18 LUGLIO 2019
ITALIA
Italia: la Corte di Cassazione sostiene il diritto all’autodeterminazione terapeutica dei testimoni di Geova
Il 15 maggio 2019 la Corte Suprema di Cassazione, la corte di più alto grado in Italia, ha rafforzato il diritto dei nostri fratelli di prendere le proprie decisioni in merito alle cure mediche. La Corte ha confermato che il paziente ha tutto il diritto di scegliere un amministratore di sostegno che rifiuti al posto suo le trasfusioni di sangue. La Corte ha inoltre confermato che la legge italiana prevede la nomina di un amministratore di sostegno anche quando il paziente, a motivo delle sue condizioni di salute, da un momento all’altro potrebbe perdere conoscenza o anche solo ritrovarsi in uno stato di parziale incapacità.
La sentenza è arrivata dopo una serie di processi che hanno coinvolto il fratello Luca Cappelli, un anziano di congregazione. Da 25 anni il fratello Cappelli soffre di una malformazione artero-venosa, un’anomalia dei vasi sanguigni del cervello. Le sue condizioni di salute richiedono ripetuti trattamenti sanitari e a volte lo rendono incapace di comunicare. Prima di sottoporsi alle terapie mediche, il fratello Cappelli aveva compilato le proprie direttive anticipate relative alle cure mediche e aveva designato sua moglie Francesca come suo amministratore di sostegno. Comunque, sia il giudice tutelare sia la corte d’appello si erano rifiutati di nominare la moglie del fratello Cappelli come suo amministratore di sostegno, privandolo così dei mezzi legali per evitare di ricevere trasfusioni di sangue indesiderate.
Il 16 febbraio 2017 il caso del fratello Cappelli è arrivato alla Corte Suprema di Cassazione. La Cassazione ha stabilito che le corti di grado inferiore avevano violato la Costituzione italiana e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sostengono entrambe il diritto all’autodeterminazione del paziente. Fatto interessante, la Corte ha affermato che il rifiuto di un determinato trattamento sanitario “assume connotati ancora più forti, degni di tutela e garanzia, laddove il rifiuto del trattamento sanitario rientri e sia connesso all’espressione di una fede religiosa”. Grazie a questa sentenza della Cassazione, i tribunali italiani sono ora tenuti a rispettare maggiormente le misure che adottano i nostri fratelli per evitare le trasfusioni di sangue.
Come famiglia mondiale, siamo felici che la Corte di Cassazione abbia protetto i diritti dei nostri fratelli in Italia, che continuano ad ascoltare la loro coscienza educata secondo i princìpi biblici riguardo all’uso del sangue (Atti 15:29).