Vai direttamente al contenuto

Vai direttamente all’indice

Domande dai lettori

Domande dai lettori

Domande dai lettori

Ebrei 3:1-6 mette Mosè, Gesù e Geova Dio in relazione con una “casa”: di quale “casa” si tratta?

Essenzialmente l’apostolo Paolo stava paragonando il popolo, o congregazione, di Dio a una “casa”.

Ebrei 3:1-6 dice: “Quindi, fratelli santi, partecipi della chiamata celeste, considerate l’apostolo e sommo sacerdote che noi confessiamo, Gesù. Egli è stato fedele a Colui che lo ha reso tale, come anche Mosè lo fu in tutta la casa di Lui. Poiché questi è considerato degno di gloria più di Mosè, in quanto colui che la costruisce ha più onore della casa. Naturalmente, ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito tutte le cose è Dio. E Mosè quale servitore fu fedele in tutta la casa di Lui in testimonianza delle cose che dovevano esser dette in seguito, ma Cristo fu fedele quale Figlio sulla casa di Lui. Noi siamo la casa di Lui, se manteniamo ferma la nostra libertà di parola e sino alla fine il nostro vanto della speranza”.

In precedenza Paolo aveva detto che Gesù, quale Figlio di Dio, aveva ereditato un nome più eccellente di quello degli angeli. L’apostolo aveva anche fatto notare che se la parola della Legge trasmessa da Dio a Mosè tramite angeli meritava attenzione, tanto più la meritava la parola detta dal Figlio. (Ebrei 1:1-4; 2:1-4) Nel capitolo 3 di Ebrei, quindi, Paolo continua a ribadire la superiorità di Gesù.

Quale precedente, ricordate che dopo che Miriam e Aaronne si erano lamentati del ruolo più preminente che Mosè aveva in Israele, Dio definì Mosè ‘il suo servitore a cui era affidata (“fedele in”, versione greca dei Settanta) tutta la sua casa’. (Numeri 12:7) Poiché Aaronne, quale sommo sacerdote, aveva accesso al tabernacolo (anche al Santissimo), Dio si sarà riferito evidentemente alla nazione, o congregazione, di Israele come alla Sua “casa” nella quale Mosè era il Suo servitore. Chiaramente Paolo, in Ebrei 3:2, alludeva a questo. Disse che Gesù era fedele a Dio, proprio come lo era stato Mosè “in tutta la casa di Lui”. Ma quindi Paolo scrisse che Gesù “è considerato degno di gloria più di Mosè”. Perché?

Paolo osservò che “colui che la costruisce ha più onore della casa”. Chiunque abbia costruito una casa letterale sarà d’accordo. Paolo diceva quindi che Gesù, il Figlio di Dio, meritava più onore di Mosè, perché Gesù aveva costruito una casa, ma Mosè no. Naturalmente Paolo riconobbe che, da ultimo, il merito per ogni cosa va dato a Dio. — Ebrei 3:3, 4.

Ampliando il ragionamento, Paolo disse che Mosè fu un fedele ‘servitore nella casa’. (Ebrei 3:5) Sì, Mosè stesso era nella congregazione, o “casa”, di Israele, ovvero ne faceva parte. Ma che dire di Colui che doveva venire in seguito, il profeta messianico prefigurato e predetto da Mosè? (Deuteronomio 18:18, 19; Giovanni 1:21, 25; Atti 3:22, 23) Quel profeta sarebbe stato qualcosa di più di un servitore nella casa di Israele. Paolo scrisse che Cristo era un “Figlio sulla casa di Lui”, Geova Dio. Sopra la casa di Israele? No, Paolo pensava a qualcosa di più grande.

Mosè servì in una “casa” secondo il patto della Legge, ma Geova promise una disposizione migliore sotto “un nuovo patto”. (Ebrei 8:7-13; Geremia 31:31-34) Il nuovo patto viene stipulato con la casa, o nazione, dell’Israele spirituale. (Galati 6:16) Per questo Paolo affermò: “Noi siamo la casa di Lui, se manteniamo ferma la nostra libertà di parola”. — Ebrei 3:6; confronta I Timoteo 3:15; I Pietro 2:5; Matteo 16:18.

Perciò la “casa” in cui Mosè servì era la congregazione dell’Israele carnale, ma la “casa” che Gesù ha costruito e sulla quale serve è la congregazione degli israeliti spirituali che mantengono ferma ‘sino alla fine la loro speranza’. — Ebrei 3:6.