ad aiutare i ragazzi a resistere alla tentazione di fumare, ma anche ad aiutare quelli che hanno fumato a vincere la dipendenza dalla nicotina.

Belli puliti o troppo puliti?

Alla fine della giornata molti hanno l’abitudine di fare una lunga doccia o un lungo bagno caldo. Tuttavia “la pulizia meticolosa potrebbe causare molti problemi alla pelle”, avverte il giornale australiano The Daily Telegraph. “Alcuni fanno la doccia troppo spesso e troppo a lungo, e usano prodotti che non vanno bene per la loro pelle”. La dermatologa Megan Andrews spiega: “A tutti piace sentirsi belli puliti ma chi esagera nella pulizia danneggia la propria pelle . . . Uno si sente bene, ma si fa del male”. Perché? Perché l’abitudine di lavarsi con troppo zelo lascia la pelle “priva degli oli naturali, interferisce con i microrganismi che fungono da barriera protettiva ed espone l’organo più grande che abbiamo a screpolature e piccole ferite”, dice il giornale, osservando che il clima secco invernale “è particolarmente preoccupante”. La Andrews raccomanda di non fare più di una breve doccia al giorno.

Un pessimo consiglio

“Fino agli anni ’70 del secolo scorso la maggior parte dei villaggi del Bangladesh e del Bengala Occidentale [in India] avevano pozzi poco profondi oppure attingevano l’acqua da stagni o fiumi, e regolarmente si diffondevano colera, dissenteria e altre malattie trasmesse dall’acqua”, dichiara il Guardian Weekly. “Poi l’ONU consigliò di scavare pozzi profondi in modo da raggiungere le falde acquifere (che sono trattenute in rocce molto porose e permeabili) e così trovare acqua pura, priva di agenti patogeni”. Almeno 20 milioni di pozzi furono scavati in Bangladesh, Vietnam, Laos, Birmania (ora Myanmar), Thailandia, Nepal, Cina, Pakistan, Cambogia e Bengala Occidentale. Molti pozzi, però, hanno raggiunto strati di sedimenti ricchi di arsenico che giacciono in profondità. Il risultato è stato un avvelenamento da arsenico di tale portata che l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo definisce “il più grande avvelenamento in massa di una popolazione della storia”. Da due decenni, circa 150 milioni di persone bevono acqua contaminata. Nel solo Bangladesh i casi gravi di avvelenamento da arsenico ammontano a 15.000. Gruppi locali, governi e l’ONU stanno valutando le opzioni, ma non è stata ancora trovata una strategia attuabile per porre rimedio alla situazione.

Allarme suicidi infantili

“L’80 per cento dei bambini che si suicidano o tentano di farlo annunciano a voce o per iscritto la loro intenzione con giorni o mesi di anticipo”, riferisce il giornale Milenio di Città di Messico. Le ragioni principali per cui un minore non vuole più vivere sono maltrattamenti (fisici, emotivi o verbali), abusi sessuali, disgregazione della famiglia e problemi scolastici. Secondo José Luis Vázquez, specialista in psichiatria dell’Istituto Messicano della Previdenza Sociale, la morte è diventata talmente una cosa di ogni giorno alla televisione, nei film, nei videogiochi e nei libri che i bambini si sono fatti un’idea sbagliata del valore della vita. Egli aggiunge che 15 bambini su 100 in età compresa fra gli otto e i dieci anni hanno pensieri suicidi, e che di questi il 5 per cento riesce a togliersi la vita. Il giornale raccomanda di essere accorti quando i bambini parlano di suicidio, anziché ignorare la cosa prendendola come un ricatto o un tentativo di attirare l’attenzione. E aggiunge: “I genitori dovrebbero stare insieme ai figli e giocare con loro, non interrompere mai la comunicazione e mostrare sempre che li amano”.

Arrabbiarsi fa male

Secondo Valentina D’Urso, docente di psicologia presso l’Università di Padova, “arrabbiarsi è un fenomeno sempre più comune nella nostra società ma produce effetti negativi sul nostro organismo”. I muscoli si tendono, il battito cardiaco e la respirazione accelerano e il corpo entra in uno stato di stress. L’ira inoltre può alterare la capacità di ragionare e ridurre il controllo delle proprie azioni. “Abituiamoci . . . a prevedere le situazioni a rischio . . . Diciamo subito e serenamente ‘non sono d’accordo’. E vivremo molto meglio”, suggerisce la D’Urso.

Medici stressati

Recentemente l’Associazione Medica Canadese ha intervistato 2.251 medici in tutto il paese e “ha riscontrato che il 45,7 per cento era in uno stadio avanzato di burn-out, caratterizzato da esaurimento emotivo, cinismo e dalla sensazione di non riuscire a svolgere bene il proprio lavoro”, dice il quotidiano Vancouver Sun. Secondo il dott. Paul Farnan, coordinatore di un programma di supporto per i medici della Columbia Britannica, tra i fattori che contribuiscono al loro stress c’è la difficoltà di trovare dei sostituti quando desiderano prendersi una vacanza, un programma di visite troppo impegnativo e la quantità di moduli da riempire. Il dott. Farnan incoraggia i medici stressati ad avere una vita equilibrata dedicando tempo alla famiglia e a impegnarsi in attività che appaghino sul piano emotivo e spirituale.