Vai direttamente al contenuto

L’ex carcere di Gaeta in cui alcuni nostri fratelli furono imprigionati a motivo della loro fede

9 LUGLIO 2020
ITALIA

Il contributo dei Testimoni di Geova al riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza in Italia

Il contributo dei Testimoni di Geova al riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza in Italia

Il diritto di rifiutare il servizio militare per motivi di coscienza è oggi pienamente riconosciuto in Italia, così come in molti altri paesi. Ma non è stato sempre così. Il riconoscimento di questo fondamentale diritto umano in Italia è in gran parte dovuto ai Testimoni di Geova e al prezzo che pagarono per rimanere fedeli ai loro ideali.

In Italia dopo la Seconda guerra mondiale la leva militare continuò per decenni. Nel 1946, subito dopo la guerra, in tutto il paese c’erano solo 120 Testimoni. Tuttavia, man mano che sempre più persone dedicavano la propria vita a Geova, aumentò il numero di giovani Testimoni che si rifiutavano per motivi di coscienza di prestare il servizio militare obbligatorio. La loro obiezione era fondata su princìpi biblici di neutralità, nonviolenza e amore per il prossimo.

Un recente sondaggio condotto dalla sede dei Testimoni di Geova in Italia ha rilevato che almeno 14.180 fratelli ancora in vita furono condannati a scontare una pena detentiva per aver rifiutato di prestare servizio militare. Questi fratelli furono condannati a un totale di 9.732 anni di prigione, principalmente tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’90.

Secondo Sergio Albesano, storico dell’antimilitarismo, i testimoni di Geova costituirono “la stragrande maggioranza dei giovani incarcerati per essersi rifiutati di svolgere il servizio militare”. Con la loro ferma convinzione, afferma Albesano, questi giovani “aiutarono a portare il problema all’attenzione dell’opinione pubblica”.

Negli anni ’60, quando era ministro della Difesa, l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti decise di andare a incontrare personalmente alcuni Testimoni imprigionati per capire quali fossero le ragioni della loro obiezione al servizio militare. In seguito scrisse: “Mi colpì, parlando con loro [...], la evidente ispirazione religiosa e l’estraneità da qualsiasi speculazione politica; non a caso si sottoponevano ad anni di prigione continuando nel rifiuto di indossare la divisa”.

La prima legge che riconosceva l’obiezione al servizio militare fu approvata nel 1972. Purtroppo, però, anche se tale legge stabiliva un servizio civile alternativo, quest’ultimo era ancora sotto il controllo militare, cosa che non lo rendeva accettabile per i nostri fratelli.

Infine, l’8 luglio 1998, il Parlamento approvò una legge che istituiva un servizio civile alternativo indipendente dalle forze armate che, pertanto, era accettabile per i Testimoni di Geova. Nell’agosto del 2004 l’Italia adottò una legge che sospendeva del tutto il servizio di leva; questa legge entrò in vigore nel gennaio del 2005.

Numerosi esperti hanno riconosciuto ai Testimoni di Geova un importante contributo relativamente a questi sviluppi giuridici. Tra di essi Sergio Lariccia, avvocato e professore emerito di diritto all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, che ha commentato: “In un periodo in cui i cappellani militari definivano l’obiezione come ‘un insulto alla patria, estranea al comandamento cristiano dell’amore, ed espressione di viltà’, la ferma posizione di molti testimoni di Geova ha contribuito all’evoluzione del diritto e della società in Italia”.

La posizione dei nostri fratelli non ebbe solo un impatto sotto il profilo legislativo. Diverse guardie carcerarie diventarono loro stesse testimoni di Geova dopo aver osservato la condotta rispettosa dei detenuti Testimoni. Una di quelle guardie, Giuseppe Serra, ricorda: “L’esempio di quei giovani Testimoni mi spinse [...] a iniziare a studiare la Bibbia”. Diventò Testimone nel 1972. (Vedi il riquadro qui sotto.)

Ci rallegriamo del coraggioso esempio dato da generazioni di nostri fratelli in Italia e dalle loro famiglie, così come da molti altri componenti della nostra famiglia mondiale, che prendono sul serio il comando di non ‘imparare più la guerra’ (Isaia 2:4).