Che ne è stato dell’inferno di fuoco?
Che ne è stato dell’inferno di fuoco?
CHE cosa vi fa venire in mente la parola “inferno”? Pensate a un luogo letterale di fuoco e zolfo, di tormento e di angoscia senza fine? O ritenete che sia solo una raffigurazione simbolica di uno stato o condizione?
Per secoli i capi religiosi della cristianità hanno descritto l’inferno di fuoco come un raccapricciante luogo di tormento per i peccatori. Questa idea è ancora diffusa in molte religioni. “Il cristianesimo può aver contribuito a fare dell’inferno un termine di uso comune”, dice il periodico U.S.News & World Report, “ma non ha certo il monopolio della dottrina. La minaccia di una spaventosa retribuzione nell’aldilà si ritrova in quasi tutte le principali religioni del mondo e anche in alcune religioni minori”. Indù, buddisti, musulmani, giainisti e taoisti credono in qualche specie di inferno.
Nel pensiero moderno, però, l’inferno evoca immagini diverse. “Quantunque l’immagine tradizionale dell’inferno abbia ancora dei sostenitori”, dice il periodico menzionato sopra, “si comincia a diffondere l’idea della perdizione eterna intesa come dolorosa forma di isolamento, nel senso che l’inferno potrebbe non essere poi così caldo”.
Nel numero del 17 luglio 1999 La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti, scriveva: “È fuorviante . . . pensare che Dio, per mezzo dei demoni, infligga ai dannati tormenti spaventosi, come quello del fuoco”. Diceva pure: “Esiste l’Inferno, che non è un ‘luogo’, ma uno ‘stato’, un ‘modo di essere’ della persona, in cui questa soffre la pena della privazione di Dio”. Nello stesso anno Giovanni Paolo II ha detto: “L’inferno sta ad indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente di vita e di gioia”. In quanto alle immagini dell’inferno come luogo infuocato, il papa ha affermato che “esse indicano la completa frustrazione e vacuità di una vita senza Dio”. (L’osservatore Romano, 29 luglio 1999) Se il papa avesse descritto l’inferno in termini di “fiamme e diavolo vestito di rosso e col forcone in mano”, dice lo storico della chiesa Martin Marty, “la gente non l’avrebbe preso seriamente”.
Di tenore analogo sono i cambiamenti che stanno avvenendo in altre confessioni religiose. Un rapporto della commissione per la dottrina della Chiesa d’Inghilterra diceva: “L’inferno non è il tormento eterno, ma è la scelta definitiva e irrevocabile di qualcosa di così completamente e assolutamente contrario a Dio da portare inevitabilmente all’annichilimento totale”.
Il catechismo della Chiesa Episcopale degli Stati Uniti definisce l’inferno “la morte eterna nel rifiuto di Dio”. Secondo U.S.News & World Report, sono sempre più quelli che promuovono l’idea che “la fine degli empi sia la distruzione, non il tormento eterno. . . . Sostengono che alla fine chi rifiuta Dio scomparirà semplicemente
dall’esistenza nel ‘fuoco consumante’ dell’inferno”.Benché oggi si tenda ad abbandonare l’idea del fuoco e dello zolfo, molti continuano a sostenere che l’inferno sia un effettivo luogo di tormento. “Le Scritture parlano chiaramente dell’inferno come di un luogo letterale di tormento infuocato”, dice Albert Mohler, del Southern Baptist Theological Seminary di Louisville, nel Kentucky. E un rapporto della Commissione dell’Alleanza Evangelica afferma: “L’inferno è un’esperienza cosciente di rigetto e di tormento”. E aggiunge: “Nell’inferno ci sono vari gradi di pena e sofferenza commisurati alla gravità dei peccati commessi sulla terra”. — The Nature of Hell.
Ancora una volta chiediamo: L’inferno è un infuocato luogo di tormento eterno o di annientamento? O è soltanto uno stato di separazione da Dio? Cos’è realmente l’inferno?
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Breve storia dell’inferno
QUAND’È che i cristiani nominali adottarono la dottrina dell’inferno? Molto dopo il tempo di Gesù Cristo e degli apostoli. “L’Apocalisse di Pietro (II secolo E.V.) fu la prima opera cristiana [apocrifa] a descrivere la punizione e le torture dei peccatori nell’inferno”, dice l’Encyclopædia Universalis francese.
Fra i primi Padri della Chiesa, però, c’erano opinioni diverse sull’inferno. Giustino Martire, Clemente Alessandrino, Tertulliano e Cipriano credevano che l’inferno fosse un luogo infuocato. Origene e il teologo Gregorio di Nissa concepivano l’inferno come luogo di separazione da Dio, di sofferenza spirituale. Da parte sua Agostino di Ippona credeva che le pene dell’inferno fossero sia spirituali che sensoriali, opinione che acquistò credito. Secondo John Norman Kelly, studioso di patristica, “nel quinto secolo era comunque predominante la dottrina severa secondo la quale i peccatori non avranno nessuna altra possibilità dopo questa vita e il fuoco che li divorerà non si estinguerà mai”. — Il pensiero cristiano delle origini, trad. di M. Girardet, Ed. Dehoniane, 1984, p. 587.
Nel XVI secolo i riformatori protestanti Martin Lutero e Giovanni Calvino sostennero che il tormento infuocato dell’inferno era un simbolo della separazione eterna da Dio. Tuttavia l’idea dell’inferno come luogo di tormento si ripresentò nei due secoli successivi. Nel XVIII secolo il predicatore protestante Jonathan Edwards era solito terrorizzare i coloni americani con le sue vivide descrizioni dell’inferno.
Poco dopo, però, le fiamme dell’inferno cominciarono a tremolare e a spegnersi. “Il XX secolo ha quasi segnato la fine dell’inferno”, dice U.S.News & World Report.
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Giustino Martire credeva che l’inferno fosse un luogo infuocato
Agostino di Ippona insegnava che le pene dell’inferno erano sia spirituali che fisiche