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Far uso del mondo, ma non appieno

Far uso del mondo, ma non appieno

Far uso del mondo, ma non appieno

Narrato da Harold L. Zimmerman

SAPEVO che mi sarei dovuto decidere. Ma il timore dell’uomo, di ciò che le persone avrebbero pensato e il desiderio di essere famoso mi facevano rimandare.

Ma vi racconterò la storia dall’inizio. Avevo solo tre anni quando mio nonno mi insegnò a stare in equilibrio sulle mani. Mi piaceva moltissimo! Quando arrivava il circo, rimanevo incantato dalle acrobazie e dai salti mortali. Fare quelle cose divenne il mio più grande desiderio. Da bambino, camminare sulle mani e, in estate, fare per ore di seguito tuffi acrobatici erano le cose che mi interessavano di più.

A 12 anni conobbi il mio primo amore: la ginnastica e gli esercizi acrobatici. Ben presto, in Pennsylvania, la squadra della nostra scuola cominciò a vincere i campionati regionali e statali di categoria. Spesso il mio nome assieme a quello dei miei compagni di squadra era sui giornali. Tutto ciò mi estasiava. Ma ogni volta che mi mettevo a pensare seriamente, mi rendevo conto che stavo fuggendo da qualche cosa, stavo rimandando la decisione più importante.

Dovete sapere che i miei nonni, sia per parte materna che paterna, sin dai primi del ’900 erano Studenti Biblici (come allora erano conosciuti i testimoni di Geova) e si davano da fare per parlare ad altri del Regno di Dio. Mia madre parlava sempre a mio fratello maggiore e a me di quel Regno e di come porrà fine alla malvagità e farà in modo che la volontà di Dio sia fatta sulla terra.

Per anni tutte le sere pregai Geova, dicendogli che “un giorno” lo avrei servito, “ma non ora”. Spesso in preghiera dicevo: “Quando avrò 19 anni ti servirò”, ma non fu così. La ginnastica e gli esercizi acrobatici erano la mia vita.

La grande decisione

A 20 anni, nel 1942, frequentavo il secondo anno all’Università statale della Pennsylvania. La primavera di quell’anno vinsi due campionati universitari di ginnastica, quello degli Stati Uniti orientali e quello nazionale, e finii primo a pari merito al raduno nazionale dell’Associazione degli atleti dilettanti. La mia speranza era di partecipare un giorno ai giochi olimpici. Potete ben vedere che il mondo mi attraeva moltissimo e mi coinvolgeva pienamente.

A quell’epoca gli Stati Uniti erano in guerra e lo spirito patriottico era sempre più sentito. I film esaltavano le forze armate, e note orecchiabili e testi di canzoni toccavano i cuori facendo pensare ad avventure, al dovere e alla gloria. Chi non avrebbe voluto fare la propria parte in questo nobile sforzo di liberare il mondo dalla tirannia nazista e garantire a tutti i popoli libertà e pace?

Potevo capire perché molti pensavano ci si dovesse rimboccare le maniche e fare la propria parte nella ripulita. Ma perché decantare tanto la cosa? Non si può descrivere quanto sia orribile la guerra! Perché non ammetterlo? Tutto questo mi turbava moltissimo.

Nel settembre del 1942 tornai a Cleveland, nell’Ohio (USA), per assistere all’Assemblea Teocratica del Nuovo Mondo dei Testimoni di Geova. Mi fece grande impressione il discorso pubblico dal tema “Pace — Può essa durare?” L’oratore prese in esame Rivelazione capitolo 17, spiegandoci che la bestia che ‘era, ma non è, eppure sarà presente’, era la Lega delle Nazioni, che sarebbe stata riportata in vita dopo la guerra. Come disse l’oratore, anche questa disposizione era destinata a fallire e a svanire nella distruzione. Allora il Regno di Dio avrebbe assunto il controllo della terra portando pace duratura. Queste informazioni essenziali avrebbero avuto un ruolo fondamentale nell’aiutarmi a prendere la mia decisione.

In autunno, pur ritornando all’università, iniziai a studiare la Bibbia seriamente, anche se di nascosto, nella casa dello studente in cui vivevo. Come la capivo bene ora! Solo il Regno di Dio può porre termine alle guerre e portare sulla terra pace duratura. Come sarebbe stato stupido affidare le mie speranze a un mondo destinato a fallire! Ora che ero pienamente convinto, c’era da chiedersi: Avrei avuto una fede sufficientemente forte da spingermi ad agire, a prendere una decisione?

Poco tempo dopo, una notte non riuscivo ad addormentarmi. L’orologio dell’università suonò prima l’una, poi le due. Nel dormitorio tutti gli altri ragazzi dormivano profondamente. Saltai giù dal letto a castello, e mi affacciai alla finestra aperta del terzo piano della casa dello studente. Era una fresca notte d’autunno. Pregai Geova Dio e gli dissi quanto ero spaventato. Lì per lì, presi la decisione che da tanto tempo stavo rimandando. Poche settimane dopo lasciai definitivamente l’università, deciso a servire Geova al massimo delle mie possibilità.

Ora però c’era da chiedersi: sarei riuscito a convincere il consiglio di leva a esentarmi dal servizio militare, dato che la coscienza non mi permetteva di andare in guerra? La legge di leva prevedeva l’esenzione dal servizio militare per i ministri religiosi e per coloro che studiavano per diventarlo.

Vecchi amici, conoscenti e uomini importanti della città tentarono di persuadermi a cambiare idea.

“E se tutti facessero come i testimoni di Geova?” chiedeva qualcuno.

“Se tutti facessero come i testimoni di Geova fanno in tutto il mondo, non ci sarebbero guerre”, rispondevo. Nessuno avrebbe potuto farmi cambiare idea. Tenendo presente Giovanni 15:19, avevo preso la mia decisione.

Circa tre mesi dopo, il mio processo fu celebrato davanti a una corte federale. Dopo una breve udienza durante la quale spiegai perché pensavo di dover essere considerato un ministro religioso, alla giuria composta di 12 uomini il giudice disse: “Il punto in questione non è se questo giovane è sincero in ciò che crede oppure no, o se è un ministro religioso o no. Il punto in questione è: ha ubbidito o no all’ordine governativo di dichiararsi disposto ad entrare nell’esercito? Il fatto che sia qui oggi dimostra che è colpevole!” Avvertì i componenti della giuria di non azzardarsi a emettere un verdetto di non colpevolezza!

Quale fu il verdetto? “Colpevole”, disse la giuria, “ma si raccomanda clemenza”. Tuttavia il giudice mi diede il massimo della pena: cinque anni da scontare in un carcere federale designato dal ministro della giustizia. Fui mandato a Chillicothe, nell’Ohio.

Tempo impiegato bene

Tra gli avvenimenti più importanti per i Testimoni in prigione c’erano le visite regolari del fratello A. H. Macmillan, della sede centrale della Watchtower Society. Ci diceva sempre: “Siete un po’ come un uomo seduto all’indietro su un treno. Non può vedere le cose fuori dal finestrino se non quando sono passate”. Ci assicurò che negli anni successivi avremmo appreso più pienamente il valore del tempo che stavamo passando lì. Come sono state veritiere quelle parole!

Ben presto organizzammo un corso di studio serale seguendo il modello della scuola missionaria di Galaad. Studiammo l’intera Bibbia più volte e leggemmo tutte le pubblicazioni bibliche della Società Torre di Guardia. La conoscenza acquisita durante i tre anni, otto mesi e cinque giorni di prigione mi è servita da base per poter continuare la carriera scelta oltre 40 anni fa quella notte d’autunno all’università.

Non appena fui scarcerato, diventai pioniere regolare (proclamatore del Regno a tempo pieno) e mi unii a mia madre già pioniera in una zona della città di Washington. Lì conobbi una sorella pioniera che sarebbe divenuta mia moglie. Insieme, Anne ed io fummo inviati in varie zone come pionieri e, nel 1951, frequentammo la 18a classe della Scuola di Galaad. La nostra assegnazione missionaria fu l’Etiopia, nell’Africa orientale.

Missionario e impiegato a orario ridotto

Per potere mandare missionari in Etiopia, la Società doveva essere disposta ad aprirvi delle scuole. Così mia moglie ed io vi giungemmo come insegnanti. L’attività nel servizio di campo era ridotta, tuttavia c’era buon progresso in quello che allora era il paese di Hailè Selassiè.

Nel secondo anno che eravamo lì nacque Ronald, il nostro primo figlio. Che cosa avremmo fatto ora? Saremmo tornati negli Stati Uniti? No, non avevamo affatto intenzione di lasciare la nostra assegnazione. Trovai lavoro come impiegato addetto ai pagamenti nell’Ente etiopico delle autostrade. In parte il mio lavoro consisteva nel pagare gli operai dei vari cantieri stradali nel paese.

Poco dopo mi resi conto di poter provvedere al pagamento di tutti gli stipendi nel giro di 15 giorni. Così proposi al direttore amministrativo di farmi lavorare solo per parte del tempo, per poter riservare il resto del mese all’attività di predicazione. Egli accettò. Potei così rientrare nelle file dei pionieri regolari.

Nel 1955, mentre eravamo a casa in vacanza, arrivò la nostra secondogenita, Donna. Eravamo decisi a tornare in Etiopia, ma non potemmo farlo prima per difficoltà relative ai passaporti, poi per l’espulsione degli altri missionari. Dovetti lavorare a tempo pieno negli Stati Uniti per qualche anno, riservando al servizio del Regno le sere e i fine settimana. C’era qualcosa, comunque, che non ci faceva sentire a posto.

“Stabilite il giorno, e partite!”

Nel 1957, quando la nostra terzogenita Sheri aveva appena 12 giorni, assistemmo a un’assemblea a Los Angeles. Bastò un’occhiata al programma per trovare ciò che attendevamo. Era il discorso dal tema “Serviamo dove il bisogno è grande”. Pensammo: “Finalmente qualcosa che fa proprio per noi!”

Come paese dove prestare servizio scegliemmo la Colombia, nel Sudamerica. Ma decidemmo di rimandare all’anno successivo, a dopo la grande assemblea internazionale di New York nel 1958. Pensammo che il tempo più adatto perché io andassi là a predisporre le cose sarebbe stato in aprile del 1959. Ma il viaggio per andare all’assemblea di New York dall’altra parte del paese, e le spese ospedaliere quando nacque il nostro quarto figlio, David, esaurirono tutti i nostri risparmi. Che fare?

Solo due settimane prima della data stabilita per la mia partenza, a un’assemblea di circoscrizione, alcuni fratelli ci avvicinarono per dirci di essere venuti a sapere che stavamo predisponendo di andare in Sudamerica per servire dove c’era più bisogno. Non sapevo cosa dire, dato che per il viaggio avevo da parte solo 100 dollari. Ma accadde una cosa molto interessante.

Uno degli oratori in programma, rivolgendosi a quelli che volevano fare i pionieri, disse che per cominciare il servizio di pioniere non bisognava aspettare un’automobile, una roulotte e un conto in banca. Disse invece: “Stabilite il giorno, e partite!” Utilizzammo quel consiglio e decidemmo di proseguire con i nostri preparativi.

Una settimana prima della data della partenza, dissi ad Anne di telefonare all’agenzia per prenotare un posto sul volo per Barranquilla, in Colombia, per il venerdì successivo. Non avevamo denaro sufficiente per la sola andata per me, figuriamoci per il resto della famiglia. E c’era sempre meno tempo!

Ma Anne aveva appena riattaccato il telefono dopo aver fatto la prenotazione, quando suonò il campanello. Era il postino con una busta dell’Ufficio delle Imposte. Conteneva un assegno di 265 dollari, come rimborso per tasse pagate in più nel 1958! E non è tutto. Il giorno dopo, sabato, le tre congregazioni di Los Angeles nelle quali eravamo stati prepararono una festa per noi. Immaginate la nostra sorpresa quando, per assisterci, i fratelli radunati lì ci donarono 350 dollari!

Un esempio biblico mi aiuta a decidere

Il venerdì sera successivo partii per la Colombia, lasciando Anne e i bambini a Los Angeles; le successive due settimane le avrei impiegate per cercar lavoro.

Poco dopo essere arrivato, venni a sapere qualcosa che mi turbò. Nei quotidiani del paese leggevo di assassinii in massa all’interno. Fra due gruppi politici rivali era in corso una guerra civile non dichiarata, con massacri insensati di intere comunità. Erano già dieci anni che si andava avanti così! Come mai non ne avevo sentito parlare prima? Intendevo veramente far venire la mia famiglia a vivere in un luogo del genere?

Mia moglie ed io, nel prendere una decisione, avevamo l’abitudine di cercare per prima cosa princìpi ed esempi biblici che ci servissero di guida. In questo caso il brano che mi sembrò più adatto fu quello di Numeri capitolo 13, dove si narra che Mosè mandò 12 uomini ad esplorare la Terra Promessa. Eccetto due, tutti gli altri fecero una relazione negativa una volta tornati. Il popolo allora si lamentò che Mosè li aveva portati nel deserto per farli morire insieme alle mogli e ai piccoli. Geova rispose che loro stessi sarebbero morti durante i 40 anni in cui avrebbero vagato per il deserto ma che i loro figli, per i quali dicevano di essere tanto preoccupati, sarebbero entrati vivi nel paese di Canaan.

Ecco la risposta! Telefonai subito ad Anne a Los Angeles, e le dissi di vendere tutto, fare le valigie e raggiungermi. I nostri fondi limitati non mi permettevano di tornare in California. Con l’aiuto dei fratelli di Los Angeles, Anne vendette l’automobile e i mobili, e mise in valigia quello che ci restava. Presto lei e i bambini, che avevano un’età dai cinque mesi ai cinque anni, erano in volo per la Colombia, dove la nostra famiglia si sarebbe riunita.

Solo sei settimane dopo, quando c’erano rimasti appena tre dollari, cominciai a lavorare presso una compagnia internazionale, nell’ufficio contabilità interna.

Poco dopo un cambiamento nella scena politica portò a un governo più stabile. Negli ultimi 24 anni c’è stata libertà di culto, cosa che ha reso possibile l’espansione dell’attività della predicazione del Regno in tutto il paese.

Far uso del mondo, ma non appieno

In tutti questi anni abbiamo sempre cercato di tenere presente il consiglio dell’apostolo Paolo secondo il quale “quelli che fanno uso del mondo [devono essere] come quelli che non ne usano appieno”. (I Corinti 7:31) Non è sempre facile essere equilibrati, cercare da una parte di fare un buon lavoro per il datore di lavoro e allo stesso tempo mettere gli interessi del Regno al primo posto nella mente e nel cuore. — Matteo 6:33.

Nei primi due anni qui in Colombia ho svolto un lavoro secolare a tempo pieno, mentre facevamo servizio con una piccola congregazione a Cali. Poi decidemmo di spostarci in una cittadina nelle vicinanze per servire dove c’era ancor più bisogno.

Proposi al direttore di lavorare solo mezza giornata, assicurandogli di essere in grado di fare ugualmente il lavoro. Fu d’accordo. Per i successivi sette anni lavorai in questo modo, finché il costo della vita e le accresciute necessità della famiglia non resero consigliabile tornare a lavorare a tempo pieno. Quei sette anni furono impiegati bene, dato che avevo il tempo per fare il pioniere e per stare insieme alla mia famiglia.

Negli ultimi otto anni, grazie a uno speciale accordo, ho avuto un lavoro a orario flessibile. Questo mi permette di avere tempo a seconda delle necessità. Sono stato così in grado di sostituire sorveglianti di circoscrizione e, occasionalmente, sorveglianti di distretto, e di servire come istruttore nelle scuole della Società per addestrare gli anziani cristiani e i pionieri regolari.

Ora i nostri figli sono cresciuti. I due maschi sono servitori di ministero; i due più grandi sono sposati. Com’è bello vederli seguire lo stesso modello che hanno imparato quando erano bambini, portando regolarmente i loro piccoli alle adunanze di congregazione e nel ministero di campo! Speriamo e preghiamo di continuo che i nostri nipoti divengano la quinta generazione di Testimoni della nostra famiglia.

Tutto considerato, ora posso veramente dire di non aver rovinato la mia vita quella notte di più di 40 anni fa quando presi quella decisione. La nostra vita è stata piena di significato e Geova non ci ha mai abbandonati, dal momento che ci siamo sforzati di prendere decisioni che fossero in armonia con i suoi princìpi, di ‘far uso del mondo’, sì, ‘ma non appieno’.

[Immagine a pagina 26]

Con mia moglie Anne, mentre predichiamo in Colombia